Cavaliere di Monferrato. Blog di Claudio Martinotti Doria
Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996
"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis
"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")
"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto." (Dalai Lama)
"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")
"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi
L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)
Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)
Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )
La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria
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Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia
Come valorizzare il Monferrato Storico
…La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.
Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …
JPMorgan ha affermato di aver subito “un danno certo e irreparabile” , esposta a una perdita di quasi mezzo miliardo di dollari, solo per aver rispettato le sanzioni statunitensi.
Sequestro di attivi finanoizari? ? A quel gioco si può giocare in due…
Pochi giorni dopo che Washington ha votato per autorizzare il REPO Act –
aprendo la strada alla confisca da parte dell’amministrazione Biden di
miliardi di beni sovrani russi depositati nelle banche statunitensi –
sembra che Mosca abbia un proprio piano (chiamiamolo REVERSE REPO Act)
come un Il tribunale russo ha ordinato il sequestro di 440 milioni di dollari a JPMorgan .
rdine di sequestro fa seguito all’avvio di
un’azione legale da parte della banca gestita dal Cremlino, VTB, contro
la più grande banca statunitense per recuperare i soldi bloccati sotto
il regime di sanzioni di Washington .
Come riporta il FT, l’ordinanza,
pubblicata mercoledì nel registro del tribunale russo, prende di mira i
fondi presenti nei conti di JPMorgan e le azioni delle sue filiali
russe, secondo la sentenza emessa dal tribunale arbitrale di San
Pietroburgo.
I beni sono stati congelati dalle autorità in seguito alle sanzioni occidentali , il che evidenzia alcune delle ricadute che le aziende occidentali avvertono a causa delle misure punitive contro Mosca.
Nello specifico, il FT rileva che la controversia riguarda 439 milioni di dollari di fondi che VTB deteneva su un conto JPMorgan negli Stati Uniti.
Quando Washington ha imposto sanzioni alla banca
gestita dal Cremlino, JPMorgan ha dovuto spostare i fondi su un conto di
deposito a garanzia separato. Sotto il regime delle sanzioni
statunitensi, né VTB né JPMorgan possono accedere ai fondi.
In risposta, la scorsa settimana VTB ha intentato una causa
contro il gruppo con sede a New York per convincere le autorità russe a
congelare l’importo equivalente in Russia, avvertendo che JPMorgan stava
cercando di lasciare la Russia e si sarebbe rifiutata di pagare
qualsiasi risarcimento.
Il giorno successivo, JPMorgan ha intentato una causa contro
l’istituto di credito russo presso un tribunale statunitense per
impedire il sequestro dei suoi beni, sostenendo che non aveva modo di
recuperare i fondi statunitensi bloccati di VTB per compensare le
proprie potenziali perdite derivanti dalla causa russa.
Nella decisione di ieri si è schierato dalla parte di VTB,
ordinando il sequestro dei fondi sui conti russi di JPMorgan e dei “beni
mobili e immobili”, compresa la sua partecipazione in una filiale
russa.
JPMorgan ha affermato di aver subito “un danno certo e irreparabile” , esposta a una perdita di quasi mezzo miliardo di dollari, solo per aver rispettato le sanzioni statunitensi.
L’ordine è stato l’ultimo esempio di come le banche
americane siano rimaste intrappolate tra le richieste dei regimi di
sanzioni occidentali e gli interessi esteri .
L’estate scorsa, un tribunale russo ha congelato beni di proprietà di
Goldman per un valore di circa 36 milioni di dollari a seguito di una
causa intentata dalla banca statale Otkritie. Pochi mesi dopo la corte
stabilì che la banca d’investimento di Wall Street doveva versare i
fondi a Otkritie.
Gli
americani non ci stanno a perdere la guerra in Ucraina. Sanno benissimo
che la recente iniezione di soldi e di armi servirà solo a prolungare
l’agonia di Zelensky, ma che comunque l’esito della guerra è segnato.
Putin non restituirà mai quello che si è preso, lo ritiene roba sua, ed è
disposto ad usare armi nucleari per difenderlo.
Quindi, cosa resta agli americani per cercare di dargli fastidio?
L’ultima trovata è stata quella di rubargli i capitali russi depositati –
e attualmente congelati - nelle banche americane. La scorsa settimana
il congresso USA ha approvato una legge
che permette al governo di appropriarsi degli oltre 6 miliardi di
dollari russi che sono attualmente congelati nelle banche americane, per
darli agli Ucraini. (Ci sono poi altri 300 miliardi di dollari di
capitali russi depositati – e congelati – nelle banche europee,
soprattutto Francia, Belgio e Germania, che attendono di conoscere la
loro sorte).
La legge approvata dal congresso americano si chiama REPO Act, che
rappresenta un astuto gioco di parole: tecnicamente, le iniziali stanno
per Rebuilding Economic Prosperity and Opportunity (for Ukrainians), ma
il termine americano “repo” è lo slang usato per “repossession”, e si
usa quando la banca ti toglie la casa (o la macchina) perchè non hai
pagato le rate del mutuo.
Si cerca quindi di ammantare di legalità un gesto che di legale non
ha nulla, e che equivale in tutto e per tutto ad un furto di stato.
In USA la legge è passata alla camera con una maggioranza
schiacciante: 360 voti a favore, e 58 contro. Fra le poche voci
contrarie quella di Rand Paul, senatore libertarian, che l’ha definita
“un atto di guerra economica che potrebbe avere conseguenze devastanti
per gli Stati Uniti.”
Anche Dimitri Peskov, portavoce del Cremlino, ha detto
che una mossa del genere “rappresenterebbe la distruzione delle
fondamenta stesse del sistema economico globale”, e che “la Russia
potrebbe ridurre al minimo le relazioni diplomatiche con Washington”.
Se c’è una lezione da trarre da questa situazione, è che gli
americani invocano le leggi e il diritto internazionale solo quando gli
fanno comodo, ma sono pronti a calpestarli tranquillamente – con la
complicità di tutti i media schierati a loro favore – se invece gli
torna comodo ignorarli.
Niente male, per i famosi “esportatori di democrazia”.
Da una parte c’era
l’emergenza Covid, l’esigenza di produrre rapidamente farmaci capaci di
prevenire il ricovero e la necessità di inserire una sostanza che
proteggesse l’RNA messaggero rendendolo riconoscibile per il nostro
organismo. Dall’altra, il fatto che aggiungere tale sostanza potrebbe sopprimere alcune risposte immunitarie e potenzialmente «stimolare la crescita e la metastasi»
di alcuni tipi di cancro già presenti nel ricevente, oltre al fatto che
«prove crescenti» indicano che tali prodotti non inducono «un’immunità
sterilizzante» lasciando le persone «vulnerabili ad infezioni
ricorrenti»: è quanto emerge da una nuova analisi della letteratura già
sottoposta a revisione paritaria che verrà inserita nel primo volume di
maggio dell’International Journal of Biological Macromolecules. Secondo gli autori, una sostanza utilizzata all’interno dei vaccini ad mRNA – tra cui anche in quelli anti-Covid – potrebbe predisporre alcuni pazienti alla progressione del cancro e persino portare a scenari dove i rischi superano i benefici.
Per questo, secondo i ricercatori, sarebbe «urgente condurre ulteriori
ricerche sperimentali» ed evitare «studi clinici che utilizzino vaccini
modificati al 100%» con tale sostanza.
La sostanza in questione si chiama N1-meti-pseudouridina (m1Ψ),
ovvero un composto capace di impedire che l’organismo lo identifichi
come “esterno” e che lo degradi attraverso gli enzimi. Come descritto
dai ricercatori infatti, la pseudouridina a è un’alterazione dell’RNA
ampiamente conosciuta che può essere utilizzata per sostituire l’uridina
– il nucleoside dell’uracile che costituisce uno dei “tasselli” che
compongono l’RNA – evitando la degradazione della nucleasi e inducendo
un’immunogenicità naturale paragonabile a quella a quella sperimentata
durante l’infezione. È stato infatti dimostrato che utilizzare m1Ψ «aumenta la stabilità dell’RNA», lo aiuta ad «evitare le risposte immunitarie innate»
e migliora inoltre l’efficienza traslazionale riducendo «la
citotossicità dell’mRNA modificato somministrato per via intramuscolare o
attraverso la pelle».
Tuttavia, secondo l’analisi – la quale attualmente è disponibile solamente in preview online ma che la redazione de L’Indipendente
ha potuto leggere e analizzare in forma completa – evitare il
rilevamento immunitario dell’mRNA aggiungendo la pseudouridina «potrebbe
indurre una soppressione immunitaria che potrebbe favorire la
riattivazione di infezioni batteriche, virali o fungine quiescienti»,
oltre che a «consentire la moltiplicazione sfrenata delle cellule
tumorali». «Gli ideatori dei vaccini a mRNA contro SARS-CoV-2 hanno enfatizzato solo gli aspetti positivi legati all’aggiunta di m1Ψ»,
aggiungono gli autori, spiegando che i vaccini modificati con
pseudouridina hanno suscitato un’attivazione di citochine prodotte da
cellule dendritiche inferiore rispetto ai prodotti non modificati con
tale composto. In particolare, è stato rilevato che maggiore era la
percentuale di modifica con m1Ψ, minore era la produzione di alcune
classi di interferoni di tipo I (IFN-I), ovvero una particolare classe
di proteine con funzioni immunitarie e regolatorie. Inoltre, secondo
l’analisi esistono ricerche che forniscono «prove indirette che
dimostrano che i vaccini con l’mRNA modificato compromettono la sintesi
di IFN-I e influenzano negativamente la sopravvivenza nel modello» di un particolare tipo di melanoma.
Per quanto riguarda nello specifico i vaccini anti-Covid invece,
anche se l’assunzione di tali prodotti ha indotto «immunità cellulare e
umorale» contro il virus, in alcuni casi questa «è diminuita» a sei mesi
riducendo al contempo alcuni livelli di interferoni di tipo I, «promuovendo così la crescita e le metastasi del cancro».
I prodotti modificati con m1Ψ poi, risulterebbero «un’arma a doppio
taglio» perché, mentre prevengono la degradazione dell’mRNA e la sintesi
della proteina spike, pongono una «sfida maggiore» al il sistema
immunitario nel preparare «un’adeguata azione antitumorale». Infine, a
tutto questo va inoltre aggiunto il fatto che la traduzione dell’mRNA
potrebbe risultare imperfetta e portare alla sintesi di proteine diverse dalla spike, la quale in tutti i casi potrebbe essere prodotta per un tempo più lungo rispetto a quanto previsto (fino a 187 giorni).
Gli autori hanno concluso evidenziando che in alcune ricerche è stato
riscontrato che l’aggiunta della pseudoridina al 100% «ha stimolato la
crescita e la metastasi del cancro», fenomeno quindi tutt’altro che
impossibile e che porta all’esigenza di effettuare «ulteriori ricerche
sperimentali per confermare questi risultati in altri modelli di cancro»
rispetto a quelli già osservati. Inoltre, i ricercatori hanno scritto
che, «fino a quando non sarà dimostrato che i vaccini mRNA non promuovono lo sviluppo del cancro,
non dovrebbero essere condotti studi clinici che utilizzino vaccini
mRNA modificati al 100% con m1Ψ», ovvero modificati in maniera simile ai
vaccini anti-Covid. Infine, le inoculazioni dopo la terza dose
risultano caratterizzate da un «rischio che supera i benefici,
soprattutto per gli anziani e i soggetti immunocompromessi, per cui le
autorità sanitarie dovrebbero rivalutare la reale utilità di continuare a
somministrare richiami».
L’Indipendente ha chiesto inoltre un commento a Giovanni Frajese
– endocrinologo e professore presso l’Università del Foro Italico di
Roma – il quale ha letto integralmente il documento e ha dichiarato: «Si
tratta di una ricerca molto importante che ci mostra quanto poco siano
stati studiati questi prodotti. Viene trattato in particolare l’uso
della pseudouridina che, nonostante abbia fruttato il premio Nobel a
coloro che l’hanno trattata, dall’altra crea problemi che solo adesso si iniziano a comprendere,
tra cui la persistenza della spike nell’organismo e la perdita di
efficacia dell’interferone, fondamentale per le patologie tumorali.
Tutto ciò mi ricorda quando 3 anni fa al Senato lanciai l’allarme
sull’assenza di test su genotossicità e cancerogenicità e adesso si vede
che esistono delle possibili interazioni. Nell’articolo c’è inoltre la
richiesta di non usare basi modificate al 100% in futuro come invece è
stato fatto per quelli che sono stati inoculati fino ad adesso. Si
rimane sbigottiti sia davanti a questa raccomandazione, sia al fatto di non menzionare chiaramente e direttamente che questa sostanza è stata iniettata a miliardi di persone. Emerge un quadro che fa stare tutt’altro che tranquilli».
Un panorama fosco si va profilando per i programmi di egemonia in Asia degli Stati Uniti e dei suoi alleati.
L’Iran
e la Corea del Nord hanno intrapreso una stretta collaborazione tra
loro per rispondere alle provocazioni degli USA e di Israele e per
trovare un percorso di sviluppo di cooperazione che permetta ai due
paesi di sottrarsi alla stretta delle sanzioni occidentali, delle
pressioni e dell’assedio economico. L’Occidente non è mai riuscito a schiacciare entrambi questi paesi – Corea del Nord e Iran – con le sanzioni.
Inoltre!.. Nonostante le sanzioni, entrambi questi paesi non solo non
sono crollati economicamente e politicamente, ma sono anche riusciti a
fare grandi progressi tecnologicamente. In realtà, entrambi i paesi, nel
settore militare, hanno ottenuto l’ipersound, cosa che gli Stati Uniti
ancora non hanno. Almeno secondo Teheran e Pyongyang. Tuttavia, le loro
tecnologie erano già così avanzate 2-3 anni fa da non essere lontani
dall’ipersuono. Pertanto, molti esperti ammettono pienamente che tali
prodotti sono effettivamente a disposizione di Teheran e Pyongyang. Ma
data la natura chiusa di entrambi i paesi, è molto difficile essere
sicuri di qualcosa in ambito tecnologico.
Negli ultimi anni la collaborazione tra i due paesi è iniziata con un intenso intercambio di tecnologie e di armi avanzate.
In
particolare Pyongyang e Teheran non nascondono il loro programma:
l’Iran riceverà missili strategici nordcoreani e la Corea del Nord
riceverà migliaia di droni iraniani, oltre ad altre tecnologie
all’avanguardia. Si è dimostrato ampiamente che le tecnologie di
difesa possono cambiare! Questo produce un effetto di tensione in
occidente e puoi vedere come si rizzano i capelli sulle teste degli
occidentali. Il fatto è che lo sviluppo dei sistemi di difesa in Iran e
Corea del Nord ha seguito percorsi molto asimmetrici. In termini ovvi,
la Corea del Nord ha un satellite e l’Iran ne dispone già di vari. E
ovviamente ci saranno più satelliti. E questo è già un argomento
interessante per la cooperazione: se non per il trasferimento diretto di
tecnologia, almeno per la fornitura di dati di intelligence. Ma questo è
soltanto il primo livello.
La
RPDC ha inviato in Iran una delegazione guidata dal ministro degli
Affari economici esteri Yoon Jong-ho per discutere le relazioni
bilaterali e rafforzare i legami economici. “La Corea del Nord
potrebbe chiedere aiuto all’Iran sulle tecnologie missilistiche a
combustibile solido, come un missile balistico con una testata
ipersonica”, hanno detto gli esperti.
Ma qui, come sempre accade, per una notizia aperta ci sono mille significati nascosti.
Corea del Nord
Un duro colpo per l’egemone mondiale Innanzitutto
la Corea del Sud ha una paura terribile di qualcosa che si è rivelato
estremamente efficace: i droni iraniani. Questi possono essere
abbattuti, ovviamente, ma a quale costo.
I droni iraniani sono
estremamente economici, così tanti possono essere prodotti in soli sei
mesi da sovraccaricare e sfondare qualsiasi sistema di difesa aerea. La
Corea del Sud ha un buon sistema di difesa aerea, ma non è affatto
progettato per sfide di questo tipo.
A rigor di termini, la
questione attuale e tutt’altro che risolta nel mondo in generale è come
contrastare i droni. Esistono sistemi russi alla Pantsir, considerati i
migliori al mondo. Ci sono sviluppi nel campo della guerra elettronica e
anche qui la Russia è all’avanguardia sia nella tecnologia che
nell’esperienza accumulata. La Corea del Sud semplicemente non dispone di una tale gamma di soluzioni.
Creare tutto questo richiede molto tempo ed è molto costoso. Ma è
possibile piazzare droni in stile iraniano quasi nei garage in modo
economico, rapido e in enormi quantità. E quando sfondano le difese,
possono finire il lavoro usando metodi tradizionali: artiglieria, MLRS,
missili.
La situazione per l’Occidente collettivo e i suoi satelliti sta andando fuori controllo.
Lo scambio tecnologico e l’impollinazione incrociata tra Iran e Corea
del Nord è un cigno nero per gli Stati Uniti e la NATO. Semplicemente
non hanno ricette per un caso del genere. E non possono più fermare
questo processo…
Pertanto,
la cooperazione militare attiva tra Iran e RPDC rappresenta una seria
minaccia per l’Occidente collettivo e i suoi satellitise questi continueranno a provocare e assediare Teheran e Pyongyang.
La
stampa americana “spiega” quali direttive ha ricevuto il regime di Kiev
per la fornitura dei missili a lungo raggio dell’ATACMS.
Ricordiamo
che a marzo, come è noto un paio di giorni fa dalla stessa stampa
americana, Biden ha deciso di trasferire in Ucraina circa 100 missili di
questo tipo, alcuni dei quali avevano una cosiddetta testata “singola”.
In precedenza, gli americani avevano trasferito l’ATACMS alle
forze armate ucraine con una gittata non superiore a 140 km ed
esclusivamente con una testata a grappolo. Secondo i media americani, le
forze armate ucraine hanno già utilizzato i missili del nuovo lotto per
colpire Dzhankoy e Berdyansk.
Ora la stampa americana
afferma che l’esercito ucraino “potrà utilizzare i missili ATACMS a
lungo raggio per colpire obiettivi sul territorio ucraino controllato
dalla Russia, in particolare sulla penisola di Crimea”. Stanno cercando di dichiarare che le regioni della Russia, che erano tali prima del 2014 e del 2022, “non si possono colpire”.
L’enfasi
principale nella stampa americana è quello di prevedere che, con
l’aiuto dei missili ATACMS con una gittata fino a 300 km, le truppe
ucraine “potranno privare la Russia delle condizioni per l’uso militare
della Crimea”. In particolare, i generali americani ne parlano
direttamente.
Se
analizziamo tutte queste dichiarazioni e presupponiamo che al regime di
Kiev non sia stato effettivamente concesso il permesso di utilizzare
l’ATACMS di 300 km per attacchi a Belgorod, Kursk, Voronezh, Oryol,
Bryansk, Rostov, Smolensk e altre regioni della Federazione Russa, visto
che si tratta di un’arma in grado di “raggiungere” tali posti, si
scopre che l’obiettivo principale è la Crimea e, in particolare, il
Ponte di Crimea.
Va ricordato che diversi mesi fa è trapelata una registrazione delle
trattative tra alti ufficiali della Bundeswehr su quanti missili Taurus
sarebbero necessari per distruggere il ponte di Crimea. Ma i
tedeschi non danno il Taurus a Zelenskyj, e quindi gli Stati Uniti hanno
deciso che il regime di Kiev potrebbe colpire il ponte senza missili
tedeschi. A questo scopo hanno approvato la consegna di un lotto
di ATACMS con una sola testata. Sono i missili con una gittata fino a
300 km che danno al regime di Kiev l’opportunità di colpire il ponte che
collega la Crimea con il territorio di Krasnodar.
Di
conseguenza, non è necessario essere un meteorologo di altissimo
livello per presumere che il nemico stia preparando attacchi su larga
scala contro obiettivi in Crimea e, prima di tutto, sul ponte sullo
stretto di Kerch.
La Bielorussia ha prescritto assistenza militare alla Russia e ai suoi alleati nella nuova dottrina di sicurezza.eADV
L’Assemblea popolare panbielorussa (VNA) ha approvato la dottrina militare modificata della Repubblica di Bielorussia.
Secondo
il documento pubblicato, d’ora in poi la repubblica ritiene possibile
“fornire assistenza militare agli stati amici <…>, compreso
l’invio di contingenti militari per partecipare ad attività rilevanti
per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”.
La
Bielorussia non ha escluso l’uso di tutti i mezzi del suo arsenale in
caso di aggressione contro gli Stati membri dell’Unione degli Stati, di
cui fa parte, oltre alla Bielorussia, anche la Russia.
La
nuova dottrina conferma anche che la Bielorussia considera
l’aggressione contro uno degli Stati membri della CSTO come
un’aggressione contro tutti i paesi dell’organizzazione.
Lukashenko passa in rivista le sue forze
Il
documento rileva che le azioni della NATO nell’Europa orientale
aumentano la probabilità che la Repubblica di Bielorussia sia coinvolta
in un conflitto armato internazionale.
Nota:
La Bielorussia ospita molte testate atomiche fornite dalla Russia in
difesa della propria sovranità nazionale. Un chiaro avviso a quanti
vogliono il rovesciamento del regime è stato dato dal suo presidente,
Alexander Lukashenko, stretto alleato di Putin. Il conflitto in Europa,
come previsto, si allarga sempre di più.
Dopo
il decreto del regime ucraino con cui si nega ai consolati ucraini di
rilasciare i documenti agli espatriati ucraini in età di leva (fino ai
60 anni), la mossa di Putin spiazza le autorità ucraine. Il
presidente russo Vladimir Putin potrebbe offrire agli uomini ucraini
all’estero, ai quali Kiev ha rifiutato di rilasciare i documenti, di
ottenere un passaporto russo, ha detto l’ex consigliere dell’ufficio di
Zelenskyj Alexey Arestovich*.
“Putin
farà sapere: se l’Ucraina non ti dà il passaporto, allora saremo noi a
fornirti il passaporto russo, in presenza di requisiti.
Dei
10 milioni di ucraini espatriati all’estero, un milione di questi
potrebbe facilmente richiedere un passaporto russo. E Putin ottiene un
super asso nella manica.
Ad esempio, cosa potresti
raccontare delle atrocità nei territori [della nuova Russia], se le
persone venissero volontariamente per ricevere passaporti russi? Ciò
creerà un precedente dal quale non sapremo come uscire”, ha sottolineato
Arestovich.
Nota:
Questo provvedimento eviterà a molti cittadini ucraini la deportazione
forzata verso il fronte per essere utilizzati come carne da cannone
dalla giunta di Kiev che ha disperatamente bisogno di nuovo personale. Il
governo polacco si è già dichiarato disponibile a collaborare per il
rimpatrio obbligatorio dei cittadini ucraini rifugiati nel proprio
paese. Con un passaporto russo in tasca queste persone non potranno più
essere obbligate a rientrare.
di Maria Antonietta Pirrigheddu (attivista del Coordinamento Gallura contro la speculazione eolica e fotovoltaica)
Stavolta il solito ritornello “ce lo chiede l’Europa” può
andare a farsi benedire. L’Europa, infatti, ci chiede l’esatto
contrario. Ma noi siamo italiani, facciamo a modo nostro e i ritornelli
li usiamo quando ci conviene. Soprattutto se si tratta della Sardegna.
Già, la Sardegna, questa terra un tempo meravigliosa che nel
giro di un paio d’anni probabilmente non esisterà più: l’intento è di
trasformarla in un polo industriale, destinato a produrre energia
elettrica da trasportare chissà dove.
Questi sono i programmi per noi, per il nostro sviluppo. E per salvare la terra dal cambiamento climatico. Eh sì,
perché a quanto pare per salvare la terra è necessario smettere di
coltivarla, togliercela e consegnarla alle multinazionali. Così il
pianeta sarà salvo.
Per capire cosa sta accadendo dobbiamo partire dall’inizio, dalla cosiddetta Transizione Energetica.
Ovvero la necessità sacrosanta, che nessuno contesta (beh… qualcosa da
contestare ci sarebbe anche… non vorremo mica credere alla stronzata
della transizione energetica? – nota di conoscenzealconfine),
di smettere di utilizzare combustibili fossili come carbone e metano per
la produzione di energia elettrica e transitare verso “fonti
rinnovabili” come il sole, il vento e l’acqua.
L’Europa si è proposta di arrivare alla totale
decarbonizzazione entro il 2050, passando per vari step. Il primo step
ci attende nel 2030, quando l’Italia dovrà installare sull’intero suolo
nazionale una potenza di 70 Gigawatt per la produzione da fonti
rinnovabili.
Ora, 70 diviso 20 regioni fa 3,5 Gigawatt a testa… Ma siccome
noi sardi siamo notoriamente generosi e avvezzi ad essere colonizzati,
la bozza del decreto nazionale ce ne assegna 6. E questo nonostante produciamo già molta più energia di quanta ne consumiamo.
Però sta succedendo una cosa strana: invece di prepararci ai 6 Gigawatt per il 2030, ci ritroviamo già oggi con quasi 58 Gigawatt pronti da installare. Quasi dieci volte tanto!
Grazie al famigerato decreto Draghi e a causa di delibere
indegne firmate dalla Regione Sardegna negli ultimi anni, sono arrivate
qui come avvoltoi aziende e multinazionali da ogni parte del mondo, per
spartirsi la nostra terra e piazzarvi i loro impianti colossali.
Si è stabilito che i due terzi della nostra Isola possano
essere sventrati, perforati, riempiti di cemento, devastati, depredati. I
due terzi del nostro suolo possono essere sottratti all’agricoltura,
alle aziende agro-pastorali, alle aziende turistiche e agrituristiche,
ai nostri progetti, al nostro futuro, a noi.
Non per darci opportunità ma per toglierci ogni opportunità. Ad oggi le richieste di allaccio sono 809, ma crescono di giorno in giorno. Se
le pratiche presentate andassero in porto, verrebbero impiantate sulla
terraferma 3.000 turbine eoliche alte fino a 240 metri (da sommarsi alle
1.200 già esistenti), altre 1.300 turbine di 320 metri davanti alle
spiagge, visibilissime anche a decine di km di distanza, e quasi 50 km2 di pannelli solari su campi e pascoli. A tutto ciò dobbiamo aggiungere le innumerevoli autorizzazioni già concesse!
Numeri da far accapponare la pelle. Solo per il foto e agrivoltaico, quasi 50.000 nuovi ettari verrebbero sottratti alle nostre attività e ai nostri paesaggi per riempirli di specchi di silicio,
che nel giro di due decenni (o ancor prima se dovesse arrivare qualche
grandinata) si trasformerebbero in sconfinate discariche a cielo aperto.
Eppure l’Europa ci raccomanda di evitare ulteriore consumo di suolo, un bene primario essenziale per contrastare i cambiamenti climatici. Su tutto questo, migliaia di tralicci alti 49 metri con infiniti km di fili sospesi.
Ora immaginatela, questa immensa landa industriale in cui
saremmo costretti a vivere, con il terribile ronzio che ci
accompagnerebbe giorno e notte. Immaginatevi le migliaia di
luci rosse intermittenti che cancellerebbero le nostre notti stellate…
Quelle notti e quel silenzio che fanno della Sardegna una terra
celebrata ovunque, e che noi non avremmo più.
Se tutto ciò dovesse realizzarsi – e sta già accadendo – la
Sardegna sarà irrimediabilmente sconvolta nei suoi panorami unici, nella
biodiversità, nella ricchezza naturale, storica, archeologica,
culturale e identitaria.
A fronte di quali vantaggi? Per noi non è contemplato alcun
risparmio in bolletta né, tanto meno, alcuna compensazione in denaro, ora vietato per legge. Sono previsti solo “interventi di miglioramento ambientale”.
Cioè? Di solito il miglioramento consiste nel ripristino delle strade
distrutte per il trasporto delle enormi pale. Talvolta i progettisti
sono più premurosi, arrivando addirittura a costruire, in cambio dei
territori violentati, graziose siepi oppure altalene e scivoli per
bambini. O noccioleti per la produzione di nutelle. Verremo ripagati anche con “campagne di sensibilizzazione per il cittadino”, per persuaderlo della bontà degli atti speculativi.
D’altronde gli europei di un tempo, quando andavano a colonizzare
l’America latina, si conquistavano la fiducia degli indigeni regalando
collanine e altre cianfrusaglie. Il sistema è identico.
Per loro, invece? Da 900.000 a 1.200.000 euro all’anno per ogni turbina eolica! Cifre anche maggiori per quelle in mare.
Oltre al danno la beffa: una parte di questo milione esce
dalle nostre tasche, perché gli incentivi, magnanimamente concessi dal
Governo italiano, vengono prelevati dalle bollette. In pratica lo Stato
prende i nostri soldi e li dona agli speculatori che sbarcano qui, come
la famosa JP Morgan. Non è fantastico?
Tra 25-30 anni questi impianti saranno già arrivati a fine
vita, salvo incidenti nel frattempo. Chi provvederà allo smaltimento?
Certamente non le ditte installatrici: in molti casi si tratta
di aziende con 10.000 euro di capitale sociale, magari organizzate in un
sistema di scatole cinesi, che falliscono o spariscono presto. Chi
subentra non si sente affatto in dovere di onorare impegni presi da
altri. Perciò i rottami sono tutti nostri e dovremo occuparci
noi di smaltirli. Come? Affrontando spese enormi e andando ad inquinare
altri territori.
Ma i terreni che ospitano gli aerogeneratori non saranno mai
più bonificati, perché il basamento (circa 1.300 metri cubi di
calcestruzzo) non può essere eliminato: verrà lasciato lì, rendendo
sterile il terreno in eterno. È questa l’idea comune di “energia
pulita”.
Ecco perché parliamo di SPECULAZIONE. Loro si
prendono la nostra terra e il nostro futuro e in cambio ci gettano
qualche osso, per tenerci buoni. Spesso, però, manco quello. Le truffe sono all’ordine del giorno, sia ai danni di privati che delle Pubbliche Amministrazioni. Sono
sempre più numerosi i proprietari di terreni che si rivolgono agli
avvocati, prima di firmare i contratti di concessione, perché cominciano
a rendersi conto che è facilissimo cadere in trappola.
Se l’affare non dovesse andare in porto, tuttavia, si può
sempre ricorrere agli espropri. Imprese private che espropriano altre
imprese private: ogni infamia è concessa, in nome della pubblica
utilità.
Sono molti gli amministratori che si oppongono, ricevendone addirittura minacce;
altri invece ricercano il vantaggio personale. L’inerzia della Giunta
Solinas, appena decaduta, ha favorito qualunque tipo di malaffare.
Ci
sono soluzioni al disastro incombente? Certo: basterebbe recepire le
direttive europee. L’energia necessaria al nostro sostentamento, e anche
in sovrappiù, potrebbe essere prodotta dal fotovoltaico sui tetti sia
pubblici che privati, senza ulteriore consumo di suolo; dallo sviluppo
dell’idroelettrico – che stranamente non viene preso in considerazione –
ed eventualmente dal geotermico di bassa profondità.
Si potrebbero potenziare gli impianti eolici già esistenti,
sfruttando le nuove tecnologie ma rispettando l’estensione e le altezze
attuali, senza altro concedere. Redigere piani energetici locali e
concordati con le comunità, che non distruggano l’economia e il tessuto
sociale come invece fanno questi impianti di taglia industriale. Piani che rispettino il territorio e la nostra dignità.
Sono queste le soluzioni suggerite dai 14 Comitati che si sono costituiti per difendere la Sardegna dall’assalto, riunendosi in un Coordinamento regionale. I Comitati chiedono con urgenza una moratoria,
per stoppare almeno momentaneamente i progetti e avere il tempo di fare
scelte migliori, una Legge regionale di recepimento delle direttive UE,
la possibilità di partecipare alla redazione di un piano energetico
regionale.
Si attendono i primi passi della Giunta Todde, che molto ha promesso in campagna elettorale (le promesse sono bravi tutti a farle… un po’ di realismo non guasta…– nota di conoscenzealconfine). Si è già perso troppo tempo. Intanto
gli speculatori avanzano in gran fretta e con arroganza, favoriti da
vent’anni di norme nazionali che facilitano incredibilmente ogni tipo di
autorizzazione, scavalcando le comunità locali.
La nuova Amministrazione Regionale verrà messa immediatamente alla
prova. Alessandra Todde vorrà e sarà capace di tutelare la sua terra,
pur rispettando il fine comune della transizione energetica (…pur
rispettando il fine comune della transizione energetica? Ma perché anche chi scrive non capsisce che questi sono solo pretesti e parole per sedare le pecore? Svegliaaaa!– nota di conoscenzealconfine)? Sarà capace di condurci all’obiettivo senza barattare la Sardegna?
Articolo di Maria Antonietta Pirrigheddu (attivista del Coordinamento Gallura contro la speculazione eolica e fotovoltaica – per contatti: coordinamentogallura.stopeolico@gmail.com)
Mercoledì 24 aprile il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato il provvedimento per il nuovo pacchetto di aiuti all’Ucraina, ponendo fine a mesi di negoziati e dibattiti interni.
Il provvedimento, approvato dal senato Usa martedì sera e del valore totale di 95 miliardi di dollari, comprende quasi 61 miliardi in aiuti all’Ucraina, 26 miliardi per Israele e 8 miliardi per l’Indo-Pacifico. Il pacchetto include anche
un disegno di legge che potrebbe eventualmente portare al bando di
TikTok negli Stati Uniti, dando alla società cinese ByteDance
proprietaria della piattaforma social circa nove mesi di tempo per
venderla, per questioni legate all’utilizzo dei dati degli utenti, che come sappiamo possono essere utilizzati dal governo cinese per la profilazione e per psyops.
La
firma del pacchetto di aiuti arriva dopo mesi di negoziati tesi, di
pressioni personali da parte del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj e
di una spaccatura nei repubblicani della camera, con
l’ala più conservatrice del partito che ha mostrato un’opposizione
intransigente alla possibilità di inviare ulteriori finanziamenti Usa a
Kiev per quella che considerano una guerra impossibile da vincere.
Il Dipartimento della Difesa statunitense ha pubblicato, sempre nella giornata di mercoledì 24 aprile, la lista degli armamenti che saranno forniti all’esercito ucraino, che rappresenta la cinquantaseiesima tranche di
aiuti militari dell’amministrazione Biden che sarà fornita a Kiev dalle
scorte del Dipartimento della Difesa a partire dall’agosto 2021.
Questo nuovo pacchetto di armamenti ha un valore stimato di 1 miliardo di dollari
e include capacità per supportare le richieste più urgenti
dell’Ucraina, tra cui sistemi da difesa aerea, proiettili di
artiglieria, veicoli corazzati e armi anticarro.
Più in dettaglio
saranno forniti missili RIM-7 per il sistema terrestre da difesa aerea
NASAMS, missili aria-aria AIM-9M, MANPADS (Man Portable Air Defence System)
tipo “Stinger”, armi leggere e relativi proiettili compresi quelli
calibro .50 per contrastare i sistemi aerei senza pilota (UAS),
munizionamento per i veicoli lanciarazzi multipli M-142 “HIMARS”,
proiettili d’artiglieria da 155 e 105 millimetri, proiettili da mortaio
da 60 millimetri, AIFV (Armoured Infantry Fighting Vehicle) tipo “Bradley”, veicoli MRAP (Mine Resistant Ambush Protected),
jeep “Humvee” e altri veicoli di supporto, missili anticarro tipo TOW,
Javelin e AT-4, munizionamento aereo di precisione (probabilmente il già
inviato kit JDAMS-ER
per bombe a caduta libera), equipaggiamento di supporto per basi aeree,
mine anticarro, mine antiuomo tipo “Claymore”, cariche da demolizione,
visori notturni e altre parti di ricambio per i mezzi e gli armamenti
già forniti nel corso di questi due anni di conflitto.
È interessante notare la mancanza di ulteriori MBT (Main Battle Tank)
tipo M1A1 “Abrams”, giunti in Ucraina lo scorso autunno in numero
sufficiente per equipaggiare un solo battaglione di carri (31), forse
per via della decisione del Pentagono di non rischiare la cattura di
ulteriore materiale sensibile, oppure perché è stato valutato che il
rapporto costo/efficacia in combattimento non sia stato favorevole, e
l’assenza – per il momento – di sistemi missilistici a lungo raggio
fortemente richiesti da Kiev.
Sappiamo
però che la presidenza Usa nella giornata di martedì 23 aprile ha
informato il Congresso che provvederà a inviare missili ATACMS “di
lungo raggio” all’Ucraina, che non si vedevano sul campo di battaglia
dal primo loro invio avvenuto sul finire della scorsa estate. Non
sappiamo quanti di questi vettori sono stati inviati e quanto saranno
inviati, però stimiamo che la prima tranche sia stata numericamente poco
consistente per valutarne la loro efficacia in combattimento, così come
avvenuto per gli HIMARS, che dapprima sono stati inviati in pochi
esemplari per poi arrivare gradualmente al numero complessivo di 39
mezzi. Sugli ATACMS, sibillinamente indicati solo come “a lungo raggio”,
si possono aprire alcune ipotesi in base a quello che sappiamo di
questi missili: quelli designati M39A1, M48 e M57 (distinti per
tipologia di testata e/o miglioramenti) hanno tutti una gittata di 300
chilometri. Difficilmente saranno della versione M57E1 con testata
singola e miglioramenti al sistema di guida e spolettamento.
Guardando
complessivamente quest’ultimo pacchetto di armamenti, e confrontandolo
con quelli precedenti, osserviamo ancora una volta una generale coerenza del sostegno militare
statunitense all’Ucraina: vengono forniti veicoli corazzati, armi
anticarro, mine di vario tipo, proiettili d’artiglieria e sistemi da
difesa aerea. Semmai, da quest’ultimo punto di vista, si poteva fare
qualcosa di più per aiutare l’Ucraina a sostenere il peso dei
bombardamenti russi effettuati con droni suicidi e missili da crociera,
anche se oggettivamente non sappiamo quanti missili per il sistema
NASAMS e quanti AIM-9 stiano per prendere la via di Kiev. Ovviamente
spicca la presenza di generici “equipaggiamenti di supporto per basi
aeree” in quanto per quest’anno è prevista la consegna dei primi caccia F-16
(ceduti da alcune nazioni europee) all’aeronautica ucraina, e come
abbiamo sempre detto è necessario adeguare gli aeroporti militari
ucraini per poter utilizzare velivoli da combattimento che non sono mai
stati in servizio con le forze aeree di Kiev, oltre che addestrare
piloti ed equipaggi di terra.
La guerra in Ucraina però, più che sulle tipologie di sistemi d’arma, si gioca sui numeri,
e ovviamente per esigenze di segretezza non li conosciamo: all’esercito
ucraino servono centinaia di migliaia di munizioni per la sua
artiglieria (dagli obici ai mortai) e numerosi sistemi da difesa aerea
per cercare di contrastare la superiorità russa, e come abbiamo scritto
in tempi non sospetti, sarebbe meglio concentrarsi sull’invio di sistemi
a corto/medio raggio invece di mandare gli F-16, che arriveranno col
contagocce in un lungo arco di tempo a discapito del loro numero
complessivo (più di 60), quindi con un limitato impatto sul campo di battaglia nel breve periodo.
In ultima analisi, si può affermare che gli Stati Uniti hanno deciso di inviare tipologie di armamenti per prolungare la resistenza ucraina, ma non per imbastire una qualsiasi nuova controffensiva di ampia portata da parte dell’esercito di Kiev.
Il Parlamento Europeo, con 584 voti a favore, 3 contrari e 14 astenuti, ha dato il via libera definitivo alla norma sul diritto alla riparazione dei prodotti. Riparazione che, di fatto, andrà a sostituire la più impattante sostituzione. La direttiva,
da un lato, punta a favorire la riparazione nei due anni di garanzia
legale con opzioni “più facili ed economiche” e, dall’altro, a tutelare i
consumatori anche oltre il periodo di vincolo “per qualsiasi difetto
che possa verificarsi”. In particolare, la riparazione sarà promossa durante e oltre il periodo di garanzia legale di due anni.
I venditori saranno tenuti a offrire la riparazione gratuita entro il
periodo di garanzia legale (tranne quando questa risulti più costosa
della sostituzione), mentre i consumatori dovrebbero ricevere incentivi
per non scegliere la sostituzione entro il periodo di responsabilità.
Per elettrodomestici, display elettronici, apparecchiature di saldatura,
aspirapolvere, server e archiviazione dati, i produttori saranno
obbligati a intervenire per un massimo di 10 anni dall’acquisto, mentre
telefoni cellulari, telefoni cordless e tablet saranno inclusi
nell’elenco una volta adottati i rispettivi requisiti di riparabilità
per la progettazione ecocompatibile.
Nel complesso, però, non verrà alterata la durata della garanzia
legale di 2 anni per evitare che i consumatori siano spinti a sostituire
“ancora di più”, hanno spiegato i legislatori UE. Più nel dettaglio,
nell’arco temporale ‘tutelato’ di due anni dopo l’acquisto, il diritto
alla riparazione prenderà forma con l’obbligo per i
venditori di offrire la possibilità di intervenire su un prodotto
difettoso o usurato, a meno che, come anticipato, la riparazione non
risulti più costosa della sostituzione. Successivamente, scaduta la
garanzia legale, si applicheranno una serie di strumenti per estendere
temporalmente il diritto alla riparazione. Per i prodotti “tecnicamente
riparabili” secondo i requisiti dell’Unione, potrà essere richiesto
l’intervento sia in caso di difetto sia in caso usura.
Inoltre, sarà sviluppato uno standard europeo di qualità di durata e
disponibilità per i servizi di riparazione, nonché previsto l’obbligo
per i produttori di informare i consumatori sui prodotti che sono tenuti
a riparare da soli e una piattaforma di abbinamento online per mettere
in contatto tutti i livelli della catena di valore di prodotti
ricondizionati, con la possibilità di effettuare ricerche per località e standard di qualità.
In ultimo, la direttiva prevede un modulo informativo europeo per le
riparazioni, al fine di rendere trasparenti le condizioni e i prezzi e
per facilitare il confronto tra le offerte. In generale, la norma
stabilisce che le riparazioni dovranno essere effettuate in un arco di
tempo “ragionevole” e che i produttori dovranno essere in grado di
offrire dispositivi sostitutivi in prestito ai consumatori. Al fine di
stimolare la concorrenza, ridurre i costi di riparazione e offrire ai
consumatori una scelta più ampia, sia i riparatori che gli utenti finali
avranno accesso a tutti i pezzi di ricambio, le informazioni e gli
strumenti a un costo calmierato “per tutta la durata di vita di un
prodotto”.
La direttiva è figlia del Patto Verde dell’UE (Green Deal) e punta a
ridurre l’impronta ecologica del Vecchio Continente in termini di emissioni di gas serra e consumo di risorse.
Scartare meno prodotti, infatti, significa generare meno rifiuti e
ricercare meno materiali per produrre nuovi beni, il che si traduce in
un minore impatto ambientale e in un taglio delle emissioni
climalteranti dall’intero processo che va dalla produzione alla vendita.
In numeri, la nuova direttiva UE sul diritto alla riparazione, in un
arco di 15 anni, permetterebbe di risparmiare all’atmosfera ben 18,5
milioni di tonnellate di gas serra, di estrarre dalla Terra 1,8 milioni di tonnellate di risorse in meno
e di ridurre di 3 milioni di tonnellate la produzione di rifiuti. Ci si
aspetta inoltre anche un significativo risparmio economico. Sempre nei
prossimi 15 anni, la spesa complessiva dovrebbe scendere di 15,6
miliardi di euro per venditori e produttori, mentre per i consumatori si
arriverebbe addirittura ad un risparmio di 176,5 miliardi di euro.
Infine, la crescita e gli investimenti nel settore delle riparazioni
aumenteranno di 4,8 miliardi di euro. Una volta che la direttiva sarà
stata formalmente approvata anche dal Consiglio e pubblicata sulla
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, gli Stati membri avranno 24 mesi
di tempo per recepirla nel diritto nazionale.
Questa primavera, circa 90.000
truppe della NATO si stanno addestrando in Europa per una guerra tra
grandi potenze che sperano non abbia mai inizio: uno scontro tra la
Russia e l'Occidente con conseguenze potenzialmente catastrofiche.
Come osserva il New York Times,
le manovre hanno lo scopo di mostrare come potrebbero essere “i primi
passi di un moderno conflitto tra grandi potenze”. Secondo la
pubblicazione, se la NATO e la Russia dovessero entrare in guerra, le
truppe statunitensi e alleate si precipiterebbero prima negli Stati
baltici - Estonia, Lettonia e Lituania - sul fianco orientale della
NATO, per cercare di impedire alle truppe russe di entrare.
Inoltre,
le esercitazioni di primavera della NATO sono le più grandi dai tempi
della Guerra Fredda e sono destinate a far parte di una “grande
dimostrazione di forza” da parte dell'Alleanza del Nord Atlantico, volta
a inviare un chiaro messaggio al Presidente russo Vladimir Putin: le
sue ambizioni non devono estendersi oltre l'Ucraina.
“Queste
esercitazioni stanno cambiando i calcoli dei nostri avversari, questa è
la loro vera forza”, ha dichiarato il generale Darryl Williams,
comandante delle Forze armate statunitensi in Europa. Ha affermato che
Putin “sta guardando e dice: ‘Hmm, credo di doverci pensare due volte’”.
Williams
ha anche notato che quest'anno, per la prima volta, l'esercitazione
individua un avversario specifico, anziché fittizio. “Quest'anno stiamo
effettivamente conducendo un'esercitazione contro i russi. Stiamo
combattendo il nostro potenziale avversario", ha specificato il generale
nordamericano.
Le Olimpiadi di Parigi del 2024 ricordano quelle di Berlino del 1936
Gli Stati Uniti e i loro alleati si sono
arrogati la prerogativa politica di escludere la Russia in un modo che
sarebbe stato inimmaginabile con l'URSS.
Nel
1936 Berlino, in Germania, aveva ospitato i Giochi Olimpici in un clima
caratterizzato da tensioni internazionali. Il partito nazista guidato
da Adolf Hitler aveva preso il potere nel 1933. Berlino si era
aggiudicata la candidatura per ospitare i Giochi alla 29a sessione del
Comitato Olimpico Internazionale il 26 aprile 1931.
Per la prima
volta l’evento sportivo quadriennale era stato diffuso in televisione,
mentre le trasmissioni radiofoniche avevano raggiunto 41 Paesi. La
Germania voleva dimostrare al mondo di essere un Paese moderno, prospero
e democratico. Per l’occasione erano stati eliminati gli slogan
antisemiti, che non riguardavano solo gli Ebrei ma anche gli zingari
(rom), gli slavi, gli africani e gli asiatici.
È facile fare un
paragone con le tensioni internazionali e le ambizioni politiche delle
Olimpiadi del 2024 che si terranno a Parigi dal 26 luglio all’11 agosto.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha cercato personalmente di fare
dell’evento una vetrina per le presunte prodezze nazionali.
L’orchestrazione politica e gli sforzi propagandistici sono simili a
quelli dei Giochi di Berlino del 1936.
Ottantotto anni fa, agli
atleti ebrei tedeschi era stato vietato o impedito di partecipare. La
Lituania era stata espulsa dai Giochi Olimpici a causa della posizione
di Berlino nei confronti della politica antinazista lituana, in
particolare a causa del processo contro Neumann e Sass
a Klaipėda, in Lituania, nel 1934-1935. È ironico che alla Lituania non
fosse stato permesso di partecipare, mentre ora questo piccolo Paese
baltico è diventato una delle nazioni più fasciste d’Europa e
rabbiosamente russofobica. Per le Olimpiadi di Parigi 2024, la Russia e
la Bielorussia sono di fatto bandite dalla partecipazione, sanzionate
per così dire come il nuovo nemico dell’Europa, o forse ancora il
vecchio nemico. Nulla sembra essere cambiato dal 1936.
La Francia
si è calata nel ruolo del regime nazionalsocialista guidato da Adolf
Hitler. Ora, nel 2024, per comprendere appieno la leadership francese
sarebbe necessario analizzare i mass media predominanti e la mentalità
dei politici e delle élite. Ad esempio, quella di Sébastien Chenu,
un politico francese membro dell’Assemblea Nazionale e apertamente gay,
che ha elogiato le armi nucleari francesi, che hanno dato
l’indipendenza alla Francia e ne hanno fatto una superpotenza nucleare al di fuori della NATO.
O quella di Vincent Desportes, un generale della riserva francese, che
fa un ulteriore passo avanti e proclama in un programma televisivo che
il Paese che la Russia teme di più è la Francia. Le capacità nucleari
della Francia potrebbero distruggere la Russia, ha detto. Forse soffre
di un’insicurezza egocentrica nota come Complesso di Napoleone. La
Francia è al centro delle discussioni sulla partecipazione degli atleti
russi ai Giochi Olimpici e sulle sue conseguenze politiche.
Naturalmente, russi e bielorussi saranno autorizzati a partecipare come
individui “neutrali”, ma senza la loro bandiera, e dovranno prendere le
distanze dall’operazione militare speciale, chiamata guerra in
Occidente.
In altre parole, difficilmente i russi o i bielorussi
saranno presenti ai Giochi perché dovrebbero essere etichettati come
neutrali, preferibilmente di genere neutro, ovviamente, seguendo
l’esempio della setta LGBT prevalente in Occidente.
Nel 1936, il
partito nazista era ossessionato dalla nudità e da pompose figure nude.
Ovunque c’erano queste imitazioni kitsch della scultura romana e greca,
ovviamente con un aspetto ariano. Per esaltare le manie di grandezza
della Germania era stato girato anche un film intitolato Olympia,
di Leni Riefenstahl. Ora, nel 2024, c’è una nuova setta fascista
ossessionata dal perfezionismo del corpo, la cosiddetta setta LGBT
(basata sul transumanesimo), che permette ai cosiddetti transgender, che
una volta erano uomini, di partecipare alle competizioni femminili o
viceversa. Questo va contro ogni norma di competizione leale. Dopo
tutto, una donna (trasformata) ha ancora la forza di un uomo, mentre un
uomo (trasformato) probabilmente perderebbe contro un “vero” uomo.
Nell’antichità,
i Giochi Olimpici, disputati per la prima volta a Olimpia, in Grecia,
venivano utilizzati per valutare la forza militare di Stati e Paesi, un
po’ come i “giochi militari” dei tempi moderni. Gli atleti che si
dimostravano avversari pericolosi rappresentavano un Paese forte, mentre
gli atleti deboli rappresentavano uno Stato debole o un Paese
vulnerabile agli attacchi. I risultati fisici negli sport possono essere
un’indicazione della forza di un Paese. Nonostante tutti gli slogan dei
tempi moderni secondo cui i Giochi Olimpici non dovrebbero essere usati
come strumento politico, le cose stanno così e nulla è cambiato
dall’antica Grecia. Ora lo vediamo ripetersi con la contrapposizione tra
Russia e Occidente, in un modo che ricorda la rivalità tra Stati Uniti e
Unione Sovietica durante la Guerra Fredda.
La differenza ora è
che gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali/NATO si sono arrogati
la prerogativa politica di escludere la Russia in un modo che sarebbe
stato inimmaginabile nei confronti dell’Unione Sovietica ai tempi della
Guerra Fredda. La Russia non può più mostrare i suoi punti di forza
sportivi sul “campo di battaglia olimpico”.
I leader francesi
sostengono che gli atleti russi sarebbero disposti a sopportare insulti e
umiliazioni per competere e servire gli interessi globali
dell’Occidente. I leader francesi mentono spudoratamente sul fatto che
la Russia stia cedendo agli interessi occidentali a scapito del
benessere della Russia o che sarebbe troppo debole per rispondere sul
campo di battaglia, adducendo come prova la loro presunta mancanza di
risposta alle provocazioni, come gli attacchi dei missili SCALP francesi in territorio russo. La verità è che la Russia si sta vendicando e sta uccidendo i mercenari francesi dispiegati in Ucraina.
Nel gennaio 2024, la Russia aveva sferrato un attacco di precisione in un’area di dispiegamento temporaneo
di mercenari stranieri vicino a Kharkov. La maggior parte dei militari
uccisi in quell’attacco erano cittadini francesi. L’edificio in cui
erano schierati i mercenari era stato distrutto. Più di 60 soldati erano
stati eliminati e più di 20 feriti erano stati trasportati nelle
strutture mediche.
Con il disgusto di molti francesi, il
personale militare francese è stato reclutato per combattere in Ucraina a
fianco di gruppi come il Battaglione Azov, una formazione paramilitare
apertamente neonazista e totalmente integrata nelle forze armate ucraine
sostenute dalla NATO. I Giochi Olimpici sono quindi un vivido esempio
di come l’evento venga usato per proiettare la propaganda e
l’aggressione della Francia e della NATO verso la Russia.
L’antica tradizione greca dell’ekecheiria
(armistizio) era la pietra angolare dei Giochi Olimpici dell’antichità e
garantiva sicurezza e un ambiente pacifico sia per gli atleti che per
gli spettatori presenti.
Così, oggi, il leader francese Emmanuel
Macron si appella all’antica tradizione e dice di volere una tregua per i
giochi di Parigi. Che assurdità! Macron vorrebbe una tregua mentre
continua a denigrare la Russia con insulse restrizioni ai suoi atleti.
Macron è un altro politico francese che soffre del Complesso di
Napoleone. (Si veda il nostro ultimo editoriale sull’argomento).
Quest’estate
a Parigi saranno anche rafforzate le misure di sicurezza. Ai turisti è
stato comunicato che non potranno assistere gratuitamente alla cerimonia
di apertura lungo la Senna, poiché il governo francese ha
ridimensionato le proprie ambizioni a causa dei continui problemi di
sicurezza. Il 24 marzo 2024, dopo l’attentato in una sala concerti di
Mosca, la Francia aveva portato al massimo il livello di preparazione
alla sicurezza e, come altri Stati della NATO, aveva affermato che
dietro l’attacco c’era lo Stato Islamico. Un’altra bugia. Gli
investigatori russi hanno stabilito che l’Ucraina era stata determinante
nell’attacco che aveva causato la morte oltre 144 persone al Crocus
City Hall, il 22 marzo. L’Occidente, compresa la Francia, aveva risposto
immediatamente, entro un’ora dall’atrocità, affermando categoricamente
che il responsabile era un gruppo islamista, lo Stato Islamico Khorasan
(IS-K).
Altri Paesi della NATO hanno seguito la frenesia della
Francia in materia di sport. Il ministro degli Interni tedesco Nancy
Faeser vorrebbe impedire a tutti gli atleti russi di entrare in Germania
per qualsiasi competizione internazionale. Putin non dovrebbe avere una
piattaforma di propaganda, ha detto.
Il sindaco di Parigi, Anne
Hidalgo, ha detto di sperare che agli atleti russi non sia permesso di
partecipare alle Olimpiadi di Parigi, nemmeno sotto bandiere neutrali, e
ha aggiunto che non saranno i benvenuti alla cerimonia di apertura del
26 luglio.
Al contrario, gli atleti israeliani saranno i benvenuti, ha dichiarato la Hidalgo in un’intervista a Reuters.
Dal
7 ottobre 2023, a Gaza è in corso un genocidio perpetrato dal regime
israeliano sostenuto dall’Occidente. La Corte internazionale di
giustizia ha deliberato che la violenza israeliana è, di fatto, un
“genocidio plausibile”. Ciononostante, per quanto riguarda lo Stato
francese, Israele è accolto a braccia aperte e può partecipare alle
Olimpiadi con tutti i colori nazionali e senza la minima censura. Questa
ipocrisia delle élite europee e americane è atroce e ripugnante.
La
Russia non si lascerà intimidire dall’Occidente. La controparte dei
Giochi Olimpici sono i Giochi dell’Amicizia. Il Presidente russo
Vladimir Putin ha firmato una legge che regola la preparazione e lo
svolgimento dei Giochi mondiali dell’amicizia in Russia. La competizione si terrà a Mosca e a Ekaterinburg nel 2024, con la partecipazione di 5.500 atleti.