Global Gateway: come i soldi pubblici europei vengono drenati verso i colossi privati
Nel 2021 la Commissione Europea, sotto la guida di Ursula von der Leyen, ha lanciato il programma Global Gateway, che si propone di investire circa 300 miliardi di euro in progetti infrastrutturali in vari Paesi del Sud del mondo, soprattutto in Africa. I settori cardine sono il digitale, il clima e l’energia, i trasporti, la salute, l’istruzione e la ricerca. L’iniziativa è stata vista come un’alternativa alla Nuova via della Seta cinese: a differenza di quest’ultima, secondo la Commissione, Global Gateway vorrebbe incoraggiare i legami e non le dipendenze. Tuttavia, secondo un rapporto redatto da Oxfam, Counter Balance ed Eurodad, il programma dirotterà ingenti risorse pubbliche verso multinazionali e gruppi privati, riservando solamente una quantità irrisoria di risorse a progetti di lunga durata e di beneficio per le comunità.
Global Gateway mobiliterà circa 300 miliardi di euro fino al 2027, provenienti dalle istituzioni economiche e finanziare dell’UE, dei suoi Stati membri e dal budget per gli aiuti allo sviluppo. Come spiegato dalla Commissione Europea, il piano garantirà «investimenti per progetti sostenibili e di alta qualità, tenendo conto delle esigenze dei Paesi partner e garantendo benefici duraturi per le comunità locali. Ciò consentirà ai partner dell’UE di sviluppare le loro società ed economie, ma creerà anche opportunità per il settore privato degli Stati membri dell’UE di investire e rimanere competitivo, garantendo nel contempo i più elevati standard ambientali e del lavoro, nonché una sana gestione finanziaria [..] Global Gateway è il contributo dell’UE alla riduzione del divario globale in termini di investimenti a livello mondiale. È in linea con l’impegno assunto dai leader del G7, a partire dal giugno 2021, di avviare un partenariato infrastrutturale basato sui valori, di alto livello e trasparente, per soddisfare le esigenze globali di sviluppo delle infrastrutture. Il Global Gateway è inoltre pienamente allineato con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile, nonché con l’Accordo di Parigi». Come sottolineato dal nuovo report Who profits from the Global Gateway? The EU’s new strategy for development cooperation, redatto da Oxfam, Counter Balance e Eurodad, tra il 2023 e il 2024 Global Gateway ha lanciato 225 progetti di cui il 49% riguarda il clima e l’energia, il 22% i trasporti, il 13% il digitale, il 9% la sanità e il 7% l’istruzione. Solo il 16% riguarda settori chiave, come istruzione e sanità, in grado di avere un impatto duraturo sulle comunità più povere.
Non solo. Su 40 progetti presi in esame dal rapporto, 25 sosterranno multinazionali europee come Siemens, Moller Group, Suez o BioNTech. Almeno 7 aziende (Moller Maersk, Enel, Meridiam, Orange, Nokia, Total Energies e Siemens) che fanno parte del Global Gateway Business Advisory Group, il gruppo di esperti istituito dalla Commissione Europea e composto da 59 grandi aziende e associazioni imprenditoriali, hanno firmato contratti finanziati con i fondi del Global Gateway, andando quindi a creare un enorme conflitto di interessi. Come punto di partenza del suo nuovo mandato a capo della Commissione UE, Ursula Von der Leyen ha spiegato che un pilastro importante della politica estera economica dell’UE sarà costituito dalle partnership e dagli investimenti comuni attraverso il Global Gateway. Quest’ultimo, come spiegato nel rapporto, è quindi divenuto un «approccio centrale all’azione esterna, influenzando sempre di più altre politiche chiave dell’UE, come il Green Deal Industrial Plan e il Critical Raw Materials Act. Allo stesso tempo, le azioni dell’UE per implementare il Global Gateway rischiano di contraddire i suoi stessi impegni a sostenere elevati standard di diritti umani, sociali e dei lavoratori, trasparenza, creazione di partnership paritarie anziché dipendenze e offerta di un programma di investimenti democratico»
D’altronde, però, già dalla sua realizzazione, il Global Gateway è stato concepito unilateralmente dalla Commissione, escludendo i Paesi del Sud del mondo dal suo processo di progettazione, governance e definizione delle priorità fin dall’inizio. Gli organi eletti, la società civile e gli esperti indipendenti nei Paesi beneficiari non hanno avuto, e non hanno, alcun ruolo significativo nel processo decisionale o nella responsabilità. Questo è esplicativo di come l’intento iniziale, al di là della retorica utilizzata nella sua presentazione, fosse principalmente quello di soddisfare le esigenze economiche e geopolitiche dell’UE, specie dei suoi colossi privati.
[di Michele Manfrin]
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