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"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Lavrov: questa ONU non rappresenta più il mondo e invita a collaborare con la Russia per la creazione di un'ONU più giusta ed equamente rappresentativa

 

https://luogocomune.net/geopolitica/lavrov-questa-onu-non-rappresenta-pi%C3%B9-il-mondo

di B17tv


Il 24 settembre scorso, il ministro degli Esteri della Federazione Russa, Sergej Lavrov, ha preso la parola durante la 79ª sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Quest'assemblea rappresenta l'organo politico principale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, comprendente tutti gli Stati membri, e funge da forum esclusivo per il dibattito multilaterale su una vasta gamma di questioni internazionali, come delineato nella Carta delle Nazioni Unite.

Nel suo intervento, Lavrov ha formulato una critica incisiva nei confronti dell'operato e della composizione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU negli ultimi trent'anni.

Il ministro Russo ha elencato diverse iniziative unilaterali intraprese dai paesi membri del Consiglio, senza aver mai ricevuto alcun mandato da parte dell'ONU. Queste azioni, in contraddizione con la Carta Costitutiva delle Nazioni Unite, hanno portato non solo all'implementazione di politiche neo-coloniali e monopolistiche atte a consolidare l'egemonia globale delle élite che rappresentano tali poteri, ma hanno anche compromesso il funzionamento e la credibilità stessa dell'ONU da parte dei loro rappresentanti nel Consiglio di Sicurezza.

Anche la presidenza delle Nazioni Unite ha ricevuto critiche da parte del rappresentante russo, il quale ha sottolineato la necessità di una maggiore responsabilità in relazione agli eventi globali, rimproverando l'istituzione di utilizzare un linguaggio fuorviante e di non esercitare un controllo adeguato, trasformando così l'ente in uno strumento legale per giustificare le azioni di una ristretta élite mondiale.

Il suo intervento ha messo in evidenza le responsabilità di queste potenze riguardo agli sviluppi in Medio Oriente, nell'Europa orientale, nel Nord Africa e nel Sud Est asiatico negli ultimi decenni, evidenziando come gli Stati occidentali membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU abbiano, in effetti, creato, sostenuto e alimentato il terrorismo, le guerre regionali, i colpi di stato e la destabilizzazione del mondo, tutto ciò per il solo fine di mantenere un vantaggio strategico sulle altre Nazioni.

Alla conclusione del suo intervento Lavrov ha quindi sollecitato una riforma significativa del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, rinnovando il sostegno alle candidature per l'ingresso nel consiglio dei paesi del Sud e dell'Est del mondo, inclusi India e Brasile, invitando tutti gli altri a collaborare con la Russia per la creazione di un'ONU più giusta, che tenga conto dei cambiamenti globali in corso e che ponga fine all'egemonia delle potenze occidentali, questo per restituire all'ONU il ruolo sancito nella sua carta costitutiva.


Fonte: Lavrov: Questa Onu Non Rappresenta Più Il Mondo

A causare la crisi bellica in Medio Oriente è l’abbandono del petrodollaro, intollerabile per gli USA e per il loro complice Israele, ormai scheggia impazzita

Petrodollaro e la scheggia impazzita Israele: il Medio Oriente sull'orlo dell'abisso?


https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-petrodollaro_e_la_scheggia_impazzita_israele_il_medio_oriente_sullorlo_dellabisso/29296_57005/

 

Per tutta la seconda metà del novecento e per questo scorcio di inizio millennio ci siamo illusi come europei di essere il centro del mondo, il faro della civiltà ed un insostituibile pilastro del sistema-mondo. La Verità vera è che l'Europa, ormai da decenni non è più il centro del mondo e neanche il centro dell'Impero Occidentale a guida statunitense. Ad essere precisi bisognerebbe dire che ormai dell'Impero Occidentale l'Europa sta scivolando sempre più verso la marginalità strategica ed economica. Non pare azzardato dire che il centro nevralgico dalla suprema importanza strategica ed economica per la sopravvivenza dell'Impero Occidentale sta diventando sempre più il Medio Oriente. Naturalmente questo è dovuto all'evidente fatto che la forza dell'Impero Occidentale si basa sostanzialmente su un sistema monetario e finanziario dominato dal Dollaro statunitense e che, a sua volta, non può esserci dominio del Dollaro senza il petrodollaro, ovvero quel peculiare meccanismo per il quale il Regno Saudita si impegna a farsi pagare il proprio petrolio in dollari americani e ad investire negli Stati Uniti i dollari in eccedenza e dove, in contraccambio, Washington s'impegna a difendere con ogni mezzo diplomatico e militare necessario il Trono dei Saud.

Da almeno un decennio il meccanismo del petrodollaro è entrato sostanzialmente in crisi, un po' a causa del fatto che il debito estero americano è sempre più insostenibile esponendo così ad un forte rischio di insolvenza l'enorme quantità di risorse finanziarie saudite (e delle altre petromonarchie del golfo) investite negli Stati Uniti, un po' perché Washington utilizza sempre più il dollaro come un arma contro i propri nemici geopolitici. Basti pensare, al riguardo, al congelamento dei beni russi investiti negli USA; i principi sauditi  hanno certamente notato che se gli USA non hanno esitato a congelare i beni della potenza nucleare Russia, se sarà ritenuto necessario non esiteranno a congelare anche gli asset di proprietà saudita.

E' in questo contesto che è maturata la scelta del principe saudita reggente Mohammed bin Salman di cercare alternative al dollaro, trovando immediatamente sponda nella Cina Popolare che sarebbe ben felice di sostituire gli USA nel ruolo di “garante” dei sauditi anche in considerazione del fatto che il petrolio del Golfo è fondamentale per sostenere la produzione industriale cinese e i consumi crescenti di una popolazione sterminata. 

Con la firma dell'accordo tra il presidente cinese Xi e il Principe bin Salman che ha posto le basi per il varo del petroyuan a Washington non poteva non scattare l'allarme rosso e con esso la volontà di scatenare l'estrema risorsa della politica estera americana in Medio Oriente: Israele, ovvero quello Stato alleato di ferro degli USA che funge da “mastino della guerra” quando Washington glielo chiede ottenendo in cambio sostegno incondizionato e flussi finanziari, tecnologici e di armi in quantità inimmaginabili per qualunque altro alleato degli USA.

Solo degli sprovveduti possono credere alla favola della cosiddetta Lobby Ebraica che controllerebbe la politica USA, quando in realtà quantomeno vi è un “equo scambio” tra le due parti; Washington garantisce sostegno incondizionato a Tel Aviv e in cambio quest'ultimo funge da implacabile guardiano degli interessi americani in questa vitale area per gli interessi americani.

Come tutti sappiamo a far esplodere la guerra in Medio Oriente sono stati gli attentati terroristici del 7 Ottobre dello scorso anno quando furono uccisi centinaia di israeliani da dei commandos di Hamas riusciti a penetrare dalla Striscia di Gaza in Israele come una lama nel burro. Non vogliamo fare del complottismo ma nessuno può negare che è quantomeno sospetto che degli improbabili commandos terroristici riescano a superare la “barriera elettronica e militare” israeliana senza essere visti; allo stesso tempo non possiamo non notare che l'attentato è avvenuto in un momento “particolarmente giusto” da consentire ad Israele di scatenare una serie di rappresaglie utili per difendere gli interessi vitali americani messi in estremo pericolo.

Da allora è stato un continuo bagno di sangue privo di qualunque logica se l'obbiettivo fosse stato realmente quello di garantire la sicurezza di Israele. Prima la feroce invasione di Gaza con il suo portato di decine di migliaia di morti palestinesi, tra i quali almeno quindicimila bambini. Poi l'incredibile provocazione del bombardamento del Consolato iraniano a Damasco che ha causato la morte di alti esponenti siriani e iraniani. Un evento questo che ha spinto l'Iran a sua volta a realizzare una rappresaglia condotta con un attacco missilistico contro Israele.

Ma nonostante l'importante avvertimento iraniano il governo di Tel Aviv non ha smesso di porre in essere provocazioni sempre più gravi, come l'assassinio del leader politico di Hamas Ismail Haniyeh avvenuto a Teheran questa estate o i continui e violentissimi bombardamenti che ormai da un mese martoriano il Libano e la sua capitale nella speranza di disarticolare Hezbollah, il partito filoiraniano presente nel paese. E' proprio durante uno di questi bombardamenti violentissimi che è stato ucciso il leader di Hezbollah Nasrallah che - a detta del Ministro degli Esteri libanese Abdallah Bou Habib - aveva appena accettato un cessate il fuoco con Israele. Segno chiarissimo quest'ultimo, che non vi è da parte di Tel Aviv alcuna volontà di porre fine né alle provocazioni. Netanyahu con la sua condotta sembra stia ponendo i paesi dell'area di fronte alla scelta di doversi sottomettere o di intraprendere una guerra mortale contro Israele e gli USA che non esiteranno a intervenire in sua difesa.

A simboleggiare quanto sia grave la situazione Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, e Kuwait hanno annunciato la loro neutralità in un eventuale conflitto con l'Iran e che non concederanno le basi agli USA per attaccarlo. Come si può capire un tentativo estremo di chiamarsi fuori da una guerra di vasta portata sempre più probabile e che rischia di congiungersi con quella Ucraina a causa del fatto che la Russia è stretta alleata di Teheran.

Impiegata USA condannata a 9 anni di prigione per aver conservato i registri sulle macchine Dominion prima che potessero cancellare le prove dei brogli elettorali

 

La demokrazia amerikana

Tina Peters, impiegata della contea di Mesa, Colorado, è stata condannata a 9 anni di prigione da un giudice Dem per aver conservato i registri sulle macchine per il voto Dominion prima che potessero cancellare tutto e nascondere le prove dei brogli.

giudice Judge Barrett condanna la solerte impiegata 69enne Tina Peters a 9 ANNI per il suo ruolo nell’archiviare i file di Dominion Voting Machine prima che potessero essere ELIMINATI. Questa è follia orwelliana.”

https://twitter.com/ChanceGardiner/status/1841940057751429416

un informatore dell’FBI si è fatto avanti e ha affermato che l’FBI intende inviare agenti in borghese nei seggi elettorali della contea di Maricopa, in Arizona? Il motivo è monitorare gli ELETTORI DI TRUMP. Un informatore che ha partecipato a un briefing sulla sicurezza ha lanciato l’allarme che si tratta di una potenziale interferenza dell’FBI nelle prossime elezioni, il che ha spinto il deputato Alexander Kolodin a inviare la lettera qui sotto.
@realAlexKolodin

Questa situazione sta diventando sempre più folle di giorno in giorno. Persone lasciate per morte, persone intimidite. Siamo diventati davvero una repubblica delle banane.

Nonostante la censura militare israeliana si è saputo che le frequenti imboscate degli Hezbollah mietono molte vittime tra i soldati dell'IDF


Grave imboscata nel Libano meridionale; esplosione mortale uccide le forze israeliane

Combattenti di Hezbollah, impegnati nella difesa contro un’incursione israeliana nella città di Odeissah, affrontano le forze di terra israeliane in uno scontro a fuoco durante la notte.

Dopo che sabato mattina sono emerse le notizie di un “grave incidente di sicurezza” nella zona di al-Jalil, la Resistenza islamica in Libano – Hezbollah ha rivelato che si era trattato di un’imboscata su larga scala nei pressi del confine tra Libano e Palestina.

Nonostante la censura militare israeliana abbia imposto rigide restrizioni alle informazioni nelle zone di combattimento, i media israeliani hanno segnalato pesanti scontri a fuoco e l’impiego di elicotteri d’attacco nei pressi dell’insediamento urbano di Kiryat Shmona.

Gli sviluppi sono stati oscurati dalle poche informazioni consentite dalla legge israeliana; tuttavia, le dichiarazioni rilasciate dall’Unità mediatica militare della Resistenza hanno rivelato che i combattenti di Hezbollah si erano scontrati con le forze di terra israeliane fino a notte fonda.

Alle 23:00 (ora locale) di venerdì, i combattenti di Hezbollah hanno monitorato una forza di terra israeliana, che stava tentando un’incursione nella città di confine di Odeissah. La forza è stata colta in un’imboscata e successivamente sono scoppiati scontri armati nella zona, che ha visto intensi combattimenti negli ultimi giorni.

Giovedì Odeissah ha assistito anche all’uccisione di almeno nove ufficiali e soldati israeliani dell’unità Egoz della 98a divisione e dell’unità Yahalom.
In questa tornata di scontri, i combattenti della resistenza di Hezbollah si sono scontrate con le forze d’invasione e, in seguito allo scontro a fuoco, si è verificata una massiccia esplosione tra le truppe israeliane, uccidendo e ferendo molte persone, mentre i sopravvissuti sono stati costretti a ritirarsi.

Successivamente, all’alba di sabato alle ore 1:50 di Odeissah, la Resistenza ha dovuto affrontare una nuova incursione nella città, dove sono in corso delle battaglie, come spiegato in una dichiarazione rilasciata dall’Unità stampa militare.

Nelle vicinanze dell’insediamento di Yuval, un gruppo di truppe israeliane è stato colpito da un attacco missilistico lanciato dalla Resistenza. Le sirene hanno suonato nell’insediamento alle 02:13 di venerdì.

I combattenti di Hezbollah hanno bombardato anche un raggruppamento di forze di occupazione israeliane nell’insediamento di Kfar Giladi, situato anch’esso sulla punta della striscia di terra di al-Jalil, di fronte alle città libanesi di Kfar Kila e Odeissah.

Sull’Asse occidentale degli scontri, un raggruppamento di truppe di occupazione israeliane a Khilat Abir, alla periferia della città di confine di Yaroun, è stato colpito da una salva di razzi alle 2:20 del mattino.

Questi annunci arrivano dopo che un ufficiale di Hezbollah ha fornito un aggiornamento sul campo circa gli eventi di venerdì, rivelando che le imboscate sull’Asse occidentale avevano ucciso e ferito più di 20 soldati scelti israeliani; tuttavia, l’informazione è stata nascosta dalla censura militare israeliana.

Fonte: Al Mayadeen
Traduzione: Fadi Haddad

La UE è in fase di disgregazione e di decomposizione. Analisi dei motivi che risalgono fin alle origini

 

La disgregazione della UE

di Vincenzo Costa - 05/10/2024

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/la-disgregazione-della-ue

La disgregazione della UE

Fonte: Vincenzo Costa

Giustamente occupati a guardare l'apocalisse possibile che incombe su di noi non stiamo prestando forse attenzione a un elemento decisivo: il processo di disgregazione della UE.
Al di là della retorica, sta emergendo una realtà e un dinamismo sempre più chiaro, che chi dirige questo paese farebbe bene a tenere presente per non trovarsi con il cerino in mano.
La UE è in fase di disgregazione e di decomposizione. Non che sia un processo inesorabile, perché nella storia niente lo è, ma per modificare le cose bisognerebbe invertire molte direzioni, e che questo accada è possibile ma non probabile. Ma perché siamo in fase di disgregazione della UE?
1) Impercettibilmente, l’asse della direzione della UE si è spostata ad Est, le principali cariche istituzionali (compresa la politica estera in un momento decisivo) sono assegnate a paesi dell’est, i cui interessi, la cui cultura e la cui immagine della storia e della politica è molto diversa da quella dell’Europa occidentale.
Sono popoli che mirano da sempre alla distruzione della Russia, della sua cultura, della sua lingua.
Per loro è l’occasione per trascinare tutta l’Europa in una guerra contro la Russia, e stanno esplicitamente cercando di farlo.
2) I paesi dell’Europa occidentale subiscono questo spostamento, con tutta probabilità imposto dagli USA, di cui i paesi dell’Europa dell’Est sono i vassalli fedelissimi.
Ma i mugugni sono sempre più frequenti, tanto più che la Commissione della baronessa von der Leyen continua a inviare fiume di denaro in Ucraina e nei paesi dell’est mentre in Europa occidentale (non solo in Italia, ma anche in Francia, Germania) ci viene detto che “sono necessari sacrifici”. Fiumi di denaro non solo verso l’Ucraina, ma verso tutti i paesi dell’europa dell’est.
La Polonia ha da ora il terzo esercito più potente della NATO, una proporzione del PIL enorme investito in spesa militare. Molti di questi soldi vengono dalla UE, usati per acquistare armamenti USA, e quindi dall’Europa e dalle nostre tasche finiscono direttamente nelle industrie belliche statunitensi.
Non c’è da meravigliarsi che anche i più fanatici in Europa occidentale iniziino a farsi qualche domanda su Ursula: abbiamo un capo di commissione europe che rappresenta interessi di potenze non europee, che testimonia la non sovranità della UE attuale.
3) Polonia e Ucraina sono ai ferri corti tra loro, ma proprio allo scontro, ai dispetti, dopo che i polacchi hanno chiesto che venga riconosciuto l’eccidio ucraino di cittadini e soldati polacchi in Volinia (e anche in Galizia): gli ucraini, sempre più identificati con il nazismo e con la storia dell’ucraina nazista, non ne vogliono sentire parlare, mentre i polacchi, anche quando sono tradizionalisti, il nazismo non lo tollerano proprio per ragione storiche comprensibili.
Di fatto, allo stato attuale le cose stanno bloccate, per non parlare del fatto che è in atto uno scontro sull’agricoltura, dato che i prodotti ucraini danneggiano quelli polacchi.
4) Lo scontro tedesco-polacco è oramai stellare: i tedeschi (proprio il popolo tedesco, e lo si è visto nelle recenti elezioni) dopo avere saputo dalla loro stesse autorità che a far saltare Nord stream sono stati gli ucraini con l’assistenza operativa della Polonia sono stufi. La risposta di Tusk, il grande europeista, è stata piccata: si dovrebbero vergognare i tedeschi di avere un gasdotto con la Russia, non chi lo ha fatto saltare.
L’inimmaginabile è accaduto. Ai tedeschi inizia a divenire chiaro che si sta mirando alla loro distruzione. L’AfD, come anche il partito di destra in Austria, non c’entrano niente con il nazismo (se qualcuno pensa queste scemenze si informi, legga, ascolti i tg tedeschi e austriaci e le dichiarazioni): esprimono, oggi, ostilità a una guerra che percepiscono come diretta non solo contro la Russia ma contro la loro economia.
Di fatto, Scholz ha capito il vento, e cerca di bypassare la Commissione europea e gli altri paesi UE e di cercare una propria via di comunicazione con la Russia, come anche la repubblica slovacca e l’Ungheria. Quindi, un’Europa che si spacca, tenuta insieme solo dalle dichiarazioni di facciata.
5) La Norvegia ha deciso di modificare il contratto con la Germania per la fornitura di idrogeno blu, mostrando che oramai ognuno va per la sua strada. Idrogeno blu significa possibilità di decarbonizzare. Ora gas dalla russia no, idrogeno blu no, sembra che l’economia tedesca sia destinata a crollare.
6) il crollo della Germania inciderà sull’industria del nord italia, e questo lo vedremo nei prossimi anni. Alla retorica europeista si è sostituita quella di quei poveretti di FdI che sono solo capaci di fare spot: pensare e capire non è per loro.
7) L’Italia della Meloni è uno dei punti di attacco alla sovranità europea da parte dei grandi gruppi finanziari americani.
Oltre ad avere svenduto quel resto di sovranità industriale reale e finanziari ai grandi gruppi di blackrock, l’italia si presta, attraverso le sue banche, a operazioni aggressive attraverso cui il capitale finanziario americano mira a dominare e sterminare quello europeo, per esempio con le operazioni verso Commerzbank che Scholz vede come fumo negli occhi.
Sotto le dichiarazioni di facciata l'unità l’Europa si sta disgregando. Il crollo avverrà in maniera rapida, una questione di tempo. Il famoso passaggio dalla quantità alla qualità.
Se ci si arriva, se non saltiamo in aria prima, quando si tratterà di ricostruire l’Ucraina, con quali soldi lo si farà?
Li mandiamo noi mentre le nostre scuole, ponti crollano? Costruiamo ospedali in Ucraina mentre chiudiamo i nostri?
E la Francia è messa peggio.
Per il resto, il grafico sotto mostra un trend chiarissimo: l’Europa sta uscendo dalla storia e non è più una potenza competitiva, questa guerra sta distruggendo del tutto il suo sistema economico. In poco tempo saremo marginali, poveri, costretti a mettere in discussione quel poco di stato sociale rimasto. Poi per noi, tra poco dovremo iniziare a pagare i famosi prestiti del PNRR.
Si diano pace i vecchi che hanno costruito male, senza criterio, in maniera ideologica, senza capacità progettuale. Quello che hanno costruito non solo crollerà, ma sta già crollando, non per l’attacco dei sovranari o di potenze ostile: ma perché hanno costruito senza criterio.

Lo stato ebraico sin dai suoi esordi si è sempre imposto ricorrendo alla strategia del terrore come deterrenza, spesso sproporzionata e pericolosa

 

Escalation harakiri

di Enrico Tomaselli - 05/10/2024

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/escalation-harakiri

Escalation harakiri

Fonte: Giubbe rosse

Sin dai suoi esordi, lo stato di Israele ha sviluppato un principio strategico sul quale ha sostanzialmente fondato se stesso: il solo modo per sopravvivere in una terra rubata, circondata dalle genti a cui era stata sottratta, è imporsi col terrore.
A questo principio si è sempre ispirato lo stato ebraico, ma nel corso delle guerre contro i paesi arabi vicini è divenuto una vera e propria strategia militare - e quindi anche politica. L’applicazione operativa di questa strategia del terrore, formulata come vera e propria dottrina di guerra, è stata l’annichilimento del nemico, attraverso l’applicazione di una violenza spropositata ogni qualvolta questi manifestava intenzioni ostili. Ovviamente, una siffatta dottrina strategica non poteva che intrecciarsi - in un reciproco alimentarsi - con il suprematismo religioso e pseudo-razziale del sionismo. Considerare gli arabi come “animali umani” (quali li definiva ancora un anno fa il moderato ministro della difesa Gallant) rendeva infatti possibile cancellare qualsiasi remora morale.
Quello che non avevano previsto, coloro che immaginarono e formalizzarono questa particolare idea di guerra senza limiti, è che seppure prevedesse appunto la cancellazione di ogni limite etico e morale (oltre naturalmente quelli previsti dal diritto internazionale), essa invece ne conteneva in sé uno insuperabile, che avrebbe condotto prima o poi all’autodistruzione.
Il presupposto indispensabile, affinché questa dottrina risultasse eternamente valida, era infatti che i nemici dello stato ebraico fossero sempre - militarmente - in una condizione di inferiorità. Solo così essa poteva funzionare. Instillare nel nemico la certezza che qualsiasi tentativo di modificare i rapporti di forza sarebbe stato schiacciato, richiedeva che il nemico interiorizzasse la certezza di questa reazione violenta.
La deterrenza strategica israeliana, in effetti, non si è basata semplicemente sulla superiorità militare (del resto in buona misura dipendente dal supporto esterno degli Stati Uniti), quanto dalla misura in cui questa veniva esercitata. La deterrenza di Israele, insomma, è sempre stata fuori misura, decuplicata. Se mi dai una spintarella, ti sparo; se mi spari, faccio esplodere la tua casa con tutta la tua famiglia all’interno.
Tutto ciò ha funzionato per circa settant’anni.
Ma, ad un certo punto, sono accadute due o tre cose.
Innanzi tutto, la Resistenza palestinese - storicamente laica - ha virato verso una sempre maggiore influenza religiosa: il jihad, l’idea del martirio, hanno fornito non soltanto una motivazione ancora più forte, ma anche la capacità di accettare un costo maggiore, persino estremo, ed accoglierlo come un dono.
D’altro canto, non solo la lunghissima negazione di ogni diritto per la popolazione palestinese, ma anche la spropositata violenza con cui è sempra stata trattata, ad un certo punto sono traboccate, superando la soglia dell’umana sopportazione.
E, infine, l’apparire sulla scena dell’attore politico iraniano (e l’azione di costruzione dell’Asse della Resistenza, soprattutto ad opera del generale Soleimani) hanno cambiato i termini dell’equazione.
Il 7 ottobre 2003, l’operazione Al Aqsa Flood dimostra che i palestinesi, nonostante la soverchiante potenza militare israeliana, non hanno più alcun timore di sfidarla apertamente (il che ovviamente significa che la deterrenza ha perso il suo potere; e per ristabilirlo, la reazione deve essere immensamente sproporzionata). Con le due operazioni True Promise, poi, l’Iran non ha semplicemente sfidato la potenza militare israeliana, ma ha dimostrato che ormai questa è in buona misura una tigre di carta, e che la sua supremazia è in effetti ormai un ricordo del passato.
La combinazione di questi fattori ha determinato la situazione in cui si trova oggi Israele, e ne determina lo sviluppo futuro.
Il tentativo di ripristinare la deterrenza nei confronti della Resistenza palestinese, che si è tradotta nella più violenta, vasta ed intensa guerra contro un’intera popolazione dell’era contemporanea, è chiaramente fallito. Così come è fallito quello di imporla all’Iran. Per la prima volta nella sua storia, lo stato ebraico si trova nella condizione che per poter avere ragione dei suoi nemici necessita non soltanto del supporto, ma del coinvolgimento diretto degli USA. Ma, soprattutto, avendo questa impostazione strategica fondata sull’esagerazione, si ritrova ad avere margini di manovra ristrettissimi.
Naturalmente, infatti, partire da un livello molto elevato di violenza, si traduce nel fatto che un’eventuale necessità di escalation arriva rapidissimamente a livelli insostenibili. Subito dopo gli attentati terroristici di massa in Libano, ad esempio, scrissi che così facendo per poter alzare eventualmente il livello di pressione avrebbero dovuto uccidere Nasrallah. Cosa che in effetti Israele ha fatto, solo pochi giorni dopo. Ma, come è evidente, se questo livello si rivela - come in effetti è - insufficiente a conseguire i risultati sperati (cioè a ripristinare la deterrenza, oppure a trascinare il nemico in un conflitto con gli Stati Uniti), non restano però molte mosse per alzarlo ulteriormente - mentre il nemico iraniano, che agisce con estrema lucidità, ha ancora numerose possibilità di escalation, prima della soglia massima.
In termini pratici, ciò significa che Israele si trova nella situazione di avere poche carte da giocare, e poi non avrà altre possibilità a propria disposizione. Quali che siano le mosse successive (assassinare Khamanei? attaccare i siti nucleari iraniani? lanciare armi nucleari tattiche?), le possibilità di escalare sono ormai limitate.
E quando raggiungi il limite delle tue possibilità, e non hai ottenuto ciò che volevi, hai perso.
A quel punto, non importa cosa succede nell’immediato, perché da quel momento in poi non solo non ha più alcun potere deterrente, ma sei di fatto soggetto al potere dei tuoi nemici. In pratica, ti sei suicidato con le tue mani.

Continuano gli spregevoli atti terroristici del regime di Kiev che i nostri media descrivono come leciti e bellici mentre ai russi viene attribuita ogni nefandezza

 

L’amico terrorista

di Marco Travaglio - 05/10/2024

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/l-amico-terrorista

L’amico terrorista

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Chissà se le migliori gazzette d’Occidente noteranno la macabra comicità della nota emessa ieri dal Servizio segreto militare ucraino Gur insieme al video di un uomo che esplode per una bomba sotto la sua auto: “Il 4 ottobre, intorno alle 7 del mattino, nella zona temporaneamente occupata di Energodar, un’auto che trasportava un criminale di guerra, il ‘capo della sicurezza’ della centrale nucleare di Zaporizhzhia, Andriy Yuriyovych Korotkyy, è esplosa… Dopo la presa della centrale, Korotkyy ha collaborato volontariamente con gli invasori russi, ha fornito loro gli elenchi dei dipendenti della stazione con i loro dati personali, indicando i cittadini filoucraini. Ogni criminale di guerra riceverà una giusta punizione”. Più che una nota, un volantino di rivendicazione tipico delle organizzazioni terroristiche: solo che il Gur è un pilastro della celebre “democrazia” ucraina, addestrato, finanziato e armato da Usa, Nato e Ue per combattere al posto nostro il regime autocratico e terroristico di Russia in difesa del mondo libero e del diritto internazionale.
La narrazione era già piuttosto ridicola fino all’altroieri, visti i dieci anni di guerra civile nel Donbass e soprattutto degli atti terroristici perpetrati dai Servizi e dagli squadroni della morte ucraini in giro per il mondo: l’esplosione dei gasdotti russo-tedeschi Nord Stream 1 e 2 a opera di un incursore ucraino ricercato da Berlino, fuggito in Polonia e di lì a Kiev su un’auto diplomatica dell’ambasciata a Varsavia; gli assassinii a Mosca di Darya Dugina, figlia di un filosofo filoputiniano (autobomba) e dell’ex deputato socialista ucraino Ilya Kiva, espulso e condannato per tradimento dopo aver criticato Zelensky anche per la tossicodipendenza (colpo alla testa); l’assassinio a San Pietroburgo del blogger ucraino filorusso Vladen Tatarsky (statuetta esplosiva); l’attentato allo scrittore e politico nazionalista russo Zakhar Prilepin, ferito e mandato in coma dall’esplosione della sua auto vicino Mosca; gli omicidi di giornalisti “propagandisti”, cioè sgraditi al regime, rivendicati a maggio dal capo del Gur Kyrylo Budanov; il sostegno a gruppi jihadisti legati a Isis e al Qaeda in Niger, Mali e Burkina Faso, vantato a luglio dal portavoce del Gur in funzione anti-Wagner. Ma i terroristi di Stato ucraini avevano sempre colpito oltre confine. Ora si fanno gli attentati in casa: anziché star lì a perder tempo per arrestare e processare i presunti collaborazionisti, li fanno esplodere direttamente. Fortuna che l’Ucraina sta con i Buoni e infatti entrerà nell’Ue e nella Nato, mentre la Russia capeggia i Cattivi e infatti il Parlamento europeo la definisce “Stato terrorista” e Putin ha un mandato di cattura internazionale. Sennò poi uno chissà cosa va a pensare.

Israele colpita e umiliata dall'Iran e la conferma della intelligence libanese sull’attacco subito da Netanyahu

L’umiliazione subita da Israele e la conferma della intelligence libanese sull’attacco subito da Netanyahu

di Cesare Sacchetti

Il cielo di Israele si è illuminato di nuovo, ma non erano le luci dell’Hannukah né quelle per celebrare il nuovo anno che nel calendario ebraico si festeggiava proprio il 2 ottobre.

Erano i missili di Teheran che sono stati sparati in quantità molto maggiori della scorsa volta di aprile e che hanno raggiunto differenti zone del Paese.

Quello avvenuto la notte del 1 ottobre è stato il più grosso attacco missilistico della storia con almeno 200 missili sparati, larga parte dei quali è andata a segno e distrutto importanti siti militari strategici quali la base aerea di Nevatim.

Se ci sintonizza però sui canali del mainstream nelle ultime ore, si “apprende” che nessuno di questi missili è andato a bersaglio, nonostante le immagini siano lì a dimostrare il contrario, e si sarà probabilmente pervasi dalla sensazione di essere tornati indietro nel tempo, quando Adolf Hitler, l’uomo che strinse un patto di ferro con il movimento sionista nel 1933, era rinchiuso nel suo bunker.

Proprio negli ultimi istanti di vita della Germania Nazista, la radio ufficiale del regime annunciava il trionfo del Terzo Reich prima che le truppe dell’armata rossa di Stalin entrassero a Berlino e mettessero a ferro e fuoco la città.

Gli scenari possono cambiare ma le menti che si trovano a gestire questa situazione senza precedenti non “ragionano” in maniera molto differente da quelle dei “grandi” dittatori del secolo scorso, coloro che diedero vita a quelli che vengono definiti dalla storiografia liberale “totalitarismi”.

Appare evidente però che la democrazia liberale non differisce molto dalle dinamiche di quei regimi.

La menzogna resta sempre alla base di tutto, soltanto che almeno quei totalitarismi non avevano la ipocrita pretesa di intestarsi qualche primato morale a differenza delle liberal-democrazie che invece lo hanno fatto, nonostante i fatti si siano incaricati di smentirle più volte clamorosamente, e si ricordi soltanto da ultimo le persecuzioni avvenute ai tempi della farsa pandemica contro i non vaccinati.

Israele appare affetta da questo stesso male, poiché questo Stato è fondato sui principi del liberalismo e si fregia del titolo di “unica democrazia del Medio Oriente”,  seppur essa ha stratificato la sua società in base agli stessi principi nazisti dei privilegi razziali accordati però qui agli ebrei, mentre i non ebrei e soprattutto i cristiani continuano ad essere oggetto di discriminazioni e di vere e proprie aggressioni a suon di sputi come capita frequentemente ai cristiani che vogliono rendere omaggio ai santi luoghi della missione evangelica di Cristo.

E’ evidente però che nel presente momento storico questo stato nato nel secolo scorso attraverso i massicci sforzi finanziari della famiglia Rothschild e degli altri signori della finanza ebraica, si trova di fronte ad una crisi esistenziale dalla quale non è nemmeno del tutto certo se ne uscirà ancora indenne e unita.

I media Occidentali non lo diranno mai in quanto affetti dalla sindrome della dissonanza cognitiva nella quale la realtà va negata ad ogni costo, anche quando questa sta bussando prepotentemente alle porte della propaganda per ricordarle che la realtà non può essere annullata all’infinito dalla bugia.

La fine della supremazia israeliana

Un qualsiasi onesto osservatore non può negare che il secondo attacco dell’Iran che ha visto andare a segno larga parte dei suoi missili mette in mostra tutte le fragilità e tutte le bugie sulle quali Israele aveva fondato la sua esistenza.

Non sono passate nemmeno poche ore dall’invasione israeliana del Libano che Teheran ha riportato lo stato ebraico a dover fare i conti con la sua crisi interna.

Il partito del Likud di Netanyahu, del quale si parlerà a breve, ha nuovamente invaso il Paese dei cedri alla ricerca continua e spasmodica dell’impero sionista della Grande Israele, nonostante lo stato ebraico oggi non è evidentemente in grado non solo di conquistare i confini altrui, ma non è nemmeno in grado di garantire la sicurezza dei suoi.

Il secolo scorso difatti vedeva lo stato ebraico pressoché intoccabile grazie alla protezione degli Stati Uniti d’America che sono stati per larga parte del’900 nelle mani dei vari movimenti sionisti che hanno deciso la politica estera di Washington, ridotta ad enclave di Israele, e utilizzata come braccio armato per colpire tutti i “nemici” di Israele, e coloro che volevano e vogliono opporsi all’imperialismo sionista.

La storia delle guerre degli Stati Uniti non è altro che la storia delle guerre ordinate da Israele per rovesciare e uccidere quei leader, quali il colonnello Gheddafi o Saddam Hussein, che sapevano molto bene che il sionismo non si sarebbe accontentato soltanto di occupare la Palestina , ma ambiva a costruire il suo impero mediorientale per seguire le orme della antica Israele biblica.

I “sogni” di gloria si sono però infine infranti con una nuova fase della storia americana inaugurata dopo la presidenza Trump, nella quale gli Stati Uniti da braccio armato del mondialismo e del sionismo, sono passati invece alla dimensione di potenza nazionale, non più interessata ad essere la longa manus imperiale ed imperialista di quei movimenti e sette sioniste, quali Chabad, che aspirano alla Grande Israele e che attendono con ansia il messia ebraico, l’imperatore che il talmudismo vorrebbe accogliere nel ricostruito tempio di Gerusalemme.

A Tel Aviv, qualcuno non sembra ancora averlo compreso, troppo preso forse dal proprio delirio di onnipotenza e troppo imbevuto forse di una dottrina razziale che considera chiunque non sia ebreo come un insetto da schiacciare, o come un animale su due gambe, come avrebbe detto uno dei “padri fondatori” ed ex primi ministri di Israele, Menachem Begin, già capo della fazione terrorista dell’Irgun che ha seminato morte e terrore negli anni’30 in Palestina e che eseguì, assieme all’Haganah di Ben Gurion, il massacro del King David Hotel avvenuto nel 1947.

L’Iran non fatto altro che dimostrare al mondo che oggi il re israeliano è nudo, e per quanto questo provi a gonfiarsi il petto e a rilasciare roboanti dichiarazioni di vendetta e di persecuzione senza fine contro Teheran, appare evidente che Israele non è minimamente in grado di lanciare un contrattacco come quello che l’Iran ha eseguito senza l’assistenza americana.

L’Iran è divenuta ormai una matura potenza regionale che ha un ruolo imprescindibile negli equilibri del Medio Oriente.

Israele è ancora ferma al punto di partenza del 1948. Senza gli Stati Uniti, questo stato non è in grado di vincere da solo delle guerre, e se ci fosse ancora un barlume di ragione in quelle menti malate abbeveratesi alla fonte avvelenata del sionismo messianico, queste si fermerebbero prima di mettere a rischio l’esistenza dello stato ebraico e la sua occupazione della Palestina, ma non c’è ragione, come si vede, in questi uomini.

C’è solo la sanguinaria volontà di sterminare tutto e tutti e quando si ha di fronte questo tipo di uomo, egli finisce sempre per essere la rovina di sé stesso, e così oggi si trovano i leader di Israele.

Sono loro stessi la più grande minaccia all’esistenza in vita di Israele, e se proseguiranno su tale strada, la definitiva rovina sarà chiaramente inevitabile.

La conferma dell’intelligence libanese sull’attacco a Netanyahu

Ci sono poi ancora delle incertezze sulle sorti del leader di questo folle piano che può definirsi a tutti gli effetti l’incarnazione politica di uno dei famigerati capi “spirituali” di Chabad, il rabbino Schneerson, ovvero Benjamin Netanyahu.

Lo avevamo lasciato lo scorso sabato vittima di un attacco eseguito dagli Houthi yemeniti che hanno lanciato due missili contro l’aeroporto di Tel Aviv in concomitanza del suo ritorno da New York, nella sede delle Nazioni Unite, apostrofata dal premier israeliano come “palude antisemita”, poiché nel pensiero sionista, se non si è a favore della volontà di potenza israeliana ed ebraica, si è automaticamente “antisemiti”.

Nella Grande Mela, Netanyahu aveva anche ordinato l’attacco contro il leader di Hezbollah, Nasrallah, ma al ritorno il primo ministro ha ricevuto una inaspettata sorpresa.

Netanyahu che ordina l’attacco a Nasrallah dal suo albergo a New York

L’attacco è confermato e ufficiale, ma secondo quello che ha riportato il canale di informazione del Kuwait, Tolkarem News, i missili sarebbero riusciti proprio a colpire l’aereo del premier, poiché era lui il bersaglio del bombardamento.

I primi sospetti che qualcosa di grave potesse essere avvenuto si sono avuti quando Netanyahu ha cancellato l’incontro programmato il sabato con la stampa, di fronte alla quale avrebbe dovuto rispondere alle domande sui dettagli e sul piano che ha portato all’omicidio del leader di Hezbollah, Nasrallah.

Invece lo staff del premier si è limitato a mandare un suo video pre-registrato alquanto breve nel quale non entra troppo nei dettagli dell’operazione.

Tolkarem News ha riferito inoltre che in realtà Netanyahu dopo l’attentato sarebbe stato trasportato d’urgenza all’ospedale Sourasky di Tel Aviv, nel quale sarebbe stato dichiarato “clinicamente morto”, tenuto in vita quindi soltanto dalle macchine dopo le gravi ferite ricevute dall’attacco yemenita.

Ad infittire la nebbia del mistero su quanto veramente accaduto al premier, ci sono messi una serie di brevissimi e singolari video apparsi sul suo profilo X nei quali il premier non ha nemmeno commentato l’invasione del Libano, né tantomeno ha fatto un discorso alla nazione in diretta per parlare di questo momento storico per lo stato ebraico e dare rassicurazioni sul futuro di Israele ai suoi concittadini.

Nei giorni scorsi, siamo però riusciti ad ottenere una informazione in esclusiva internazionale che ci ha confermato che la notizia riportata da Tolkarem News corrisponderebbe effettivamente a verità.

A riferire che l’attacco Houthi è andato a segno, sono state anche fonti dell’intelligence libanese, secondo le quali il primo ministro israeliano sarebbe rimasto ferito in seguito ai bombardamenti che hanno anche danneggiato la struttura aeroportuale.

Che i danni non sono stati di lieve entità lo si capisce dal fatto che dallo scorso sabato l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv non funziona regolarmente come dovrebbe e molti voli continuano ad essere dirottati su Amman, già prima dell’attacco iraniano a dimostrazione che la struttura deve aver subito qualche grosso danno e diverse piste sono probabilmente inutilizzabili.

Uno dei numerosi voli che sono stati dirottati negil ultimi giorni da Tel Aviv verso la Giordania

Nulla è stato fatto notare dai media Occidentali al riguardo, che come ormai i lettori hanno potuto costatare non sono altro che l’ufficio stampa di Israele, e scrivono soltanto ciò che lo stato ebraico gli dice di scrivere.

Stesso blackout da parte dei media israeliani ma la cosa qui desta meno sorpresa, dato che “l’unica democrazia del Medio Oriente” ci tiene a non far sapere al mondo le umiliazioni subite, e questa sarebbe davvero forse la più clamorosa di tutte.

Resta però il rebus di questi video pre-registrati che escono sul profilo X di Netanyahu ma nei quali stranamente il premier israeliano non smentisce quanto accaduto lo scorso sabato.

Il leader del Likud potrebbe impiegare 5 secondi nel mettere a tacere queste indiscrezioni eppure, stranamente, non lo fa, così come il suo gabinetto, compreso il ministro della Difesa, non fa il minimo riferimento all’incidente dell’aeroporto del 29 settembre.

Se ci soffermiamo poi a guardare con più attenzione questi video sembrano esserci delle irregolarità nel corpo di Netanyahu, mentre per ciò che riguarda l’ultimo video nel quale il primo ministro commenta i bombardamenti di Tel Aviv si può vedere come all’inizio e alla fine del video stesso le persone a fianco di Netanyahu non siano le stesse.

Le differenze nell’ultimo video di Netanyahu

All’inizio infatti ci sono alla sua sinistra Barnea, capo del Mossad, e alla sua destra un alto militare, mentre alla fine ci sono due personaggi completamente diversi.

Si tratta con ogni probabilità di un montaggio di due immagini registrate in diversi momenti e non affatto recenti.

La fonte vicina all’intelligence libanese quando si è soffermata a commentare questi video è stata alquanto perentoria.

“Il Mossad ha decine e decine di video pronti da trasmettere all’occorrenza”.

Ciò vuol dire che l’intelligence israeliana ha già pronti nel cassetto diversi filmati, alcuni fatti tramite l’intelligenza artificiale, da diffondere sui social a seconda dei diversi scenari che sono stati presi in considerazione prima, e che possono aiutare in caso di determinate crisi – quale, ad esempio, una temporanea o definitiva inoperatività del primo ministro – a ritardare l’annuncio di certe situazioni critiche e a consentire al governo, ai partiti, e alle forze armate di trovare intanto delle soluzioni in attesa di un annuncio che, se tale scenario dovesse effettivamente corrispondere al vero, dovrà essere prima o poi fatto, soltanto non associandolo a quanto avvenuto lo scorso sabato dopo l’attacco degli Houthi per provare a salvare la faccia di Israele.

La tempistica dell’attacco iraniano alla luce di queste informazioni diventa ancora più interessante poiché probabilmente a Teheran sanno cos’è accaduto lo scorso sabato e hanno deciso di colpire nel momento di massima fragilità governativa di Israele.

Non è chiaro comunque come l’intelligence e gli altri membri dell’esecutivo pensino di uscire da questa potenziale situazione di crisi, che probabilmente è già nota alle forze dell’opposizione della sinistra progressista israeliana più vicina a Soros che ai gruppi come Chabad.

Mentre ancora non c’è certezza sulle condizioni di Netanyahu, in Israele si manifestano delle situazioni che lasciano pensare che nell’aria ci siano già i prodromi di una possibile guerra civile.

A Tel Aviv si sono verificate due sparatorie nel giro di 24 ore avvenute in centri commerciali che hanno portato complessivamente a più di 10 morti.

Non sono noti, ad oggi, i nomi dei mandanti, ma intanto appare certo che gli esecutori per arrivare nella capitale israeliana devono aver probabilmente avuto qualche sponda dall’interno, senza la quale è pressoché impossibile riuscire ad entrare nel territorio israeliano con armi da guerra.

Non è da escludersi che queste sparatorie possano essere il risultato di qualche dissenso interno allo stato ebraico, soprattutto se si considera che l’anima messianica del sionismo di Likud fa sempre più fatica a convivere con quella progressista e secolare di partiti come lo Yesh Atid e Unità Nazionale.

Ieri poi si è verificato un altro strano fatto.

La Reuters aveva diffuso in un primo momento la notizia che l’ambasciatore israeliano a Cipro era stato rapito per poi smentire subito dopo, senza però spiegare effettivamente cosa possa essere accaduto per far scrivere che il massimo dignitario israeliano a Cipro fosse stato prelevato da ignoti rapitori.

Sotto la cenere dello stato ebraico, sembra scorrere la lava della guerra civile.

Ci sembra difficile che i media per quanti sforzi facciano riusciranno a nascondere la prossima eruzione.

Resta comunque una certezza. Il 1 ottobre può considerarsi la data ufficiale della morte del secolo ebraico.

Una lettera di un centinaio di medici e paramedici USA rivelano che le vittime a Gaza sono state circa 120mila, 5,4% della popolazione di Gaza

 

Gaza. La lettera dei medici Usa: oltre 100mila i morti

"È probabile che il bilancio delle vittime di questo conflitto sia già superiore a 118.908, un impressionante 5,4% della popolazione di Gaza"
 
 
Gaza. La lettera dei medici Usa: oltre 100mila i morti Tempo di lettura: 4 minuti

Pubblichiamo stralci di una lettera aperta inviata al presidente Biden e alla vice Kamala Harris da 99 operatori sanitari americani, testimoni oculari dei  “crimini oltre ogni comprensione” consumati a Gaza. Missiva straziante, che rivela come il numero reale delle vittime di Gaza sia di 118.908 persone, molte delle quali bambini.

Siamo 99 medici, chirurghi, infermieri specializzati, infermiere e ostetriche americani che hanno svolto volontariato nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023. In totale, abbiamo trascorso 254 settimane di volontariato negli ospedali e nelle cliniche di Gaza. […] Siamo un gruppo multireligioso e multietnico. Nessuno di noi sostiene gli orrori commessi il 7 ottobre da gruppi armati e individui palestinesi in Israele.

[…] Siamo tra i soli osservatori neutrali a cui è stato permesso di entrare nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre. Data la nostra vasta competenza e l’esperienza diretta di lavoro in tutta Gaza, siamo in una posizione unica per parlare di tante problematiche di grande importanza che interessano il nostro governo […]. In particolare, crediamo di aver goduto di un punto di vista privilegiato che ci consente di raccontare l’enorme tributo umano dell’attacco di Israele a Gaza, in particolare il tributo richiesto a donne e bambini.

[…] Questa lettera e la sua appendice dimostrano con prove incontrovertibili che il bilancio delle vittime a Gaza da ottobre a oggi è molto più alto di quanto si creda negli Stati Uniti. È probabile che il bilancio delle vittime di questo conflitto sia già superiore a 118.908, un numero impressionante: il 5,4% della popolazione di Gaza.

[…] A parte eccezioni marginali, tutti a Gaza sono malati, feriti o entrambe le cose. Ciò comprende tutti gli operatori umanitari locali, tutti i volontari internazionali e probabilmente tutti gli ostaggi israeliani: ogni uomo, donna e bambino. Mentre svolgevano il nostro lavoro a Gaza abbiamo constatato una malnutrizione diffusa nei nostri pazienti e nei nostri colleghi palestinesi. Tutti noi abbiamo rapidamente perso peso, nonostante avessimo un accesso privilegiato al cibo e avessimo portato con noi cibo supplementare ricco di sostanze nutrienti. Abbiamo prove fotografiche della malnutrizione diffusa che mette a rischio la vita dei nostri pazienti, in particolare bambini, che siamo ansiosi di condividere con voi.

Praticamente tutti i bambini di età inferiore ai cinque anni che abbiamo incontrato, sia dentro che fuori gli ospedali, avevano sia tosse che diarrea. Abbiamo riscontrato casi di ittero (che indicano un’infezione da epatite A in tali condizioni) in quasi ogni stanza d’ospedale nella quale abbiamo prestato servizio e in molti dei nostri colleghi che operano a Gaza. Una percentuale sorprendentemente alta dei nostri interventi chirurgici ha prodotto infettazioni a causa della combinazione di malnutrizione, condizioni operatorie impossibili, mancanza di forniture igieniche di base, addirittura il sapone, e mancanza di attrezzi chirurgici e farmaci, compresi gli antibiotici.

La malnutrizione ha causato molti aborti spontanei, neonati sottopeso e impedito alle neomamme di allattare al seno. In tal modo i loro neonati avevano molte probabilità di morire, anche perché non c’è acqua potabile in nessuna parte di Gaza. Molti di quei neonati sono poi effettivamente morti. Abbiamo visto madri malnutrite nutrire i loro neonati sottopeso con latte artificiale miscelato con acqua avvelenata.

Vi esortiamo a prendere coscienza che a Gaza imperversano epidemie. Il continuo e ripetuto spostamento forzato da parte di Israele di una popolazione malnutrita e malata, metà della quale è composta da bambini, verso aree senza acqua corrente o servizi igienici è assolutamente scioccante. Tale spostamento ha causato e causa una morte di massa per malattie diarroiche virali e batteriche, oltre che per polmoniti, in particolare nei bambini di età inferiore ai cinque anni.

[…] Temiamo che migliaia di persone siano già morte a causa della combinazione letale di malnutrizione e malattia e che decine di migliaia di altre moriranno nei prossimi mesi, soprattutto con l’arrivo delle piogge invernali. La maggior parte di essi saranno bambini piccoli.

[…] Ogni singolo firmatario di questa lettera ha visto bambini che hanno subito violenze che devono essere state deliberatamente dirette contro di essi. In particolare, ognuno di noi, lavorando a un pronto soccorso, in terapia intensiva o in una sala operatoria, ha curato regolarmente, e persino quotidianamente, bambini preadolescenti colpiti in testa o al petto. È impossibile che dei colpi così frequenti su bambini piccoli in tutto il territorio di Gaza, registrato nel corso di un intero anno, sia accidentale o ignoto alle più importanti autorità civili e militari israeliane.

Presidente Biden e vicepresidente Harris, vorremmo che poteste vedere gli incubi che affliggono così tanti di noi da quando siamo tornati: sogni di bambini mutilati, e mutilati dalle nostre armi, e delle loro madri inconsolabili che ci implorano di salvarli. Vorremmo che poteste sentire i pianti e le urla che rimarranno per sempre impressi nella nostra memoria. Non riusciamo a capire perché continuiate ad armare un Paese che sta deliberatamente uccidendo in massa tutti questi bambini.

Quando abbiamo incontrato i nostri colleghi sanitari a Gaza, era evidente che erano malnutriti e devastati sia fisicamente che mentalmente. Abbiamo visto come i nostri colleghi sanitari palestinesi fossero tra le persone più traumatizzate di Gaza e forse del mondo intero. […] Tutti erano consapevoli che il loro lavoro come operatori sanitari li aveva contrassegnati come obiettivi per Israele.

[…] Abbiamo incontrato il personale sanitario di Gaza impegnato a lavorare in ospedali saccheggiati e distrutti da Israele. Molti di questi nostri colleghi sono stati presi prigionieri da Israele. Tutti ci hanno raccontato una versione leggermente diversa della stessa storia: in prigionia venivano nutriti a malapena, continuamente abusati fisicamente e psicologicamente e infine abbandonati nudi sul ciglio di una strada. Molti ci hanno detto di essere stati sottoposti a finte esecuzioni e ad altre forme di abusi e torture. Troppi dei nostri colleghi sanitari ci hanno detto che stavano semplicemente aspettando la morte.

I 99 firmatari di questa lettera hanno trascorso complessivamente 254 settimane all’interno dei più grandi ospedali e delle più importanti cliniche di Gaza. Vogliamo essere assolutamente chiari: nessuno di noi ha mai visto alcun tipo di attività militante palestinese in uno qualsiasi degli ospedali o in altre strutture sanitarie di Gaza. Vi esortiamo a prendere coscienza che Israele ha sistematicamente e deliberatamente devastato l’intero sistema sanitario di Gaza e che ha preso di mira i nostri colleghi di Gaza con torture, sequestri e omicidi.

[…] Non siamo politici. Non pretendiamo di avere tutte le risposte. Siamo semplicemente professionisti della medicina che non possono rimanere in silenzio su ciò che hanno visto a Gaza. Ogni giorno che continuiamo a fornire armi e munizioni a Israele è un altro giorno in cui le donne vengono fatte a pezzi dalle nostre bombe e i bambini vengono assassinati dai nostri proiettili.

Presidente Biden e vicepresidente Harris, vi esortiamo: ponete fine a questa follia.

Leggi qui l’integrale (tragicamente bellissimo, anche per le testimonianze riportate). Cliccare qui per leggere la lettera aperta di 30 operatori sanitari britannici del 15 aprile. A questo link, invece, potete trovare la lettera aperta di 19 operatori sanitari canadesi del 7 agosto.

Intervista a Scott Ritter: Le prossime mosse dell'Iran e l'impatto di Israele nelle elezioni USA


Le prossime mosse dell'Iran e l'impatto di Israele nelle elezioni USA - Scott Ritter a "Egemonia"

"L'Iran stava cercando di inviare un messaggio a Israele sul potenziale che possiede e sul fatto che, qualora Israele avesse scelto di continuare a intensificare la violenza nella regione, possedeva la capacità di infliggere grandi danni a Israele. Questo messaggio è stato recepito da tutti."

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-le_prossime_mosse_delliran_e_limpatto_di_israele_nelle_elezioni_usa__scott_ritter_a_egemonia/51962_56989/


di Alessandro Bianchi


Fra il 1991 e il 1998 è stato ispettore Onu sotto il mandato dell'UNSCOM che si occupava degli armamenti in Iraq. Si è dimesso nel 1998 per divergenze di opinioni con Washington. Nel 2002 e all’inizio del 2003, quando George Bush e Tony Blair preparavano la guerra in Iraq, affermava con forza che nel paese non esistessero le armi di distruzione di massa. Mentre cadevano le bombe Usa e i giornalisti del “mondo libero” costruivano la narrazione delle armi chimiche, è stata una delle voci più forte nel denunciare questa fake news, semplicemente perché, ripeteva, non esistevano prove di produzione di armi chimiche nel paese. 

Ha avuto ragione William Scott Ritter, ufficiale dei marines dal 1984, nello smascherare la fake news che ha aperto il vaso di pandora dei crimini Usa.  

Ha avuto ragione con l’Iraq e ha ragione dal febbraio 2022 quando ha mostrato da subito l’impossibilità per il regime di Kiev di vincere e il suicidio dell’Europa nel conflitto in Ucraina.

Lo avevamo intervistato sulla possibile risposta dell’Iran all’indomani del barbaro assassinio dell’ex leader di Hamas a Teheran. Ha avuto ragione ancora una volta.

Abbiamo avuto il privilegio di conversare nuovamente con Scott Ritter per “Egemonia”. Gli abbiamo chiesto della strategia di medio-lungo periodo iraniana e dell’impatto delle politiche genocide israeliane sulla politica statunitense. Buona lettura.


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L'INTERVISTA

Diversi commentatori occidentali, italiani in particolare, si affrettano a giudicare come “un fallimento” la risposta iraniana ai crimini di Israele. E’ realmente un fallimento?

Penso che sia stato, al contrario, un enorme successo e a diversi livelli. Innanzitutto, non so come si possa definire un fallimento quando tutto il mondo ha potuto vedere l'impatto fisico di decine di missili iraniani sui bersagli indicati come obiettivi in Israele. Chi equipara il successo alla perdita di vite umane non ha chiaramente capito nulla di quel paese. L'Iran è una repubblica islamica che è fedele ai suoi principi religiosi, e un aspetto importante della fede islamica è quello di non uccidere innocenti e di cercare di ridurre al minimo gli effetti collaterali. L'Iran non stava cercando di uccidere gli israeliani. Non era quello certo l’obiettivo. L'Iran stava cercando di inviare un messaggio a Israele sul potenziale che possiede e sul fatto che, qualora Israele avesse scelto di continuare a intensificare la violenza nella regione, possedeva la capacità di infliggere grandi danni a Israele. Questo messaggio è stato recepito da tutti.


Quali sono gli obiettivi ora di medio e lungo periodo nella strategia iraniana?

Dal punto di vista politico, una delle cose che l'Iran ha fatto, riducendo al minimo le vittime umane, è stata quella di permettere a Israele di salvare la faccia e agli Stati Uniti di aiutare Israele a salvare la faccia, potendo proclamare l'attacco iraniano come un fallimento. Questo salvataggio della faccia è un aspetto importante del percorso diplomatico, perché se Israele può comportarsi come se non fosse successo nulla di grave, questo limita la pressione che viene esercitata su Tel Aviv. Si tratta del perno, dal mio punto di vista, della strategia iraniana volta a trovare una soluzione che non arrivi al conflitto totale. Ma se Israele vuole rimanere in quel confronto del passato e acuirlo, allora penso che l'obiettivo a lungo termine dell'Iran diventi l'eliminazione di Israele. Non perché l'Iran lo richieda come precondizione, ma perché il comportamento di Israele non offre nessuna alternativa. Se hai un cane rabbioso che gira libero nella tua città, devi abbatterlo. Israele sta rapidamente diventando un cane rabbioso, una nazione genocida, una nazione di apartheid, una nazione che vede gli arabi come subumani, come animali, meritevoli di morte. Questo atteggiamento è incompatibile con qualsiasi nozione di moralità e di normalità quando si tratta di convivenza tra uomo e uomo. Quindi qualora Israele dovesse decidere per lo scontro, l'Iran cercherebbe un percorso che promuova la statualità palestinese e l'eliminazione di Israele. Ma, lo ribadisco ancora una volta, non è perché l'Iran ha scelto questa strada. Lo ha fatto Israele.  

Concentriamoci quindi sul comportamento di Israele che nella scorsa notte ha bombardato contemporaneamente Libano, Cisgiordania e Gaza. La sera prima anche la Siria. Pensa che Tel Aviv inizierà a bombardare il territorio dell'Iran o che risposta dobbiamo aspettarci?

Penso che Israele intraprenderà sicuramente un qualche tipo di risposta per salvare la faccia. Non credo che Israele possa permettere all'Iran di lasciarsi attaccare nel modo in cui lo ha fatto Teheran, senza inviare un segnale che poi ci sarebbero conseguenze per qualsiasi azione futura di Teheran. Ci deve essere un equilibrio di potere nella regione, non un dominio iraniano o israeliano. Deve esserci un equilibrio e per farlo Israele deve dimostrare di essere in grado di colpire l'Iran. Si tratterà di stabilire la natura di tale azione. Si parla molto un possibile bombardamento degli impianti nucleari iraniani o degli impianti di produzione di petrolio e gas. Questa sarebbe una mossa fatale da parte di Israele, perché costringerebbe l'Iran non solo a gravi ritorsioni, ma anche a creare una crisi energetica globale colpendo in modo significativo la produzione energetica regionale. La migliore difesa dell'Iran contro gli attacchi alla sua energia è tenere in ostaggio la regione. Questo creerebbe una crisi energetica globale. 

Una crisi energetica non è nell’interesse dell’Europa e certamente neanche degli Stati Uniti.Come giudica il comportamento dell’occidente nella risoluzione della crisi?

Una crisi energetica sarebbe catastrofica per l'Europa. Sarebbe assolutamente devastante per gli Stati Uniti, soprattutto dal punto di vista politico per l'amministrazione Biden, che sta promuovendo la candidatura di Kamala Harris. Se l'attuale amministrazione non sarà in grado di contenere Israele al punto da scatenare un conflitto regionale, economicamente disastroso per il popolo americano alla vigilia delle elezioni, i responsabili delle politiche che hanno creato queste condizioni pagheranno un prezzo alle urne. Penso che l'amministrazione Biden farà molta pressione su Israele affinché moderi la sua risposta. Poi ci saranno pressioni sull'Iran affinché non reagisca in modo eccessivo. Gli iraniani, al contrario degli israeliani, vivono in un mondo basato sulla realtà. Capiscono che Israele non può incassare un colpo del genere senza aspettarsi una ritorsione.


Potremmo quindi entrare nella fase dell'”escalation gestita”. Se Israele si vendica senza superare linee rosse, l'Iran sarà pronto a dire basta?

Questo è il punto nevralgico. L'Iran è molto concentrato sull'evoluzione dei BRICS: il vertice di Kazan che si terrà a fine mese è un momento fondamentale. I BRICS rappresentano una direzione strategica che l'Iran sta prendendo in termini di spostamento dall'Occidente verso l'Eurasia, verso l'Oriente. Il suo futuro economico è legato al successo di quest’organizzazione. E, in modo interconnesso, il futuro dei BRICS sarà gravememente minacciato se dovesse scoppiare una guerra regionale in grado di portare a una crisi di sicurezza energetica di proporzioni globali. Ci sono alcune variabili da considerare sull'Iran, ma la maggior parte riguardano la leadership interna a Tel Aviv. Spero che la scala dell'escalation salga solo di uno o due gradini e poi si fermi, con Israele che torni al punto in cui era prima che Benjamin Netanyahu ha deciso di utilizzare questa guerra per minimizzare i gravi problemi interni. Ha usato la guerra per il suo futuro politico e la minaccia di guerra totale all’Iran come pretesto per mantenere in vita il suo governo. Ma se le cose non andranno bene sul campo in Libano e a Gaza, subirà un'enorme pressione politica e c'è il rischio concreto, a quel punto, delle decisioni che possa intraprendere. Non è un uomo disposto a dimettersi e a fare la cosa giusta per Israele e per la regione. È un uomo disposto a sacrificare la pace e la sicurezza di Israele, degli arabi e degli israeliani per la sua vita politica personale.


Crede che una eventuale vittoria di Trump alle prossime presidenziali degli Stati Uniti cambierebbe lo scenario nella regione?

È importante ricordare che, anche se Trump dovesse vincere a novembre, non diventerà presidente prima di gennaio. E c'è molto tempo tra oggi e gennaio: qualsiasi cosa può accadere in Medio Oriente. La guerra in Libano non finirà il 6 novembre. La crisi tra Iran e Israele non finirà il 5 o il 6 novembre. Il fatto è che non possiamo parlare di cosa farebbe una presidenza Trump perché non sappiamo quale realtà si troverà di fronte a gennaio. Stiamo parlando di molti mesi da oggi, e il mondo può cambiare completamente in quel periodo. Israele può subire dannose battute d'arresto. Potrebbe esserci una guerra totale. Potrebbe esserci una crisi energetica globale. Credetemi, se Donald Trump si troverà di fronte a una crisi energetica globale, si concentrerà su quella, non sul salvataggio di Israele. E il popolo americano, se dovesse incolpare Israele per la crisi energetica globale, imporrebbe determinate linee d'azione. Quindi non credo che si possa dare per scontato che un'amministrazione Trump farà X, Y e Z una volta che avrà i poteri dopo il 20 gennaio.


Che impatto avranno le politiche guerrafondaie di Israele nelle prossime elezioni di novembre nel suo paese?

Aspettando le prossime elezioni di novembre, l'amministrazione Biden ha chiaramente ancora le redini del potere. Dinanzi ad Israele, l'Iran, Hezbollah, credo che sia imperativo per l'amministrazione Biden lavori per creare prima un po' di stabilità, perché solo attraverso la stabilità si possono evitare le conseguenze economiche di un conflitto regionale. Torniamo indietro al 1992, a James Carville, consigliere del candidato Bill Clinton, e al messaggio che mise sulla porta della war room. “È l'economia, stupido”. Gli americani voteranno con il portafoglio. In questo momento, molti americani sono indebitati, devastati economicamente o in rovina a causa di un uragano. E l'amministrazione Biden viene criticata per la sua risposta, soprattutto in un momento in cui le vittime dell'uragano hanno un disperato bisogno di risorse. L’attuale amministrazione dice di non averle, ma ha appena dato miliardi di dollari all'Ucraina e a Israele. Questo crea un problema politico. Stiamo assistendo allo sciopero dei lavoratori portuali che, se non si risolve presto, avrà un impatto devastante sull'economia americana, proprio mentre ci avviamo verso le festività natalizie. Gli scaffali dei negozi non si riempiono da soli! E se si interrompe il flusso di merci negli Stati Uniti, l'economia non si riprenderà in tempo per le vacanze. E anche questo avrà un effetto devastante. Se a questo si aggiunge un conflitto regionale in Medio Oriente che fa schizzare i prezzi dell'energia alle stelle, gli americani incolperanno coloro che li costringono a pagare 12 dollari per un gallone di benzina alla pompa perché non sono in grado di ricostituire le loro riserve di petrolio….

L’élite dominante è ostile alla classe media, che è in via di estinzione per l’aumento dell’inflazione e delle tasse. E’ il neofeudalesimo. Come difendersi?


Il piano delle élite globali per realizzare il “Feudalesimo 2.0”. Ecco come difendersi

di REDAZIONE

International Man: Non c’è dubbio che l’élite autoproclamatasi tale sia ostile alla classe media, che è in via di estinzione a causa dell’aumento vertiginoso dell’inflazione e delle tasse. Sembra che vorrebbero attuare una versione più gentile e amorevole del feudalesimo. Cosa sta realmente accadendo e qual è lo scopo finale?

Doug Casey: La classe media, la borghesia, emerse con la fine del feudalesimo, l’inizio del Rinascimento, l’Illuminismo e, infine, la Rivoluzione industriale.

Di recente, la “classe media” ha assunto una connotazione negativa. I sinistrorsi vogliono far credere a tutti che la borghesia è piena di difetti consumistici. Vengono derisi perché si preoccupano del benessere materiale e del miglioramento del loro status. Le élite si sentono minacciate da loro. A differenza della plebe della classe inferiore, lavoratori umili che non si aspettano di più dalla vita.

Borghesia significa semplicemente abitante della città. A partire dal tardo Medioevo, gli abitanti delle città erano indipendenti, con i propri mestieri e le proprie attività. Vivere in città li sottraeva al controllo delle élite guerriere feudali. Le città divennero centri intellettuali, dove la crescente ricchezza della borghesia, la classe media, diede loro il tempo libero necessario per sviluppare scienza, tecnologia, ingegneria, letteratura e medicina. Le università ampliarono l’idea di istruzione oltre il regno della teologia. Il commercio e la libertà personale attrassero i migliori contadini, che divennero classe media. Le città posero fine al feudalesimo, un sistema in cui tutti nascevano in una classe e in un’occupazione, e ci si aspettava che ci rimanessero per tutta la vita, obbligati a pagare le tasse, il pizzo, ai loro “superiori”. L’ascesa della borghesia non si addiceva alle classi dominanti, a cui piaceva tiranneggiare la società.

The WEF

Il capitalismo si è sviluppato man mano che la borghesia si arricchiva. Il resto è storia ben nota, ma bisogna sottolineare che la creazione della classe media, del capitalismo e dei valori borghesi ha elevato i contadini dalla povertà e ha creato il mondo odierno. Ma, allora come oggi, una certa percentuale della popolazione vuole controllare tutti gli altri. I tipi che vanno al Bilderberg, al World Economic Forum, al CFR e istituzioni simili si sentono i nuovi aristocratici dell’élite che dovrebbe dominare gli altri. Anche se la maggior parte di loro proveniva dalla classe media, ora che ce l’hanno fatta, amano differenziarsi e, se non eliminare, almeno neutralizzare o indebolire la borghesia rimanente.

Quindi qual è lo scopo finale? Penso che potrebbe assomigliare a qualcosa che richiama il film Rollerball. Mantieni la plebe intrattenuta mentre l’élite, sotto forma di un’aristocrazia aziendale, controlla la società.

International man: Yuval Harari è un membro di spicco del World Economic Forum (WEF). Ha suggerito che l’élite dovrebbe utilizzare un reddito di cittadinanza universale, droghe e videogiochi per mantenere la “classe inutile” docile e occupata. Cosa pensi di questi commenti nel contesto del cosiddetto “Feudalesimo 2.0”?

Doug Casey: Un tipo orribile Harari, è quello che potrebbe essere definito un intellettuale di corte per il World Economic Forum. È lì per fornire una patina intellettuale ai membri del potere, che sono fondamentalmente uomini d’affari, politici e personalità dei media. Non sono pensatori o interessati alle idee, ma filistei preoccupati per soldi e potere. Harari fornisce loro un quadro intellettuale per giustificare le loro azioni e i loro piani.

Per quanto riguarda i suoi libri, si tratta di un sacco di banalità generiche, osservazioni ovvie, giustificazioni delle tendenze attuali e una proiezione di come si evolverà il mondo. Come autore e pensatore è competente e intelligente, ma grossolanamente sopravvalutato. Deve il suo successo alla promozione da parte della nuova aspirante aristocrazia e dei suoi seguaci. Illustra i vantaggi di essere agganciati a persone potenti.

Harari è passato dall’essere un semplice professore universitario, che viveva con il marito in Israele, a essere un esperto multimilionario di fama internazionale. Si aspetta che i “mangiapane inutili” saranno mantenuti a suon di sussidi fino alla loro estinzione. Non sono sicuro di quanto l’isteria del Covid, seguita dal vaccino, abbia a che fare con questo. Sta diventando abbastanza chiaro, però, che il Covid stesso era una variante influenzale creata artificialmente, che colpisce principalmente i molto anziani, i molto malati e i molto sovrappeso. Il vaccino è inutile nel prevenire il Covid, ma ha causato significativi aumenti di morbilità e mortalità tra i destinatari sani. È stata una prova per ripulire il mondo dai “mangiapane inutili”? Non lo so. Ma, basandomi su ciò che persone come Stalin, Hitler, Mao e Pol Pot, tra molti altri, hanno fatto negli ultimi anni, non credo che sia fuori questione. Senza dubbio, la nuova aristocrazia vuole consolidare la propria posizione. Di certo non amano stare a stretto contatto con la plebe quando visitano Venezia, Machu Picchu e simili.

International Man: In che modo la visione del WEF “non possiederai nulla e sarai felice” si confronta con il precedente sistema feudale dell’Europa medievale?

Doug Casey: I servi, a differenza degli schiavi, avevano alcuni diritti; possedevano utensili e capanne. Ma la loro posizione nella società era fissa, non potevano muoversi facilmente, un po’ come una versione medievale della città dei 15 minuti di cui parlano oggi. Dovevano riconoscere i superiori e non dire nulla di provocatorio, come gli attuali limiti sempre più draconiani alla libertà di parola.

Mi aspetto che l’enorme quantità di debito nella società odierna sarà il mezzo per trasformare gli americani della classe media in servi. Le classi inferiori sono già beneficiarie di assistenza sociale anche se producono molto poco; saranno presto sostituite dai robot. Quelli più istruiti sono sepolti sotto i debiti universitari. Ma tutti sono sepolti sotto debiti crescenti di carte di credito, debiti per auto, debiti per mutui e a volte anche debiti fiscali.

Se qualcuno realizza un guadagno sul mercato azionario o vendendo la sua casa, potrebbe spendere quei soldi solo perchè il governo vuole il 20%, il 30% o il 40% di quel guadagno. Quindi il guadagno, invece di una benedizione, diventa un disastro mascherato. Molte persone oggi sono oberate dai debiti, vivono di stipendio in stipendio. Stanno a malapena andando avanti, sotto un’enorme pressione per pagare cibo e affitto. Probabilmente sarebbero ben disposti ad accettare un accordo che offre essenzialmente “tre piatti caldi e un lettino”, un piccolo appartamento, internet e qualche soldo in più per stare in giro da Starbucks.

International Man: Come vedi lo sviluppo del “Feudalesimo 2.0” nei prossimi mesi e anni? Cosa si può fare per contrastare questo programma?

Doug Casey: Le tendenze in movimento tendono a rimanere in movimento finché non raggiungono un qualche tipo di crisi, quando può accadere di tutto insomma. Diamo un’occhiata ad alcuni sistemi economici:

  • Nel comunismo, l’ideale marxista, lo Stato possiede sia i mezzi di produzione (fabbriche, fattorie e simili) sia i beni di consumo (case, automobili e, teoricamente, persino i vestiti). La Cina di Mao è la cosa più vicina a quell’ideale. Il socialismo è una stazione di passaggio verso il comunismo. Lo Stato possiede i mezzi di produzione, ma gli individui possono comunque possedere beni di consumo. Ci sono molti paesi con ideali socialisti, ma nessun paese veramente socialista. Cuba probabilmente è la più vicina.
  • Il fascismo è un sistema economico in cui sia i mezzi di produzione che i beni di consumo sono di proprietà privata, ma sono entrambi controllati al 100% dallo Stato. La maggior parte dei paesi del mondo è fascista. La parola è stata coniata da Mussolini e intendeva descrivere la fusione di Stato, corporazioni e sindacati.
  • Poche persone sanno che Marx ha coniato la parola “capitalismo”. È un sistema in cui tutto è sia di proprietà privata che controllato privatamente. Non esistono paesi puramente capitalisti.
  • Nel feudalesimo, un signore possiede tutto ma concede feudi ai subordinati. Un’aristocrazia è sostenuta dalla plebe tramite la tassazione. Il feudalesimo si basa sulla fornitura di servizi e tasse da parte della plebe al signore in cambio di “protezione” dagli altri signori.

Ora un po’ di pura speculazione da parte mia. La maggior parte dei governi del mondo, compreso quello degli Stati Uniti, sono in bancarotta terminale. Si dimostreranno incapaci di far fronte ai propri obblighi. Nel frattempo, la prospettiva di guerre, secessioni e criminalità sta crescendo. Sospetto che le corporazioni e gli individui ricchi finiranno per soppiantare la maggior parte dei governi tradizionali. Il risultato potrebbe essere definito “Neofeudalesimo”.

La persona media cerca qualcuno o qualcosa che la salvi, che renda le cose migliori e risolva i loro problemi quando i tempi si fanno duri. Con governi in bancarotta e disfunzionali, individui e corporazioni solventi e potenti potrebbero prendere il loro posto. Harari e i suoi amici vogliono vedere la plebe ricevere un reddito annuo garantito, un posto dove vivere e avere intrattenimento finché i !mangiatori di pane” non spariranno. Ma non sarà tutto così semplice come immaginano i sogni erotici di Harari. Il mondo sarà caotico. Potremmo anche essere sulla strada verso un’idiocrazia, dove la popolazione è resa stupida in modo che non abbia idee pericolose. Indipendentemente da come andranno le cose, credo che nel breve termine ci troveremo di fronte a una situazione caotica e pericolosa.

Non ritengo che il voto possa essere una soluzione. Nonostante le differenze tra Harris e Trump, si tratta semplicemente di scegliere il male minore, che in questo caso sarebbe sicuramente Trump. Ma anche se eleggessi Mises, Hayek, Ron Paul o Harry Browne, temo che la marea della storia li spazzerebbe via. In ogni caso, il vostro voto non conta davvero. O forse dovrei dire che conta più o meno quanto un granello di sabbia su una spiaggia con centinaia di miliardi di granelli di sabbia. E anche allora, come diceva Stalin, non è chi vota che conta. È chi conta i voti.

Cosa potete fare per resistere a questi progetti a venire? È una lotta dura perché se siete orientato alla libertà, fate parte di una piccola minoranza in contrasto con le opinioni della maggior parte dei vostri concittadini, che sono stati indottrinati da anni di scuola, media e intrattenimento. I meme collettivisti sono cementati nelle loro menti. E quando parlano con i loro contemporanei, tendono a rafforzare reciprocamente le loro convinzioni.

Quando si è in un gruppo, può essere pericoloso avere convinzioni diverse, più o meno nello stesso modo in cui è pericoloso per una gallina di uno stormo avere una piuma fuori posto. Le altre galline la beccheranno a morte. Le idee dominanti tendono a essere imposte brutalmente.

Cosa potete fare a riguardo? A parte cercare di mantenere la vostra integrità personale, non c’è molto che possiate fare per arginare lo tsunami. Non c’era molto che un russo, amante della libertà, potesse fare nel 1917, o un tedesco amante della libertà potesse fare nel 1933, o un cubano amante della libertà potesse fare nel 1959. O un venezuelano amante della libertà oggi.

Il meglio che potete fare è cercare di salvare voi stessi, la vostra famiglia e i vostri amici che la pensano come voi. Cambiare la società in meglio è un’impresa ardua. Anche se spero che Milei in Argentina mi dimostri che sbaglio. 

International Man: Cosa suggerisci di fare agli individui per assicurarsi di non diventare servi moderni se prendesse piede il “Feudalesimo 2.0”?

Doug Casey: Esistono due tipi di libertà: fisica e finanziaria. Da un punto di vista fisico, è importante non essere legati al territorio come potrebbe esserlo un servo. Evitate che tutti i tuoi beni siano in un solo posto dove sono facilmente controllati dai poteri forti. Non comportatevi come una pianta. Rimanere radicati in un posto non è una strategia di sopravvivenza ottimale per un essere umano in tempi difficili.

I poteri forti sono interessati a controllare le altre persone. È meglio essere un bersaglio mobile, il che ti rende molto più difficile da colpire. Questo è un problema per quelli di noi che pensano che gli USA siano ancora la terra dei liberi. Non lo sono. Sono decenni che si sta evolvendo in peggio la situazione. Immagino che nei prossimi anni, forse a partire da queste elezioni, gli USA assomiglieranno sempre di più agli altri 200 stati nazionali che ricoprono la faccia del globo.

La cosa più importante che potete fare è internazionalizzarvi e assicurarvi che tutti i vostri beni non siano concentrati in un unico territorio, sotto il controllo di un solo governo. Da un punto di vista finanziario, ti dà la libertà di viaggiare e muoverti, specialmente con i prossimi controlli previsti tramite le monete elettroniche, le CBDC. Usate oro e Bitcoin! Dovreste già avere una buona scorta di entrambi. Se non ce l’avete, non è troppo tardi per iniziare ad accumulare e cambiare i vostri asset.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALETRADUZIONE DI ARTURO DOILO