In Turchia c'è un borgo fantasma con 700 minicastelli invenduti, ennesima ciclopica iniziativa immobiliare fallimentare, perché pessimamente pianificata e parzialmente sfigata.
di Claudio Martinotti Doria
Nella Turchia Nord Occidentale, in provincia di Bolu (capoluogo con circa 120mila abitanti, nell'antichità pre-romana era una delle più importanti città del regno di Bitinia, sotto l'impero romano prese il nome di Claudiopolis), sorge il nuovo borgo di Burj Al Babas Villa (presso la cittadina omonima, cui hanno aggiunto "Villa" per identificarlo e distinguerlo), che almeno nelle intenzioni dei progettisti e finanziatori doveva diventare una cittadina privata d'élite, di quelle per intenderci tutte recintate e sorvegliate con accesso controllato e limitato, per residenti assai benestanti, rispetto agli standard turchi.
Gli edifici, ben 732, hanno caratteristiche strutturali tipiche del castello gotico di stile francese (si sono ispirati ad alcuni castelli della Loira) e delle ville signorili, con annessa torretta gugliata con balconata multilivello per poter ammirare il paesaggio circostante, che è noto per la ricchezza delle sue foreste. Foreste peraltro abbattute per centinaia di ettari per costruire l'enorme complesso immobiliare.
Tutte le centinaia di edifici sono stati concepiti con tecniche all'avanguardia, rifiniture di pregio e con l'opportunità di personalizzare parte degli interni: pavimenti in
legno o marmo, pareti e soffitti decorati con stucchi, dorature alle rubinetterie, piscine
interne riscaldate e/o esterne, moderni ascensori silenziati (alloggiati nel lato piatto e privo di finestre dell'edificio, come risulta evidente in una delle foto allegate), sistemi di
condizionamento e domotica, sistemi aggiuntivi di sicurezza, panic room, ecc..
Realizzato dal consorzio di imprese Sarot Group, dal 2014 al 2017 sono stati investiti oltre 200 milioni di dollari
per la costruzione del nuovo borgo fiabesco e principesco, che avrebbe dovuto comprendere
anche un centro commerciale, vie e piazze che però a causa del recente fallimento del consorzio non sono state completate.
Gli edifici avrebbero dovuto essere venduti tra i 260 mila e 440 mila euro l’una (secondo le rifiniture e gli accessori e i complementi d'arredo e di servizio), richieste che rispetto alla qualità degli immobili per molti sarebbero risultate appetibili, se solo avessero provveduto a raccogliere un congruo numero di prenotazioni e anticipazioni, le cosiddette prevendite a livello progettuale.
A peggiorare il già pessimo business plannig è sopraggiunta la specifica crisi politico economica che ha colpito la Turchia con conseguente inflazione galoppante e svalutazione della lira turca, che ha allontanato anche i pochi potenziali acquirenti. Per cui nonostante fosse una delle operazioni edilizie tecnologicamente più all'avanguardia e meglio promosse, pubblicizzate e comunicate tramite siti web, web cam e visite virtuali che consentivano ai potenziali acquirenti di seguire i lavori in tempo reale, non ha avuto il meritato successo, e il consorzio dopo un paio di anni abbondanti (dei tre previsti per la conclusione dei lavori) ha dovuto rinunciare, lasciando incompleti alcuni edifici, oltre alle infrastrutture di servizio.