Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996


"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Crescente ruolo dell’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) nel plasmare il panorama politico degli Stati Uniti impedendo le critiche

Politica /

La recente stagione delle primarie democratiche ha portato alla luce il crescente ruolo dell’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) nel plasmare il panorama politico degli Stati Uniti, suscitando preoccupazioni tra i membri progressisti del Partito Democratico. Figure come la deputata Cori Bush del Missouri e Jamaal Bowman di New York sono state bersaglio di campagne finanziate con milioni di dollari dall’AIPAC per indebolire i critici delle politiche israeliane, in particolare quelli che si oppongono alle violazioni dei diritti umani commesse da Israele.

L’assenza di discussioni aperte su Gaza e sul coinvolgimento dell’AIPAC nelle primarie democratiche durante la Convention Nazionale Democratica evidenzia una reticenza del partito a confrontarsi con le dinamiche di potere imposte da tali gruppi di pressione. La situazione solleva interrogativi sulla capacità del Partito Democratico di rappresentare una piattaforma realmente inclusiva e pluralista, capace di accogliere voci critiche nei confronti della politica estera statunitense in Medio Oriente. Le operazioni dell’AIPAC mirano a spostare il partito verso destra, eliminando candidati che esprimono opinioni contrarie alla linea pro-israeliana dominante, alimentando una tensione interna tra l’ala progressista e l’establishment democratico.

Questo fenomeno riflette una dinamica più ampia di influenza del denaro nella politica statunitense, dove gruppi di pressione ben finanziati possono dettare l’agenda e influenzare le elezioni, mettendo a rischio la rappresentanza democratica e la voce delle comunità emarginate. Le critiche mosse da membri come Bush, Lee e Ramirez contro l’AIPAC suggeriscono una crescente consapevolezza e preoccupazione all’interno del partito riguardo alla capacità di questi super PAC di dettare il corso delle elezioni democratiche.

L’implicazione geopolitica di queste dinamiche è significativa, poiché determina non solo la direzione della politica interna degli Stati Uniti, ma anche il loro approccio nei confronti dei conflitti in Medio Oriente, in particolare il sostegno a Israele e l’atteggiamento verso i diritti dei palestinesi. La crescente pressione dell’AIPAC su candidati progressisti evidenzia il conflitto tra gli interessi dei donatori e la volontà popolare, sollevando domande cruciali sulla futura direzione del Partito Democratico e sulla sua capacità di rappresentare una base elettorale diversificata e impegnata nella giustizia sociale e nei diritti umani.

Come la Gran Bretagna diede inizio alla guerra del Vietnam. sempre gli stessi tragici errori, come in Ucraina

Come la Gran Bretagna diede inizio alla guerra del Vietnam

Una storia poco nota. La più emblematica delle "guerre infinite" è iniziata per opera degli inglesi, e dei loro alleati giapponesi. Solo successivamente il testimone è passato ai francesi e poi agli Usa.
 
 
Come la Gran Bretagna diede inizio alla guerra del Vietnam Tempo di lettura: 6 minuti

Riportiamo da al Mayadeen un articolo di Kit Klarenberg sulla genesi della guerra del Vietnam, istruttivo per il passato, essendo una materia poco nota, ma soprattutto per il presente, che vede la Gran Bretagna alimentare la guerra ucraina in una coazione a ripetere sempre gli stessi tragici errori.

How Britain Started Vietnam War

Il 2 settembre 1945, poche ore dopo la firma ufficiale di resa dell’imperatore del Giappone Hirohito, che ha posto fine alla seconda guerra mondiale nel Pacifico, Ho Chi Minh, leader del Viet Minh [Lega per l’Indipendenza del Vietnam ndr], proclamò la fondazione della Repubblica Democratica del Vietnam. Citando liberamente passaggi della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti del 1776, Ho giurò che lo Stato appena creato non sarebbe stato mai più soggetto alla dominazione o allo sfruttamento da parte di stranieri e sarebbe rimasto per sempre indipendente, governato esclusivamente dal e per il suo popolo.

L’euforia radicale del Vietnam del dopoguerra fu riferita in maniera plastica dalla fotografa francese Germaine Krull, che visitò il paese pochi giorni dopo. Nel suo diario osservò come a Saigon “tutte le strade erano tappezzate da grandi striscioni e tutti i muri e gli edifici istituzionali” riportavano iscrizioni rivoluzionarie in cui si leggeva: “Abbasso l’imperialismo francese; abbasso i colonialisti; l’era della colonizzazione è finita; abbasso la schiavitù”. Insieme a queste, drappeggiava ogni dove la “grande bandiera rossa con la stella gialla” del Viet Minh.

Office Memorandum· UNITED STATES GOVERNMENT

Tutto ciò strideva con le scene che Krull aveva visto all’aeroporto di Saigon. Lì, “si notava una situazione insolita”, infatti “era gestito in toto dai giapponesi. Facevano tutto loro: guidavano camion e auto, sorvegliavano la struttura, trasportavano bagagli e facevano rifornimento. A comandarli e a mantenere l’ordine erano  gli inglesi (…). I giapponesi erano impeccabili e perfettamente disciplinati”.

Krull era arrivata con uno dei tanti “aerei da trasporto sui quali erano imbarcate anche le truppe britanniche”, tra cui spiccava un nutrito distaccamento di “bellissimi e impeccabili” Gurkha, con il “loro comandante scozzese”. Non dichiarata alla fotografa, la loro missione era quella di annientare completamente i sogni di indipendenza del paese e ristabilire il controllo della Francia sui suoi possedimenti coloniali. Come ebbe modo di constatare, la “situazione insolita” degli occupanti giapponesi del Vietnam, recentemente sconfitti, che prendevano ordini e lavoravano al fianco degli inglesi, fino a pochi giorni prima nemici giurati, non era limitata all’aeroporto di Saigon.

A distanza di decenni, l’intervento della Gran Bretagna in Vietnam nell’immediato dopoguerra resta praticamente sconosciuto. Eppure, nonostante sia durato solo sei mesi, il feroce conflitto costò molte vite e diede di fatto il via alla guerra del Vietnam, proseguita per tre decenni, che si concluse con la sconfitta imbarazzante delle potenze occidentali. L’impatto sulla regione e sul mondo in generale perdura ancora oggi su di un numero imprecisato di persone [vedi ad esempio Nyt: “Le vittime dimenticate dell’agente Orange” ndr]. È un capitolo sordido e segreto della storia recente di Londra, che urge una rivalutazione.

The Forgotten Victims of Agent Orange

Gli eserciti dell’Asse, da nemici a utili alleati

Il fatto che gli inglesi avessero intenzioni serie in Vietnam è ampiamente sottolineato dal fatto che abbiano schierato l’intera 20a Divisione dell’esercito che avevano creato in India. Come riferì il giornalista George Rosie nel 1970, questa forza fu “una colonna del conflitto” contro il Giappone in Birmania e, successivamente, aveva preso sotto il suo controllo dell’intero subcontinente [l’Indocina ndr]. Nelle tante battaglie brutali che ebbero a combattere, le sue unità respinsero attacchi “feroci”, “infliggendo terribili perdite” al nemico.

La 20a Divisione fu centrale in questi scontri. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Rosie annotò, “non c’era un’unità più abile, esperta e temprata alla battaglia” in Birmania. La Divisione era “probabilmente la migliore di quelle che si potevano rinvenire in tutti gli eserciti asiatici”. I suoi soldati furono chiamati a esercitare la loro temprata esperienza nell’arte dell’uccidere contro i vietnamiti. Furono paracadutati a tale scopo a Saigon 26.000 soldati britannici e 2.500 veicoli militari.

A questi si aggiunsero tre reggimenti di artiglieria, mentre la Royal Air Force era a disposizione con 14 Spitfire e 34 cacciabombardieri Mosquito. A sostegno di questo imponente esercito invasore c’erano le truppe francesi di Vichy [prima alleate dei nazisti ndr]  e giapponesi, che ricevettero nuove armi dalla Gran Bretagna. L’obiettivo ufficiale era “mantenere la legge e l’ordine e garantire la sicurezza interna” del Vietnam.

Tuttavia, gli inglesi e i loro vinti subordinati ebbero l’ordine esplicito di schiacciare ferocemente ogni resistenza locale, anche a costo di uccidere civili innocenti: “Non esiste nessun fronte in queste operazioni: avremo a che fare con bande di guerriglieri… Potremmo trovare difficile distinguere tra amici e nemici… Inoltre, fate attenzione a non ‘erodere’ l’opposizione. Usate sempre la massima forza disponibile per assicurarvi di annientare qualsiasi nemico con cui avrete a che fare. Se ne usate troppa, non recherà alcun danno. Se ne usate poca […] subiremo perdite e incoraggeremo il nemico”.

Il silenzio britannico

In poco tempo iniziarono a morire una moltitudine di vietnamiti. Tuttavia, questa operazione sanguinaria per mesi passò del tutto inosservata, sia sui media che in seno al parlamento britannico. Di conseguenza, l’opinione pubblica in patria rimase completamente all’oscuro del fatto che il loro esercito fosse impegnato in un’altra grande guerra all’estero, per non parlare del fatto che operava in tandem con i nemici affrontati nella Seconda guerra mondiale.

Questa cospirazione del silenzio proseguì fino a dicembre del 1945, quando una lettera congiunta scritta dai soldati britannici che combattevano in Vietnam, inviata all’allora ministro degli Esteri Ernest Bevin, fu pubblicata dal Guardian: “Sembra che stiamo collaborando con le forze giapponesi e francesi contro i nazionalisti del Viet Minh”, scrivevano. “Perché questa collaborazione? Perché non stiamo disarmando i giapponesi? Vogliamo che il governo definisca la propria politica in merito alla presenza delle truppe britanniche in Indocina”.

Britain’s secret wars

Queste rivelazioni bomba suscitarono scarso interesse e presto furono dimenticate. I firmatari ricevettero una dura reprimenda da parte di un alto ufficiale e in seguito non emersero ulteriori rivelazioni sulla guerra segreta della Gran Bretagna in Vietnam. Nel frattempo, il massacro di civili innocenti proseguiva a ritmo serrato.

Molto più tardi, uno dei firmatari della lettera ricordò così i suoi trascorsi nel paese: “Ho visto case bruciate e centinaia di persone rinchiuse in recinti. Ho visto molte ambulanze aperte sul retro che trasportavano soprattutto – anzi, solamente – donne e bambini bendati. Lo ricordo molto vividamente. Tutte le donne e i bambini stavano fuori dalle loro case, vestiti di nero, e ci fissavano con aria cupa, con… odio”.

Dall’Impero britannico a quello statunitense

A metà gennaio dell’anno successivo, il Viet Minh aveva imparato la lezione dopo mesi nei quali aveva condotto attacchi su larga scala contro le forze comandate dagli inglesi, che spesso si concludevano con perdite significative a causa della potenza di fuoco superiore dei loro avversari, che avevano in dotazione molte mitragliatrici. I combattenti per la libertà di Hanoi adottarono quindi tattiche di guerriglia, con imboscate, assassinii e incursioni mordi e fuggi contro le pattuglie nemiche. Fu la prima guerra moderna non convenzionale al mondo. Queste strategie furono impiegate in modo devastante contro gli invasori francesi e statunitensi nei tre decenni successivi.

Il controllo della missione fu formalmente ceduto da Londra ai generali francesi alla fine del marzo 1946 e la maggior parte delle sue forze lasciò Hanoi. La Francia fu incoraggiata dal successo percepito dell’intervento della Gran Bretagna, credendo che le forze di Ho Chi Minh non avrebbero potuto resistere a un altro assalto condotto da un esercito ‘civilizzato’ e professionale. La fine di questa illusione portò Parigi a lanciare una nuova guerra totale contro Hanoi nel dicembre di quell’anno.

[…] Nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale la Gran Bretagna ingaggiò una serie di guerre segrete in ogni angolo del mondo, mentre il suo potere finanziario e militare veniva rapidamente meno. In molti casi, Washington intervenne successivamente, sostituendosi a Londra e assumendo la gestione di crisi ed emergenze in terre lontane dai propri confini mentre, nel frattempo, l’impero britannico declinava. Gli ultimi 80 anni hanno visto l’America impegnarsi a padroneggiare la duplice eredità del colonialismo e del divide et impera ricevuta in dote dal suo ex padrone imperiale.

 

N.b. Nella foto di copertina soldati giapponesi al comando di ufficiali inglesi. Tratta da “The British in Vietnam” di George Rosie.

Gli Houthi hanno sconfitto la Marina degli Stati Uniti, Lo ha detto alcuni giorni fa nientemeno che il Telegraph

 

“Gli Houthi hanno sconfitto gli americani”

https://www.maurizioblondet.it/gli-houthi-hanno-sconfitto-gli-americani/

Lo ha detto   giorni fa nientemeno che  il Telegraph  : gli Houthi hanno sconfitto la Marina degli Stati Uniti (The Houthis have defeated the US Navy, 24 agosto 2024 web.archive.org/web/2024082405). È una tesi verosimile da sostenere? Prima di rispondere ricapitoliamo brevemente le fasi di questo conflitto che è stato etichettato dai media come “crisi del Mar Rosso”. Washington ha ufficialmente lanciato l’operazione Prosperity Guardian nel dicembre 2023 in risposta agli attacchi alle navi che attraversavano il Mar Rosso meridionale da parte, per l’appunto degli Houthi (riprendo la traslitterazione dall’inglese di al-Huthiyun, ormai accettata a livello internazionale). Una motivazione più perfetta per l’impero americano non si poteva trovare: difendere interessi militari e commerciali (e genuflettersi per l’ennesima volta a Israele) attraverso una passerella bellica che sarebbe durata giusto il tempo di annientare i “neg*i della sabbia” (sandni**ers, come lo yankee definisce genericamente i mediorientali che considera nemici). È forse anche per questo motivo che l’Italia si è subito aggregata alla Operation, inviando nel Mar Rosso la fregata Virginio Fasan giustificando l’intervento con la motivazione ufficiale (data dal Ministro della Difesa italiano agenzianova.com/a/658220135124) che l’azione militare avrebbe “evitato un impatto pesante sull’inflazione” garantendo la sicurezza dei trasporti di merci.ù

I “ribelli” piuttosto che spaventarsi, hanno espresso un atteggiamento canzonatorio nei confronti delle potenze occidentali (all’alleanza navale si sono infatti accodate anche Inghilterra e Francia, oltre che il Bahrein, mentre l’Arabia Saudita si è defilata memore delle sconfitte già subite), lamentando il fatto che essi volessero solo colpire navi israeliane o dirette verso Israele, mentre ora sarebbero stati costretti ad attaccare qualsiasi cargo battente bandiera… euro-atlantica.

Perciò il governissimo Meloni, ha sostanzialmente esposto a una minaccia le navi italiane o dirette verso l’Italia (con una decisione che ovviamente non è passata per il Parlamento, come al solito). Perlomeno gli Stati Uniti, come si osservava, hanno potuto avanzare non solo ragioni econoiche ma anche geopolitiche legati ai rapporti tra i “terroristi” yemeniti e Teheran, posto che la necessità di dirottare il transito verso il Capo di Buona Speranza ha davvero causato un aumento dei costi di trasporto di oltre il 10%, (i quali hanno principalmente influito sulle quotazioni di petrolio e gas).

Ad ogni modo, tutte le potenze occidentali pensavano fosse una passeggiata perché forse ingannate dalla loro stessa propaganda. Venendo come promesso alla definizione di “ribelli”, si può osservare tranquillamente come per anni i media occidentali abbiano dipinto gli Houthi come una tribù spuntata dal deserto per tirare qualche lancia ad altri cavernicoli. L’interesse nel rappresentarli in tal guisa era probabilmente legato al ridurre la minaccia rappresentata da questi “barbari” dalla coalizione progovernativa guidata dall’Arabia Saudita. Tuttavia, nel corso del conflitto, Washington e Londra hanno scoperto che i “ribelli Houthi” sono un esercito ben organizzato e dotato di armi modernissime, in grado di esercitare un’influenza non indifferente nell’area.

Giusto per ricordare, un’azione eclatante compiuta dai selvaggi è stato l’affondamento del cargo britannico Rubymar nel Golfo di Aden con un missile balistico il 18 febbraio 2024. Anche in tal caso, gli Houthi hanno esplicitamente affermato che l’azione era sempre e comunque motivata dai “crimini di guerra contro i civili a Gaza” (come dichiarò il viceministro degli Esteri Hussein al-Ezzi x.com/hussinalezzi5/)

In quei frangenti gli anglo-americani (dico così per semplificare) si resero conto che il conflitto sarebbe durato più del dovuto, soprattutto alla luce del fatto che i “dominatori dei mari” non sono apparsi in grado di reagire concretamente alla minaccia rappresentata da un gruppo di insorti la cui “arma segreta” sono dei droni assemblati in maniera artigianale (il cui costo è di circa 2000 dollari, di contro ai missili di difesa aerea americani che partono da 2 milioni in su). Dopo aver specificato quanto sopra, veniamo al punto. L’esperto militare del Telegraph Tom Sharpe è costretto ad arrendersi all’evidenza: gli Houthi sono riusciti a mettere in crisi il trasporto marittimo internazionale web.archive.org/web/2024082405 sparando a zero su chiunque (a volte anche contro i russi), nell’adempimento della promessa che non si sarebbero fermati finché anche Israele non lo avesse fatto.

Un dettaglio che egli aggiunge, sicuramente a scopo propagandistico, è che la “compattezza” degli attacchi occidentali sarebbe stata compromessa dalla scissione europeista rappresentata dalla cosidetta Operazione Aspides, che oltre ad aver avvantaggiato i nemici avrebbe messo in difficoltà le compagnie di navigazione, le quali hanno dovuto diversificare ulteriormente le rotte (con inevitabile aumento dei costi).

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D’altro canto, il giornalista ha l’onestà di ricordare che nell’area sono rimaste solo le navi dell’Unione Europea a garantire la sicurezza delle navi commerciali, dal momento che “non c’è più alcuna nave della Prosperity Guardian entro 500 miglia”: non a caso gli unici a giungere in soccorso della petroliera greca Sounion, attaccata pesantemente a fine agosto, sono stati i francesi, proprio perché americani e inglesi se la sono data a gambe.

Diciamo che Washington e Londra hanno dimostrato una codardia incomprensibile scappando nel momento in cui gli Houthi, invece di ripiegare, intensificavano i propri attacchi, spingendosi fino all’utilizzio di missili balistici durante i dirottamenti.

Il commentatore inglese avanza soprattutto motivazioni “tecniche”, come se esse potessero smorzare le responsabilità occidentali: gli americani hanno un naviglio in totale disfacimento e non riescono ad adottare programmi di risanamento e costruzione efficaci. Cioè, letteralmente gli Stati Uniti sono in deficit di portaerei, fregate e sottomarini, e quelle al momento attive cadono comunque a pezzi… Del resto, il settore dei trasporti ha bene o male assorbito la “botta” (la fatidica “nuova normalità”) e gli anglo-americani pare non abbiano più voglia di muovere un dito. È profondamente imbarazzante che “la marina più potente del mondo” non sia in alcun modo in grado di fermare un esercito improvvisato di capibastone locali che agiscono con mezzi di fortuna. Forse le manca qualcosa che miliardi di dollari e giocattoloni all’avanguardia (a quanto pare però sempre più rabberciati) dispiegati in cielo, in terra e in mare non possono dare.

 

E questi sono gli stessi anglo che ci premono perhé facciamo guerra alla Russia, sparando i nostri tre missili  in profondità nel  territorio russo..

Starmer è andato spposta a Washington per premere su Biden

 Keir Starmer  ha sollecitatoo il presidente Biden  a Washington a firmare l’autorizzazione a consentire all’Ucraina di utilizzare missili da crociera a lungo raggio di fabbricazione europea  per colpire obiettivi nelle profondità della Russia .

…La decisione di revocare il divieto imposto a Kiev di utilizzare il missile Storm Shadow, in grado di colpire obiettivi a 250 chilometri di distanza, per lanciare missili in Russia rappresenterebbe una grande vittoria per l’Ucraina, che da mesi sollecita i paesi occidentali ad allentare le restrizioni sulle armi a lungo raggio.

Florian Philippot – leader del partito patriota francese -, su X ha gridato il “pericolo di una III guerra mondiale, mentre “loro” (senza specificare chi) sono chiusi nei loro bunker pronti a far saltare tutto per salvare la loro ideologia e i loro soldi” (ergo: sistema finanziario della cabala)
E poi esorta all’uscita dalla NATO da parte della Francia e a cessare l’invio di armi e denaro [X (https://x.com/f_philippot/status/1834169121769996412/photo/1https://x.com/f_philippot/status/1834169121769996412/photo/1)]

Il confronto tv tra Donald Trump e Kamala Harris è stata una battaglia tra analfabeti economici, che non dovrebbero governare


Harris/Trump? È stata una battaglia tra analfabeti economici

 

miglioverde

di HARRISON GRIFFITHS

Ci sono pochissime occasioni in cui mi sento sinceramente compiaciuto di essere uno dei pochi libertari britannici. Per lo più, sostenere il liberalismo coerente, basato su principi, ti porta solo a ricevere un sacco di bastonate. Siamo stati attaccati dalla sinistra come sostenitori dell’oligarchia aziendale, i destri pensano che vogliamo triturare il tessuto sociale britannico e i centristi hanno una cattiva considerazione delle nostre idee.

Ma mi sveglio sempre con una marcia in più la mattina dopo un grande dibattito politico. Questi eventi non hanno molto valore, ma dimostrano oltre ogni ragionevole dubbio quanto i politici non siano qualificati per esercitare potere su di noi. La battaglia presidenziale dell’altra sera tra Donald Trump e Kamala Harris me lo ha confermato.

Il dibattito conteneva ben poca sostanza. Harris era determinata a snocciolare battute pre-confezionate, come uno studente nervoso prima dell’esame di una prova teatrale, mentre la mancanza di controllo degli impulsi infantile di Trump confermava che ci sarebbe stata poca politica economica convincente in quella destra a cui si riferisce.

È stata una battaglia tra analfabeti economici. Trump ha ribadito la sua ridicola affermazione secondo cui le tariffe sulle importazioni sono pagate dal paese esportatore, piuttosto che dai consumatori americani. Le prove empiriche, teoriche e accertate respingono categoricamente tale affermazione. Secondo una ricerca dell’Università di Chicago, le tariffe imposte da Trump nel solo 2018 hanno fatto aumentare di 82 milioni di dollari i conti del Tesoro degli Stati Uniti, causando al contempo un aumento dei prezzi al consumo di 1,5 miliardi di dollari. I 1.800 posti di lavoro trasferiti negli Stati Uniti di conseguenza sono costati in media 817.000 dollari ciascuno.

Per un semplice studio di caso, il prezzo medio delle lavatrici americane è salito da $ 750 a $ 950 tra l’imposizione delle tariffe da parte di Trump nel 2018 e la loro fine nel 2023 (i prezzi sono già scesi di $ 75 da allora). Harris ha colto nel segno descrivendo i suoi piani come una “imposta sulle vendite di Trump”.

Trump ha fatto bene a criticare aspramente il nuovo record dell’amministrazione Biden-Harris sul deficit e sul debito nazionale, che è destinato a salire di 6-8 trilioni di dollari nel corso del mandato presidenziale. Harris ha fatto bene a criticare aspramente il record dell’amministrazione Trump-Pence sul deficit e sul debito nazionale, che è aumentato di oltre 8 trilioni di dollari nel corso del mandato dell’ex Presidente.

Harris ha attaccato i tagli fiscali di Trump; Trump ha attaccato la spesa di Biden. Nessuno dei due ha affrontato onestamente la situazione fiscale americana, in rapido peggioramento, che non può essere risolta senza importanti riforme sui diritti sanitari e pensionistici. Entrambi i candidati si sono impegnati a mantenerli.

Per la maggior parte del dibattito, ho dovuto resistere alla tentazione di strapparmi quel poco che restava dei miei capelli, ma ci sono stati alcuni momenti di gioia.

Uno è arrivato all’inizio, con Harris che ha nominato l’edilizia civile come la prima area politica da riformare per migliorare gli standard di vita americani. Ma persino questa speranza che ci fosse del senso economico in tale affermazione è stato rapidamente sradicato dalla consapevolezza che Harris continua a flirtare con una politica nazionale di controllo degli affitti e cerca di estendere i sussidi alla domanda piuttosto che usare le limitate capacità del governo federale per liberare il mercato immobiliare nazionale. Come i dazi di Trump, i controlli degli affitti di Harris sono ampiamente abiurati dalla teoria economica e dalle prove (come dimostrano alcune delle ultime ricerche dell’IEA ).

L’unica conclusione economicamente positiva della serata è che il boom energetico americano, uno dei fattori chiave che mantiene l’America in crescita mentre l’Europa è stagnante, è probabilmente in mani sicure. Harris sembra aver accettato il metodo economico e ambientale secondo cui il fracking dovrebbe continuare, invertendo la sua precedente opposizione. Entrambi i candidati hanno segnalato apertura alla riduzione delle barriere alla costruzione di infrastrutture solari.

Il dibattito sull’assistenza sanitaria è stato riassunto in modo chiaro dalla promessa di Trump di “avere un’idea di piano”. La mancanza di politica e sostanza ideologica era abbastanza deprimente. La guerra culturale e gli scambi retorici sulla politica estera hanno reso il tutto praticamente insopportabile. I discorsi appena intelligibili di Trump su immigrazione, Ucraina ed elezioni del 2020 erano spesso spaventosi. Trump ha ripetutamente personificato i brutti vizi che definiscono la destra americana e, in effetti, gran parte della destra nel mondo occidentale: autoritarismo e stupidità abietta.

Chiunque passi troppo tempo su Twitter avrà visto come la cospirazione infondata del candidato repubblicano alla vicepresidenza JD Vance sugli immigrati haitiani che terrorizzano una città dell’Ohio mangiando gatti si sia diffusa nella sfera mediatica di destra. Tuttavia, non mi aspettavo che Trump ripetesse istericamente quelle affermazioni di fronte a un pubblico televisivo nazionale.

La sua successiva affermazione che Harris vuole eseguire “operazioni transgender su immigrati clandestini che sono in prigione” è stata davvero bizzarra. Quel commento (tra i tanti) era conforme alla più crudele rappresentazione del Saturday Night Live di un conservatore americano senza cervello. Era troppo assurdo anche solo per essere una parodia. Ciò che ha reso il tutto ancora più straziante è stato il fatto che la sua mancanza di autocontrollo gli ha impedito di segnare punti facili contro Harris. Quando ha fatto la ridicola affermazione che il candidato democratico alla vicepresidenza Tim Walz sosteneva gli aborti ritardati, ha mentito per sfuggire a una critica ragionevole della decisione di Walz di bloccare le disposizioni che mettevano esplicitamente al bando gli aborti tardivi in ​​Minnesota.

Trump era così distratto dalle provocazioni sleali che gli aveva lanciato Harris che si è lasciato sfuggire occasioni lampanti per esprimere il suo punto di vista su questioni che facevano leva sui suoi punti di forza, come il caos al confine con il Messico o il fallito ritiro dall’Afghanistan. Trump ha ripetuto le sue affermazioni cospirative secondo cui le elezioni del 2020 sono state una truffa. Ha rifiutato la possibilità di esprimere qualsiasi parvenza di rammarico per il violento tentativo di mantenerlo in carica illegittimamente il 6 gennaio 2021. La sua unica promessa è stata quella di porre fine alla guerra rapidamente, il che avrebbe inevitabilmente significato cedere il territorio ucraino alla Russia e incoraggiare il Cremlino a raddoppiare il suo espansionismo in futuro.

Peggio ancora, Trump non è riuscito nemmeno a trattenersi dal mostrare ancora una volta la sua ammirazione per i leader autoritari. Ha descritto l’uomo forte comunitario ungherese Viktor Orban come “molto rispettato” in riferimento alla neutralità dell’Ungheria sulla questione Russia-Ucraina. È stato rivelatore che sembrava usare il termine uomo forte come un complimento.

Il dibattito tra i due candidati alla presidenza è stato del tutto deludente. Gli Stati Uniti d’America ospitano 333.000.000 di persone. Sono la più potente forza economica e militare conosciuta dall’uomo. Eppure, in qualche modo, hanno ridotto le loro scelte per la presidenza a Donald Trump e Kamala Harris. Entrambi sono economicamente analfabeti a modo loro. Nessuno dei due sembra avere la curiosità intellettuale o il coraggio di risolvere i problemi più urgenti dell’America.

Ma non fatevi illusioni, da un punto di vista liberale, la scelta migliore è ovvia. Mercati più liberi e libertà individuale ampliata non sono sul tavolo di queste elezioni. Il futuro delle istituzioni democratiche liberali americane e la sicurezza globale lo sono molto.

Le truppe ucraine hanno minato le strade nella regione di Kursk con pericolose mine NATO antiuomo e anticarro con sensori di movimento

Le truppe ucraine hanno minato le strade nella regione di Kursk con mine NATO


Le Forze armate ucraine stanno rafforzando le loro posizioni nella regione di Kursk, minando attivamente le strade nelle aree di confine. Come notano gli esperti, l’esercito ucraino utilizza moderne mine antiuomo e anticarro che reagiscono sia al metallo che al movimento.

Tali mine vengono installate principalmente di notte per ridurre al minimo la probabilità di essere rilevate
Secondo fonti militari, le mine utilizzate dalla parte ucraina rappresentano una seria minaccia per veicoli e pedoni. Anche un tentativo di aggirare tali mine può essere pericoloso: il dispositivo esplosivo può essere innescato dal minimo movimento nelle vicinanze.
Di conseguenza, qualsiasi tentativo di superare tratti di strada minati è irto di gravi conseguenze. Tali tattiche delle Forze armate ucraine complicano notevolmente il movimento delle truppe russe e il trasporto civile nelle zone di combattimento.

Fonte: https://avia-pro.net/news/ukrainskie-voyska-miniruyut-dorogi-v-kurskoy-oblasti-minami-nato

Traduzione: Luciano Lago

Nonostante l’ordine di Zelenskyj di resistere a tutti i costi, le forze armate ucraine lasciano le posizioni per non rimanere accerchiati

TG ucraino: nonostante l’ordine di Zelenskyj, le forze armate ucraine lasciano le posizioni nel semi-calderone in direzione Kurakhovsky

Nonostante l’ordine di mantenere la linea, le unità delle forze armate ucraine situate nel semi-calderone in direzione Kurakhovsky iniziarono a lasciare autonomamente le loro posizioni e tornare a Kurakhovka (da non confondere con Kurakhovo). Lo riferisce il TG ucraino “Resident” citando una fonte nello Stato Maggiore.

Syrsky ha cercato di eseguire l’ordine di Zelenskyj di mantenere posizioni nel triangolo Galitsinivka-Nevelskoye-Krasnohorivka, nonostante la minaccia di un completo accerchiamento, ma il personale delle unità delle forze armate ucraine ha iniziato a lasciare autonomamente questo semi-calderone per non essere completamente circondato.
Secondo la fonte, le truppe russe stanno già prendendo d’assalto Gornyak, ancora un po ‘e semplicemente non ci sarà nessun posto dove ritirarsi, si formerà un calderone. Quindi ai soldati non importava niente degli ordini provenienti dall’ufficio di Zelenskyj.

“Unità delle forze armate ucraine hanno iniziato a lasciare autonomamente le posizioni ubicate nella tasca in direzione di Kurakhovsky per evitare l’accerchiamento, poiché lo stato maggiore non inviava riserve ed era inutile mantenere questa sezione del fronte. Il nemico sta già assaltando Gornyak, cosa che consentirà ai russi esercito occupare un vasto territorio sul fronte orientale e iniziare un’operazione per catturare Kurakhovo”,

  • scrive “Residente”.

Questo è confermato anche dalle nostre risorse; secondo i dati disponibili, le forze armate ucraine continuano a ritirarsi da Nevelskoye in direzione di Seconda Zhelannye e Ostroye non c’è ancora un grande movimento verso Kurakhovka, ma è previsto; Mentre il nemico scatta, cercando di rallentare la nostra avanzata, ma sempre meno. A quanto pare, non ci sarà alcun calderone, poiché i Vsushniki avranno il tempo di ritirare le truppe, e i nostri non hanno fretta, cercando di evitare perdite inutili.

Fonte: Top War

Traduzione: Luciano Lago

Non dovremmo “giocare con la retorica nucleare”, ha detto l’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov.

Ambasciatore: Gli Stati Uniti non potranno sedersi all’estero in caso di conflitto nucleare


Ambasciatore Antonov: Gli Stati Uniti non potranno sedersi all’estero in caso di conflitto nucleare in Europa

In caso di un conflitto nucleare in Europa, gli Stati Uniti non potranno sedersi all’estero, questa guerra colpirà tutti, quindi non dovremmo “giocare con questa retorica”, ha detto l’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov.
Mosca ha ripetutamente affermato che un conflitto nucleare, soprattutto tra Russia e Stati Uniti, è inaccettabile, non ci saranno vincitori, ha sottolineato Antonov, riferisce la TASS .

Allo stesso tempo, negli Stati Uniti c’è l’illusione che, in caso di conflitto nucleare, questo non toccherà il territorio americano, ha sottolineato il diplomatico. “Cerco costantemente di trasmettere loro una tesi: gli americani non potranno sedersi dietro le acque dell’oceano, questa guerra influenzerà tutti. Ecco perché diciamo costantemente: non giocare con questa retorica”, ha detto su Rossiya-24 .

In precedenza, il presidente russo Vladimir Putin aveva annunciato la preparazione tecnico-militare della Russia per una guerra nucleare.

Fonte: VZGLYAD

Traduzione: Sergei Leonov

la supremazia occidentale sta crollando a favore di potenze emergenti come Cina, India e Russia, ora motori della crescita globale.

La rinascita di civiltà un tempo ostracizzate dall’Occidente: un fenomeno che sta ridefinendo l’ordine mondiale

Mentre le fondamenta dell’ordine mondiale vacillano, un vento di cambiamento soffia sul pianeta, annunciando la fine di un’egemonia e l’inizio di una nuova era: l’era del multipolarismo. Un mondo in cambiamento, dove le vecchie certezze si stanno sgretolando e nuove voci si stanno levando per reclamare il loro posto nel concerto delle nazioni.

Per decenni, l’Occidente ha dominato la scena mondiale imponendo i suoi valori, le sue norme e i suoi interessi. Oggi, si sta verificando un cambiamento significativo: civiltà un tempo emarginate come Cina, India, Iran, Egitto e molte altre nel Sud del mondo stanno riemergendo come attori chiave. Il declino dell’influenza occidentale, storicamente basata sul potere economico, militare e culturale, sta aprendo la strada a una riaffermazione dei modelli di sviluppo, dei sistemi di valori e delle forme di governo di queste nazioni.

Ad esempio, la Cina sta promuovendo il suo ” socialismo con caratteristiche cinesi “, mentre l’India sta promuovendo il suo ” induismo moderno “, e la Russia è molto più avanti degli Stati Uniti nell’esplorazione spaziale e nella convincente superiorità militare.

Di fronte a questi sviluppi, i paesi occidentali devono adattarsi tristemente collaborando con queste nuove potenze e integrando le loro prospettive. Tuttavia, questa rinascita non è priva di sfide che devono essere affrontate in modo efficace promuovendo la multipolarità. Le tensioni, in particolare tra l’Occidente e i paesi musulmani, e i conflitti geopolitici in Asia e Medio Oriente stanno aumentando. Saranno quindi necessarie saggezza e diplomazia per orientarsi in questo nuovo ordine mondiale ridefinito dall’emergere di antiche civiltà.

La fine di un impero: il declino dell’Occidente e dei suoi valori di civiltà

L’Occidente, a lungo considerato il centro nevralgico del mondo, sta attualmente attraversando una profonda crisi che sta scuotendo le sue fondamenta economiche, politiche, culturali e assiologiche. Da un punto di vista economico, la supremazia occidentale sta crollando a favore di potenze emergenti come Cina, India e Russia, ora motori della crescita globale.
Politicamente, la geometria variabile della democrazia liberale occidentale, un tempo modello indiscusso, è preda dell’ascesa del populismo e di una crescente polarizzazione, che mette in discussione la legittimità delle istituzioni e dei valori democratici.

A livello culturale, l’Occidente sta perdendo i suoi punti di riferimento di fronte alla globalizzazione e all’immigrazione che, sebbene arricchiscano la diversità, offuscano le identità tradizionali. Infine, i valori materialistici e individualistici sono sfidati dalle nuove generazioni, che aspirano a una maggiore giustizia sociale ed ecologica. Questa crisi multidimensionale richiede una profonda riflessione sulle cause della decadenza e richiede di mettere in discussione le istituzioni e le pratiche attuali, nonché un dialogo costruttivo con altre civiltà per costruire un futuro più equo e sostenibile.

Riunione BRICS

Verso un mondo multipolare: una risposta all’ingiustizia di civiltà

Il multipolarismo si presenta come una risposta innovativa all’ingiustizia della civiltà, offrendo una sfida audace all’egemonia culturale, economica e politica occidentale. Integrando i valori, le culture e gli interessi delle civiltà non occidentali a lungo emarginate, questo approccio promuove una governance globale più inclusiva ed equa. Promuovendo modelli di sviluppo diversificati e una partecipazione equilibrata alle decisioni globali, il multipolarismo contribuisce a decostruire le strutture di potere arcaiche, creando così un ordine mondiale più giusto. Questa dinamica incoraggia anche la diversità di prospettive e soluzioni alle sfide globali, generando risultati sostenibili ed equi. Il multipolarismo richiede la volontà di cooperare, impegnarsi nel dialogo e sfidare le strutture di potere esistenti, al fine di stabilire un nuovo ordine mondiale in cui prevalgano giustizia ed equità.

Si può dire che il multipolarismo sia una risposta indispensabile all’ingiustizia di civiltà, offrendo un’alternativa all’egemonia occidentale e amplificando la voce delle civiltà non occidentali. Sostenendo un approccio inclusivo ed equo alla globalizzazione, promuove la cooperazione, il dialogo e la rivalutazione delle strutture di potere consolidate, con l’obiettivo di creare un ordine mondiale più giusto ed equo.

Mohamed Lamine KABA, Esperto in geopolitica della governance e dell’integrazione regionale, Istituto di Governance, Scienze Umane e Sociali, Università Panafricana, in particolare per la rivista online ” New Eastern Outlook “. (Fonte)

Traduzione: Luciano Lago

Il vero motivo per cui il nucleare è diventato “green”? Per sostenere gli elevati consumi dell'Intelligenza Artificiale

 

Il vero motivo per cui il nucleare è diventato “green”?

Per sostenere gli immani consumi energetici della loro “Intelligenza Artificiale” (AI) in cui i miliardari stanno investendo astronomiche cifre: con la fondata speranza di sostituire con essa – e dunque risparmiare – i salari e gli stipendi di milioni di lavoratori qualificati..

Adesso ecco la notizia – la società di software Oracle, per fornire energia a un data center da un 1 Gigawatt (ossia da un milione di kilowattora) progetta di costruirsi 3 centrali nucleari

Commenta Marco Brotto:

Oracle, ha 162 data centers in costruzione, il più grande dei quali abbisogna di 800 megawatts (MW), solo lui, senza gli altri 161…. Per avere un’idea più chiara: 800 MW sono sufficienti per alimentare circa 650.000 abitazioni medie in Italia, basandosi su un consumo medio annuale di circa 3.000-4.000 kilowattora (kWh) per famiglia.

In termini di centrali elettriche, una centrale nucleare di medie dimensioni può generare circa 1.000 MW, quindi 800 MW sono quasi l’equivalente della capacità di una di queste centrali. In altre parole, è una quantità significativa di energia, adatta per alimentare un’intera città di medie dimensioni.

Immagine

… e tutto per tagliare i salari e far scomparire impiegati. L’immensa quantità di calore sviluppata (i data center sono raffreddati da tonnellate di acqua) vengono rivenduti come “teleriscaldamento” alle abitazioni…. – come già fa u una società di AI a Brescia…

La strategia di ritorsione dell'Iran consiste nell’aumentare la pressione su Tel Aviv, indebolendolo in tutti i settori, prima di colpire militarmente

 

La “rana” bolle: come l’Iran mette sotto pressione Israele

La strategia di ritorsione dell'Iran, paziente ma deliberata, consiste nell'aumentare costantemente la pressione su Tel Aviv, sfruttando le sue vulnerabilità militari, economiche ed energetiche prima di sopraffare le difese israeliane.


https://comedonchisciotte.org/la-rana-bolle-come-liran-mette-sotto-pressione-israele/

Muntadher Al Attiyah – The Cradle – 9 settembre 2024

 

Da quando Israele ha assassinato in modo mirato il capo dell’Ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, nel cuore di Teheran a fine luglio, sono aumentate le speculazioni su come l’Iran si vendicherà strategicamente.

Diversi funzionari della Repubblica islamica hanno giurato una dura risposta, che ha raggiunto anche le alte sfere del potere israeliano, e persino la Guida suprema del Paese, l’ayatollah Ali Khamenei, che ha dichiarato:

Consideriamo nostro dovere vendicare il suo sangue”.

 

Bollire la rana: una guerra di logoramento

Con l’evolversi della situazione, è apparso chiaro a chi non conosce il modus operandi dell’Iran che Teheran non avrebbe agito in modo avventato o rapido. Al contrario, la risposta collettiva dell’Asse della Resistenza della regione sarebbe stata misurata e strategica, e alcuni funzionari hanno persino suggerito una risposta iraniana molto ritardata.

Ali Mohammad Naini, portavoce del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), ha osservato il mese scorso: “Il tempo è a nostro favore e il periodo di attesa per questa risposta potrebbe essere lungo”. Ali Bagheri Kani, allora ministro degli Esteri ad interim, ha analogamente affermato che l’Iran si sarebbe vendicato al “momento giusto” e nel modo “appropriato”.

Dopo gli attacchi di rappresaglia dell’Iran ad aprile contro Israele – in risposta agli attacchi al suo consolato a Damasco – il direttore della campagna della ONG Avaaz, Fadi Quran, in un post sui social media, ha tracciato un parallelo tra la risposta iraniana e una masterclass di strategia militare a cui ha partecipato all’Università di Stanford. Simile a un ipotetico jet stealth statunitense che rivela le sue capacità, Quran ha affermato che l’uso di armi convenzionali da parte dell’Iran ad aprile ha costretto Tel Aviv a esporre le sue difese antimissile, fornendo all’Iran preziose informazioni per attacchi futuri. Ha anche osservato che:

Netanyahu e il governo israeliano preferiscono una guerra rapida, calda e urgente in cui poter coinvolgere l’America. Gli iraniani preferiscono una guerra di logoramento più lunga che priva Israele della sua capacità di deterrenza e lo rende un alleato troppo costoso per gli arabi e gli Stati Uniti.

I commenti di Quran fanno luce su un aspetto critico ma spesso trascurato della guerra ombra che coinvolge Iran, Israele e Stati Uniti: i reali obiettivi strategici dell’Iran e dei suoi alleati in una guerra irregolare.

Alcuni mesi prima della rappresaglia diretta dell’Iran contro Israele, c’è stato un attacco all’avamposto militare statunitense Tower 22, al confine tra Giordania e Siria, da parte della fazione della resistenza irachena Kataib Hezbollah, che ha provocato la morte di tre soldati statunitensi e il ferimento di altri 35.

Poi, giorni prima dell’assassinio di Haniyeh, l’esercito yemenita allineato con Ansarallah ha lanciato un attacco con un drone vicino all’ambasciata statunitense a Tel Aviv, uccidendo un israeliano e ferendone altri dieci.

Entrambi gli attacchi rientrano nella strategia generale dell’Iran, che prevede di colpire infrastrutture vitali per la sicurezza, l’esercito e l’energia in Israele. Queste tattiche sono progettate non solo per danneggiare le risorse dello Stato di occupazione, ma anche per inviare onde d’urto di panico nel governo e nella popolazione, in quella che può essere meglio descritta come guerra cognitiva.

 

Minare la sicurezza energetica di Israele

L’Iran e i suoi alleati hanno già dimostrato in passato la loro capacità di distruggere le infrastrutture energetiche vitali di Israele. Nel 2022, Hezbollah ha diretto dei droni verso il giacimento di gas israeliano di Karish, soprattutto per dimostrare che poteva farlo. Israele ha lottato per intercettare questi tentativi ma questa minaccia persiste: una violazione simile è stata fatta poco più di un mese fa.

La dipendenza di Israele dalle piattaforme di gas, in particolare Tamar, Karish e Leviathan, che forniscono circa il 70% del gas utilizzato per la produzione di elettricità, rende queste strutture altamente vulnerabili. Come ha dichiarato un funzionario israeliano del settore energetico, “le piattaforme di gas sono obiettivi sensibili e quando una piattaforma è attiva può trasformarsi in una bomba a orologeria”.

Il controllo da parte di Israele di porti strategici, attraverso l’occupazione diretta o le alleanze con i Paesi vicini, in particolare intorno allo stretto di Bab al-Mandab, è un’altra area di preoccupazione per Tel Aviv.

L’ingresso al Mar Rosso è vitale per il commercio globale e gli eventi recenti hanno dimostrato che questo è un altro campo di battaglia nella strategia dell’Iran. L’ingresso dello Yemen nel conflitto e la sua capacità di bloccare le navi commerciali destinate ai porti israeliani hanno avuto un grave impatto sull’economia di Israele.

Ad esempio, il blocco del Mar Rosso ha causato un calo dell’85% del traffico marittimo nel porto israeliano di Eilat, secondo il suo amministratore delegato, Gideon Golbert (si veda anche qui su ComeDonChisciotte). Questo forte calo del commercio ha portato a significative perdite finanziarie, costringendo alla fine il porto alla bancarotta e alla chiusura. Questo blocco, insieme agli attacchi alle navi israeliane, rappresenta una grave minaccia non solo per Israele, ma anche per il commercio globale attraverso uno dei corridoi marittimi più importanti del mondo.

 

Il passaggio dell’Iran dalla posizione diplomatica a quella militare

Sulla scia dell’assassinio di Haniyeh, Israele ha cercato di inquadrare l’evento come un’operazione di sicurezza segreta, ma l’Iran l’ha visto come un atto palese di aggressione militare che ha violato la sua sovranità e giustifica una rappresaglia.

L’esperto di affari iraniani Ahmed Farouk ha spiegato a The Cradle che, sebbene l’Iran debba considerare l’impatto geopolitico più ampio nella sua risposta, la diplomazia potrebbe giocare un ruolo più importante nel breve e medio termine. A lungo termine, la postura militare di Teheran potrebbe cambiare in modo significativo, soprattutto con il potenziale di deterrenza nucleare che diventa più evidente. L’uscita dell’Iran dall’ambiguità che circonda il suo programma nucleare e i suoi progressi verso le capacità nucleari potrebbero trasformare le dinamiche strategiche della regione.

Uno degli scenari più pericolosi per lo Stato occupante è la possibilità che la risposta dell’Iran coinvolga tutti i suoi alleati regionali in un conflitto coordinato e prolungato su più fronti. Con le crescenti divisioni interne all’establishment politico e militare israeliano, in particolare per quanto riguarda gli insediamenti ebraici settentrionali confinanti con il Libano, oltre all’ostinato rifiuto del governo di raggiungere un accordo di cessate il fuoco con Hamas, la situazione sta diventando sempre più precaria.

La lunga lotta di Israele a Gaza, ormai prossima al traguardo di un anno, non ha portato ad alcuna vittoria strategica significativa, mentre lo Stato occupante barcolla per le perdite, la censura globale e il crescente malcontento della popolazione nei confronti della guerra.

Queste pressioni interne, unite alla minaccia di un’escalation esterna, stanno spingendo Israele verso un punto critico di rottura. Il sentimento diffuso tra gli israeliani è che non possono più sopportare di vivere sotto la costante minaccia di attacchi, sia da sud che da nord, e nemmeno la prospettiva di diffusi blackout energetici. E ogni giorno che passa senza ritorsioni da parte dell’Iran, questa pressione non fa che aumentare.

 

Muntadher è un giornalista e ricercatore iracheno che si occupa di questioni politiche in Asia occidentale.

Link: https://thecradle.co/articles-id/26783

Scelto e tradotto (IMC) da CptHook per ComeDonChisciotte

Putin ha affermato che le decisioni occidentali sulle armi a lungo raggio significherebbero una guerra tra NATO e Russia

 

Putin ha affermato che le decisioni occidentali sulle armi a lungo raggio significherebbero una guerra tra NATO e Russia


L’esercito ucraino non può utilizzare da solo i sistemi occidentali a lungo raggio; il loro coinvolgimento nel conflitto significherebbe una guerra tra i paesi della NATO e la Russia, ha affermato il presidente russo Vladimir Putin.

“Qualsiasi esperto confermerà che sia qui che in Occidente l’esercito ucraino non è in grado di sferrare attacchi con i moderni sistemi a lungo raggio di alta precisione di produzione occidentale; Ciò è possibile solo utilizzando i dati di intelligence provenienti dai satelliti, di cui l’Ucraina non dispone. Si tratta di dati provenienti dai satelliti dell’Unione Europea o degli Stati Uniti, in generale, dai satelliti della NATO. Questo è il primo punto.
Secondo, e molto importante, forse fondamentale. Sta nel fatto che solo il personale militare della NATO può effettivamente effettuare missioni di volo per questi sistemi missilistici”, ha spiegato il capo dello Stato. Un video della sua dichiarazione è stato pubblicato sul canale Telegram del Cremlino .
Putin ha sottolineato che non si tratta di consentire all’Ucraina l’uso di tali armi sul territorio russo, ma della partecipazione diretta della NATO ad un conflitto militare.

“E questo, ovviamente, cambia in modo significativo l’essenza stessa, la natura stessa del conflitto. Questo significherà che i paesi della NATO – gli Stati Uniti, i paesi europei – sono in guerra con la Russia. E se è così, allora, tenendo presente il cambiamento nell’essenza stessa del conflitto, prenderemo le decisioni appropriate in base alle minacce che verranno create per noi”, ha concluso il capo dello Stato.

In precedenza, il presidente ucraino Vladimir Zelenskyj aveva consegnato al segretario di Stato americano Antony Blinken un piano per colpire la Russia con missili a lungo raggio.

Fonte: VZGLYAD

Traduzione: Sergei Leonov

La resistenza ucraina è riuscita a fermare un treno con equipaggiamento militare ucraino per distruggerlo con un attacco missilistico

 

La resistenza ucraina è riuscita a fermare un treno con equipaggiamento militare delle Forze Armate ucraine per distruggerlo con un attacco missilistico

Un treno che trasportava equipaggiamento militare delle Forze armate ucraine è stato distrutto nella regione di Kharkiv dopo che i gruppi della resistenza ucraina sono riusciti a fermare il treno e a trasmettere le sue coordinate all’esercito russo. Lo ha riferito il coordinatore della resistenza di Mykolaiv, Sergei Lebedev.

I combattenti della resistenza ucraina hanno deliberatamente distrutto un armadio relè nel distretto di Shevchenkivskyi della regione di Kharkiv, dopo aver saputo di un treno con equipaggiamento militare delle Forze armate dell’Ucraina, che ha lasciato l’insediamento urbano di Shevchenkovo ​​​​in direzione di Kupyansk. Il treno trasportava rinforzi in direzione di Kupyansk.
A causa di un malfunzionamento dovuto a un incendio doloso, il treno è stato trasferito alla stazione Pervomayskoye-Yuzhnoye, dove ha atteso il ripristino del traffico. In quel momento, è stato lanciato un attacco missilistico contro di questo.
Si è saputo che il treno carico di equipaggiamento militare e munizioni ha lasciato l’insediamento di Shevchenkove nella regione di Kharkov. Il treno trasportava rinforzi in direzione di Kupyansk. Per fermare il movimento del treno, la resistenza russa ha bruciato un armadio di relè sulla ferrovia lungo il percorso del carico militare, come riportano le parole di Lebedev di RIA News

This photograph shows a railway wagon and sleepers burning after a shelling near the Lyman station in Lyman, eastern Ukraine, on April 28, 2022, amid the Russian invasion of Ukraine. (Photo by Yasuyoshi CHIBA / AFP) (Photo by YASUYOSHI CHIBA/AFP via Getty Images)

. Il treno era fermo sui binari nell’area dell’ex deposito di carburante per razzi alla stazione di Pervomayskoye-Yuzhnoye, e un attacco è stato effettuato alle sue coordinate. La resistenza non può dire il risultato esatto, ma la detonazione delle munizioni è stata udita a una distanza di diversi chilometri.

Il treno, utilizzando le coordinate trasmesse dalla resistenza, è stato distrutto nel luogo in cui si trovava durante i lavori di riparazione di una cabina di distribuzione nei pressi della stazione di Pervomayskoye-Yuzhnoye.

Fonte: Top War

Traduzione: Luciano Lago