L’Argentina sta vivendo una delle crisi economiche più gravi degli ultimi vent’anni. Attualmente, il 52,9% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, una percentuale che non si vedeva dai giorni più bui del crollo economico del 2001-2002. La classe media, un tempo considerata uno dei pilastri della società argentina, è stata superata in numero da chi non riesce a coprire i costi essenziali per sopravvivere. Questa situazione è peggiorata drammaticamente con l’elezione nel 2023 del presidente ultraliberista, Javier Milei, che ha portato a una rapida accelerazione del declino economico. Solo nei primi sei mesi del suo mandato, 5,5 milioni di persone sono entrate nella povertà, portando il totale a 25 milioni di argentini che vivono al di sotto della soglia di povertà.
Nella vasta periferia che circonda Buenos Aires, chiamata “conurbano”, la povertà raggiunge livelli estremi, con sei abitanti su dieci che lottano per sopravvivere. Alcune zone, un tempo appartenenti alla classe media, stanno cedendo sotto il peso di costi in continuo aumento. L’inflazione ha chiuso il 2023 con un tasso del 211%, ma in settori vitali come quello farmaceutico i prezzi sono aumentati del 286%. La situazione appare particolarmente grave per gli anziani, la cui pensione non riesce a tenere il passo con l’inflazione. Le pensioni minime restano infatti ben al di sotto dei 300 dollari al mese, e gli aumenti sono stati bloccati nonostante le proteste popolari.
Dall’altro lato dello spettro, i bambini sono tra le vittime più colpite dalla crisi: due su tre vivono in condizioni di povertà. I costi per l’infanzia continuano a salire e molte famiglie si trovano costrette ad accettare più lavori per far fronte alle spese quotidiane. I lavoratori del settore educativo sono particolarmente colpiti, con molti insegnanti che lavorano in diverse scuole ogni giorno per riuscire a sopravvivere. A rendere ancora più difficile la situazione è l’aumento esponenziale dei costi dei trasporti pubblici, cresciuti del 600% dall’inizio del mandato di Milei.
Parallelamente, il Governo ha ridotto o eliminato i sussidi per gas, elettricità e acqua, facendo aumentare vertiginosamente le bollette per la classe media. Anche il costo della benzina è aumentato del 150%, ma i salari non sono riusciti a tenere il passo. La situazione è particolarmente critica per i dipendenti pubblici, che sono stati i principali bersagli dei tagli di bilancio imposti dal governo.
Molte famiglie si trovano ormai sul bordo del baratro. Pur sentendosi ancora parte della classe media per abitudini e stili di vita, queste famiglie non dispongono più di un reddito che le mantenga a quel livello. Man mano che la crisi si prolunga, aumenta il rischio che queste famiglie debbano vendere i loro beni, con conseguenze a lungo termine difficili da prevedere.
Il settore immobiliare è un altro termometro della crisi. Nelle aree tradizionalmente della classe media, la domanda è crollata, e la mancanza di sicurezza contribuisce ad aumentare il senso di precarietà. In Argentina, dove l’inflazione è tra le più alte al mondo, i risparmi in dollari sono considerati l’unico strumento di protezione contro la svalutazione del peso. Tuttavia, con l’aumento dei costi, molti sono costretti a utilizzare questi risparmi per affrontare le spese quotidiane.
Il consumo di massa ha subito una drastica riduzione, con le vendite al dettaglio in calo del 10% su base annua, e il settore degli elettrodomestici che ha registrato una contrazione superiore al 30%. Anche l’industria argentina è in difficoltà: nei primi sette mesi del 2024, la produzione è scesa del 14%. Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale per il 2024 indicano una contrazione del PIL del 3,5%, rendendo l’Argentina l’unica grande economia dell’America Latina in recessione.
Il settore dell’istruzione, nonostante la crisi, rimane uno degli ultimi baluardi per la mobilità sociale. Negli ultimi decenni, l’apertura di università nelle aree periferiche di Buenos Aires ha permesso a molti giovani di famiglie povere di accedere a lavori migliori. Tuttavia, i tagli al bilancio imposti dall’attuale Governo mettono a rischio anche questo percorso di crescita sociale. La disuguaglianza economica, che un tempo distingueva l’Argentina come uno dei Paesi con una distribuzione più equa del reddito in America Latina, sta rapidamente crescendo. I dati sul coefficiente Gini indicano un avvicinamento ai livelli di disuguaglianza registrati durante la crisi del 2001-2002.
Uno dei fattori chiave di questa crescente disparità è la precarietà del mercato del lavoro. Molti lavoratori, in particolare quelli non qualificati, ricevono salari sempre più bassi e non riescono a trovare occupazioni stabili e dignitose. Si parla ormai di una “latinoamericanizzazione” del mercato del lavoro argentino, con condizioni sempre più simili a quelle dei paesi più poveri della regione.
Vent’anni fa, durante la crisi del 2001, la popolazione argentina si ribellò contro il governo con lo slogan “que se vayan todos”, chiedendo un cambiamento radicale. Oggi, una nuova crisi sta nuovamente mettendo in ginocchio il Paese, e la classe media rischia di scomparire, travolta dalla povertà crescente e dall’incapacità del Governo di invertire la rotta.
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