Kursk, c’è la follia NATO dietro l’avanzata di Kiev
di Fabio Mini - 18/08/2024
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Fonte: Il Fatto Quotidiano
La penetrazione “ucraina” nel territorio russo di Kursk,
iniziata con un centinaio di uomini, si è allargata e relativamente
approfondita. Ora le fonti occidentali contano circa cinque brigate
meccanizzate e corazzate oltre alle forze speciali ucraine in Russia e
ogni chilometro da esse occupato o attraversato è considerato un
successo definitivo. Anche gli analisti più scettici sulle capacità
militari ucraine tendono a presentare la situazione come un punto di
svolta fondamentale per l’intero conflitto mentre i bellicisti nostrani
già esultano in vista del crollo russo su tutto il fronte. Lo sviluppo
delle operazioni sul terreno suggerisce però alcune considerazioni sia
tattiche che strategiche.
1. L’invasione ucraina segna il passaggio
dell’iniziativa strategica e del comando delle operazioni dall’Ucraina
alla Gran Bretagna, sia come parte della Nato sia come leader del BB
(Blocco Baltico o Banda Bassotti ad lib.) di sostegno all’Ucraina. Le
forze ucraine sono motivate e addestrate con evidenti segni di
rivitalizzazione grazie alla partecipazione di professionisti
occidentali, agli ordini precisi e agli obiettivi spregiudicati. Le
cautele nei confronti della potenza russa e della sua capacità di
escalation sono scomparse. Gli stessi ucraini hanno abbandonato i timori
delle ritorsioni russe e, da parte loro, la Nato, l’Europa e la Gran
Bretagna non hanno mai tenuto conto dei rischi e dei sacrifici che il
conflitto ha comportato e comporta per gli ucraini. Il bullistico
whatever it takes coraggiosamente sbandierato si è sempre riferito
all’indifferenza per le perdite ucraine e all’accaparramento dei
profitti di guerra da parte degli occidentali.
2. La manovra
“ucraina” che tendeva a distrarre forze russe dal Donbass di fatto ha
favorito la mobilitazione di nuove forze russe che si stanno preparando
mentre l’area occupata viene evacuata con l’intento di guadagnare tempo
cedendo spazio. La residua capacità di penetrazione delle forze ucraine
può portarle ancora avanti per decine di chilometri ma, senza rinforzi
alle spalle, man mano che avanzano si allunga il braccio logistico, e le
forze tendono a trovarsi in una sacca pericolosa che potrebbe chiudersi
non tanto con la resistenza russa sulla fronte ma con la saldatura del
fuoco missilistico e aereo sul retro, in territorio ucraino.
3.
L’occupazione ucraina non è stabilizzata ed è fluida. La possibilità di
costituire comandi militari territoriali ucraini annunciata dal
presidente Zelensky per lo svago dei suoi sostenitori è fine a se stessa
e può durare finché dura la presenza militare. Da che mondo è mondo
l’occupazione militare sottrae risorse alla popolazione, impone regimi
che alienano le eventuali simpatie per gli occupanti e impegnano le
forze operative in compiti di controllo del territorio distraendole dai
fronti di combattimento. Anche l’eventuale trasformazione della breccia
in una zona controllata da un contingente internazionale ha probabilità
nulla per la prevedibile opposizione russa a un illecito internazionale,
e alta probabilità di rappresentare una aperta provocazione militare.
4.
La manovra di Kursk si basa sulla scommessa occidentale che la Russia
non impieghi armi nucleari tattiche. Senz’altro non lo farà sul proprio
territorio anche se occupato e anche se gli stessi falchi russi stanno
premendo per una mattanza che colpisca le forze d’invasione. Ma può
farlo sul territorio ucraino e proprio in corrispondenza della cerniera
di chiusura della penetrazione. Facile prevedere gli effetti devastanti
di qualcosa che si esclude a priori.
5. L’operazione in corso, che
alimenta i sogni dell’inizio della fine della Russia, può svilupparsi in
senso contrario proprio grazie al cinismo della direzione occidentale
delle operazioni. Lo scopo ucraino e britannico più razionale e
probabile dell’operazione è quello di coinvolgere la Nato nella guerra
diretta contro la Russia in territorio russo prima che gli Stati Uniti e
altri Paesi, presi da problemi interni e priorità internazionali,
stacchino la spina al respiratore artificiale che tiene in vita
l’Ucraina. Sarebbe una guerra aperta Ovest-Est disastrosa per tutti, sia
che preveda operazioni prolungate sia, peggio ancora, che inneschi lo
scontro nucleare. Tuttavia il cinismo occidentale che guida l’operazione
di Kursk autorizza a considerare lo scopo strategico di affrettare la
fine del conflitto sacrificando le ultime forze ucraine, contrattando lo
scambio di territori e inglobando ciò che resterebbe dell’Ucraina nella
Nato e nell’Unione europea. Si aprirebbe la nuova Guerra fredda che
molti vagheggiano con i suoi nuovi schieramenti di missili in Europa, i
grandi affari della nuova corsa agli armamenti e della ricostruzione dei
territori devastati dalla guerra e i “vantaggi” della nuova cortina di
ferro: questa volta sul Dnepr, spaccando in due o in quattro Kiev.
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