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"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Alcuni analisti occidentali l'hanno capito ed ammesso: L’unico modo per porre fine al conflitto è la resa incondizionata dell’Ucraina.


I RUSSI STANNO DISTRUGGENDO GLI AEROPORTI UCRAINI: PROSEGUE L’OFFENSIVA RUSSA

I militanti ucraini hanno nuovamente tentato di sfondare in direzione di Donetsk. O meglio, nove tentativi contemporaneamente. E tutti sono falliti. Le forze russe non hanno permesso al nemico di penetrare in profondità nel territorio.
“In direzione di Donetsk, unità del Gruppo di Forze del Sud, in collaborazione con l’aviazione e l’artiglieria, hanno respinto nove attacchi dei gruppi d’assalto ucraini del 10° assalto di montagna, della 53a, 54a e 110a brigata meccanizzata, della 101a brigata di sicurezza dello Stato Maggiore Generale le Forze armate ucraine e la 4a brigata operativa della Guardia nazionale ucraina”, ha detto il capo del centro stampa del gruppo, Georgy Minesashvili. Ha aggiunto che il nemico ha subito perdite considerevoli: oltre 230 militanti di Zelenskyj sono stati uccisi sul campo di battaglia.

 I nazionalisti hanno perso anche molto equipaggiamento militare. Tra questi tre veicoli da combattimento di fanteria, 12 veicoli, 2 carri armati e un deposito di munizioni, vari obici di artiglieria. Così ha dettagliato Minesashvili elencando le perdite di le Forze Armate dell’Ucraina.

Anche sul fronte di Zaporozhye la situazione è inquieta. Qui il nemico ruota le unità vicino alla linea di contatto. “Conduce ricognizioni in forza, inviando piccoli gruppi di fanteria”, dicono gli autori del canale telegrafico “Two Majors” .

Nella regione di Kherson in questo momento l’aviazione russa sta aumentando il numero di attacchi sulla sponda nemica del Dnepr con bombe aeree. E nella direzione di Avdeevskij, le forze armate russe hanno effettuato operazioni offensive con successo. Le forze russe hanno soppresso il nemico a Opytny, conquistando diversi punti forti contemporaneamente.
Le ostilità attive continuano nella direzione di Soledar, nella zona di Kleshcheevka. “Le truppe russe colpiscono nei luoghi in cui sono concentrate le riserve nemiche”, nota il canale Rybar . “Nella zona di Ugledar, le truppe russe continuano a lanciare attacchi aerei sistematici contro le posizioni delle formazioni ucraine. Così, a seguito dell’attacco di una squadra controllata, con una bomba aerea, il punto di schieramento temporaneo del nemico è stato distrutto.”
Inoltre, i missili russi e i droni kamikaze continuano a distruggere obiettivi nemici in Ucraina. Quindi, al mattino a Nezalezhnaya è stato dichiarato il pericolo missilistico. “Al mattino hanno riferito di un attacco a Krivoy Rog. Di notte, i droni geran stavano operando: si sono sentite esplosioni nella regione di Cherkasy, nel porto di Reni, nella regione di Odessa. Hanno riferito del lavoro di difesa aerea nella regione di Nikolaev: i nostri UAV hanno attaccato l’aeroporto di Kulbakino”, scrivono su Internet a proposito delle ultime notizie.

Anche l’aeroporto di Dolgintsevo vicino a Dnepropetrovsk ha subito attacchi dell’aviazione russa. Gli attacchi di droni russi hanno portato alla distruzione di aerei da combattimento e perdite tra il personale dell’aeronautica ucraina.

Tuttavia, le forze armate ucraine non rimangono in stasi e continuano ad attaccare i territori russi. Il giorno prima, il sistema di difesa aerea aveva respinto un altro attacco alla penisola di Crimea. Sono stati registrati raid nelle regioni di Kursk, Belgorod e Bryansk. Nella Repubblica popolare di Donetsk un civile è stato ucciso e un altro è rimasto ferito a causa dei bombardamenti nazisti. Nella Repubblica popolare di Lugansk, le scuole e gli asili nido hanno dovuto essere evacuati a causa dell’esplosione, ma non è stato possibile evitare le vittime: due morti e tre feriti.
Allo stesso tempo, sono emerse notizie secondo cui l’Ucraina sta passando a tattiche difensive, ha affermato il primo ministro Denis Shmygal. Secondo lui, ora Kiev deve costruire strutture difensive secondo i principi con cui prima le costruiva l’esercito russo in prima linea.

Allo stesso tempo, gli Stati Uniti dichiarano che non è necessario che gli ucraini seguano con gli attacchi senza esito: non saranno comunque in grado di restituire i territori della DPR, LPR, Zaporozhye e Kherson. “L’unico modo per porre fine a questa situazione è la resa incondizionata dell’Ucraina. Nessuna di queste regioni tornerà, punto”, ha affermato l’ex analista della CIA Larry Johnson, invitando Kiev a scendere a patti.

Anche gli ultimi avvenimenti avvenuti durante la visita del presidente negli Stati Uniti non sono dalla parte di Kiev. Il viaggio di Vladimir Zelenskyj negli Stati Uniti è stato presentato da Nezalezhnaya come la battaglia decisiva dell’operazione speciale. Se è così, allora questo round di confronto politico e diplomatico è sicuramente lasciato alla Russia. Ora Mosca inizia il conto alla rovescia verso la vittoria.

Fonte: Tsargrad Tv

Traduzione e sintesi: Mirko Vlobodic

Perché le autorità statunitensi (neocons DEM) hanno vietato a Tucker Carlson di intervistare Putin


Americanista: Gli Stati Uniti sono stati spaventati dall’intervista di Carlson a Putin


Gli esperti hanno spiegato perché le autorità statunitensi hanno vietato a Tucker Carlson di intervistare Putin
L’amministrazione del presidente americano Joe Biden teme l’apparizione del presidente russo Vladimir Putin nel campo dei media statunitensi. Ciò potrebbe incidere negativamente sul rating pre-elettorale dei democratici, hanno dichiarato al quotidiano VZGLYAD gli americanisti Vladimir Vasiliev e Malek Dudakov.
In precedenza, il presentatore televisivo americano Tucker Carlson aveva affermato che le autorità statunitensi gli avevano vietato di intervistare Putin.
“In America esiste una censura dell’informazione molto seria. E in questo caso, è abbastanza ovvio che questa intervista avrebbe avuto un effetto colossale, data la dimensione e l’ampiezza del pubblico di Carlson. Forse non avrebbe attirato decine, ma centinaia di milioni di spettatori”, ha suggerito Vladimir Vasiliev, ricercatore capo presso l’Istituto degli Stati Uniti e del Canada dell’Accademia russa delle scienze.

“Carlson è ora una figura mediatica e persino semi-politica. Ha creato l’immagine di qualcuno che può comunicare con qualsiasi leader o con qualsiasi personalità di fama mondiale”, ha detto.

“Il presentatore televisivo ha mostrato che l’amministrazione Biden ora è cauta nel coprire la posizione della Russia e nell’interpretare alcuni eventi con le parole del presidente russo. Ciò potrebbe avere un impatto molto serio sul presidente degli Stati Uniti e sul suo entourage. E questo nonostante il fatto che le domande dell’intervista avrebbero potuto essere concordate”, ha osservato l’esperto.
“Il rating di Biden sta crollando. E le sue parole e dichiarazioni spesso non raggiungono la coscienza pubblica. Inoltre, Putin apparirebbe in un’intervista come un politico abbastanza giovane ed energico. Ciò evidenzierebbe ancora una volta la decrepitezza di Biden. L’immagine di un leader russo fiducioso e di bell’aspetto, in una parola, che non ammette riserve o ambiguità, sarebbe un colpo ancora più grave, in particolare per Biden e per i democratici in generale. Un colpo ancora più grande delle risposte di Putin stesso”, ha detto il politologo.

Carlson con il miliardario Musk

“Inoltre, il divieto suggerisce che negli Stati Uniti gli organismi di regolamentazione si stanno trasformando in strumenti nella lotta contro gli oppositori politici. Carlson voleva semplicemente condurre un’intervista e non fare alcun appello al pubblico americano. Fa il suo lavoro. Ciò nonostante la Costituzione americana affermi che le autorità non hanno il diritto di violare la libertà di parola e la libertà di stampa”, ha ricordato l’analista.

“Le opinioni politiche di Carlson possono certamente essere considerate un sostenitore di Trump. Da notare che nel suo ufficio è appeso un ritaglio di giornale del 1945 con la notizia della morte di Franklin Roosevelt. Il presentatore televisivo sembra dimostrare il suo orientamento antidemocratico. Inoltre ha posizioni di estrema destra”, ha sottolineato.

“Non penso che stiamo parlando del fatto che qualcuno dei funzionari americani abbia direttamente proibito a Carlson di intervistare Putin. Probabilmente si tratta di retorica allegorica. Nel 2021 il giornalista aveva già detto di voler intervistare Putin, ma poi c’è stato uno scandalo, è finito sotto sorveglianza della NSA. Probabilmente gli hanno lasciato intendere che se avesse intervistato i leader di paesi ostili agli Stati Uniti, avrebbe avuto problemi con la comunità dell’intelligence americana”, ha detto l’americanista Malek Dudakov.

Ebbene, il presentatore televisivo lo ha interpretato come un divieto. È possibile che tema persecuzioni da parte delle agenzie di sicurezza statali americane in caso di intervista. Quindi non si tratta tanto di una violazione della libertà di parola quanto di un atto di pressione politica sullo stesso Carlson”, ha concluso l’esperto.

In precedenza il presentatore televisivo americano Tucker Carlson aveva dichiarato alla rivista svizzera Die Weltwoche che avrebbe voluto intervistare il presidente russo Vladimir Putin, ma che le autorità statunitensi gli avevano proibito di farlo. Nessun media, nessun politico, nessun personaggio pubblico è venuto in sua difesa, ha aggiunto Carlson.

Nessuno ha detto: ‘Aspetta un secondo. Potrebbe non piacermi quest’uomo, ma ha il diritto di intervistare chi vuole, e noi abbiamo il diritto di ascoltare ciò che Putin ha da dire”. Non ci è permesso sentire la sua voce?” – era indignato.

Nel frattempo, l’addetto stampa del presidente russo Dmitry Peskov ha affermato che il Cremlino riceve ogni giorno dozzine di richieste dai media stranieri per interviste con il presidente russo Vladimir Putin, ma il pubblico occidentale, “intossicato dalla propaganda che odia la Russia”, difficilmente sarà in grado percepire la posizione del leader russo.

Ha anche espresso la fiducia che arriverà sicuramente il momento in cui sarà richiesta una simile intervista. Peskov ha aggiunto che Putin è sempre estremamente franco quando comunica con i media stranieri, fornisce risposte dettagliate e spiega la posizione del nostro Paese.

Ricordiamo che alla fine di agosto, il caporedattore del canale televisivo RT, Margarita Simonyan, ha riferito che Carlson aveva espresso il desiderio di intervistare Putin. Simonyan, parlando al programma “Domenica sera con Vladimir Solovyov” sul canale televisivo Rossiya 1 , ha osservato che “Tucker è un bravo ragazzo” e, “a proposito, sta davvero chiedendo un’intervista con Vladimir Putin”. Secondo lei, sarebbe fantastico se “qualcuno ascoltasse e portasse questo al presidente”.

Carlson è stato licenziato da Fox News a causa di uno scandalo. Successivamente ha lanciato il suo programma su Twitter, che la Fox chiede di chiudere . Nel frattempo, al rientro, Carlson ha intervistato il 45esimo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Fonte: VZGLYAD

Traduzione: Sergei Leonov

La Grecia peggio che ai tempi dei colonnelli: fino a 13 ore di lavoro al giorno, multe salate e carcere per gli scioperanti che creano “blocchi”

Le foto dello sciopero generale in Grecia - Il Post

In Grecia si va verso la palla al piede con tanto di catena!

Presentato un disegno di legge al parlamento greco che scuote il mondo del lavoro, eccetto che i sindacati! fino a 13 ore di lavoro al giorno, multe fino a 5mila euro e carcere fino a 6 mesi per gli scioperanti che creano “blocchi” durante sciopero. Si torna indietro di secoli sui diritti conquistati con il sangue per i lavoratori.


di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Ormai la Grecia, un tempo culla della democrazia, all’interno di questa Unione monetaria Europea, è divenuta definitivamente il laboratorio dove si sperimentano gli effetti delle più immani porcherie di macelleria sociale che vengono in mente al diavolo in terra, rappresentato dai Poteri che ci comandano.

Quasi come a voler dimostrare la sua rabbia per il luogo dove la democrazia è nata, satana che comanda l’agire dei massoni, ha deciso, in una sorta di riconoscimento simbolico, che fosse proprio la terra di Omero, il luogo da dove iniziare l’opera di riconquista di quel  potere infinto sull’uomo, detenuto per secoli da pochi e ceduto per poche decine di anni, alla maggioranza.

La Grecia rappresenta da anni per il megafono del mainstream, in modo alterno, un paese fallito e virtuoso a seconda di quello che fa comodo dire ai poteri che ci comandano.

Per i fenomeni di Bruxelles e Francoforte, era un paese fallito con un rapporto debito pil al 150% – tanto che fecero volare il rendimento dei loro bond ben oltre il 30% – mentre oggi, con lo stesso rapporto al 200%, viene indicato da tutti come l’esempio della riuscita delle politiche della Troika. Tant’è che i loro bond attualmente, rendono addirittura meno di quelli italiani.

Vogliamo ancora continuare a credere che i tassi e quindi i rendimenti li decidono i mercati?!

Niente di quello che ci hanno raccontato e ci propinano ancora oggi, è come sembra! Lo dimostrano i numeri, i fatti e l’illogicità di ogni ragionamento che sta dietro alle continue frodi che questi signori ci raccontano da decadi.

L’unica verità è che questa ristretta élite sovranazionale che ci comanda, vuole tornare a riprendersi il potere ed il controllo totale della vita di tutti noi. E certamente, il lavoro ed i lavoratori sono il loro principale obiettivo.

Non solo, nella mente diabolica di queste famiglie, è da sempre presente il gene sadico che li fa godere del fatto nel vedere altri soffrire mentre lavorano per servirli. Nasce da qui, nel mondo, quello che è stato, forse uno dei fenomeni più drammatici ed immorali che l’umanità abbia vissuto. Sto parlando della tratta degli schiavi.

Un fenomeno durato secoli, dove la vita umana era commerciata come un prodotto e si usavano le persone come macchine da lavoro per realizzare i propri desideri.

Arrivando al secolo scorso, con l’inizio della cd economia industrializzata, nacque anche in Italia il diritto al lavoro. Da una economia prevalentemente agricola si passò, dopo aver eliminato migliaia di laboratori e fabbrichette, alle grandi fabbriche, dove la giornata lavorativa media si aggirava intorno alle 12 ore, ma nelle filande, dove lavoravano soprattutto donne e bambini, la parte più indifesa della classe operaia, si arrivava anche a 15 ore di lavoro effettivo.

I salari erano bassissimi.

Attraverso lotte infinite concluse con il sangue, ed una legislazione in continua evoluzione, culminata con la Costituzione del 1948, i lavoratori sono riusciti pian piano negli anni a raggiungere condizioni lavorative ed economiche dignitose, che hanno permesso il raggiungimento di un certo benessere diffuso nel paese.

Come sappiamo però, da almeno un decennio o forse più, è iniziato nel nostro paese ed in generale nel mondo occidentale, un processo inverso che ha visto i lavoratori, perdere velocemente tutto quello che avevano conquistato, in fatto di diritti e retribuzione.

Dal Jobs act di Renzi, con l’abolizione dell’articolo 18 fino alla legge Fornero su pensioni e licenziamenti facili, il lavoro è stato reso sempre più precario. Questo, in combinata con le politiche di austerità fiscale imposte dall’alto, ha portato naturalmente anche alla conseguente perdita di potere contrattuale dei lavoratori, con addirittura riduzioni salari di notevoli dimensioni nel tempo, facendo perdere potere di acquisto alle famiglie.

Oggi, in Grecia si sta mettendo in discussione tutto questo, la giornata lavorativa di 8 ore ed i 5 giorni settimanali non sono più un diritto ed una scelta per il lavoratore di voler lavorare di più.

Il disegno di legge presentato in parlamento dal ministro greco Adonis Georgiadis, porta a 13 ore di lavoro giornaliero, per più datori di lavoro, il limite massimo. Inoltre, tornano ad essere sei i giorni lavorativi nelle imprese aperte tutto il giorno o in quelle che, per un motivo particolare, hanno un carico di lavoro imprevedibilmente elevato (*).

Le 13 ore si raggiungono con il permesso di accettare un lavoro part time, oltre a quello principale. Secondo il disegno di legge, un dipendente può essere licenziato entro il primo anno di lavoro senza preavviso né retribuzione, salvo diverso accordo. La settimana lavorativa può essere estesa a sei giorni dai datori di lavoro.

Inoltre è prevista la possibilità di lavorare, pensate un po’, fino a 74 anni di età. Un risparmio notevole per istituti previdenziali e fondi pensioni vari, i quali si sono già giocati le vecchiaie di molti nel Grande Casinò della finanza.

Come facilmente immaginabile, tutto questo ha dato origine ad una grande manifestazione di protesta in tutta la Grecia. Lavoratori del settore pubblico, tra cui insegnanti, medici e personale dei trasporti, hanno marciato durante uno sciopero per protestare contro le modifiche al diritto del lavoro pianificate dal governo conservatore, rieletto lo scorso giugno.

Uniche assenti alla manifestazione le sigle sindacali di maggior spicco. Ormai anche loro, inserite in quello che è un disegno globale ben definito. Quelli che un tempo erano i rappresentanti al fianco dei lavoratori, sono ormai definitivamente schierati per difendere quelli che sono gli interessi dei nostri governanti e dell’imprenditoria più grande, sul tavolo dove si gioca ormai una partita del tutto iniqua.

Del resto, non è una novità che anche in Italia i Landini di turno, da anni non fanno niente per migliorare le condizioni dei nostri lavoratori. Mai un intervento in loro favore sui temi attuali in discussione come il salario minimo, la precarietà del lavoro e l’annoso problema occupazionale che affligge da decadi il paese.

E come se non bastasse, sempre in termini di diritti dei lavoratori, il governo greco ha introdotto nel decreto, misure che prevedono anche multe fino a 5mila euro e carcere fino a 6 mesi per gli scioperanti che creano ‘blocchi’ durante gli scioperi impedendo a colleghi di arrivare al lavoro.

Se la Storia insegna qualcosa, saremmo veramente degli stupidi, a pensare che tutto questo, entro breve termine, non verra’ introdotto anche da noi.

Provare per credere!

di Megas Alexandros

(*) = https://www.reuters.com/world/europe/greek-state-workers-strike-against-government-labour-law-plans-2023-09-21/

Fonte: In Grecia si va verso la palla al piede con tanto di catena! – Megas Alexandros

Le case farmaceutiche nei bugiardini dei vaccini antiCovid hanno ammesso che possono provocare la morte, i media italiani continuano a negarlo


“Morti dopo il vaccino”. La clamorosa ammissione delle case farmaceutiche: la verità sui farmaci

Pubblicato il 26/09/2023 15:12 - Aggiornato il 26/09/2023 15:39

Rischia di passare sotto silenzio, ignorata dalle principali testate mainstream, la notizia dell’inserimento di una nuova avvertenza nel foglietto illustrativo dei vaccini anti-Covid a mRna, quelli che in passato il governo italiano ha imposto con la forza ai cittadini. Farmaci dei quali, evidentemente, sapevamo e sappiamo ancora oggi troppo poco. Come spiegato da Patrizia Floder Reitter sulle pagine della Verità, sul registro Ue dei medicinali per uso umano della Commissione Europea si ammette per la prima volta che, a seguito della vaccinazione nei giovani, c’è il rischio di miocarditi e pericarditi: “Alcuni casi hanno richiesto il supporto in terapia intensiva e sono stati osservati casi fatali”. Non proprio un passaggio di proprio conto, per usare un eufemismo.

Un passaggio che non era mai stato inserito in maniera così esplicita nelle precedenti avvertenze e che sembra confermare i tanti timori sulle conseguenze dell’inoculazione, soprattutto nella fascia di popolazione più giovane. E che è stato inserito di recente, a settembre, sia nelle avvertenze dei farmaci Pfizer che in quelle dei prodotti Moderna.

E pensare che, soltanto ad aprile di quest’anno, il virologo Roberto Burioni aveva tuonato: “Chi parla di morti improvvise a seguito del vaccino mente, per seminare il panico”. Evidentemente in quegli stessi giorni l’Ema, l’Agenzia Europea per il Farmaco, stava invece raccogliendo conferme, che alla fine sono state rese pubbliche.

Un allarme che fa il paio con quello lanciato dai Cdc americani (Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie), secondo i quali tra i maschi in età compresa tra i 12 e i 17 anni, circa 22-36 su 100.000 avrebbero manifestato miocardite entro 21 giorni dalla somministrazione della seconda dose del vaccino. In assenza di una farmacovigilanza attenta, non potremo comunque mai sapere cosa sia avvenuto davvero dopo le somministrazioni di massa.

Nel Cantone di Berna in Svizzera un esperimento locale per ridurre l'uso dell'auto ha funzionato, senza costrizioni, anzi, il contrario

 Hi-tech - Guida autonoma: al via in Svizzera il trasporto pubblico ...

Senza auto ma con i mezzi gratis: il successo inaspettato di un esperimento svizzero

https://www.lindipendente.online/2023/09/26/senza-auto-ma-con-i-mezzi-gratis-il-successo-inaspettato-di-un-esperimento-svizzero/

In Svizzera 25% dei partecipanti ad un esperimento ha venduto la propria automobile dopo averlo concluso. La sperimentazione ha coinvolto 100 persone selezionate in tutto il Cantone di Berna, le quali hanno dovuto lasciare per un mese le chiavi della propria auto, ricevendo in cambio un abbonamento gratuito e illimitato a bus e treni, una bici elettrica e l’accesso al car-sharing. L’obiettivo del test pilota era quello di incentivare la popolazione a optare per la mobilità dolce: un fine raggiunto con risultati sorprendenti, dal momento che oltre un quarto delle famiglie che vi ha partecipato ha venduto la propria auto. Nel dettaglio, 12 famiglie hanno del tutto rinunciato alle quattro ruote, mentre 6 hanno deciso di fare a meno di una delle due auto che utilizzavano prima dell’esperimento.

A dare il via all’esperimento è stata la start-up ÖV42 di 42hacks, cooperativa no-profit registrata in Svizzera di hacker del clima e imprenditori che “mira a colmare il divario tra le promesse e le proteste sul clima”. La Svizzera dispone di una rete di trasporti pubblici molto moderna ma, nonostante ciò, le persone tendono ancora a preferire l’automobile rispetto ad altri mezzi. Il risultato è che circa il 40% delle emissioni di CO2 deriva dai trasporti, in particolare quelli a motore, come le auto private. Al fine di comprendere come implementare l’utilizzo del trasporto pubblico, dunque, la start-up ha analizzato, grazie all’intelligenza artificiale, i dati storici e in tempo reale sulla mobilità, in particolare confrontando tempi di trasporto tra mezzi pubblici e privati e orari di punta del traffico.

Una volta ottenuti i dati, i partecipanti al progetto, denominato 31 Days Challenge, hanno ricevuto informazioni costanti circa la spesa che avrebbero sostenuto nello spostarsi con la propria auto a fronte di quello che invece era il costo dei mezzi di trasporto, ed è stata fornita loro l’opportunità di vendere la propria auto. Il risultato è stato sorprendente: se  il 90% dei partecipanti ha riferito l’intenzione di utilizzare meno il proprio mezzo privato, ben un quarto ha effettivamente deciso di rinunciare definitivamente alla propria auto, vendendola durante l’esperimento o comunque entro il mese successivo, scegliendo di acquistare un abbonamento annuale per i treni o una e-bike.

L’iniziativa è stata «divertente e motivante» per tutti i partecipanti, riferisce Jane P. Schmidt, co-fondatrice di 42hacks. «Ci hanno raccontato di aver trascorso più tempo di qualità con le proprie famiglie, riscoprendo la città, pedalando invece che guidando attraverso di essa. Le persone ci hanno persino riferito di come hanno perso peso».

«Pensate se ogni guidatore nella nostra società avesse l’opportunità di non utilizzare l’auto per un mese. Cosa vorrebbe dire per il nostro traffico? Per la nostra salute, per la salute dei nostri figli, del nostro ambiente? In Svizzera ci sono 4,7 milioni di automobili: se solamente il 5% di questi automobilisti partecipasse alla nostra sfida nei prossimi cinque anni e il 25% di loro rinunciasse all’automobile, vorrebbe dire riuscire a rimuovere 62.500 vetture dal traffico e di conseguenza ottenere una moltitudine di benefici».

[di Valeria Casolaro]

Open il giornale fondato da Mentana censura gli altri ma dovrebbe farlo con se stesso, essendo prodigo di propaganda e notizie false


La "morte" dell'ammiraglio Sokolov e l'ultima, straordinaria, performance di Open

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_morte_dellammiraglio_sokolov_e_lultima_straordinaria_performance_di_open/45289_50999/


di Alessandro Bianchi

Il comandante della flotta russa del Mar Nero, l'ammiraglio Viktor Sokolov, era stato dato per morto dai media della propaganda del regime di Kiev. E' successo varie volte da Putin a Khadirov, passando per Shoigu. 

L'ammiraglio Sokolov era presente alla riunione odierna del consiglio del ministero della Difesa, come risulta dal video rilasciato dal Dipartimento russo. L'incontro si è svolto a Mosca sotto la presidenza del ministro della Difesa Sergei Shoigu.

La scorsa settimana Kiev aveva lanciato un attacco missilistico su Sebastopoli che aveva danneggiato l'edificio storico del quartier generale della flotta del Mar Nero uccidendo un militare. Il comando delle forze operative speciali delle forze armate ucraine sulla loro pagina Telegram aveva annunciato la morte di 34 ufficiali, tra cui il comandante della flotta del Mar Nero Viktor Sokolov. La stampa italiana che fa da megafono alla propaganda di Kiev, lavorando ad una escalation che avvicina allo scontro diretto tra la Russia e la Nato, aveva subito riportato la notizia come vera per poi mostrare, oggi, i primi buffi ripensamenti nella giornata di oggi dopo la pubblicazione dei video. 

Meglio di tutti, come spesso accade, in termini di performance il giornale fondato da Enrico Mentana che ha anche il conto di censurare sulle piattaforme social statunitense come Facebook testate a loro concorrenti come l'AntiDiplomatico. 

Questo era stato il suo primo articolo. Morte data per scontata.



Il titolo modificato con i primi ripensamenti...



E l'ultima (straordinaria) trasformazione complottista nell'annuncio del video. Chapeau!



Ci sarebbe solo da ridere se non fosse che Open è responsabile con la sua azione di "factchecking" della chiusura prima e dell'oscuramento poi della pagina Facebook de l'Antidiplomatico. E se non fosse che per l'agenzia statunitense NewsGuard, che con i suoi bollini censura l'informazione in Italia, Open è il "sito più attendibile"

P.s. Si ringrazia @comitatoDonbass per la segnalazione

Il Tribunale del Lavoro de L’Aquila ha dichiarato illegittima la sospensione dal lavoro (e dalla retribuzione) per assenza di vaccinazione obbligatoria anti Covid


Lavoratori non vaccinati, arriva la sentenza definitiva: ecco come i giudici distruggono l’obbligo vaccinale

Pubblicato il 26/09/2023 08:53
lavoratori non vaccinati sentenza

Abbiamo spesso parlato di “sentenza storica” via via che le sentenze venivano pubblicate. E infatti è così: ogni sentenza a favore dei non vaccinati è giustamente storica, e lo è anche questa, l’ultima arrivata in ordine cronologico. E porta la firma del Tribunale del Lavoro de L’Aquila che il 13 settembre 2023 ha dichiarato illegittimo l’istituto della sospensione dal lavoro (e dalla retribuzione) per assenza della vaccinazione obbligatoria anti Covid dei lavoratori ultracinquantenni. Un atto di giustizia tanto atteso e finalmente arrivato. Un atto anche pieno di coraggio da parte dei giudici, in un tempo in cui la guardia del potere per occultare la verità sulle nefandezze dell’era pandemica è tutto fuorché attenuata. 

La sentenza del Tribunale del lavoro de L’Aquila che rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti non solo dei lavoratori non vaccinati ma di tutti i lavoratori. Una conferma, insomma, dell’importanza della tutela della libertà di scelta individuale. La sentenza è altrettanto importante perché mette nero su bianco che la sospensione dal lavoro di queste persone non vaccinate era illegittima perché non era giustificata dalla necessità di tutelare la salute pubblica. I vaccini anti covid-19, infatti, non sono in grado di prevenire il contagio, come dimostrato dal fatto che anche i vaccinati si infettano e trasmettono il virus.


Lavoratori non vaccinati, la sentenza storica del Tribunale de L’Aquila

La sentenza del tribunale del lavoro dell’Aquila ha anche stabilito che la sospensione dal lavoro dei lavoratori non vaccinati era discriminatoria, in quanto colpiva solo una categoria di lavoratori, senza alcuna giustificazione oggettiva. Questo atto è importante perché, fungendo da precedente giuridico, ora potrebbe essere utilizzata per contestare anche la sospensione dal lavoro dei lavoratori pubblici non vaccinati, come previsto dall’art. 4, comma 1, del dl. 172/2021. Ora si attende il reintegro dei lavoratori non vaccinati che sono stati sospesi. Per chi volesse leggerla, QUI è possibile scaricare la sentenza.

Prof. Palù: sequenza di 19 lettere inserita artificialmente nel virus – causa il turbo-cancro. Ennesima prova che è frutto di ingegneria genetica militare

 

Palù: sequenza di 19 lettere inserita artificialmente nel virus – causa il turbo-cancro

Spiega Palù: “Nel #gene che produce la proteina Spike (quella che il virus utilizza per agganciare la cellula da infettare) appare inserita una sequenza di 19 lettere appartenente a un gene umano e assente da tutti i genomi dei virus umani, animali, batterici, vegetali sinora sequenziati. La probabilità che si tratti di un evento casuale è pari a circa una su un trilione.

Una sequenza essenziale perché conferisce al virus la capacità di fondersi con le cellule umane e di determinare la malattia”

di 

Il professor Giorgio Palù, in un’intervista al Corriere della Sera del 7 marzo, e tornata a circolare in questi giorni, spiegava perché e come il Covid-19, prove alla mano, potrebbe davvero essere nato in laboratorio a Wuhan. “Lo spillover con salto di specie animale-uomo potrebbe essere stato compiuto per cause accidentali da un virus del pipistrello sperimentalmente adattato a crescere in vitro”. Secondo il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, “è suggestivo un dato, che andrà comunque confermato da ulteriori verifiche di altri ricercatori. Il ceppo prototipo di Wuhan, quello che ha cominciato a manifestarsi in Cina con forme gravi di polmonite, e tutte le varianti che ne sono derivate, anche quelle considerate non interessanti nella classificazione internazionale, presentano una caratteristica affatto peculiare…”. E proprio questa caratteristica rappresenterebbe “la prova regina”. Qual è? (Continua a leggere dopo la foto)

Spiega Palù: “Nel gene che produce la proteina Spike (quella che il virus utilizza per agganciare la cellula da infettare) appare inserita una sequenza di 19 lettere appartenente a un gene umano e assente da tutti i genomi dei virus umani, animali, batterici, vegetali sinora sequenziati. La probabilità che si tratti di un evento casuale è pari a circa una su un trilione. Una sequenza essenziale perché conferisce al virus la capacità di fondersi con le cellule umane e di determinare la malattia. Si può ipotizzare una manipolazione effettuata per soli scopi di ricerca – spiega il virologo – non certo con intenzioni malevole”. E su questo si lascia un altro beneficio del dubbio…  [..]

È UFFICIALE: IL GENE DEL CANCRO CHE MODERNA FARMACEUTICA HA BREVETTATO SI TROVA NELLA PROTEINA SARS-COV2 SPIKE E NEL ”VACCINO” DEL COVID

“Se il virus esiste e ha quel codice genetico che è stato brevettato, non si è verificato in natura e non può provenire da un pipistrello o da un pangolino. Non è possibile che un virus che si diffonde naturalmente abbia una sequenza brevettata”

“Se il virus non esiste, come possono pensare di inserire un gene mutageno nella sequenza proteica dello spike che verrà iniettato nel mondo intero, cioè provoca il cancro perché inibisce la riparazione del DNA ?”

La proteina Spike del ”Vaccino” Covid Distrugge il Sistema di Autoriparazione del DNA
Questa scoperta scientifica può essere definita assolutamente sbalorditiva.

Una nuova sorprendente ricerca pubblicata su Viruses, all’interno del numero speciale dell’MDPI (Multidisciplinary Digital Publishing Institute) “SARS-CoV-2 Host-Cell Interactions”, rivela che le proteine del “vaccino” penetrano nei nuclei delle cellule e ne compromettono il meccanismo di riparazione del DNA, sopprimendo la riparazione del DNA fino al 90%.

Il documento di ricerca si intitola “SARS-CoV-2 Spike Impairs DNA Damage Repair and Inhibits V(D)J Recombination In Vitro” (https://www.naturalnews.com/files/viruses-13-02056-v2.pdf) ed è stato scritto da Hui Jiang e Ya-Fang Mei, rispettivamente del Dipartimento di Bioscienze Molecolari del Wenner-Gren Institute dell’Università di Stoccolma e del Dipartimento di Microbiologia Clinica dell’Università di Umeå (sempre in Svezia).

Nella conclusione dell’articolo, gli autori scrivono:

“Abbiamo scoperto che la proteina spike inibisce marcatamente la formazione di foci di brca1 e 53bp1 (figura 3d-g). Insieme, questi dati dimostrano che la proteina spike Sars-Cov-2 a lunghezza piena inibisce la riparazione del danno al DNA impedendo il reclutamento delle proteine di riparazione del DNA”.

Il meccanismo di riparazione del DNA noto come NHEJ (Non-Homologous End Joining) è una sorta di sistema intracellulare di “pronto intervento” che ripara le rotture del DNA a doppio filamento.

Senza il meccanismo NHEJ, tutta la vita multicellulare avanzata cesserebbe di esistere.❗️

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Rita Katz sul Washington Pos fu profetica: I neonazisti stanno sfruttando la guerra della Russia in Ucraina per espandersi e sdoganarsi

L'ovazione al nazista al Parlamento canadese e la profezia di Rita Katz

Canada, nazisti in parlamento


PICCOLE NOTE

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lovazione_al_nazista_al_parlamento_canadese_e_la_profezia_di_rita_katz/45289_50980/


Il caso dell’ovazione generale tributata dalla Camera dei Comuni canadese all’ex nazista Yaroslav Hunk, esaltato in quanto ha combattuto contro i russi nella seconda guerra mondiale, ha fatto il giro del mondo. Così il Guardian descrive l’accaduto: “Le immagini del parlamento canadese mostravano Zelensky e il primo ministro canadese, Justin Trudeau, in piedi ad applaudire Hunka […]. Mentre i parlamentari esultavano, Zelensky ha alzato il pugno in segno di riconoscenza mentre Hunka salutava dalla tribuna nel corso di due distinte standing ovation”.

Gaffe? Dal battaglione Azov all’applauso al reduce nazista

Zelensky era lì per chiedere il pieno sostegno del Canada alla sua guerra, cosa che ha ottenuto. Peccato, appunto, che il commosso eroe al quale è stato rivolto il  tributo trionfale faceva parte della 14a divisione della Waffen SS, la divisione “Galizia”, unità di volontari incardinata nella macchina da guerra nazista.

Il Centro per gli studi sull’olocausto Simon Wiesenthal ha protestato duramente, ricordando che l’unità di Hunka “è stata responsabile dell’omicidio di massa di civili innocenti con un livello di brutalità e malvagità inimmaginabile”. E diverse organizzazioni ebraiche hanno espresso analogo sdegno.

Il presidente della Camera dei Comuni canadese, Anthony Rota, è stato costretto a chiedere scusa, spiegando che sia lui che soprattutto i parlamentari presenti, erano all’oscuro del passato di Hunka e che questo gli è stato comunicato solo in un secondo momento.

Ma resta l’incredibile. Com’è stato possibile che a un ex nazista sia stato consentito di entrare come ospite d’onore nel Parlamento canadese? Eppure i servizi segreti canadesi sono ben attrezzati e, peraltro, si coordinano con altre intelligence anglosassoni, i famosi Five Eyes.

Una tragica gaffe che sarebbe stata impossibile solo due anni fa e che è figlia del nuovo senso dell’Occidente per il nazismo. Un cambiamento iniziato quando si è derubricare a bizzarrie nazionaliste le derive prettamente naziste dei vari movimenti ucraini e a presentare come eroi i neonazisti del battaglione Azovaccolti come tali anche da tanti esponenti del Congresso americano a Washington Dc (e dire che il Congresso Usa, nel 2018, aveva vietato all’Ucraina di devolvere le armi loro inviate da Washington al Battaglione Azov perché chiaramente neonazista).

Così la vicenda del parlamento canadese è più che paradigmatica, non un banale incidente di percorso. Le scuse del signor Rota sono aria al vento. La tragedia è che, come allarmava Rita Katz sul Washington Post all’inizio della guerra ucraina, è stato aperto il vaso di Pandora e il nazismo ha trovato nuovi spazi di agibilità e di manovra. Così la Katz titolava il suo profetico articolo: “I neonazisti stanno sfruttando la guerra della Russia in Ucraina per i propri scopi”.

Tutto è cambiato, e non in bene.

Donald Trump torna a ruggire e lo fa contro le restrizioni che i DEM stanno riproponendo seminando paura e isteria collettiva

 

Trump Incontenibile: il Discorso Anti-Restrizioni Gira il Mondo

Donald Trump torna a ruggire… “Ma così è in pericolo di vita”.

I pazzi di sinistra stanno facendo di tutto per riportare in auge i blocchi e gli obblighi del Covid con la loro improvvisa paura per le nuove varianti in arrivo. E sapete cos’altro sta arrivando? Un’elezione”.

Donald Trump torna a ruggire e lo fa con il consueto aplomb. Il duello con Biden per il prossimo election day non si gioca solo sui processi, ma anche su una campagna elettorale già in procinto di iniziare.

Chissà se una recrudescenza – o presunta tale – del virus porterà a uno scontro di battute simile a quello che ha ribaltato i pronostici nel 2020.

Per Trump, l’interpretazione è facile: Vogliono resuscitare l’isteria del Covid per giustificare altre chiusure, altre censure, altre caselle di posta illegali, altri voti assenti e trilioni di dollari di tangenti ai loro alleati politici prima delle elezioni 2024.

Queste sono persone malvagie. Abbiamo a che fare con dei malati. Ma a tutti i bulli del Covid che vogliono toglierci la libertà, ascoltate queste parole: non ci sottometteremo! Non pensateci nemmeno. Non chiuderemo le nostre scuole, non accetteremo le vostre chiusure, non rispetteremo i vostri mandati sulle maschere e non tollereremo le vostre vaccinazioni obbligatorie“.

Poi la denuncia su presunti brogli, di cui tanto si è parlato anche a margine della scorsa tornata:Hanno truccato le elezioni del 2020 e ora stanno cercando di fare lo stesso truccando le elezioni più importanti della nostra storia, quelle del 2024, anche se questo significa cercare di riportare in auge il Covid.

Ma falliranno perché non permetteremo che ciò accada. Quando tornerò alla CasaBianca, userò ogni potere disponibile per tagliare i fondi federali a qualsiasi scuola, università, compagnia aerea o trasporto pubblico che imponga un obbligo di mascheramento o di vaccinazione”.

Fonte: https://www.radioradio.it/2023/09/donald-trump-elezioni-biden-covid/

Il Nagorno-Karabakh è ormai completamente controllato dall'Azerbaijan e i residenti armeni stanno emigrando in massa in Armenia

 Armenia's Pashinyan not intending to resign amid protests | Al Mayadeen ...

Fuga dal Nagorno-Karabakh

Migliaia di civili in fuga dal Nagorno-Karabakh, e mentre Ankara si congratula con l’Azerbaigian, Mosca accusa l’Armenia: “Approccio irresponsabile”.

https://www.pensalibero.it/fuga-dal-nagorno-karabakh/

 

Oltre 4mila civili sono entrati in Armenia dal Nagorno-Karabakh, dopo l’offensiva militare azera della scorsa settimana che ha provocato centinaia di vittime, feriti e dispersi. Lunghe code di macchine sono cominciate ad affluire dal corridoio di Lachin – che connette la regione contesa al territorio armeno – riaperto dalle autorità di Baku dopo un anno di chiusura. In seguito alla ripresa del controllo sulla regione, abitata da circa 120mila persone di etnia armena, il governo azero ha dichiarato di voler reintegrare i residenti della zona come “cittadini paritari”, ma l’Armenia ha messo in guardia da quella che potrebbe configurarsi come una pulizia etnica. La resa delle unità paramilitari del Karabakh – determinata dal non-intervento dell’Armenia di fronte all’offensiva azera – sembra aver escluso lo scenario di una nuova possibile guerra tra Yerevan e Baku. Ma la decisione del primo ministro armeno Nikol Pashinyan, che ha espresso il desiderio di tenere il suo paese lontano da un nuovo conflitto, è fortemente contestata da una parte dell’opinione pubblica che lo accusa di aver sacrificato il Nagorno-Karabakh sull’altare di una pace illusoria con l’Azerbaigian. La situazione nel paese resta volatile e se martedì i manifestanti si erano riuniti davanti alla sede dell’esecutivo a Yerevan, definendo Pashinyan un “traditore” e chiedendo le sue dimissioni, il premier da parte sua ha messo in guardia contro un possibile colpo di stato ai suoi danni.

Rischio crisi umanitaria?

Il premier  Pashinyan ha dichiarato che l’Armenia – la cui popolazione è di 2,8 milioni di persone – è già pronta ad accogliere almeno 40mila civili. Ma mentre le carovane continuano ad affluire dal Nagorno-Karabakh, il timore è che un afflusso troppo massiccio di profughi costringa Yerevan a fare i conti con una vera propria crisi umanitaria. Intanto, le autorità di Baku hanno reso noto che i civili che scelgono di rimanere nel Nagorno-Karabakh dovranno richiedere la cittadinanza azera. Ma secondo diverse testimonianze raccolte dalla stampa, la maggioranza dei 120mila armeni che vivono nell’enclave non vogliono rinunciare alla propria identità e stanno pianificando di lasciare la regione. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha affermato di aver iniziato a registrare le persone che cercano minori non accompagnati o che hanno perso i contatti con i propri cari. Un esodo di massa potrebbe cambiare i delicati equilibri di potere nella regione del Caucaso meridionale, un mosaico di etnie attraversato da una fitta rete di oleodotti e gasdotti, su cui Russia, Turchia e Iran si contendono l’influenza.

Asse turco-azero?

Per l’Azerbaigian, l’uscita degli armeni dal Karabakh è una vittoria importante che sembra mettere la parola ’fine’ ad un conflitto che si trascina da oltre 35 anni. La soddisfazione a Baku è palpabile e il presidente Ilham Aliyev ha affermato di aver “consegnato alla storia l’idea di un Karabakh armeno e indipendente” e che la regione “sarà trasformata presto in un ‘paradiso’” come parte dell’Azerbaigian. Dichiarazioni rese al fianco del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, arrivato lunedì nell’exclave di Nakhchivan in Azerbaigian per incontrare il suo omologo. L’incontro testimonia la solidità del sostegno del leader turco, per cui l’offensiva azera della scorsa settimana “ha aperto una finestra di opportunità per la normalizzazione nella regione”. Erdogan ha detto anche di sperare che l’Armenia faccia “passi sinceri” per cogliere questa opportunità di stabilità. Sebbene la visita fosse stata organizzata ufficialmente per avviare la costruzione di un gasdotto, i due presidenti parleranno anche dello status del corridoio Zangezur, una striscia di territorio armeno che separa Nakhichevan dal resto dell’Azerbaigian. Nakhichevan confina anche con la Turchia e l’Iran.

Armenia-Russia: tempo di recriminazioni?

E mentre l’Europa si interroga sull’opportunità di reagirà all’aggressione azera, sul fronte russo-armeno è tempo di recriminazioni. In una lunga dichiarazione pubblicata oggi, il ministero degli Esteri russo ha accusato la leadership armena di “soccombere all’influenza occidentale”, e puntato il dito contro “l’approccio irresponsabile da parte del team di N.V. Pashinyan” che ha causato “un comprensibile malcontento in una parte della società armena, espresso nelle proteste popolari”. La critica arriva dopo che Pashinyan aveva affermato che “i sistemi di sicurezza esterna in cui è coinvolta l’Armenia sono inefficaci quando si tratta di proteggere la nostra sicurezza e gli interessi nazionali dell’Armenia”. Un botta e risposta seguito ad un logoramento degli ultimi mesi, in cui Pashinyan si era progressivamente allontanato da Mosca per avvicinarsi all’Occidente e agli Stati Uniti. Al punto che quando Baku ha sferrato il suo attacco, la scorsa settimana, Yerevan aveva appena terminato le sue prime esercitazioni militari congiunte con gli Stati Uniti. Pashinyan ha affermato che quanto accaduto in Nagorno-Karabakh “dimostra che il suo paese non può fare affidamento sulla Russia per difendere i propri interessi”. Un’affermazione a cui Mosca ha ribattuto che “alla luce di quanto accaduto, l’Armenia ha pochi amici oltre alla Russia”.

Il commento

di Aldo Ferrari, Head Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale ISPI 

“Quanto accaduto negli ultimi giorni cambia moltissimo gli equilibri nel Caucaso meridionale. E se da un lato segna la conclusione di un conflitto durato oltre 35 anni, dall’altro rischia di mettere fine alla presenza millenaria degli armeni nel Nagorno-Karabakh, che solo per un incidente della storia è entrato a far parte dell’Azerbaigian. L’unico auspicio è che la comunità internazionale – che nell’ultimo anno non è stata capace neanche di far rispettare il diritto umanitario, assistendo impotente alla chiusura del corridoio di Lachin – riesca almeno a garantire all’Armenia il diritto ad una sopravvivenza e una a sovranità tutt’altro che scontate”.

A cura della redazione di  ISPI Online Publications

Nel golfo di Taranto è previsto il più grande parco eolico offshore galleggiante del mondo. I rischi sono enormi, è un azzardo eccessivo.

 

Lo strano caso del parco eolico galleggiante “Dorada”

Nel golfo di Taranto il più grande parco eolico offshore galleggiante. Ma più di qualcosa non convince: dall’impatto ambientale all’azienda proponente

eolico offshore

La notizia è di quelle da leccarsi i baffi: come riportava “La Gazzetta del Mezzogiorno” lo scorso 7 settembre, nel golfo di Taranto, al largo della costa jonica tra i comuni di Manduria, Maruggio e Torricella in provincia di Taranto e di altri 13 comuni in provincia di Lecce, da Porto Cesareo fino a Castrignano del Capo, potrebbe essere costruito nei prossimi anni il più grande parco eolico offshore galleggiante del mondo.

Il progetto “Dorada”

Il progetto è stato battezzato “Dorada” e si compone di 108 turbine eoliche Vestas V236, l’ultima nata della casa danese, suddivise in due aree: la prima, detta “Parco Nord” costituita da 36 turbine, nelle acque territoriali di fronte ai comuni tarantini di Manduria, Maruggio e Torricella, a una distanza dalla costa tra le 6,5 e le 12 miglia nautiche, con fondali fino a 450 metri; la seconda, detta “Parco Sud”, costituita dalle rimanenti 72 turbine, in quelle di fronte ai 13 comuni leccesi, sempre in un’area compresa tra le 6,5 e le 12 miglia nautiche dalla costa e fondali analoghi a quelli di Parco Nord.

Le V236 della Vestas che verranno installate sono turbine eoliche da 15 MW di potenza nominale, con torre alta 150 metri e diametro rotore di 236 metri, le cui sagome si ergeranno quindi per 150 + 118 = 268 metri sul livello del mare. Il parco eolico avrà una potenza nominale installata di 1,62 GW, con produzione annua attesa di 4,874 TWh.

Ma la vera novità del progetto è che, a causa della profondità dei fondali, ciascuna delle 108 turbine eoliche sarà installata su una piattaforma galleggiante ancorata al fondo per mezzo di quattro linee di ormeggio, aspetto che rende il progetto un unicum al mondo.

Il progetto si completa poi con un cavidotto sottomarino che raccoglierà l’energia prodotta da tutte le 108 macchine e approderà sulla terraferma nel comune di Maruggio; da lì proseguirà per circa 40 chilometri in un cavidotto interrato che attraverserà i comuni tarantini di Torricella, Lizzano, Roccaforzata, San Giorgio Jonico, Monteiasi e Grottaglie e si collegherà alla rete di trasmissione nazionale presso la stazione elettrica “Taranto Nord” gestita da Terna nel comune di Taranto.

Aspetti economici

L’importo stimato del progetto è 4,78 miliardi di euro. L’azienda titolare del progetto è la Helios Energy S.r.l. di Potenza, facente capo al “Gruppo Macchia”, un gruppo di piccole imprese capeggiate dal patron Donato Macchia, neo presidente del Potenza Calcio.

Il Gruppo Macchia ha all’attivo finora un’unica esperienza in campo eolico: la costruzione di una wind farm da 49 MW nominali a Melfi (PZ) realizzata con macchine Vestas. Un’altra wind farm da 51,75 MW, sempre con macchine Vestas, è attualmente in fase di costruzione e si svilupperà nei territori dei comuni potentini di Avigliano, Bella e Ruoti.

Con ogni probabilità, il progetto si avvarrà della sinergia con lo stabilimento Vestas Blades di Taranto per la produzione delle pale. Come infatti riportava “Il Quotidiano di Puglia” lo scorso 11 gennaio, è in pieno svolgimento l’attrezzaggio dello stabilimento per la produzione delle pale V236 Vestas con la costruzione delle prime tre pale nel 2023, ciascuna delle quali richiederà all’inizio un mese di lavoro. Pertanto, anche ipotizzando una “learning curve” che abbatta significativamente i tempi di lavorazione, il parco eolico “Dorada” garantirebbe lavoro a pieno regime allo stabilimento Vestas Blades di Taranto per i prossimi anni, con previsioni rosee di incremento della forza lavoro.

Quanto all’energia che sarà prodotta a regime dal parco eolico, si vocifera anche che essa possa essere utilizzata in futuro dalla limitrofa Acciaierie d’Italia di Taranto per la sua riconversione alla produzione di acciaio verde, anche se questo richiederebbe lo smantellamento degli altiforni e la loro sostituzione con un numero congruo di forni elettrici ad arco, con investimenti dell’ordine di svariati miliardi di euro: un’idea che, per il momento, resta solo nella mente di chi l’ha concepita.

Il progetto presenta, infine, indubbie ricadute positive sul territorio costituite dalle sinergie con il tessuto imprenditoriale locale, le infrastrutture portuali di Taranto e le conseguenti positive ricadute occupazionali per i territori interessati dai lavori e per la Vestas Blades Taranto.

Istruttoria autorizzativa

Il progetto è stato presentato lo scorso aprile al Ministero per l’ambiente e la sicurezza energetica (MASE) per l’istruttoria autorizzativa. L’iter del parco al momento è nella prima fase della Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA). Lo scorso maggio il Ministero della cultura, l’Arpa Puglia e il Comune di Taranto hanno fornito le loro osservazioni al progetto. Infine, lo scorso agosto, anche il MASE ha richiesto una serie di studi e approfondimenti cui l’azienda proponente dovrà dar seguito nel suo studio di impatto ambientale nei prossimi 12-18 mesi.

Gli aspetti da approfondire spaziano dai chiarimenti tecnici a quelli socio-economici, per finire a quelli ambientali. Tra questi ultimi vi sono, ad esempio, l’impatto del parco eolico sulla biodiversità marina e sulle specie di uccelli migratori di passaggio, l’impatto che il cavidotto interrato potrebbe generare sul Parco delle Dune di Campomarino (TA) e sul Parco Naturale Regionale del Mar Piccolo di Taranto, entrambi attraversati dagli scavi.

Infine, il MASE richiede misure di mitigazione del progetto e di compensazione delle comunità locali, con l’invito al loro ascolto qualora non sia possibile mitigare gli interventi. Fin qui i dati salienti del progetto e i suoi aspetti positivi, vediamo adesso le ombre che, purtroppo, non sono poche.

Le ombre

Cominciamo la nostra analisi partendo ovviamente dall’elemento fondamentale: la turbina eolica V236. La prima di queste turbine è stata installata dalla Vestas sulla terraferma meno di un anno fa, a dicembre 2022, nel campo prova eolico di Østerild nella penisola dello Jutland in Danimarca, ma è stata messa in funzione solo tre mesi fa, a giugno 2023: un periodo di tempo troppo breve per poterne valutare pregi e difetti, testata soltanto per ora durante i mesi estivi che, notoriamente, sono i più clementi per le turbine eoliche.

Ma il fatto che desta ancor più preoccupazione è che Vestas, che pure è azienda leader mondiale nel settore e che in passato ha raggiunto e consolidato la sua leadership grazie alla sua politica dei piccoli passi, abbia deciso oggi di fare un balzo in avanti spaventoso, passando d’un colpo solo dalla sua turbina di punta, la V172 – 7,2 MW nominali alla V236 che ne raddoppia di fatto la potenza nominale e ne accresce di molto le dimensioni. A detta di chi vi scrive, un salto nel buio troppo grande persino per Vestas.

Ad aumentare le preoccupazioni, i recentissimi guai di Siemens Energy che, a giugno scorso, hanno fatto registrare un crollo delle azioni della divisione eolica della multinazionale tedesca a causa di problemi di affidabilità di alcuni dei componenti chiave della serie 5X delle turbine Siemens Gamesa le cui turbine raggiungono potenze nominali di 7 MW, sia in installazioni onshore che offshore, che stanno costringendo la società a costosissimi revamping in sito.

Naturalmente parliamo di un’altra società ma questa débâcle dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme molto serio per tutto il settore.

Problemi dell’eolico galleggiante

Cosa differenzia una turbina eolica installata su una fondazione solida, sia essa una fondazione in calcestruzzo sulla terraferma o uno dei tipi di fondazione solida offshore (monopile, tripode o jacket), da una turbina installata invece su una piattaforma offshore galleggiante? Il fatto che, per la prima, l’incastro della torre si può supporre infinitamente rigido e, quindi, il comportamento dinamico della macchina, incluse le sue frequenze caratteristiche, dipende unicamente dalla configurazione geometrica e dall’aerodinamica del rotore.

Per una turbina installata su piattaforma offshore galleggiante, invece, l’incastro della torre è per definizione cedevole; questo comporta che la dinamica della macchina, incluse le sue frequenze caratteristiche, dipende fortemente da una combinazione di molteplici fattori: la geometria della macchina combinata con quella della piattaforma e con le catenarie delle linee di ormeggio, la combinazione tra l’aerodinamica del rotore e l’idrodinamica della piattaforma, la forza elastica esercitata delle catenarie degli ormeggi e, dulcis in fundo, dal moto ondoso.

Poiché sia l’aerodinamica che l’idrodinamica sono fenomeni fortemente non lineari, per essi non vale il principio di sovrapposizione degli effetti, cioè non è possibile studiare separatamente l’effetto del vento e quello delle onde e poi sommare insieme i due contributi. Pertanto, come potete immaginare, il comportamento risultante è tremendamente complesso e per studiarlo occorrono sofisticati modelli di calcolo che implementino tutte insieme le equazioni fondamentali del moto del sistema “turbina + piattaforma + linee di ormeggio + spinta idrostatica + aero-idro-dinamica” e che diano la possibilità di simulare tutte le casistiche possibili di vento e di moto ondoso non solo in regime laminare ma anche e soprattutto in regime turbolento (si pensi, ad esempio, ai casi di burrasca e a quanto ne consegue in termini di carichi su linee di ormeggio, piattaforma, torre, navicella e pale).

Morale della favola: per imbarcarsi – è proprio il caso di dirlo! – in un progetto simile occorrono notevoli competenze ed esperienze sia nel settore eolico che in quello marittimo che non si possono improvvisare. Diversamente, l’intera operazione assume i connotati di un’impresa suicida.

Per darvi una pietra di paragone, oggi il parco eolico offshore galleggiante più grande del mondo è il progetto Hywind Tampen localizzato a 76 miglia nautiche dalla costa occidentale norvegese e composto da 11 turbine Hywind da 8 MW ciascuna, per un totale di 88 MW nominali. Tuttavia, le turbine Hywind sono concepite in maniera del tutto differente, essendo esse stesse dotate di un sistema galleggiante che si conclude con un contrappeso inferiore sommerso molto profondo che ne aumenta notevolmente la stabilità.

Inoltre, esse sono frutto di 15 anni di sperimentazioni e dimostrazioni, dal momento che il primo esemplare fu finanziato dalla Commissione Europea nel lontano 2008. Infine, la profondità media del fondale è 300 metri, un terzo in meno di quella in cui opererebbe il parco “Dorada”, con quanto ne consegue in termini di minor lunghezza delle linee di ormeggio e, quindi, di maggiore stabilità delle macchine.

Panorama deturpato

Ai problemi tecnologici si aggiunge un ulteriore aspetto che, finora, stranamente non è stato oggetto di alcuna osservazione né da parte del MASE, né da parte del Ministero della cultura, né dalle amministrazioni locali coinvolte: una sagoma che si erge dal livello del mare per 268 metri come le turbine in questione resta visibile dalla costa, ad altezza uomo, fino a una distanza di 34 miglia marine.

Ciò vuol dire che il parco eolico sarà ben visibile lungo tutta la costa salentina, da Torre Ovo (TA) fino a Castrignano del Capo (LE). In altre parole, il panorama di uno dei litorali più belli e pittoreschi d’Italia verrebbe irrimediabilmente deturpato, con conseguenze disastrose sul turismo. Perché non vi sia alcun impatto visivo occorrerebbe che il parco venga traslato a 34 miglia dalla costa, in acque internazionali.

Impatto su pesca e navigazione

Con i suoi 458 km2 di estensione complessiva, rappresentanti, vuoto per pieno, il 50 per cento delle acque territoriali relative ai tratti di costa interessata, il parco eolico offshore “Dorada” creerebbe fortissime limitazioni alla pesca per le comunità locali e alla navigazione, sia militare che commerciale che da diporto, dal momento che, per ragioni di sicurezza, non sarebbe possibile navigare all’interno delle aree occupate dalle turbine se non per motivi di manutenzione delle stesse, tenendo conto del fatto che, per loro natura, le posizioni delle piattaforme variano col moto ondoso.

Poiché i tratti costieri in questione sono fortemente antropizzati, desta stupore che nessuno degli enti preposti di cui sopra abbia sollevato osservazioni in merito a tali limitazioni.

L’azienda proponente

Ultima ma non meno importante, un’osservazione sulle capacità tecniche e finanziarie della Helios Energy S.r.l., il soggetto proponente.

Chi vi scrive è un convinto sostenitore della vivacità e intraprendenza del tessuto delle PMI italiane che rappresentano da sempre la reale ossatura produttiva industriale italiana e, checché se ne dica, i principali propulsori per l’innovazione tecnologica. Pertanto, è fuori discussione che anche una piccola azienda come la Helios Energy S.r.l. possa avere le potenzialità per realizzare grandi cose.

Tuttavia, una semplice ricerca su Google (terzo risultato) mette in evidenza che nel 2021 questa società avesse un capitale sociale di 10.000 euro e 0 dipendenti. Ovviamente, da allora sono trascorsi due anni e magari nel frattempo la società è cresciuta ad un ritmo vertiginoso, cosa che ci auguriamo con tutto il cuore.

Tuttavia, siamo comunque sicuri che tutte le competenze tecniche di cui abbiamo delineato i dettagli più sopra siano nel loro pieno controllo? In altre parole, se anche come capofila di un gruppo di aziende esperte ciascuna in un particolare settore progettuale e realizzativo, siamo sicuri che la Helios Energy S.r.l. abbia al suo interno le competenze giuste per gestire e coordinare tutte queste professionalità?

Quanto alla capacità finanziaria, siamo sicuri che una piccola società come la Helios Energy S.r.l. sia in grado di attrarre finanziamenti per 4,78 miliardi di euro?

Intendiamoci: se si trattasse di un progetto che non coinvolgesse beni pubblici (i 458 km2 di acque territoriali) e non richiedesse opere impattanti sul territorio (gli scavi del cavidotto interrato), né richiedesse fondi pubblici per la sua realizzazione, ogni imprenditore avrebbe piena facoltà di rischiare i propri capitali come meglio ritiene. Tuttavia, poiché c’è di mezzo il bene pubblico e uno dei litorali più belli d’Italia, riteniamo che la questione vada opportunamente approfondita nelle sedi competenti.