I BRICS si riuniscono in Russia per disegnare l’ordine post-americano
Inizia oggi, 22 ottobre, nella città russa di Kazan, l’atteso vertice dei BRICS, che si presenta come un evento chiave per dare forma a un nuovo ordine internazionale caratterizzato dal multipolarismo, in opposizione al sistema unipolare che ha finora dominato gli equilibri geopolitici globali. Il vertice promette così di configurare un nuovo ordine “post-americano”, nonostante l’eterogeneità dei membri del gruppo. Quest’ultimo, composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – a cui si sono aggiunti quest’anno anche Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti (BRICS+) – rappresenta il 45% della popolazione mondiale e il 23% della ricchezza globale, oltre al 16% del commercio internazionale. Al vertice di Kazan, che si svolgerà fino al 24 ottobre sotto la presidenza di turno russa, parteciperanno delegazioni di 36 nazioni. Molti i capi di Stato presenti; tra i più importanti, il presidente cinese Xi Jinping, il primo ministro indiano Narendra Modi, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian e, in veste di osservatore, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva non sarà presente per motivi di salute. A confermare l’importanza del vertice, è prevista la partecipazione del Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres. Tra i principali temi in agenda, lo sviluppo di nuove dinamiche monetarie e finanziarie: il progressivo indebolimento del dollaro negli scambi commerciali globali è infatti, secondo i BRICS, la chiave di volta per ridimensionare l’egemonia statunitense e occidentale sul Pianeta.
Diversi osservatori occidentali hanno fatto notare che l’incontro di Kazan è utilizzato da Mosca come una vetrina per mostrare che gli sforzi occidentali di isolare la Russia non hanno avuto successo e per proporre temi di spiccato interesse per il Cremlino, che non necessariamente coincidono con quelli delle altre nazioni dell’organizzazione, ponendo così l’accento sulle divisioni interne al gruppo. Tuttavia, sebbene i membri dei BRICS e i potenziali candidati siano estremamente eterogenei, alcuni elementi comuni sono abbastanza forti da fornire il collante necessario per dare senso al gruppo: come afferma anche l’autorevole rivista statunitense Foreign Policy (FP), infatti, tutti i membri condividono, in maniera più o meno forte, la necessità di riaffermare la sovranità come principio organizzativo delle relazioni internazionali, così come il desiderio di sfuggire al dominio del dollaro. Inoltre, tutti “prevedono un mondo in cui un Occidente in declino non è più l’unico potere, rendendo necessario prepararsi, se non affrettarsi, a ciò che verrà dopo”.
Gli elementi di divergenza riguardano le posizioni di India e Brasile rispetto agli altri membri fondatori: mentre Nuova Delhi e Brasilia vedono il gruppo più come una piattaforma economica per promuovere scambi commerciali più equi, soprattutto Russia, Cina e Iran lo vedono come un’opportunità non tanto per prepararsi a ciò che verrà dopo il possibile declino dell’egemonia statunitense, quanto per accelerarlo. La posizione esplicitamente antioccidentale non sarebbe del tutto condivisa da India e Brasile. Inoltre, la storica conflittualità tra India e Cina può creare spaccature importanti all’interno del blocco. Tuttavia, proprio in questi giorni, i due Paesi hanno annunciato un importante accordo sui confini, che porrebbe fine allo stallo nel Ladakh orientale, migliorando le relazioni tra le due nazioni.
Indipendentemente dalle divergenze, il gruppo – nato nel 2006 con l’acronimo BRIC coniato dall’economista Jim O’Neill – è in rapida espansione e sempre più Paesi, dall’Azerbaigian alla Palestina, da Cuba alla Siria, stanno chiedendo di aderire al blocco, non solo per le attraenti prospettive politico-economiche, ma anche perché si propone di costruire un ordine internazionale più equo con cui bilanciare lo strapotere occidentale, che per decenni – attraverso i diktat neoliberisti – ha soffocato la crescita del Sud globale.
[di Giorgia Audiello]
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