In Israele, com’è chiaro oramai da tempo, vige la legge dei due pesi e due misure, persino quando si tratta di terrorismo. Ebbene, per certi ministri del governo Netanyahu, i terroristi di Hamas, o persino coloro accusati sommariamente di tale reato, dovrebbero morire o, nella migliore delle ipotesi vivere di stenti e soprusi nelle prigioni di Tel Aviv, in perfetto stile Sde Teiman [il carcere degli orrori, di cui abbiamo scritto recentemente].
Lo stesso trattamento però, non è riservato ai terroristi israeliani, che vengono definiti dagli stessi ministri degli “eroi e santi da venerare”. Il riferimento è a Ben-Uliel, un colono che nel 2015 diede fuoco alla casa di una famiglia palestinese di Duma, causando la morte di due giovani sposi, Saad e Riham Dawabshah, e del loro neonato. Tutti e tre morirono per le gravi ustioni riportate. Si salvò solamente il figlio di 5 anni, Ahmed, che oggi ha 13 anni, è orfano e sul viso porta ancora le cicatrici di quella notte così nera e feroce.
Il nuovo idolo della destra messianica
Nonostante Ben-Uliel si sia macchiato di un crimine così spietato, Ben-Gvir, il ministro della Sicurezza in carica, lo vorrebbe fuori dal carcere dove è giustamente richiuso – con la pena da scontare di tre ergastoli. I messianici accecati dall’odio verso il popolo palestinese lo chiamano “eroe”. Il suo nome è il soggetto di slogan urlati al grido di “Amiram Ben-Uliel aveva ragione”. Insomma, questo brutale terrorista pare proprio essere il nuovo idolo della destra israeliana.
Il ministro, riporta Haaretz, non avendo di fatto il potere di scarcerare Ben-Uliel, ha portato avanti quanto gli è stato possibile, richiedendo di “alleviare le sue condizioni carcerarie”. Difatti, il detenuto pare esser trattato con i guanti, tant’è che gli sono concesse persino conversazioni con il rabbino Dov Lior, uno dei leader dell’estrema destra religiosa, nonché rabbino personale di Ben-Gvir. Ma non finisce qui.
Il prigioniero ha già ricevuto una serie di visite in carcere alquanto particolari. Già, perché a incontrare Ben-Uliel è stato niente di meno che Kobi Yaakobi, ovvero il capo del servizio carcerario israeliano. Verrebbe da domandarsi perché un alto funzionario come Yaakobi faccia visita a un terrorista. Probabilmente la risposta sta nel fatto che il terrorista in questione è un colono e non un palestinese. E tanto basta a Ben-Gvir, e ai suoi, per rivedere la posizione del detenuto, che da criminale condannato dovrebbe invece esser elevato ad eroe da osannare.
Alcuni già lo idolatrano apertamente, come la deputata Limor Son Har-Melech, dello stesso partito di Ben-Gvir, che lo ha visitato più volte nei mesi passati, e che alla Knesset lo ha descritto come “un martire che soffre per l’intera nazione di Israele”. Tempi bui, dove nelle piazze e soprattutto al parlamento israeliano si chiede la beatificazione di chi ha sterminato una famiglia palestinese.
Il capo dello Shin Bet: “Il terrorismo ebraico sta aumentando”
A tal proposito, nei giorni scorsi, il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, ha sollevato la questione del terrorismo israeliano. Il numero uno dell’agenzia di intelligence di Tel Aviv, in una lettera indirizzata a Benjamin Netanyahu, ha dichiarato che “i leader dei terroristi ebrei vogliono far perdere il controllo al sistema, causando un danno indescrivibile a Israele”. Il terrorismo ebraico, così definito dallo stesso Bar, “è alimentato dai leader di estrema destra e membri della Knesset come Ben-Gvir”. Questo fatto è, purtroppo, una realtà rodata in Israele, dove i coloni finiti in carcere godono di condizioni agiate, rispetto agli altri detenuti. Una volta usciti di prigione, gli stessi coloni ricevono dei fondi dai parlamentari di destra. Il perché è presto detto: qualsiasi crimine abbiano commesso contro i palestinesi e contro i loro villaggi in Cisgiordania, per i messianici non costituisce un reato, bensì un gesto da lodare.
Il leader di Potere Ebraico, per tutta risposta, ha chiesto le dimissioni di Ronen Bar. Ciò che però merita un’approfondita riflessione è il fatto che Ben-Gvir, che è il ministro della Sicurezza di Israele, per il capo dello Shin Bet “costituisce un pericolo per il Paese”. Un paradosso molto pericoloso per Israele.
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