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"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Per Il Wall Street Journal: “Gaza è la nuova Dresda”

 Gli abitanti tornano a Gaza bombardata - la Repubblica

Il Wall Street Journal: “Gaza è la nuova Dresda”

Anche i nostri media confermano che “siamo ancor più servi di quanto il padrone voglia”.


Di Belisario per ComeDonChisciotte.org

https://comedonchisciotte.org/il-wall-street-journal-gaza-e-la-nuova-dresda/

 

1. A partire dal 7 ottobre, data dell’attacco di Hamas e dell’inizio dell’ ennesimo conflitto tra Israele e i Palestinesi, anche la stampa USA apertamente filoisraeliana, come il Wall Street Journal, ha regolarmente riportato con dettagli agghiaccianti l’indiscriminato sterminio dei Palestinesi ed il livello della distruzione di Gaza.

L’ultimo articolo, corredato da diverse foto, è uscito sulla prima pagina del WSJ il 30 dicembre (1).

Il titolo dell’articolo è “Il panorama distrutto di Gaza dopo 3 mesi di bombardamenti”, ed il sottotitolo è “La distruzione di scuole, case ed altri edifici richiama alcune delle più devastanti campagne della storia moderna”.

Secondo l’articolo in prima pagina del WSJ, i morti a Gaza sono oltre 21.000, 70% donne e bambini. L’85% dei 2,2 milioni di abitanti di Gaza è sfollato e senza casa. Il 70% delle 439.000 case di Gaza e la metà degli edifici sono stati distrutti o danneggiati, e la maggior parte delle infrastrutture idriche, elettriche e delle telecomunicazioni è stata completamente distrutta. Dei 36 ospedali precedentemente esistenti, la maggior parte è stata rasa al suolo e solo 8 ospedali accettano pazienti.

Secondo l’US Office of the Director of National Intelligence, citato dall’articolo del WSJ, in poco più di due mesi Israele ha sganciato su Gaza 29.000 bombe e munizioni, contro le 3.678 sganciate dagli USA sull’ Iraq dal 2004 al 2010. Tra le armi fornite dagli USA a Israele, ci sono “buster bombs” da 2000 pounds (circa 900 kg) disegnate per penetrare fortificazione e barriere di cemento, bombe che fino ad oggi erano state sganciate solo su obiettivi isolati collocati in aree scarsamente popolate.

Secondo gli esperti di dati satellitari della City University di New York e della Oregon State University, nel nord di Gaza è stato distrutto l’80% degli edifici, una percentuale più alta del bombardamento di Dresda.


E secondo Robert Pape, scienziato politico dell’Università di Chicago ed autore di un noto saggio storico sui bombardamenti aerei dalla WW2 ad oggi (2), “Gaza apparirà nella storia insieme a Dresda ed ad altre famose città che sono state bombardate” e si colloca “nel primo 25% delle più intense campagne di punizione nella storia” (3).

Sempre secondo l’articolo del WSJ, sgomberare Gaza da rovine e detriti richiederebbe almeno un anno, e ricostruirla almeno 10 anni – sempre che Israele permetta l’entrata del cemento e di altri materiali, proibita per anni dopo il precedente conflitto del 2014. Il costo sarebbe di almeno 3,5 miliardi di dollari, sempre che ci siano adeguati finanziamenti.

2. Nonostante la rivoltante, entusiastica copertura dello sterminio e della distruzione di Gaza da parte della Presidente della Commissione Albrecht VDL – in aperta violazione delle competenze di politica estera riservate al Consiglio Europeo, protestata perfino da diverse centinaia di funzionari delle istituzioni comunitarie in una lettera aperta – nell’UE, Spagna, Portogallo e Irlanda hanno sempre votato in ambito ONU a favore dell’immediato cessate-il-fuoco, successivamente seguiti anche dalla Francia di Macron.

Il nostro Paese, invece, all’ ONU si è sempre astenuto. Esattamente come la Santa Sede sotto la guida del trio Bergoglio, Parolin e Zuppi (4). Bergoglio – a sterminio e distruzione in corso – voleva perfino partecipare personalmente alla conferenza sul cambiamento climatico (30 novembre -12 dicembre us) di Dubai, prima di essere stato bloccato da un breve ricovero ospedaliero.

Immaginatevi El Pampero in top class, magari sorvolando Gaza tra champaigne e canapè…. ”un’ altra tartina, Santità ?”

3. La posizione del Governo Meloni è stata quanto mai deludente, per non parlare dell’ entusiastico sostegno ad Israele di Salvini, o degli inconcludenti farfugli di Tajani e del nostro Ministero degli Esteri. E si che, oltre alla lettera aperta di centinaia di funzionari delle istituzioni comunitarie, ci sono state altre due lettere di protesta (5) : una da parte di oltre 500 funzionari del Dipartimento di Stato, Dipartimento di Giustizia ed altre agenzie federali USA ed un’altra di oltre 1000 funzionari dell’agenzia dello sviluppo (USAid) degli USA contro il supporto incondizionato ad Israele.

Nel nostro Ministero degli Esteri, invece, non vola una mosca: anzi, secondo un comunicato del Sindacato Nazionale dei Diplomatici (6), attaccare Israele equivale a “gettare un’ ombra sulla fedeltà ai valori repubblicani dei membri della carriera diplomatica”. I valori repubblicani? Ma nemmeno durante il fascismo!!!

Era francamente lecito attendersi almeno una posizione simile a quella di Spagna, Portogallo, Irlanda, ed infine della Francia, in linea con gli indirizzi dominanti della nostra politica estera dal 1946.

4. Ancora più triste rilevare come il panorama peggiori ulteriormente, alla luce dello squallido, deprimente spettacolo offerto dai nostri media. Prima c’è stata la campagna sulla povera bambina britannica malata, poi quella sul noto femminicidio (nonostante tutti i dati statistici decennali indichino che l’ Italia è ben sotto la media UE sia per omicidi che per femminicidi e stupri), ed infine quella sul panettone della Ferragni.

Ma anche al di là di queste campagne di distrazione di massa, la copertura del conflitto da parte dei nostri quotidiani e media riproduce integralmente la peggiore campagna propagandistica israeliana, senza quasi nessuna voce critica, immediatamente criminalizzata.

I dati di fonte statunitense ed ONU del presente articolo non vengono riportati dai nostri media, ed anzi, chiunque si azzardi a segnalarli viene sistematicamente insultato come filo Hamas, dai dibattiti televisivi ai forum dei lettori, da Repubblica al Giornale.

5. La conclusione finale è una sola: siamo ancora più servi di quanto il padrone voglia.

Di Belisario per ComeDonChisciotte.org

30.12.2023

NOTE

(1) The Ruined Landscape of Gaza After Nearly Three Months of Bombing – WSJ

(2) “Bombing to win: Air Power and Coercion in war”, Robert Pape, Cornell University Press, USA 2014

(3) The Ruined Landscape of Gaza After Nearly Three Months of Bombing – WSJ

(4) L’infiltrazione del NeoGlobalismo nella Chiesa Cattolica: il trio Bergoglio, Parolin e Zuppi si oppone al cessate il fuoco a Gaza – Come Don Chisciotte

(5) More Than 500 U.S. Officials Sign Letter Protesting Biden’s Israel Policy – The New York Times (nytimes.com)

(6) L’orchestra della Farnesina balla sul Titanic Italia: colonia obbediente coi diplomatici in esubero – Come Don Chisciotte

A voler riformare la pessima UE c’era solo Orban, poi si è aggiunto lo slovacco Fico e altri leader in Olanda, in Germania, e addirittura in Romania.

 


I “dissidenti” d’Europa: da Viktor Orban a Sahra Wagenknecht

di Alessandro Lemoine

I cambiamenti stanno effettivamente avvenendo e sono sorprendenti. Appaiono sempre più politici di destra o di altre formazioni, individui volitivi con opinioni sulle questioni del giorno. Stanno respingendo le tesi dei vecchi leader e guadagnando attivamente sostenitori.

Tutto è iniziato con Viktor Orban, che ricorda un minaccioso vulcano nel centro dell’Europa. Orban critica i partner dell’UE per la loro fallimentare politica migratoria, che ha inondato il continente di preoccupanti migranti provenienti dall’Asia e dall’Africa. Non approva l’approccio dell’Occidente al conflitto in Ucraina, che ha portato alla rottura politica ed economica con la Russia, si oppone a un pericoloso confronto con il grande paese slavo.

Tuttavia Orban non è un distruttore, bensì un candidato al ruolo di leader delle riforme. Dice che continua a vedere l’Ungheria come membro dell’UE e vuole continuare la cooperazione con le sue autorità. Ma con nuove autorità, perché quelle vecchie, avendo commesso tanti errori, si sono screditate, ed è ora che escano dalla scena politica.I tentativi di riportare Orban sulla “retta via” sono vani. Inoltre la sua irritazione aumenta e non usa più mezzi termini. Recentemente ha ammesso di essere stufo dell’invadente UE che ficca il naso ovunque. È quindi determinato a portare cambiamenti all’interno delle autorità dell’UE, cosa che spera avvenga alle elezioni del Parlamento europeo del giugno del prossimo anno.

La retorica accusatoria di Orban non sta solo scuotendo l’Europa, ma sta anche attivando forze di protesta in altri paesi. Ed ecco il risultato: il “ribelle” ungherese ha ricevuto il sostegno del nuovo leader della Slovacchia, Robert Fico, che condivide ampiamente le sue opinioni.

Robert Fico con Orban…dissidenti dalla UE di Von der Leyen

eADV

Fico si oppone anche al mantenimento delle sanzioni contro la Russia, ritenendo necessario stabilire relazioni costruttive con Mosca. Recentemente, in un’intervista a InfoVojna , Fico ha espresso la convinzione che la Russia non si ritirerà dalla Crimea, Donetsk e Lugansk, e ha invitato l’UE a smettere di fornire armi all’Ucraina, poiché ciò provocherebbe solo vittime inutili e dimostra che l’Occidente è determinato a farlo, ovvero combattere fino all’ultimo ucraino.

Non dobbiamo credere che la “dissidenza” di Orban e Fico possa portare alla distruzione dell’Unione Europea. Tuttavia, le loro dichiarazioni portano ad una “corrosione” dei fondamenti della solidarietà europea.

L’Unione Democratica del Centro (UDC), conservatrice e di destra, spesso considerata euroscettica, ha vinto le elezioni legislative in Svizzera. Il suo leader Marco Chiesa sostiene la limitazione dell’immigrazione e critica l’adesione del Paese alle sanzioni contro la Russia. Secondo lui, ciò viola il principio di neutralità tradizionale del paese (dal 1815).

Una situazione simile si sta verificando nei Paesi Bassi, dove il Partito della Libertà (PVV) ha vinto le elezioni legislative. Il suo leader, Geert Wilders, invoca “immigrazione zero”, sostiene il divieto delle moschee, del Corano e dei veli islamici negli edifici governativi. Un altro obiettivo del partito è uscire dall’Unione Europea e ripristinare i controlli alle frontiere all’interno dell’UE per impedire l’ingresso di migranti indesiderati dall’Asia e dall’Africa. Wilders sostiene anche la revoca delle sanzioni contro la Russia e disapprova l’invio di armi occidentali all’Ucraina. Tuttavia, la vittoria del PVV non cambierà il clima politico nei Paesi Bassi, e ancor meno in Europa.


Mentre invece l’ascesa della deputata tedesca Sahra Wagenknecht (nella foto) potrebbe cambiare questo clima. “Abbiamo il peggior governo della storia della Germania e abbiamo deciso di fondare un nuovo partito, perché la situazione non può continuare così”, ha annunciato con decisione in una conferenza stampa in ottobre a Berlino.

Milioni di tedeschi di diversa provenienza sono d’accordo con lei. Gli obiettivi dichiarati di Wagenknecht attraggono molti: limitare il predominio delle grandi imprese, garantire una concorrenza leale, aumentare salari e pensioni. In politica estera, è a favore della revoca delle sanzioni contro la Russia e del blocco delle consegne di armi all’Ucraina.

Se il progetto di Wagenknecht avrà successo, il suo partito , insieme al già popolare Alternativa per la Germania (AfD) , rappresenterà un serio contrappeso a chi è al potere.

Il quadro politico europeo non sarebbe completo senza il ritratto dell’“agente del Cremlino” rumeno. Così alcuni descrivono la senatrice Diana Sosoaca, capo del partito SOS Romania. Sosoaca, una “pecora nera” tra i politici che seguono ciecamente gli ordini di Washington e Bruxelles, agisce contro di loro. Conduce una campagna affinché la Romania lasci l’UE e protesta contro gli aiuti all’Ucraina, lanciando accuse furiose contro il suo presidente Zelenskyj. Sosoaca è indignata per l’atteggiamento ostile delle autorità ucraine nei confronti della minoranza rumena e per l’assurdo divieto di usare la propria lingua.

Diana Sosoaca, dissidente romena

Quando il presidente ucraino, arrivato a Bucarest, aveva intenzione di parlare al parlamento romeno, lei ha protestato, definendolo “un criminale, un traditore del suo popolo e un nazista”. Successivamente il presidente rumeno Klaus Iohannis ha annullato la sessione parlamentare.

L’unità dell’Europa, pretesa e reale, non è ancora crollata, ma l’unanimità imposta da Bruxelles è già stata respinta.

Fonte: Observateur Continental

Traduzione: Gerard Trousson

L’Ucraina continua a utilizzare missili e artiglieria a lunga gittata per colpire i civili, mentre i russi colpiscono sempre più importanti obiettivi militari


Il Comando russo ha risposto alle forze armate ucraine dopo un attacco missilistico su Belgorod

Mosca , 31 dicembre 2023, – IA Regnum. In risposta al bombardamento di Belgorod da parte delle Forze armate ucraine (AFU), l’esercito russo ha colpito il centro decisionale e le strutture militari a Kharkov, utilizzate dal regime di Kiev. Lo ha riferito il 31 dicembre il Ministero della Difesa.
Un attacco missilistico ad alta precisione contro l’ex complesso alberghiero di Kharkov Palace ha ucciso rappresentanti della Direzione principale dell’intelligence (GUR) e delle forze armate ucraine, che erano direttamente coinvolti nella pianificazione e nell’esecuzione dell’attacco terroristico a Belgorod”, ha riferito il dipartimento, come ha scritto in un comunicato sul suo canale Telegram.
Secondo il Ministero della Difesa, nell’edificio si trovavano fino a 200 mercenari stranieri, che avrebbero dovuto essere coinvolti in attacchi terroristici sul territorio russo al confine con l’Ucraina.
Inoltre, le forze armate russe hanno lanciato attacchi missilistici ad alta precisione contro l’edificio del Servizio di sicurezza ucraino nella regione di Kharkov e la sede temporanea della formazione nazionalista “Settore destro” (un’organizzazione le cui attività sono vietate nella Federazione Russa). Di conseguenza, sono stati distrutti rappresentanti della leadership della SBU, mercenari stranieri e militanti dell’unità Kraken (un’organizzazione le cui attività sono vietate nella Federazione Russa), che stavano preparando direttamente le azioni di sabotaggio sul territorio russo.

Inoltre, l’esercito russo ha colpito una filiale del centro nazionale di controllo spaziale nell’area di Zalestsy nella regione di Khmelnitsky. Secondo il Ministero della Difesa, le forze armate ucraine vengono utilizzate per la ricognizione.

“Le basi di carburante a Kharkov e Zaporozhye, da cui venivano riforniti i gruppi militari ucraini nelle direzioni Kharkov e Orekhovsk, sono state distrutte”, ha aggiunto il dipartimento.


Le unità russe hanno lanciato attacchi missilistici contro punti di schieramento temporaneo di unità della 59a fanteria motorizzata, 79a brigata d’assalto aviotrasportata delle Forze armate ucraine e mercenari stranieri per un totale di 600 militanti, nonché aree di parcheggio per attrezzature militari e artiglieria sistemi a Selidovo, Kurakhovo e sul territorio della miniera di Korotchenko nella DPR.

Oltre alle significative perdite di personale, l’esercito ucraino ha perso due lanciatori di sistemi missilistici a lancio multiplo HIMARS. Con il loro aiuto, il regime di Kiev aveva pianificato di lanciare attacchi missilistici su Donetsk durante le vacanze di Capodanno, ha indicato il Ministero della Difesa.

Il dipartimento ha sottolineato che le forze armate russe colpiscono solo obiettivi militari e infrastrutture ad essi direttamente collegate.

Come riportato da Regnum , la sera del 30 dicembre, le forze armate ucraine hanno lanciato razzi contro il centro di Belgorod. Il Ministero della Difesa ha osservato che l’esercito russo ha abbattuto la maggior parte dei missili lanciati dall’esercito ucraino contro la città. Tuttavia, alcuni proiettili e parti di cluster degli obiettivi distrutti caddero sul centro regionale.


A seguito del massiccio attacco, secondo gli ultimi dati, sono morte 24 persone, tra cui quattro bambini. Come ha chiarito il governatore regionale Vyacheslav Gladkov, il numero delle vittime è arrivato a 108. Tra loro ci sono 25 pazienti gravemente feriti che vengono preparati per essere inviati nelle cliniche federali. A tutte le vittime viene fornita l’assistenza necessaria.

La distruzione è stata rilevata in 37 condomini, 453 appartamenti, tre abitazioni private e sette strutture sociali. Gli esperti continuano a valutare i danni. In città sono stati dislocati cinque centri di informazione e punti di alloggio temporaneo (TAC) .

Il 30 dicembre, l’esercito russo ha effettuato attacchi contro siti di stoccaggio di carburante, lubrificanti, missili e armi di artiglieria presso l’aeroporto di Starokonstantinov nella regione di Khmelnytsky e nell’area di Chernobaevka nella regione di Kherson.

Fonte: Regnum.ru

Traduzione: Sergei Leonov

Putin sta vincendo con strategia della lentezza operativa e chiarezza degli obiettivi, la NATO perde per supponenza e ignoranza storica

 

Putin vince con lentezza, la Nato ignorante perde

di Alessandro Orsini - 31/12/2023

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/putin-vince-con-lentezza-la-nato-ignorante-perde

Putin vince con lentezza, la Nato ignorante perde

Fonte: Alessandro Orsini

Dopo avere dissanguato l’esercito per conquistare quasi niente, Zelensky sta perdendo pure quello.
Ad agosto l’Ucraina aveva ripreso il villaggio di Robotine al prezzo di migliaia di morti nell’Oblast di Zaporizhzhia. Muovendo da Robotine, Zelensky giurava di marciare su Tokmak e Melitopol per riconquistare il Mar d’Azov. Gli ucraini avrebbero spaccato l’esercito russo in due impedendo alla Crimea di ricevere rifornimenti dalla madrepatria. Caduta la Crimea, Putin avrebbe supplicato Zelensky di non imporgli una pace troppo umiliante. E, invece, gli ucraini non si sono mai mossi da Robotine. Questo fatto, di per sé iper-tragico, basterebbe a chiudere ogni discorso sulla sconfitta della Nato, ma le cose sono andate addirittura peggio.
Mentre scrivo, i russi hanno deciso di riprendersi pure Robotine, il quasi-niente costato quasi-tutto agli ucraini. Dissi che la controffensiva sarebbe stato un fallimento colossale che avrebbe dissanguato l’esercito ucraino esponendolo alla “contro-controffensiva” russa. È quel che sta accadendo. Quando politici e media ritraevano la Russia come un esercito di cartone “perché non ha conquistato l’Ucraina in tre giorni”, spiegavo che quella lentezza era intenzionale poiché perseguiva sei obiettivi.
Il primo obiettivo della lentezza era di concedere all’esercito ucraino il tempo di crollare. I generali russi procedono lentamente perché preferiscono conquistare il maggior numero possibile di territori contro un esercito esangue e demotivato. La Russia si è data il tempo di dare il tempo all’Ucraina di crollare. La presunzione dell’Occidente non ha consentito alle lobby della Nato – che controllano radio, televisioni e dipartimenti di scienza politica – di comprendere il significato tragico della lentezza russa.
Il secondo obiettivo della lentezza era di non infastidire la società civile. Procedendo un po’ alla volta, Putin non ha dovuto avviare una mobilitazione totale che gli avrebbe sottratto consensi. La vita quotidiana in Russia scorre come sempre e Putin viaggia verso la riconferma alle prossime presidenziali.
Il terzo obiettivo della lentezza era di attendere che l’Unione europea andasse in recessione, com’è accaduto.
Il quarto obiettivo era di attendere la crisi dell’industria militare dell’Unione europea che si è verificata. L’Unione europea non riesce a dare a Zelensky la protezione aerea di cui ha bisogno, come dimostra l’ultima pioggia di missili caduta sugli ucraini. Dai carri armati agli F-16, dalle batterie anti-aeree alle munizioni per l’artiglieria, l’industria militare europea non regge il passo di quella russa.
Il quinto obiettivo della lentezza russa era di non precipitare l’Occidente nel panico lanciando un assalto fulmineo con un milione e mezzo di soldati. Una mossa così rapida avrebbe diffuso il panico in Europa aumentando il rischio della sua partecipazione diretta al conflitto con l’invio di truppe.
Il sesto obiettivo della lentezza di Putin è di dare il tempo alla Russia di attrezzarsi per la Terza guerra mondiale, come sta facendo. La lentezza della guerra in Ucraina favorisce la velocità del riarmo in Russia.
Un giorno i Draghi, i Calenda & C. capiranno la ragione della lentezza russa. Tuttavia la comprensione richiede che l’Occidente si liberi dei propri complessi di superiorità, in stile Corriere della Sera, che lo inducono a vedere gli altri popoli come inferiori, ignoranti, arretrati e dipendenti dall’economia europea. Salvo scoprire che l’Europa dipende dalla Russia più di quanto la Russia dipenda dall’Europa.


La grande strategia egemonica americana si è finora basata sulla deterrenza distruttiva, piuttosto che sulla vittoria, ma forse sta cambiando

 

IL RITORNO DELLA GUERRA ‘RISOLUTIVA’

 

https://giubberosse.news/2023/12/29/il-ritorno-della-guerra-risolutiva/ 

La guerra di Corea è probabilmente l’ultima che gli Stati Uniti abbiano combattuto con l’intento strategico e la volontà di vincerla sul campo. Come sappiamo, è finita in un pareggio. Da quel momento in avanti, gli USA – che pure sono certamente il paese più guerrafondaio dell’era moderna – hanno fatto delle forze armate, e quindi della guerra, essenzialmente uno strumento di deterrenza, volto a contenere i nemici comunisti – URSS, Repubblica Popolare Cinese – nella loro espansione politico-ideologica oltre i confini (rispettivamente) dell’est europeo e della Cina continentale.
A partire dalla fine degli anni cinquanta del novecento, gli Stati Uniti non hanno mai preso seriamente in considerazione l’ipotesi di uno scontro diretto con una delle due potenze socialiste; hanno ovviamente ingaggiato un confronto per cercare di raggiungere la supremazia nucleare, ed altrettanto ovviamente hanno elaborato strategie e tattiche in funzione di un ipotetico scontro di tal genere, ma si è trattato di pure ipotesi di scuola. Sul piano concreto, questa possibilità non è mai stata veramente considerata possibile, né tantomeno desiderabile.

Fintanto che è esistita l’Unione Sovietica, questa ha anzi costituito uno dei pilastri su cui si è fondata l’egemonia americana sull’Europa occidentale. Fedele agli accordi spartitori di Yalta, Washington non è mai intervenuta direttamente contro Mosca, anche quando (Berlino ‘53, Budapest ‘56, Praga ‘68) ne avrebbe avuto un ottimo pretesto. E quando il confronto militare c’è stato, si è collocato in periferia, ed è sempre stato indiretto. Vietnam ed Afghanistan docet.
Se guardiamo alla storia dell’espansionismo militare statunitense, ed alla infinita serie di guerre e guerricciole che ha alimentato, dalla seconda metà del secolo scorso in avanti, ci rendiamo però conto di come le vittorie militari, quelle sul campo di battaglia e quelle strategiche, non solo non si sono quasi mai concretizzate, ma probabilmente non erano nemmeno messe in conto.
La grande strategia egemonica americana si è basata sulla deterrenza, piuttosto che sulla vittoria.
Tutti i paesi che, per una ragione o per un’altra, si sono trovati a dover confrontarsi militarmente con gli USA, hanno pagato un prezzo elevatissimo, che ha quasi sempre comportato la devastazione pressoché completa. E quanto più alta e duratura è stata la sfida all’egemone, tanto più è stato duro il prezzo da pagare.

Oltre ai già citati Vietnam ed Afghanistan, ricordiamo l’Iraq, la Siria, la Libia… Tutte guerre che, da un punto di vista strategico, possiamo considerare perdute. Ma che sono costate a quei paesi un prezzo tale che, a distanza di decenni, non ha consentito loro di riprendersi.
Questo è l’assioma su cui si è costruita la strategia imperialista americana: semplicemente, la deterrenza del potere distruttivo.
Nei confronti delle potenze avverse – Russia e Cina – la strategia prevedeva il contenimento (da qui l’enorme rete di basi militari lungo i confini di questi due paesi), nella convinzione che prima o poi sarebbe avvenuta la loro caduta per strangolamento, o che – nella peggiore delle ipotesi – sarebbero rimaste confinate nei propri spazi.
Ragione per cui le forze armate degli Stati Uniti non si sono mai veramente preparate a scontrarsi con le forze armate sovietiche o con quelle cinesi – men che meno con entrambe.

Il conflitto in Ucraina, da questo punto di vista, rappresenta un giro di boa. Gli Stati Uniti, e la loro armata imperiale allargata, la NATO, non si erano mai impegnati in questa misura in un confronto diretto con una delle potenze antagoniste. Non si erano mai impegnati in un conflitto che non fosse marcatamente asimmetrico. Non si erano mai impegnati in una guerra d’attrito prolungata.
E lo hanno fatto senza prima mettersi in condizione di condurre e sostenere un conflitto di tal genere.
Non erano pronti strategicamente (capacità di produzione bellica industriale, riserve di armi e munizioni), non erano pronti al combattimento (sistemi d’arma mai effettivamente testati sul campo, misconoscenza delle capacità del nemico), non erano pronti sotto il profilo dottrinario (strategie e tattiche, strutturazione delle forze armate, sostanzialmente identiche a quelle dei precedenti conflitti asimmetrici).
La battuta d’arresto era inevitabile.

Il conflitto russo-ucraino segna, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, il passaggio ad una fase in cui la deterrenza viene destrutturata, la devastazione si registra nel campo occidentale, e l’inadeguatezza della potenza imperiale si manifesta nella sua piena evidenza.
Questo passaggio, parzialmente oscurato dal difficile scontro politico interno nel paese egemone, richiede pertanto una radicale riconversione complessiva delle politiche imperiali, che deve necessariamente investire sia il piano logistico-strutturale che quello più squisitamente operativo militare. Un processo, questo, che non può chiaramente essere portato a termine in breve tempo, e che quindi apre ad una stagione di interludio, in cui la capacità dello strumento militare non è più in grado di esercitare la propria storica funzione deterrente, e non è ancora in grado di passare ad una in cui la deterrenza viene sostituita dalla capacità di sconfiggere il nemico sul campo.

Il mutamento del quadro geopolitico e strategico complessivo, di cui questa crisi militare statunitense è in parte il prodotto, ma che ne è al tempo stesso causa, finisce pertanto col determinare una estrema instabilità – di cui ciò che accade in Palestina è la manifestazione più evidente – che a sua volta va ad incidere sui tempi e sui modi con cui gli USA cercheranno di rispondere alla crisi.
Ciò che possiamo vedere già adesso, comunque, è la direzione di massima intrapresa. E che potremmo riassumere nel passaggio dalla guerra come deterrenza alla guerra come soluzione.
La prossima guerra Washington la deve vincere, deve sconfiggere il nemico e metterlo in ginocchio. E poiché non sarà un paese debole, ma una delle grandi potenze belliche del pianeta, e quindi tra l’altro dotato di armamenti nucleari tali da distruggere l’America, non sarà per niente facile.
Lo schema, con ogni probabilità, sarà lo stesso della seconda guerra mondiale. Il grosso delle truppe lo dovrà mettere l’Europa, e sarà questo il campo di battaglia.

L’Iran dopo l’omicidio del generale Mousavi da parte di Israele: Risponderemo legittimamente a questo atto terroristico e criminale

 

L’Iran dopo l’omicidio del generale Mousavi da parte di Israele: “Risponderemo”

Teheran non starà a guardare, ma lo farà "ai sensi del Diritto internazionale e dello Statuto dell’ Organizzazione delle Nazioni Unite". Poi un appello al Segretario Generale delle Nazioni Unite e al Consiglio di Sicurezza perchè condannino Tel Aviv per le "azioni terroristiche" che rappresentano una "seria minaccia alla pace e alla stabilità regionale e globale".


Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa dell’Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran in Roma a condanna dell’omicidio del Gen. Seyed Mousavi, ucciso in un recente attacco israeliano in Siria. Mousavi era un consigliere senior delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, responsabile del coordinamento dell’alleanza militare tra Damasco e Teheran.

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Fin dall’inizio della formazione del regime sionista, il terrore è costantemente stato uno degli strumenti e degli approcci dei sionisti per promuovere i propri interessi. Nel mezzo degli attacchi mortali e dei crimini brutali contro la popolazione innocente di Gaza, questo regime continua le sue azioni terroristiche e aggressive all’interno dei
confini della Siria e prende di mira deliberatamente e specificamente i consiglieri militari iraniani nelle sue operazioni terroristiche, consiglieri che sono legalmente e su richiesta ufficiale del governo siriano, presenti in Siria da anni e hanno svolto un ruolo di primo piano nella lotta al terrorismo, ai gruppi terroristici e alla distruzione dell’autoproclamato Stato dell’ISIS.

Esempio recente di questi atti terroristici è stata l’ uccisione del Gen. Seyed Razi Mousavi, uno degli alti consiglieri militari della Repubblica islamica dell’Iran in Siria, il 25 dicembre 2023, su suolo siriano.

IRGC officer Razi Mousavi is reported to have been killed in an alleged Israeli strike in Damascus, December 25, 2023. (via Tasnim News Agency)
Il Generale Seyed Razi Mousavi

Le azioni del regime sionista, soprattutto durante l’ultimo mese contro i consiglieri militari dell’Iran in Siria, sono un chiaro esempio dei tentativi di questo regime di minare la pace e la stabilità nella Regione. La Repubblica Islamica dell’Iran, condannando fermamente questo crimine, si riserva il diritto legittimo di rispondere con decisione, ai sensi del Diritto internazionali e dello Statuto dell’ Organizzazione delle Nazioni Unite.

A questo proposito, la Repubblica Islamica dell’Iran richiama ancora una volta l’attenzione di tutti i Governi sulla Dichiarazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 25 dicembre, in cui si sottolinea che qualsiasi atto terroristico, indipendentemente dalla motivazione, in qualsiasi momento e luogo e da chiunque venga compiuto, è un ingiustificabile atto criminale.

La Repubblica Islamica dell’Iran, nel mettere in guardia ancora una volta contro le deliberate azioni destabilizzanti del regime israeliano, invita tutte le autorità internazionali, in particolare il Segretario Generale delle Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza, e tutti i paesi ad adempiere agli obblighi assunti nel mantenimento della Pace e Sicurezza internazionali, condannando le azioni terroristiche e aggressive del regime sionista nella Regione, che costituiscono una seria minaccia alla pace e alla stabilità regionale e globale.

Ufficio Stampa dell’Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran – Roma

29.12.2023

Come lo Yemen ha cambiato tutto, un semplice pedone sta vincendo a scacchi contro le grandi potenze. di Pepe Escobar

 

Come lo Yemen ha cambiato tutto

di Pepe Escobar


Con una sola mossa, Ansarallah nello Yemen ha dato scacco matto all’Occidente e al suo ordine basato sulle regole.

Che siano stati inventati nell’India settentrionale, nella Cina orientale o nell’Asia centrale – dalla Persia al Turkestan – gli scacchi sono un gioco asiatico. Negli scacchi arriva sempre il momento in cui un semplice pedone riesce a sconvolgere l’intera scacchiera, di solito attraverso una mossa nell’ultima traversa il cui effetto semplicemente non può essere calcolato.

Sì, un pedone può imporre uno scacco matto sismico. È lì che siamo, geopoliticamente, proprio adesso.


Gli effetti a cascata di una singola mossa sulla scacchiera – lo stupefacente Ansarallah dello Yemen e il blocco attentamente mirato del Mar Rosso – vanno ben oltre il trasporto marittimo globale, le catene di approvvigionamento e la guerra dei corridoi economici . Per non parlare della riduzione all’irrilevanza della tanto lodata proiezione della forza della Marina americana.

Il movimento di resistenza dello Yemen, Ansarallah, ha chiarito molto apertamente che qualsiasi nave affiliata a Israele o destinata a Israele sarà intercettata. Mentre l’Occidente si irrita per questo e si immagina un bersaglio, il resto del mondo comprende pienamente che tutte le altre navi sono libere di passare.
Le petroliere russe – così come le navi cinesi, iraniane e del Sud del mondo – continuano a muoversi indisturbate attraverso Bab al-Mandeb (punto più stretto: 33 km) e il Mar Rosso.

Missili del gruppo Houthi nello Yemen


Solo l’egemone è disturbato da questa sfida al suo “ordine basato su regole”. È indignato che le navi occidentali che trasportano energia o merci a Israele, che viola la legge internazionale, possano essere ostacolate e che la catena di approvvigionamento sia stata interrotta e precipitata in una profonda crisi. L’obiettivo individuato è l’economia israeliana, che sta già sanguinando pesantemente. Una singola mossa yemenita si rivela più efficace di un torrente di sanzioni imperiali.

È l’allettante possibilità che questa singola mossa si trasformi in un cambiamento di paradigma – senza ritorno – che si aggiunge all’apoplessia dell’egemone. Soprattutto perché l’umiliazione imperiale è profondamente radicata nel cambiamento di paradigma.

Il presidente russo Vladimir Putin, ufficialmente, sta ora inviando un messaggio inequivocabile: dimenticate il Canale di Suez. La strada da percorrere è la Rotta del Mare del Nord – che i cinesi, nel quadro del partenariato strategico Russia-Cina, chiamano la Via della Seta Artica.

Mappa delle rotte marittime del Passaggio a Nord-Est e a Nord-Ovest
Per gli europei sbalorditi, i russi hanno dettagliato tre opzioni: in primo luogo, navigare per 15.000 miglia attorno al Capo di Buona Speranza. In secondo luogo, utilizzare la rotta russa del Mare del Nord, più economica e veloce. Terzo, invia il carico tramite le ferrovie russe.

Rosatom, che supervisiona la rotta del Mare del Nord, ha sottolineato che le navi non appartenenti alla classe ghiaccio sono ora in grado di navigare per tutta l’estate e l’autunno, e che la navigazione tutto l’anno sarà presto possibile con l’aiuto di una flotta di rompighiaccio nucleari.

Tutto ciò come diretta conseguenza della singola mossa yemenita. E dopo? Lo Yemen entra nei BRICS+ al vertice di Kazan alla fine del 2024, sotto la presidenza russa?

La nuova architettura sarà incorniciata nell’Asia occidentale

L’Armada guidata dagli Stati Uniti, messa insieme per l’Operazione “Genocide Protection”, crollata ancor prima della nascita, potrebbe essere stata istituita per “avvertire l’Iran”, oltre a spaventare Ansarallah. Proprio come gli Houthi, Teheran non è affatto intimidita perché, come ha succintamente affermato l’asso dell’analista dell’Asia occidentale Alastair Crooke: “Sykes-Picot è morto”.


Questo è un cambiamento quantico sulla scacchiera. Ciò significa che le potenze dell’Asia occidentale daranno forma alla nuova architettura regionale da ora in poi, e non la “proiezione” della Marina statunitense.

Ciò porta con sé un corollario ineffabile: quelle undici task force di portaerei statunitensi, a tutti gli effetti pratici, sono essenzialmente inutili.

Tutti in Asia occidentale sono ben consapevoli che i missili di Ansarallah sono in grado di colpire i giacimenti petroliferi sauditi ed emiratini e di metterli fuori servizio. Quindi non c’è da meravigliarsi che Riyadh e Abu Dhabi non accetterebbero mai di diventare parte di una forza marittima guidata dagli Stati Uniti per sfidare la resistenza yemenita.

A ciò si aggiunge il ruolo dei droni sottomarini ora in possesso di Russia e Iran. Pensate a cinquanta di questi puntati contro una portaerei americana: non ha difese. Sebbene gli americani dispongano ancora di sottomarini molto avanzati, non possono mantenere il Bab al-Mandeb e il Mar Rosso aperti agli operatori occidentali.


Milizie Houthi Yemen

Sul fronte energetico, Mosca e Teheran non hanno nemmeno bisogno di pensare – almeno non ancora – all’utilizzo dell’opzione “nucleare” o al taglio potenziale di almeno il 25%, e oltre, della fornitura mondiale di petrolio. Come lo descrive sinteticamente un analista del Golfo Persico, “ciò farebbe implodere irrimediabilmente il sistema finanziario internazionale”.

Per coloro che sono ancora determinati a sostenere il genocidio di Gaza ci sono stati avvertimenti. Il primo ministro iracheno Mohammed Shia al-Sudani lo ha menzionato esplicitamente. Teheran ha già chiesto un embargo totale su petrolio e gas contro le nazioni che sostengono Israele.


Un blocco navale totale di Israele, meticolosamente progettato, rimane una possibilità concreta. Il comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), Hossein Salami, ha affermato che Israele potrebbe “presto affrontare la chiusura del Mar Mediterraneo, dello Stretto di Gibilterra e di altri corsi d’acqua”.

Tieni presente che non stiamo ancora parlando nemmeno di un possibile blocco dello Stretto di Hormuz ; siamo ancora sul Mar Rosso/Bab al-Mandeb.

Perché se i neo-conservatori straussiani della Beltway si lasciassero veramente sconvolti dal cambio di paradigma e agissero disperatamente per “dare una lezione” all’Iran, un blocco combinato Hormuz-Bab al-Mandeb potrebbe far salire alle stelle il prezzo del petrolio ad almeno 500 dollari. un barile, innescando l’implosione del mercato dei derivati ​​da 618mila miliardi di dollari e facendo crollare l’intero sistema bancario internazionale.

La tigre di carta è in un ingorgo


Dopotutto Mao Zedong aveva ragione: gli Stati Uniti potrebbero in realtà essere una tigre di carta. Putin, però, è molto più attento, freddo e calcolatore. Con questo presidente russo si tratta di una risposta asimmetrica, proprio quando nessuno se lo aspetta.

Ciò ci porta alla prima ipotesi di lavoro forse in grado di spiegare il gioco d’ombre che maschera la singola mossa di Ansarallah sulla scacchiera.

Quando il giornalista investigativo vincitore del Pulitzer Sy (Seymour) Hersh dimostrò come il Team Biden avesse fatto saltare in aria i gasdotti Nord Stream, non vi fu alcuna risposta russa a quello che era, in effetti, un atto di terrorismo contro Gazprom, contro la Germania, contro l’UE e contro un gruppo di aziende europee. Eppure lo Yemen, ora, con un semplice blocco, mette sottosopra il trasporto marittimo globale.

Quindi cosa è più vulnerabile? Le reti fisiche di approvvigionamento energetico globale (Pipelineistan) o la Talassocrazia, stati che traggono il loro potere dalla supremazia navale?


La Russia privilegia il Pipelineistan: vedi, ad esempio, Nord Stream e Power of Siberia 1 e 2. Ma gli Stati Uniti, l’egemone, hanno sempre fatto affidamento sul loro potere talassocratico, erede del “Britannia governa le onde”.

Beh, non più. E, sorprendentemente, arrivarci non prevedeva nemmeno l’opzione “nucleare”, il blocco dello Stretto di Hormuz, di cui Washington inganna e allarmizza come un matto.

Naturalmente non avremo la pistola fumante. Ma è affascinante l’ipotesi che l’unica mossa yemenita possa essere stata coordinata al più alto livello tra tre membri del BRICS – Russia, Cina e Iran, il nuovo “asse del male” neoconservatore – più altri due BRICS+, le potenze energetiche dell’Arabia Saudita e del Emirati Arabi Uniti. Come in “se lo fai, ti copriamo le spalle”.

Niente di tutto ciò, ovviamente, sminuisce la purezza yemenita: la loro difesa della Palestina è un dovere sacro.


L’imperialismo occidentale e poi il turbocapitalismo sono sempre stati ossessionati dall’idea di fagocitare lo Yemen, un processo che Isa Blumi, nel suo splendido libro Destroying Yemen , ha descritto come “che priva necessariamente gli yemeniti del loro ruolo storico di motore economico, culturale, spirituale e politico”. per gran parte del mondo dell’Oceano Indiano”.

Lo Yemen, però, è invincibile e, fedele a un proverbio locale, “mortale” ( Yemen Fataakah ). Come parte dell’Asse della Resistenza, Ansarallah dello Yemen è ora un attore chiave in un complesso dramma che coinvolge l’Eurasia e che ridefinisce la connettività del Heartland; e insieme alla Belt and Road Initiative (BRI) della Cina, al corridoio internazionale di trasporto nord-sud (INSTC) guidato da India-Iran-Russia e alla nuova rotta marittima del Nord della Russia, include anche il controllo sui punti di strozzatura strategici intorno al Mar Mediterraneo e alla penisola arabica .

Questo è un altro paradigma di connettività commerciale, che fa a pezzi il controllo coloniale e neocoloniale occidentale dell’Afro-Eurasia. Quindi sì, BRICS+ sostiene lo Yemen, che con una sola mossa ha presentato alla Pax Americana The Mother of All Geopolitical Jams.

Fonte: The Cradle

La risposta russa all’attacco anglo-ucraino alla sua nave in Crimea non si è fatto attendere, un massiccio attacco da parte di missili ad alta precisione

 Nave russa colpita nel Mar Nero, cosa c’è di vero è cosa no

La risposta russa all’attacco – anglo – alla sua nave

Le ubicazioni e i siti di produzione dei missili a lungo raggio StormShadow, gli aeroporti e gli aerei che vi si trovano sono stati oggetto di un massiccio attacco da parte di missili ad alta precisione – riferisce l’ISZ.

La nave Novocherkassk è stata colpita dalla versione NATO dello Storm Shadow

Secondo la Bild in russo, si è ipotizzato che all’Ucraina sia stata consegnata una versione da esportazione dello Storm Shadow con una gittata ridotta fino a 250 chilometri ma un missile del genere non sarebbe stato in grado di raggiungere Feodosia dallo spazio aereo controllato dall’AFU.

Questo significa che Kiev ha ricevuto la versione originale dello Storm Shadow, che è in servizio NATO e la cui gittata raggiunge i 560 chilometri. Ne è sicuro il generale tedesco Erhard Bühler.

“Ora Feodosia, uno degli ultimi porti della Crimea considerati sicuri, non è più un porto sicuro per la Russia”, ha detto l’esperto militare.

Come ha sottolineato il Ministro della Difesa Shoigu, l’uso di Storm Shadow al di fuori della zona SMO comporterebbe attacchi immediati ai centri decisionali in Ucraina. E, come possiamo vedere, oggi l’Ucraina ha annunciato il più potente raid dell’aviazione russa in risposta all’attacco su Feodosia.

(Ruslan Ostashko)

L’Ucraina esibisce una specie di doppia personalità. Da un lato si presenta come la presunta vittima degli attacchi russi, apparendo impotente e bisognosa di assistenza. D’altro canto, proietta l’immagine di una nazione superiore e sovrumana, dotata di armi occidentali avanzate, che sconfigge trionfalmente le forze d’invasione. Sarebbe più credibile restare nel ruolo di vassallo, continuando a fare tutto quello che dice il capo…

Secondo i nostri dati provenienti da fonti ucraine, oggi le forze armate ucraine hanno speso più munizioni per la difesa aerea che in tutti i precedenti 28 giorni di dicembre. La carenza di munizioni per la difesa aerea è in aumento. Le azioni stanno diminuendo. La fonte indica che i costi preliminari per il numero di missili di difesa aerea lanciati ammontano a circa 70 milioni di dollari. Questa cifra non è ancora definitiva. E non tiene conto nemmeno dei danni derivanti dagli arrivi.”


Israele commette violazioni e crimini anche in Cisgiordania, lo denuncia anche un rapporto dell’ONU

 La Cisgiordania al centro delle violenze | cosa sta succedendo

Un nuovo rapporto ONU denuncia le enormi violazioni di Israele nella Cisgiordania occupata

Verso il Mondo Multipolare: la sfida del 2024. il rischio di un’escalation militare globale si fa concreto.

 

Verso il Mondo Multipolare: la sfida del 2024

di Alessandro Fanetti - 29/12/2023

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/verso-il-mondo-multipolare-la-sfida-del-2024

Verso il Mondo Multipolare: la sfida del 2024

Fonte: Come Don Chisciotte

Il mondo multipolare è una alternativa radicale al mondo unipolare.

Aleksandr Gel’evič Dugin

 

Il 2023 “geopolitico” sarà certamente ricordato, in primo luogo, per il prosieguo delle ostilità nell’Est Europa e per la recrudescenza dello scontro in Medio Oriente.

Due situazioni da un lato potenzialmente sempre più esplosive e dall’altro che certificano un cambio significativo dello scacchiere geopolitico internazionale.

Un cambio che il 2024 continuerà sicuramente a certificare.

Infatti, l’architettura globale unipolare sorta dalla dissoluzione dell’URSS 1989 – 1991 è in forte crisi sia per la “rinascita” di potenze globali che per lo sviluppo di potenze regionali nei vari angoli del mondo.

L’umanità si trova dunque in mezzo al guado, fra due “titani” che aspirano ad un’organizzazione globale opposta: Unipolarismo vs Multipolarismo.

Del primo insieme ne fa parte il c.d. “Occidente collettivo”, con gli USA e il braccio armato “NATO” che guidano il gruppo, mentre il secondo è un composto più eterogeneo ma tenuto insieme da un obiettivo ben definito: ridimensionamento dell’influenza occidentale sul globo.

Del secondo gruppo ne fanno parte potenze globali come Russia e Cina, oltre a Nazioni con una capacità di proiezione più regionale come ad esempio l’Iran, la Turchia “neo – ottomana”, il Venezuela chavista, il Brasile, Cuba socialista, il Sud Africa alacremente impegnato nei BRICS+ (organizzazione che mira in primo luogo alla dedollarizzazione di una parte significativa dell’economia mondiale) e vari Paesi africani recentemente convertitisi espellendo dal loro territorio la secolare presenza francese.

Nessun Paese al mondo è immune da tale situazione, così come tutti gli esseri viventi ne sentono e ne sentiranno sempre più le conseguenze.

A tal proposito, molto chiare sono state le parole del Presidente venezuelano Maduro nel maggio del 2023: “Il Sud America non può rimanere indietro nella costruzione del mondo multipolare”.[1]

Così come quelle del “filosofo del multipolarismo”, Aleksandr Gel’evič Dugin: “Il conflitto in Ucraina è il Primo Conflitto Multipolare”.[2]

Una situazione di confronto fra Potenze che non accenna a placarsi e che anzi va ad intensificarsi sempre più, in quanto si confrontano due visioni che non possono trovare punti di contatto e di compromesso significativi.

O vince l’uno o vince l’altro.

Mentre però uno a due possibili strade per vincere, l’altro ce ne ha solamente una (e non è certamente auspicabile):

  • Multipolarismo: la formazione di un mondo multipolare può passare da un confronto armato fra grandi potenze oppure dall’accettazione da parte della potenza occidentale di riferimento (gli USA) che il suo ruolo nel mondo sia ridimensionato.
  • Unipolarismo: il ristabilimento di un mondo pienamente unipolare presuppone forzatamente un confronto diretto fra grandi potenze. Da escludere infatti la possibilità che Cina, Russia, Iran e altri Paesi del globo accettino di propria spontanea volontà di tornare agli anni ’90 del ‘900 (a meno di rovesciamenti politico – militari interni).

E come ebbe a scrivere l’illustre pensatore italiano Antonio Gramsci decenni orsono, dunque: Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro (possono nascere) i mostri.” Dico “possono” e non “nascono” (mi perdonerà Gramsci) perché più questo conflitto unipolarismo vs multipolarismo va avanti con sempre minore dialogo fra le grandi potenze nucleari e più il rischio di un’escalation militare globale si fa concreto.

Per l’ “Orologio dell’Apocalisse – 2023” il mondo è a 90 secondi dal baratro, indicando con ciò la vicinanza al conflitto nucleare.[3]

Un’escalation, dunque, che forse non priverebbe il globo di ogni forma di vita su di esso ma certamente non ne rimarrebbe in abbondanza.

Un 2024, dunque, all’insegna della grande sfida geopolitica del Nuovo Millennio: Unipolarismo vs Multipolarismo.

 

NOTE

[1] https://www.la-razon.com/mundo/2023/05/31/maduro-ratifica-importancia-de-participacion-de-sudamerica-para-construccion-de-mundo-multipolar/#:~:text=El%20presidente%20venezolano%2C%20Nicol%C3%A1s%20Maduro%2C%20ratific%C3%B3%20hoy%20mi%C3%A9rcoles,Naciones%20Suramericanas%20%28Unasur%29%20efectuada%20el%20martes%20en%20Brasil.

[2]   https://www.geopolitika.ru/it/article/aleksandr-dugin-lucraina-e-il-primo-conflitto-multipolare.

[3] 2023 Doomsday Clock Statement.

Il vero problema del nostro tempo è il "valoricidio". Dicono che i giovani italiani non hanno valori, con i modelli adulti di cui dispongono ....

 

Il "valoricidio"

di Alessandro Orsini - 28/12/2023

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-valoricidio

Il "valoricidio"

Fonte: Alessandro Orsini

Molti corrotti che siedono a Montecitorio e a Palazzo Madama parlano spesso in televisione della crisi dei valori tra i giovani. Dicono che i giovani italiani non hanno valori. Ma in un mondo dominato da adulti "come questi" è difficile avere valori sani in giovane età. Faccio un esempio. Un ragazzo di 16 anni sente il Presidente della Repubblica condannare la Russia per l'invasione dell'Ucraina tutti i giorni. Tuttavia quello stesso Presidente non condanna Israele per il massacro di 10,000 bambini palestinesi uccisi quotidianamente alla velocità di un video game. Scusate - chiedo a chi mi vuole bene - ma quale squallore morale giunge al mondo dei giovani dalle istituzioni politiche che dovrebbero essere un esempio pedagogico? Questa mattina mi sveglio e leggo che Israele ha intensificato i bombardamenti sui campi profughi più popolati, come quello di Al-Bureij, e gli ospedali a Gaza. Leggo che la Palestina è una pozza di sangue. Leggo che Netanyahu giura che i bombardamenti diventeranno sempre più intensi nelle prossime settimane. Leggo che il chirurgo britannico-palestinese Abu Sittah racconta di amputare i bambini palestinesi senza anestesia perché Israele ha ridotto gli ospedali al collasso. Tuttavia nessun uomo delle istituzioni in Italia condanna il governo terrorista, razzista, criminale e massacratore di bambini musulmani d'Israele. E poi devo sentire questa tiritera che i giovani italiani vivono una crisi di valori. E ci credo, mi pare il minimo. Quando gli adulti non hanno più valori, che cosa possono mai rimproverare ai giovani? Quale autorità morale resta agli adulti?
Il vero problema del nostro tempo è il "valoricidio".
Io capisco che il nostro Presidente della Repubblica non voglia condannare il governo terrorista d'Israele per gli indicibili motivi a tutti noti. Ma allora è saggio che smetta di condannare qualunque tipo di crimine giacché un Presidente che condanni soltanto i crimini dei nemici, ma non quelli degli amici - soprattuttto quando il crimine degli amici è lo sterminio di un popolo in stile Olocausto - perde ogni cedibilità agli occhi dei giovani.
Avanzi l'Italia, avanzi la pace.

18 mila specialisti russi della guerra elettronica mandano in tilt i sistemi d’arma tecnologici occidentali deviandoli dal loro obiettivo.

  Guerra elettronica, la super parabola russa che "acceca" gli aerei spia ...

Davide Bartoccini

Le truppe di Mosca stanno usando con il jamming per bloccare le armi di precisione americane fornite all’Ucraina, mandandole a vuoto e inibendo in questo modo uno dei principali assi nella manica dell’esercito di Kiev: i missili tattici a corto raggio che permettono – o permettevano – di colpire basi russe e linee di collegamento e rifornimento lontane dal fronte, già arretrate in profondità nei “territori occupati” e negli oblast di confine ben distanti dal fronte.

In questo modo i “vantaggi tattici” consentiti dalla fornitura di sistemi d’arma offensivi più moderni, che l’Ucraina ha sempre richiesto e che sono stati finalmente concessi dalle potenze della Nato – come il sistema Atacms statunitense, per fare un esempio – rischiano di rivelarsi inefficaci perché disturbo nemico, ha detto martedì il comandante dell’esercito americano responsabile di tali sforzi.

Ad affermarlo è stato un ufficiale dell’Esercito americano, generale Antonio Aguto, che conferendo sulla cambio di passo nel campo della guerra elettronica ha sottolineato come le forze russe si stiano rivelando estremamente “adattabili” alle nuove modalità del conflitto che conta più di 650 giorni di ostilità. Forse in ritardo, ma in ogni caso in tempo “utile” per complicare ulteriormente la difficile condizione in cui si sta già trovando Kiev, bisognosa di appoggio, fondi, e sopratutto armi per continuare a combattere.

Il “blocco” dei sistemi d’arma più sofisticati forniti all’Ucraina rappresenta “una sfida”, oltre che un problema per gli ucraini, ha affermato il generale. Funzionari della difesa statunitensi non identificati avevano già rivelato alla Cnn come la Russia stesse iniziando a “bloccare i missili di precisione forniti dagli Stati Uniti” facendoli andare “a vuoto”, ossia portandoli fuori rotta nella loro corsa su l’obiettivo, e facendoli cadere distanti da esso.

Per ovviare a questa nuova insidia, le forze statunitensi che prestano supporto logistico a quelle ucraine, addestrate a impiegare queste nuove fondamentali armi, hanno trovato “soluzioni alternative” basate su modifiche improvvisate sul campo e su cambi nella strategia d’impiego. I soldati di Mosca hanno dimostrato di essere abbastanza preparati, e aver trovato a loro volta nuovi modi per bloccare i missili nemici: una vera “resilienza” tattica.

Gps e jamming nella guerra elettronica

Secondo quanto riportato dai documenti condivisi dal Pentagono, l’esercito russo ha dimostrato di avere “capacità avanzate” nel disturbo dei sistemi che guidano i missili tanto da “bloccare i segnali gps fino a 20/30 km di distanza. Fonti ucraine hanno riferito come gli operatori russi addetti alla guerra elettronica abbiano imparato fin dall’inizio ad abbattere i loro droni, influendo anche sul sistema satellitare Starlink, ampiamente utilizzato da Kiev.

Il Pentagono deve preoccuparsi di migliorare i suoi sistemi d’arma e le contromisure impiegate per il contrasto della guerra elettronica dopo questa lezione impartita dai russi; per dimostrarsi, citiamo per parole riportate da DefenseOne: “Abbastanza resiliente e flessibile da poter contrastare ciò che fanno i nostri avversari. Entro settimane o mesi dall’impiego di un dato sistema sul campo di battaglia, i nostri avversari possono trovare il modo di interrompere o contrastare alcune di queste capacità”.

Quasi tutte le armi moderne, non solo i sistemi missilistici di precisione, utilizzano onde radio, microonde, infrarossi o altre frequenze per ricevere dati, processarli e procedere nel “colpire l’obiettivo”. Questo le rende dunque vulnerabili alla guerra elettronica, incentrata sulla ricerca del segnale da “sopprimere” per acciecare o scollegare i sistemi di puntamento delle munizioni intelligenti, per portare fuori rotta e abbattere un drone o peggio un missile costato centinaia di migliaia di dollari. Per questo ci sono unità altamente qualificate preposte per condurre questa guerra silenziosa e invisibile quanto fondamentale.

Nella fase che ha visto l’aumentare di intensità del conflitto, l’esercito russo ha schierato sul campo ben 18mila soldati addetti alla guerra elettronica. Dotati di sistemi come Zhitel e Pole-21, hanno dimostrato, già nel corso del 2022, la loro efficacia nel bloccare il segnale Gps e altri tipi di collegamenti satellitari, abbattendo i droni che dirigevano il fuoco dell’artiglieria e contrastando quando possibile il corretto impiego dei sistemi di comunicazione. Ora questo sforzo potrebbe esser stato implementato ulteriormente per meglio contrastare i sofisticati sistemi d’arma forniti dalla Nato.

In una fase così delicata del conflitto, tra stallo e impasse, possiamo immaginare cosa può accadere se anche le armi più moderne ed efficaci, a lungo richieste, e finalmente concesse dagli Stati Uniti al costo di miliardi di dollari, iniziassero ad andare regolarmente a “vuoto”.