Fabio Mini - Kim, Putin e il doppiopesismo della NATO
di Fabio Mini - Fatto Quotidiano
31 ottobre 2024
Che
la guerra in Ucraina fosse convenzionale è assodato da tempo. Almeno
fino a quando non si scoprirà con meraviglia e sorpresa che sono già
state usate armi non convenzionali, munizioni speciali, aggressivi
biologici e chimici.
E fino a quando non si passerà alla guerra
nucleare che potrebbe accadere in ogni momento. Nella guerra
convenzionale vige il principio di reazione di Newton secondo il quale a
ogni azione corrisponde una reazione che la natura, la scienza, l’etica
e il diritto bellico vorrebbero uguale e contraria.
In realtà sempre più spesso la reazione bellica motivata è
innaturale, sproporzionata, asimmetrica e indiretta. Quella immotivata
non è una reazione ma un’azione. La reazione israeliana all’azione di
Hamas è stata sproporzionata e diretta non contro Hamas ma contro tutti i
palestinesi esistenti e quelli non ancora nati. Altra cosa innaturale è
giustificare chi agisce affermando che reagisce. Dopo l’introduzione
del ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti (1928)
si è continuato a fare la guerra di aggressione dando a essa nomi
diversi e confondendo azione e reazione secondo la convenienza del
momento. Non si è considerata la vera storia che registra l’accumulo di
azioni, minacce e ingiustizie che hanno portato alla reazione.
Per
passare dalla “storia” al “momento” si sono spesso utilizzati falsi
pretesti e mistificazioni. Così i soldati o i missili, i carri armati e i
droni che i paesi della Nato mandano in Ucraina per combattere la
Russia sono aiuti legittimi mentre le armi, le munizioni e i soldati
mandati dalla Corea del Nord e l’Iran alla Russia sono una pericolosa
escalation e una violazione del diritto internazionale. Inoltre, se noi
occidentali diamo armi all’Ucraina essa vince, se i coreani le danno
alla Russia vuol dire che è a pezzi.
Le reazioni irrazionali del segretario alla Difesa americano Austin,
dell’Alto rappresentante europeo Borrell e del Segretario della Nato
alla notizia dell’afflusso di truppe nordcoreane in Russia somigliano
molto alle mistificazioni e alla fabbricazione dei pretesti usati nelle
varie guerre occidentali. Ed è questo il vero pericolo che i due stanno
creando.
Come l’ex generale Powell fu costretto a esibire le
prove false delle armi chimiche irachene, l’ex generale Austin ha
esibito immagini satellitari ovvie come prove della presenza di truppe
coreane in Russia. Prove non necessarie perché la presenza non era un
segreto per nessuno. Stessa linea della propaganda di Borrell che
strilla a ogni respiro russo, tace di fronte alle panzane ucraine e
rimane inattivo (chiacchiere e retorica a parte) nei riguardi di
Israele. Entrambi, e non sono soli, non hanno prodotto uno straccio di
valutazione razionale sull’afflusso coreano in Russia. Eppure sanno come
stanno veramente le cose o dovrebbero saperlo.
Dal punto di vista politico l’invio scaturisce da un accordo fra due Stati membri delle Nazioni Unite attualmente in guerra de jure (Corea del Nord) o de facto (Russia).
Entrambi si trovano nella condizione di dover combattere contro popoli
“fratelli” grazie a quella che considerano una ingerenza armata
dell’Occidente. Non sappiamo quali siano gli accordi, ma possiamo
immaginarli dai loro effetti.
La Russia ha consentito alla Corea
del Nord di uscire dall’isolamento politico e dalla morsa delle sanzioni
occidentali. In cambio di enormi quantitativi di munizioni ha ottenuto
risorse strategiche come denaro liquido, credito finanziario, energia e
merci oltre a tecnologia nucleare e missilistica.
Kim può essere
certo che mezzo mondo ricomincerà a parlargli, con minacce o blandizie, a
partire dagli Stati Uniti che nella penisola coreana hanno quasi 30
mila uomini. La Corea del sud, che per compiacere Washington fornisce
armi e munizioni all’Ucraina, ha il timore palese che il conflitto per
procura tra Occidente e Russia dall’Ucraina si trasferisca in Corea, e
quello nascosto che gli americani non se ne vadano mai.
Sul piano
militare è probabile che sia stata la stessa Corea del Nord a offrire
truppe e non la Russia a chiederle. Da settant’anni la Corea del Nord
tiene addestrati e pronti un esercito di un milione di uomini e una
popolazione di 25 milioni ampiamente militarizzata. Centomila pezzi di
artiglieria sono puntati su Seul e le basi americane in Corea; missili a
medio e lungo raggio sono in grado di colpire tutte le basi
statunitensi dell’area e comunque, salvo qualche incidente di poco
conto, questa forza enorme non ha mai provato sul campo la sua capacità
militare.
Anche la Corea del Sud è curiosa di vedere come agiranno i “fratelli
cattivi” e ha aggiunto i propri militari a quelli occidentali per
istruire gli ucraini sulle tattiche dei soldati nordcoreani. Tutti i
coreani in genere sono ottimi combattenti e quelli del Nord, meno
tecnologici, sono dei guerrieri essenziali: sanno difendersi, attaccare e
ammazzare. Niente di sofisticato.
Gli americani in Vietnam
avevano affidato ai coreani la difesa degli ospedali da campo, dei
depositi di munizioni e di altri siti sensibili dopo aver constatato che
i loro reparti non erano in grado di battere le incursioni notturne dei
Vietcong che razziavano di tutto. Con la sicurezza coreana gli
americani non venivano più svegliati di soprassalto nel cuore della
notte, ma il mattino successivo dagli alberi penzolavano i corpi
squartati di vietcong. Le forze speciali nordcoreane sanno tutto del
territorio della penisola e sono specializzate nel sabotaggio di
centrali nucleari e infrastrutture dei trasporti. Parlano e leggono
l’inglese e il russo e in caso di difficoltà la diaspora nordcoreana è
presente in quasi tutte le Repubbliche della Federazione russa.
Non
si sa quale accordo militare abbiano siglato russi e nordcoreani e non
sappiamo quali compiti e regole d’ingaggio abbiano stabilito i russi per
il contingente nordcoreano. Non si sa quali e quanti cannoni e missili
si portino dietro. Si può comunque essere certi che tutti i combattenti
abbiano già ricevuto un indottrinamento sui nemici da battere: bande di
neonazisti pluri-tatuati al soldo degli americani. Non è detto che le
unità nordcoreane vengano integrate in quelle della Federazione e poste
sotto comando russo. È più probabile che a ogni unità venga assegnata
una missione tatticamente autonoma e che il coordinamento avvenga al
livello di comandi di contingente.
È una buona scuola anche per i generali che sicuramente pensano a una
cooperazione militare più estesa. Gli ucraini li temono sul fronte, ma
non è improbabile che vengano impiegati per la sicurezza delle retrovie
russe e la minaccia a quelle ucraine. In ogni caso non è una escalation o
un allargamento della guerra se non lo è anche l’intervento occidentale
in armi, uomini e munizioni.
L’Ucraina e la Corea del Sud usano
il pretesto dell’escalation per chiedere alla Nato rispettivamente altre
armi e maggiore impegno nella regione dell’Indo-Pacifico. Un invito a
nozze, anzi due.
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