Riflessioni a ruota libera su un’eventuale guerra nucleare
di JACOB G. HORNBERGER
Coloro che scherniscono l’idea che una guerra nucleare tra Stati Uniti e Russia sia una possibilità hanno un vantaggio nell’argomentazione. Se dimostrano di avere ragione, potranno esultare: “Vedete, vi avevo detto, angosciati, che non c’era nulla di cui preoccuparsi. Putin non era intenzionato a scatenare una guerra nucleare, non importa quanto lo abbiamo spinto, provocato e sfidato”. D’altro canto, se ci fosse una guerra nucleare, quelli di noi che vi avevano messo in guardia su questa crescente possibilità non sarebbero stati lì a esclamare: “Ve l’avevamo detto. Avreste dovuto ascoltarci”. Beh, come minimo, non saremo in grado di farlo su “X” data la mancanza di wi-fi durante una guerra del genere.
Ciò che è affascinante è che l’establishment che si occupa di sicurezza nazionale degli Stati Uniti e i suoi sostenitori sono effettivamente disposti a rischiare una guerra del genere. Erano così certi che, con l’aiuto degli Stati Uniti, l’Ucraina avrebbe facilmente sconfitto la Russia in una guerra, che i funzionari statunitensi avevano provocato con le loro buffonate via NATO. Oggi, rendendosi conto di essersi sbagliati, il Pentagono, la CIA e la NSA, che sono coloro che stanno davvero prendendo le decisioni nell’operazione Ucraina, sono disposti a fare qualsiasi cosa per impedire una vittoria russa, anche se ciò comporta spingere, provocare e sfidare Vladimir Putin a fare qualcosa di drastico. Una sconfitta tra Stati Uniti e Ucraina per mano del loro nemico ufficiale decennale, la Russia, che arriverebbe subito dopo i risultati catastrofici delle loro scappatelle militari in Afghanistan, Iraq e Vietnam, è semplicemente una pillola troppo amara da mandare giù.
I sostenitori delle crescenti provocazioni contro la Russia non perdono tempo nel sottolineare che i detrattori si sbagliavano sulla guerra nucleare nel 1962, durante la crisi missilistica cubana. Tutto si è risolto, dicono, e quindi i timori di una guerra nucleare totale tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti erano infondati. Tuttavia, dimenticano due cose importanti:
- In primo luogo, l’apparato di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, non rendendosi conto che i missili nucleari sovietici a Cuba erano armati e pronti a essere lanciati, chiese al presidente Kennedy di bombardare e invadere Cuba al culmine della crisi. Se Kennedy avesse ottemperato a tale richiesta, è praticamente certo che ci sarebbe stata una guerra nucleare totale tra le due nazioni. Furono la saggezza e il coraggio di Kennedy, nonché la sua volontà di prendere posizione contro l’apparato di sicurezza nazionale, a impedire che ciò accadesse. Dopo che Kennedy risolse la crisi con un accordo stipulato con la Russia, i capi di stato maggiore congiunti lo considerarono un anello debole le cui azioni erano paragonabili a quelle di Neville Chamberlain a Monaco.
- In secondo luogo, l’establishment incaricato della sicurezza nazionale degli Stati Uniti voleva una guerra nucleare con la Russia. Sapevano di avere una vasta superiorità nucleare sulla Russia ed erano convinti che un attacco nucleare a sorpresa, simile all’attacco a sorpresa del Giappone a Pearl Harbor, avrebbe messo fuori combattimento gran parte della capacità di risposta nucleare della Russia. A suo eterno merito, JFK uscì dalla riunione in cui fu proposto un tale piano, affermando indignato: “E noi ci chiamiamo la razza umana”? Ci si può solo chiedere se quella mentalità pro-guerra nucleare all’interno dell’establishment della sicurezza nazionale dei primi anni ’60 sia stata tramandata nei decenni fino gli attuali componento dell’establishment della sicurezza nazionale del 2024.
C’è una lezione preziosa da imparare in merito all’immigrazione ipotizzando una guerra nucleare. Supponiamo che si verifichi una guerra nucleare tra Russia e Stati Uniti. Le nubi a forma di fungo spunterebbero nelle città di tutti gli Stati Uniti. Per avere un’idea di come potrebbe apparire, date un’occhiata a questo trailer della serie televisiva “Fallout”.
In alternativa, guardate l’attuale situazione catastrofica nella Carolina del Nord occidentale a causa dell’uragano Helene, moltiplicatela per mille e applicatela alle città e ai paesi di tutta l’America.
Supponiamo che 20 milioni di americani sopravvivano alla guerra, ma sappiano che moriranno se rimangono qui o si trasferiscono in Canada, dove si diffonderebbe gran parte delle radiazioni nucleari. Supponiamo anche che Messico, America Centrale e America del Sud non vengano colpiti da bombe e che la vita sia pressoché normale in quella parte del mondo.
Si può immaginare che molti di quei 20 milioni di americani inizieranno a spostarsi verso sud nel disperato tentativo di salvare le proprie vite, e quelle delle loro famiglie, dalle radiazioni nucleari. Tuttavia, quando arrivano al confine tra Stati Uniti e Messico, incontrano la pattuglia di frontiera messicana, l’esercito messicano e il muro anti-immigrazione che il governo messicano avrebbe rapidamente costruito. I funzionari messicani si rifiutano di consentire ai rifugiati americani di attraversare il confine ed entrare in Messico. I rifugiati americani esclamano: “Ma moriremo se restiamo qui. I nostri figli moriranno. I nostri coniugi moriranno. Dobbiamo entrare”.
Ma i funzionari messicani rispondono: “No, il nostro sistema di immigrazione è molto simile al vostro. Non possiamo gestire un aumento così grande della popolazione tutto in una volta. Sarebbe un peso troppo grande per il nostro sistema di welfare, le nostre infrastrutture, i nostri ospedali e le nostre scuole pubbliche. Dovete presentare una domanda. Vi promettiamo che vi risponderemo entro pochi anni. Nel frattempo, dovete solo mettervi in fila”. Gli altri paesi latinoamericani terrebbero la stessa posizione.
Il mio presentimento è che molti di quei 20 milioni di americani, specialmente quelli con figli, direbbero: “Al diavolo la vostra legge sull’immigrazione” e farebbero di tutto per aggirare il sistema di controllo dell’immigrazione del Messico, persino assumendo trasportatori del mercato nero per aiutarli ad attraversare il confine. D’altro canto, sono sicuro che alcuni americani, specialmente quelli che sono ferventi sostenitori del sistema di controllo dell’immigrazione americano, direbbero ai loro coniugi e figli: “I messicani hanno ragione. La legge è la legge. Dobbiamo obbedirle. Resteremo qui negli Stati Uniti e aspetteremo qualche anno che i funzionari messicani si pronuncino sulla nostra richiesta di entrare legalmente nel paese”.
QUI L’ARTICOLO ORIGINALE – TRADUZIONE DI ARTURO DOILO
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