Legge dopo legge il governo ambisce al ruolo di “Grande censore”
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di RACHEL CHIU
Il Primo Emendamento vieta al governo federale di censurare i discorsi, compresi quelli che ritiene “dannosi”. Ma i legislatori stanno ancora cercando di regolamentare il dibattito online.
Durante l’estate, il Senato ha approvato il Kids Online Safety Act (KOSA), un disegno di legge presumibilmente per proteggere i bambini dagli effetti negativi dei social media. Il leader della maggioranza al Senato, Chuck Schumer, ha adottato misure procedurali per porre fine al dibattito e mettere rapidamente il disegno di legge in votazione. Secondo Schumer la situazione era urgente. Nel suo intervento si è soffermato sulle storie dei bambini vittime di bullismo e comportamenti predatori sui social network. Per affrontare questi problemi di sicurezza, la legislazione proposta riterrebbe responsabili le piattaforme online, costringendole ad adottare misure “ragionevoli” per prevenire e mitigare i danni.
Spetta ora alla Camera dei Rappresentanti che il disegno di legge arrivi alla Presidenza. Dopo i timori iniziali di censura, la commissione per l’energia e il commercio della Camera ha approvato il disegno di legge a settembre, aprendo la strada al voto finale. KOSA evidenzia una continua tensione tra la libertà di espressione e gli attuali sforzi per rendere i social media “più sicuri”. Nei suoi persistenti tentativi di porre rimedio al danno sociale, il governo sta riducendo ciò che è consentito dire online e assumendo un ruolo da cui il Primo Emendamento protegge specificamente.
Governo federale stai alla larga
Fondamentalmente, il Primo Emendamento è progettato per proteggere la libertà di parola dalle intrusioni del governo. Il Congresso non è responsabile di determinare quali discorsi siano consentiti o a quali informazioni il pubblico abbia diritto di accesso. I tribunali sostengono da tempo che ogni parola è protetta a meno che non rientri in determinate categorie. I divieti contro discorsi dannosi – quando il termine “dannoso” è determinato esclusivamente dai legislatori – non sono in linea con il Primo Emendamento.
Ma progetti come KOSA aggiungono nuovi livelli di complessità. In primo luogo, il governo non si limita a punire gli oppositori ideologici o coloro che hanno opinioni sfavorevoli, il che violerebbe chiaramente il Primo Emendamento. Visto nella sua luce migliore, KOSA mira a proteggere i bambini e la loro salute. New York aveva giustificazioni simili in materia di salute pubblica e sicurezza per la sua controversa legge sull’incitamento all’odio, che è stata bloccata da un tribunale distrettuale ed è in attesa di appello. Secondo questo argomento, spesso citato per razionalizzare le limitazioni alla libertà di parola, i pericoli per la società sono così grandi che il governo deve agire per proteggere i gruppi vulnerabili dai danni. Tuttavia, i tribunali hanno generalmente stabilito che questa non è una giustificazione sufficiente per limitare la libertà di parola protetta.
Le ragioni del giudice Easterbrook
Nel caso American Booksellers Association v. Hudnut (1986), il giudice Frank Easterbrook valutò la costituzionalità di un divieto di pornografia emanato dalla città di Indianapolis. La città ritiene che la pornografia abbia un impatto dannoso sulla società perché influenza gli atteggiamenti e porta alla discriminazione e alla violenza contro le donne. Come ha scritto il giudice Easterbrook nella sua ormai famosa opinione, il semplice fatto che la parola svolga un ruolo nel condizionamento sociale o contribuisca vagamente al danno sociale non dà al governo la licenza di controllarla. Quel contenuto è ancora protetto, non importa quanto dannoso o insidioso, e qualsiasi risposta contraria consentirebbe al governo di diventare il “grande censore e direttore di ciò che i pensieri sono positivi per noi”.
Oltre all’argomento della protezione dei minori, un secondo livello di complessità è che KOSA consente la censura attraverso una via indiretta. Il governo ottiene ciò che il Primo Emendamento gli proibisce richiedendo alle piattaforme online di monitorare un’ampia gamma di danni o di rischiare conseguenze legali. Questa è una caratteristica comune delle recenti leggi sui social media, che attribuiscono la responsabilità alle piattaforme.
Piattaforme terapeutiche
In pratica, il risultato è inevitabilmente una minore libertà di espressione. Secondo la legge KOSA, la piattaforma ha il “dovere di diligenza” per mitigare l’ansia, la depressione, i disturbi alimentari e i comportamenti di dipendenza nei giovani. Sebbene questa disposizione si concentri sulla progettazione e sul funzionamento dell’entità coperta, implica necessariamente l’espressione, poiché le piattaforme di social media sono costruite attorno a post generati dagli utenti, dalla cura dei contenuti alle notifiche.
Poiché le piattaforme sono responsabili per il mancato rispetto del “dovere di diligenza”, questo requisito ha lo scopo di spazzare via milioni di messaggi che sono messaggi protetti, anche contenuti ordinari che possono causare i danni elencati. Anche se tecnicamente la piattaforma sarebbe l’entità che applicherebbe queste politiche, il governo promuoverebbe la rimozione dei contenuti.
In definitiva, la fissazione sul danno fa ben poco per giustificare le limitazioni alla libertà di parola. La legislazione che restringe il discorso giuridico per promuovere un bene sociale più ampio rimane un veicolo attraverso il quale il governo può diventare, come ha scritto il giudice Easterbrook, “grande censore”.
QUI L’ARTICOLO ORIGINALE– TRADUZIONE DI ARTURO DOILO
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