di Cesare Sacchetti
Il cielo di Israele si è illuminato di nuovo, ma non erano le luci
dell’Hannukah né quelle per celebrare il nuovo anno che nel calendario
ebraico si festeggiava proprio il 2 ottobre.
Erano i missili di Teheran che sono stati sparati in quantità molto
maggiori della scorsa volta di aprile e che hanno raggiunto differenti
zone del Paese.
Quello avvenuto la notte del 1 ottobre è stato il più grosso attacco
missilistico della storia con almeno 200 missili sparati, larga parte
dei quali è andata a segno e distrutto importanti siti militari
strategici quali la base aerea di Nevatim.
Se ci sintonizza però sui canali del mainstream nelle ultime ore, si
“apprende” che nessuno di questi missili è andato a bersaglio,
nonostante le immagini siano lì a dimostrare il contrario, e si sarà
probabilmente pervasi dalla sensazione di essere tornati indietro nel
tempo, quando Adolf Hitler, l’uomo che strinse un patto di ferro con il movimento sionista nel 1933, era rinchiuso nel suo bunker.
Proprio negli ultimi istanti di vita della Germania Nazista, la radio
ufficiale del regime annunciava il trionfo del Terzo Reich prima che le
truppe dell’armata rossa di Stalin entrassero a Berlino e mettessero a
ferro e fuoco la città.
Gli scenari possono cambiare ma le menti che si trovano a gestire
questa situazione senza precedenti non “ragionano” in maniera molto
differente da quelle dei “grandi” dittatori del secolo scorso, coloro
che diedero vita a quelli che vengono definiti dalla storiografia
liberale “totalitarismi”.
Appare evidente però che la democrazia liberale non differisce molto dalle dinamiche di quei regimi.
La menzogna resta sempre alla base di tutto, soltanto che almeno quei
totalitarismi non avevano la ipocrita pretesa di intestarsi qualche
primato morale a differenza delle liberal-democrazie che invece lo hanno
fatto, nonostante i fatti si siano incaricati di smentirle più volte
clamorosamente, e si ricordi soltanto da ultimo le persecuzioni avvenute
ai tempi della farsa pandemica contro i non vaccinati.
Israele appare affetta da questo stesso male, poiché questo Stato è
fondato sui principi del liberalismo e si fregia del titolo di “unica
democrazia del Medio Oriente”, seppur essa ha stratificato la sua
società in base agli stessi principi nazisti dei privilegi razziali accordati però qui agli ebrei,
mentre i non ebrei e soprattutto i cristiani continuano ad essere
oggetto di discriminazioni e di vere e proprie aggressioni a suon di
sputi come capita frequentemente ai cristiani che vogliono rendere
omaggio ai santi luoghi della missione evangelica di Cristo.
E’ evidente però che nel presente momento storico questo stato nato
nel secolo scorso attraverso i massicci sforzi finanziari della famiglia
Rothschild e degli altri signori della finanza ebraica, si trova di
fronte ad una crisi esistenziale dalla quale non è nemmeno del tutto
certo se ne uscirà ancora indenne e unita.
I media Occidentali non lo diranno mai in quanto affetti dalla
sindrome della dissonanza cognitiva nella quale la realtà va negata ad
ogni costo, anche quando questa sta bussando prepotentemente alle porte
della propaganda per ricordarle che la realtà non può essere annullata
all’infinito dalla bugia.
La fine della supremazia israeliana
Un qualsiasi onesto osservatore non può negare che il secondo attacco
dell’Iran che ha visto andare a segno larga parte dei suoi missili
mette in mostra tutte le fragilità e tutte le bugie sulle quali Israele
aveva fondato la sua esistenza.
Non sono passate nemmeno poche ore dall’invasione israeliana del
Libano che Teheran ha riportato lo stato ebraico a dover fare i conti
con la sua crisi interna.
Il partito del Likud di Netanyahu, del quale si parlerà a breve, ha
nuovamente invaso il Paese dei cedri alla ricerca continua e spasmodica
dell’impero sionista della Grande Israele, nonostante lo stato ebraico
oggi non è evidentemente in grado non solo di conquistare i confini
altrui, ma non è nemmeno in grado di garantire la sicurezza dei suoi.
Il secolo scorso difatti vedeva lo stato ebraico pressoché
intoccabile grazie alla protezione degli Stati Uniti d’America che sono
stati per larga parte del’900 nelle mani dei vari movimenti sionisti che
hanno deciso la politica estera di Washington, ridotta ad enclave di
Israele, e utilizzata come braccio armato per colpire tutti i “nemici”
di Israele, e coloro che volevano e vogliono opporsi all’imperialismo
sionista.
La storia delle guerre degli Stati Uniti non è altro che la storia
delle guerre ordinate da Israele per rovesciare e uccidere quei leader,
quali il colonnello Gheddafi o Saddam Hussein, che sapevano molto bene
che il sionismo non si sarebbe accontentato soltanto di occupare la
Palestina , ma ambiva a costruire il suo impero mediorientale per
seguire le orme della antica Israele biblica.
I “sogni” di gloria si sono però infine infranti con una nuova fase
della storia americana inaugurata dopo la presidenza Trump, nella quale
gli Stati Uniti da braccio armato del mondialismo e del sionismo, sono
passati invece alla dimensione di potenza nazionale, non più interessata
ad essere la longa manus imperiale ed imperialista di quei movimenti e
sette sioniste, quali Chabad, che aspirano alla Grande Israele e che
attendono con ansia il messia ebraico, l’imperatore che il talmudismo
vorrebbe accogliere nel ricostruito tempio di Gerusalemme.
A Tel Aviv, qualcuno non sembra ancora averlo compreso, troppo preso
forse dal proprio delirio di onnipotenza e troppo imbevuto forse di una
dottrina razziale che considera chiunque non sia ebreo come un insetto
da schiacciare, o come un animale su due gambe, come avrebbe detto uno
dei “padri fondatori” ed ex primi ministri di Israele, Menachem Begin,
già capo della fazione terrorista dell’Irgun che ha seminato morte e
terrore negli anni’30 in Palestina e che eseguì, assieme all’Haganah di
Ben Gurion, il massacro del King David Hotel avvenuto nel 1947.
L’Iran non fatto altro che dimostrare al mondo che oggi il re
israeliano è nudo, e per quanto questo provi a gonfiarsi il petto e a
rilasciare roboanti dichiarazioni di vendetta e di persecuzione senza
fine contro Teheran, appare evidente che Israele non è minimamente in
grado di lanciare un contrattacco come quello che l’Iran ha eseguito
senza l’assistenza americana.
L’Iran è divenuta ormai una matura potenza regionale che ha un ruolo imprescindibile negli equilibri del Medio Oriente.
Israele è ancora ferma al punto di partenza del 1948. Senza gli Stati
Uniti, questo stato non è in grado di vincere da solo delle guerre, e
se ci fosse ancora un barlume di ragione in quelle menti malate
abbeveratesi alla fonte avvelenata del sionismo messianico, queste si
fermerebbero prima di mettere a rischio l’esistenza dello stato ebraico e
la sua occupazione della Palestina, ma non c’è ragione, come si vede,
in questi uomini.
C’è solo la sanguinaria volontà di sterminare tutto e tutti e quando
si ha di fronte questo tipo di uomo, egli finisce sempre per essere la
rovina di sé stesso, e così oggi si trovano i leader di Israele.
Sono loro stessi la più grande minaccia all’esistenza in vita di
Israele, e se proseguiranno su tale strada, la definitiva rovina sarà
chiaramente inevitabile.
La conferma dell’intelligence libanese sull’attacco a Netanyahu
Ci sono poi ancora delle incertezze sulle sorti del leader di questo
folle piano che può definirsi a tutti gli effetti l’incarnazione
politica di uno dei famigerati capi “spirituali” di Chabad, il rabbino
Schneerson, ovvero Benjamin Netanyahu.
Lo avevamo lasciato lo scorso sabato vittima di un attacco eseguito dagli Houthi yemeniti
che hanno lanciato due missili contro l’aeroporto di Tel Aviv in
concomitanza del suo ritorno da New York, nella sede delle Nazioni
Unite, apostrofata dal premier israeliano come “palude antisemita”,
poiché nel pensiero sionista, se non si è a favore della volontà di
potenza israeliana ed ebraica, si è automaticamente “antisemiti”.
Nella Grande Mela, Netanyahu aveva anche ordinato l’attacco contro il
leader di Hezbollah, Nasrallah, ma al ritorno il primo ministro ha
ricevuto una inaspettata sorpresa.
Netanyahu che ordina l’attacco a Nasrallah dal suo albergo a New York
L’attacco è confermato e ufficiale, ma secondo quello che ha riportato il canale di informazione del Kuwait, Tolkarem News, i missili sarebbero riusciti proprio a colpire l’aereo del premier, poiché era lui il bersaglio del bombardamento.
I primi sospetti che qualcosa di grave potesse essere avvenuto si
sono avuti quando Netanyahu ha cancellato l’incontro programmato il
sabato con la stampa, di fronte alla quale avrebbe dovuto rispondere
alle domande sui dettagli e sul piano che ha portato all’omicidio del
leader di Hezbollah, Nasrallah.
Invece lo staff del premier si è limitato a mandare un suo video
pre-registrato alquanto breve nel quale non entra troppo nei dettagli
dell’operazione.
Tolkarem News ha riferito inoltre che in realtà Netanyahu dopo
l’attentato sarebbe stato trasportato d’urgenza all’ospedale Sourasky di
Tel Aviv, nel quale sarebbe stato dichiarato “clinicamente morto”,
tenuto in vita quindi soltanto dalle macchine dopo le gravi ferite
ricevute dall’attacco yemenita.
Ad infittire la nebbia del mistero su quanto veramente accaduto al
premier, ci sono messi una serie di brevissimi e singolari video apparsi
sul suo profilo X nei quali il premier non ha nemmeno commentato
l’invasione del Libano, né tantomeno ha fatto un discorso alla nazione
in diretta per parlare di questo momento storico per lo stato ebraico e
dare rassicurazioni sul futuro di Israele ai suoi concittadini.
Nei giorni scorsi, siamo però riusciti ad ottenere una informazione
in esclusiva internazionale che ci ha confermato che la notizia
riportata da Tolkarem News corrisponderebbe effettivamente a verità.
A riferire che l’attacco Houthi è andato a segno, sono state anche
fonti dell’intelligence libanese, secondo le quali il primo ministro
israeliano sarebbe rimasto ferito in seguito ai bombardamenti che hanno
anche danneggiato la struttura aeroportuale.
Che i danni non sono stati di lieve entità lo si capisce dal fatto
che dallo scorso sabato l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv non funziona
regolarmente come dovrebbe e molti voli continuano ad essere dirottati
su Amman, già prima dell’attacco iraniano a dimostrazione che la
struttura deve aver subito qualche grosso danno e diverse piste sono
probabilmente inutilizzabili.
Uno dei numerosi voli che sono stati dirottati negil ultimi giorni da Tel Aviv verso la Giordania
Nulla è stato fatto notare dai media Occidentali al riguardo, che
come ormai i lettori hanno potuto costatare non sono altro che l’ufficio
stampa di Israele, e scrivono soltanto ciò che lo stato ebraico gli
dice di scrivere.
Stesso blackout da parte dei media israeliani ma la cosa qui desta
meno sorpresa, dato che “l’unica democrazia del Medio Oriente” ci tiene a
non far sapere al mondo le umiliazioni subite, e questa sarebbe davvero
forse la più clamorosa di tutte.
Resta però il rebus di questi video pre-registrati che escono sul
profilo X di Netanyahu ma nei quali stranamente il premier israeliano
non smentisce quanto accaduto lo scorso sabato.
Il leader del Likud potrebbe impiegare 5 secondi nel mettere a tacere
queste indiscrezioni eppure, stranamente, non lo fa, così come il suo
gabinetto, compreso il ministro della Difesa, non fa il minimo
riferimento all’incidente dell’aeroporto del 29 settembre.
Se ci soffermiamo poi a guardare con più attenzione questi video sembrano esserci delle irregolarità nel corpo di Netanyahu,
mentre per ciò che riguarda l’ultimo video nel quale il primo ministro
commenta i bombardamenti di Tel Aviv si può vedere come all’inizio e
alla fine del video stesso le persone a fianco di Netanyahu non siano le
stesse.
Le differenze nell’ultimo video di Netanyahu
All’inizio infatti ci sono alla sua sinistra Barnea, capo del Mossad,
e alla sua destra un alto militare, mentre alla fine ci sono due
personaggi completamente diversi.
Si tratta con ogni probabilità di un montaggio di due immagini registrate in diversi momenti e non affatto recenti.
La fonte vicina all’intelligence libanese quando si è soffermata a commentare questi video è stata alquanto perentoria.
“Il Mossad ha decine e decine di video pronti da trasmettere all’occorrenza”.
Ciò vuol dire che l’intelligence israeliana ha già pronti nel
cassetto diversi filmati, alcuni fatti tramite l’intelligenza
artificiale, da diffondere sui social a seconda dei diversi scenari che
sono stati presi in considerazione prima, e che possono aiutare in caso
di determinate crisi – quale, ad esempio, una temporanea o definitiva
inoperatività del primo ministro – a ritardare l’annuncio di certe
situazioni critiche e a consentire al governo, ai partiti, e alle forze
armate di trovare intanto delle soluzioni in attesa di un annuncio che,
se tale scenario dovesse effettivamente corrispondere al vero, dovrà
essere prima o poi fatto, soltanto non associandolo a quanto avvenuto lo
scorso sabato dopo l’attacco degli Houthi per provare a salvare la
faccia di Israele.
La tempistica dell’attacco iraniano alla luce di queste informazioni
diventa ancora più interessante poiché probabilmente a Teheran sanno
cos’è accaduto lo scorso sabato e hanno deciso di colpire nel momento di
massima fragilità governativa di Israele.
Non è chiaro comunque come l’intelligence e gli altri membri
dell’esecutivo pensino di uscire da questa potenziale situazione di
crisi, che probabilmente è già nota alle forze dell’opposizione della
sinistra progressista israeliana più vicina a Soros che ai gruppi come
Chabad.
Mentre ancora non c’è certezza sulle condizioni di Netanyahu, in
Israele si manifestano delle situazioni che lasciano pensare che
nell’aria ci siano già i prodromi di una possibile guerra civile.
A Tel Aviv si sono verificate due sparatorie nel giro di 24 ore
avvenute in centri commerciali che hanno portato complessivamente a più
di 10 morti.
Non sono noti, ad oggi, i nomi dei mandanti, ma intanto appare certo
che gli esecutori per arrivare nella capitale israeliana devono aver
probabilmente avuto qualche sponda dall’interno, senza la quale è
pressoché impossibile riuscire ad entrare nel territorio israeliano con
armi da guerra.
Non è da escludersi che queste sparatorie possano essere il risultato
di qualche dissenso interno allo stato ebraico, soprattutto se si
considera che l’anima messianica del sionismo di Likud fa sempre più
fatica a convivere con quella progressista e secolare di partiti come lo
Yesh Atid e Unità Nazionale.
Ieri poi si è verificato un altro strano fatto.
La Reuters aveva diffuso in un primo momento la notizia che l’ambasciatore israeliano a Cipro era stato rapito
per poi smentire subito dopo, senza però spiegare effettivamente cosa
possa essere accaduto per far scrivere che il massimo dignitario
israeliano a Cipro fosse stato prelevato da ignoti rapitori.
Sotto la cenere dello stato ebraico, sembra scorrere la lava della guerra civile.
Ci sembra difficile che i media per quanti sforzi facciano riusciranno a nascondere la prossima eruzione.
Resta comunque una certezza. Il 1 ottobre può considerarsi la data ufficiale della morte del secolo ebraico.