La guerra per procura fino all'ultimo ucraino: arruolare i diciottenni
Gli Stati Uniti stanno insistendo con Kiev perché abbassi l’età della leva, dagli attuali 25 anni ai 18 anni. A rivelare le indebite pressioni Usa, la deputata ucraina di Eurosolidarity Maria Ionova, alla quale ha fatto eco Sergei Leshchenko, consigliere dell’Ufficio presidenziale, il quale ha aggiunto che la sollecitazione godrebbe del “supporto di politici americani di entrambi i partiti”.
La notizia riportata da Strana segnala sia la disperazione dell’Occidente, che vede infrangersi il suo sogno di infliggere una sconfitta strategica alla Russia, sia la sua feroce determinazione nell’alimentare a tutti i costi questo conflitto contro la Russia “fino all’ultimo ucraino”, espressione che appare sempre più precipua.
Leva modello Vietnam
Il fronte ucraino è logorato, la carenza di soldati è ormai tragica, anche perché in prima linea vengono mandati a morire poveretti che a cui è stato insegnato a malapena a sparare, e la coscrizione precedente non ha funzionato.
Tanti, infatti, sono riusciti a espatriare, altri si nascondono e altrettanti pagano per evitare la leva. Tanto che ormai i reclutatori ucraini hanno oltrepassato la linea rossa pregressa, andando a cercare i renitenti alla leva nei locali notturni della capitale, finora non disturbati.
Non solo, quindi, la coscrizione forzata di poveretti tirati via dalle strade o dai supermercati, come mostra il video di Current Time, ora è la volta dei frequentatori di locali notturni, persone più benestanti che possono sempre corrompere qualche ufficiale per scamparla (c’è un apposito listino prezzi, vedi Strana).
D’altronde, si replica in Ucraina quanto accadeva in Vietnam del Sud, anch’esso abusato da una guerra per procura per conto degli States: come scriveva il nostro ambasciatore a Saigon Giovanni D’Orlandi, i ricchi avevano modo di evitare la leva, a combattere i Vietcong era mandata la povera gente (Giovanni D’Orlandi “Diario vietnamita 1962-1968“).
Citiamo il Vietnam anche per un’altra ragione, cioè che Leshchenko, nel riferire sulle pressioni, aggiungeva: “L’argomentazione dei nostri partner è questa: quando c’è stata la guerra degli Stati Uniti in Vietnam, venivano mandati a combattere uomini dai 19 anni in su. Insomma, gli americani dicono: le armi occidentali da sole non bastano, è necessaria la mobilitazione dall’età di 18 anni” (si potrebbe commentare che citare come esempio il Vietnam non porta molto bene, ma forse è un lapsus freudiano).
L’irruzione dei reclutatori nei locali notturni ha fatto notizia, tanto da essere denunciata dall’Associated Press, ma il reclutamento a strascico dei renitenti alla leva va avanti da tempo, ignorato dai più perché non è una buona pubblicità per Kiev (come le attuali diserzioni in massa dei soldati).
Forse, chissà, la novità avrà disturbato qualche cliente occidentale che vede profilarsi all’orizzonte la chiusura del suo locale preferito a causa di mancanza di clientela. Tant’è.
Gli uragani che hanno spazzato via Ramstein
Leshchenko aggiunge, però, che il presidente Zelensky “non ha ceduto” alle pressioni, cenno che segnala il motivo della rivelazione da parte del sottoposto: rilanciare l’immagine del suo presidente, alquanto offuscata, capace di dire “no” agli americani su una misura tanto impopolare.
Ma si tratta solo di un rinvio. Infatti, l’articolo di Strana finisce così: “Ieri il giornalista Vitaly Portnikov ha detto che se la guerra dura altri due anni, l’età della leva si abbasserà e se dura cinque anni saranno mobilitate anche le donne”. Una ricetta per il genocidio.
Resta che Zelensky non si rassegna al calo di interesse dei suoi sponsor. Investito da due uragani, Helene e Milton, che hanno consentito a Biden di annullare l’incontro di Ramstein, nel quale il presidente ucraino sperava di rilanciare il suo cosiddetto piano di pace e incassare il sì ai missili a lungo raggio e all’ingresso nella Nato, ha cercato ugualmente di ridare slancio alle sue follie, incontrando uno a uno i leader europei.
Tante le rassicurazioni, nessuna concessione reale. La sorpresa più amara Zelensky l’ha ricevuta in Gran Bretagna, il suo sponsor più accanito, con il premier Starmer che ha risposto “no” all’impiego dei missili a lungo raggio contro la Russia, aggiungendo che, se anche Kiev potesse usarli, ciò “non vi farà vincere la guerra” (Strana), ribadendo in tal modo quanto dichiarato a settembre il Capo del Pentagono Lloyd Austin.
Non che sia finita la giostra, con Starmer che valuta di inviare istruttori, che in Vietnam anticiparono le truppe, e le richieste di Zelensky (e dei suoi sostenitori) rilanciate a ogni piè sospinto. Ma ad oggi sembra un forcing asfittico, con i soldati inviati a Kursk e il fronte del Donbass che arretrano ogni giorno di più. Una flessione che si nota anche nell’attivismo del Segretario di Stato Tony Blinken, che pure ha un legame particolare con Kiev, perché città natale del padre, che con il figlio partecipava del destino della comunità ebraica del Paese, alla quale è legato anche Zelensky.
Le orde nordcoreane
Resta che gli sponsor della guerra ne inventano sempre di nuove: ultima la presenza di truppe della Nord Corea inviate in supporto ai russi. Notizie rimbalzate negli ultimi giorni da un media all’altro, con smentite che passano inosservate. Come quella di Ukrinform: “Negli ultimi giorni sono emerse anche segnalazioni secondo le quali degli ufficiali nordcoreani sarebbero stati uccisi in un attacco missilistico ucraino in un territorio occupato dalla Russia. Il Kyiv Independent non è stato in grado di verificare queste segnalazioni, che non sono state confermate da una sola fonte di intelligence“.
Una boutade che ha lo scopo di far pressioni per intruppare la Nato o altri nella guerra (la Corea del Sud, ad esempio, che in Vietnam fornì il contingente più nutrito in supporto ai marines Usa… già, si torna sempre al Vietnam).
Ma, mentre più alti si levavano gli allarmi sui nordcoreani pronti aa affiancare le baionette russe, ecco che Biden, a sorpresa, ha dichiarato che gli Stati Uniti sono pronti a dialogare “senza precondizioni” con “Russia, Cina e Corea del Nord” per eliminare la minaccia atomica dal mondo (irenico).
Se non ricordiamo male, è la prima volta che nel suo mandato Biden apre a un dialogo sull’atomica nordcoreana. Con Pyongyang si può parlare, dunque, nulla importando degli allarmi paranoici sui fantasmi nordcoreani che si aggirerebbero nelle lande ucraine. Sorprendente il Biden degli ultimi giorni di mandato che, dopo aver aperto timidamente a un possibile incontro con Putin ai prossimi vertici internazionali, ha lanciato l’idea di un dialogo con la Russia. Peraltro, se davvero i negoziatori russi e americani si incontreranno per l’atomica, a margine si parlerà anche di altro.
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