All’ombra della spaccatura politica conosciuta dalla Moldavia nel doppio voto politico di domenica 20 ottobre, un dato emerso con forza è stata la forte avversione della regione autonomista della Gagauzia al referendum per l’inserimento in Costituzione dell’avvicinamento all’Ue. Il voto, passato di stretta misura con il contributo decisivo dei moldavi residenti all’estero, ha visto la regione meridionale del Paese, con capoluogo Comrat, votare compatta: quasi il 95% di “No” al progetto della presidente Maia Sandu. Specchio di un contesto politico che ha visto, in Moldavia, 27 distretti su 36 disapprovare il progetto della presidente, che ha vinto di 12mila voti grazie al risultato dell’estero, dove il “Si” ha prevalso di 130mila preferenze su un corpo elettorale pari al 16% del totale degli aventi diritto.
Un voto, quello sulla corsa europea della Moldavia, che ha destato polemiche e ha sancito, nonostante la vittoria, un brusco stop per Sandu, che agli occhi dei cittadini del Paese appare oggi come la presidente che agisce per conto dell’Occidente e della diaspora all’estero, trovandosi di fatto a portare avanti un progetto politico a cui la maggior parte dei moldavi residenti in patria è contrario. E il caso Gagauzia è emblematico.
Sandu non potrà ignorare la regione autonomista, abitata da una popolazione di stirpe turca, fieramente ortodossa e in cui è forte la nostalgia per l’Unione Sovietica. Una regione legata alla Turchia e alla Russia e animata da sentimenti euroscettici, in cui l’adesione all’Occidente è vista, potenzialmente, come una fonte di snaturamento e come la strada verso un annacquamento dell’identità e, cosa più temuta, lo spopolamento. Peraltro, la Gagauzia avrà un peso politico anche al ballottaggio presidenziale, dato che Sandu nella regione si è fermata a un ridotto 2,3% dei consensi al primo turno e al referendum dovrà vedersela con l’ex procuratore e candidato del Partito dei Socialisti della Repubblica Moldova (Psrm), Alexandr Stoianoglo, che ha sfiorato il 26% dei consensi a livello nazionale contro il 42% della presidente. Stoianoglo, il 3 novembre, potrà contare sul sostegno contro Sandu di Irina Vlah, l’ex governatrice della Gagauzia che porterà in dote alla causa del cambio di presidente il 5% raccolto al primo turno presidenziale.
La Moldavia resta dunque un Paese dalla profonda multipolarità interna e dalla grande complessità geopolitica e strategica, le cui faglie interne non devono essere sollecitate troppo, pena il rischio di dividerlo nettamente. La spinta di Sandu verso l’Occidente può creare, se non ben governata, difficoltà interne e disequilibri se l’avvicinamento all’Europa unita sarà visto come un fine in sé, da perseguire a qualunque costo, e non come un mezzo.
Come abbiamo ricordato su queste colonne, bisogna tener presente che in termini di rapporti con Chisinau “ la Gagauzia non è la Transnistria secessionista: oltre il Nistru la divisione è politica in un contesto in cui la popolazione è divisa tra russi, ucraini e moldavi. La Gagauzia invece è un’enclave tripartita in altrettante piccole regioni in cui la maggioranza della popolazione è altro rispetto al ceppo dominante nel Paese“. I gagauzi, non a caso “chiamano la loro regione come “la terra del sole” e secondo le leggende si definiscono “figli del lupo”. Questo è un richiamo chiaro alla profondità dell’etnia turca, alle stirpi partite dalle steppe asiatiche per colonizzare l’Eurasia”.
In Gagauzia, nel capoluogo Comrat, si possono vedere statue di Lenin osservare cupole dorate di chiese ortodosse, e la popolazione apprezzare entrambe come simboli della propria storia. Al termine della regione si trova lo strategico porto di Giurgiulesti, dove il Prut sfocia nel Danubio che dà indirettamente accesso ai mari alla Moldavia: veder interdetta la rotta per una crisi politica in Gagauzia danneggerebbe Chisinau. La Moldavia ha provato a integrare i gagauti con posizioni di rilievo nell’esercito e nell’apparato locale, ma la terra dei “figli del lupo” resta fieramente autonoma. E in caso di rielezione Sandu non potrà trascurarla. Pena il rischio di spaccare il Paese sull’altare della sua ambizione.
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