Il paradosso della tolleranza e il rischio di deriva autoritaria
Imperativo che i valori fondanti delle nostre istituzioni vengano preservati ad ogni costo e che si ritorni all’origine dei nostri “contratti sociali”
La finzione: Regno Unito
Nel 2005 uscì, nelle sale cinematografiche, la pellicola “V come Vendetta”. La storia è ambientata in un Regno Unito distopico. Gli sceneggiatori narrarono che, fra il 2005 ed il 2015, questo Stato e gran parte del resto del mondo attraversarono una fase bellica e un periodo sociopolitico instabile, con proteste civili che sfociavano spesso in guerriglie urbane. Nel 2015 – da una scissione all’interno del Partito Conservatore – sorse un movimento nazionalista, il Fuoco Norreno, che riuscì a ottenere un largo consenso, utilizzando la paura come catalizzatore, vincendo le elezioni politiche con successo. Preso il potere il nuovo regime, presto assunse posizione totalitarie.
La realtà
Dopo la strage di bambini, avvenuta il 29 luglio 2024 a Southport, nel Merseyside (26 chilometri a nord di Liverpool), dove tre bambini sono stati uccisi a coltellate e altre 10 persone – otto delle quali erano bambine – sono state ferite, alcune in modo grave, e dopo che venne arrestato, sulla scena del crimine, Axel Rudakubana, cittadino britannico di 17 anni nato a Cardiff, figlio di immigrati ruandesi, ecco che la Gran Bretagna è stata percorsa da disordini di chiara matrice anti immigrazione e anti islamica.
Le manifestazioni, particolarmente esacerbate nei modi – non certo pacifici – e nei toni, hanno avuto slogan come “quando è troppo è troppo”, “salviamo i nostri figli”. Rabbiosa e spaventata la reazione del nuovo governo Starmer che ha garantito la massima durezza nel reprimere i focolai di violenza. Dalle parole ai fatti: in pochi giorni oltre 400 persone (anche 50 minori) vengono incriminate per quei disordini mentre continuano a lavorare a ritmo serrato i tribunali di Inghilterra e Galles. Fermati e processati, oltre ai partecipanti ai disordini anche persone accusate di reati di opinione per aver pubblicato post sui social media.
La finzione: Francia
Nel 2015 lo scrittore francese Michel Houllebecq da alle stampe il romanzo fantapolitico “Sottomissione”, per macabra coincidenza pubblicato nel giorno dell’attentato alla sede di Charlie Hebdo. Semplice la trama: nel 2022 vince le elezioni presidenziali un nuovo, per il panorama francese, partito islamico (Fratellanza Musulmana), che riesce a battere il Front National, grazie all’alleanza repubblicana siglata con il Partito Socialista Francese, i gollisti (ancora UMP), i liberali dell’Union des démocrates et indépendants ed altri movimenti minori.
Il governo del nuovo presidente, impone poco a poco, ma con assoluta costanza una sorta di Sharia attenuata, cui le élite francesi si adeguano quasi con piacere, collaborando con il nuovo regime. Nel frattempo, nell’immensa provincia francese si formano nuclei di resistenza armata, formati da veterani di corpi speciali e della Légion, che destabilizzano il territorio.
La realtà
Giugno-luglio 2024. Per rimediare ad un calo di prestigio interno ed internazionale il presidente Emmanuel Macron indice – anticipatamente rispetto il normale calendario – elezioni “politiche” per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale con il dichiarato intento di mettere la museruola al Rassemblement National (come dal 2018 viene chiamato il FN), uscito vincitore alle elezioni europee. Complice il sistema elettorale a doppio turno ed a sofisticati accordi di desistenza si forma una “impropria” alleanza tra il Nouveau Front Populaire (che riunisce una galassia di partiti della sinistra: La France Insoumise, il Partito Socialista, Les Écologistes, il Partito Comunista Francese ed alleati vari), nonché i macroniani di Ensamble ed i Repubblicani. Questa eterogenea compagine riesce a battere la Le Pen, anche se RN è il primo partito in termini di voti.
Il risultato di prestigio di La France Insoumise di Mélenchon che – con atteggiamenti pro Islam e volgarmente anti ebraici – si è affidato al voto islamico, di chi vuole la Sharia e di tutte le minoranze in essere in Francia (i suoi sostenitori – il giorno della vittoria – mostrano un grande tricolore con la scritta: La France est tissu de mgrations ). Rimandata la formazione del nuovo esecutivo a dopo le Olimpiadi ecco che si scopre che il re Macron è nudo.
Al momento non esiste alcuna ipotesi di coalizione perché nessuno vuole e a nessuno conviene allearsi con nessuno. Una situazione “belga”, impensabile per la granitica Quinta Repubblica, forgiata dal generale De Gaulle proprio per garantirne la stabilità. Intanto il controllo delle istituzioni sul territorio e sulle organizzazioni di queste minoranze è quasi nullo, come testimoniano gli attentati alle linee ferroviarie nei primi giorni delle Olimpiadi.
Belgio e Svezia
Questi sono solo due esempi. Si potrebbe ricordare anche come il quartiere bruxellese di Molenbeek sia da anni un santuario del terrorismo europeo. Esso è abitato da una popolazione a maggioranza di origine immigrata, tendenzialmente marocchina o turca. Il tasso di disoccupazione oscilla intorno al 30 per cento. Le caratteristiche etniche del quartiere saltano agli occhi rispetto ad altre zone della capitale: donne con il velo e uomini con la kefiah sono la regola. Lì, più che altrove, l’integrazione è fallita.
Si potrebbe ricordare come nella civile Svezia le città di Göteborg e Malmö siano, da anni, teatro di gravi violenze provocate da bande criminali islamiche. Una situazione ingovernabile, figlia di decenni di politiche immigrazioniste e multiculturali.
Rilettura della storia e del diritto
Negli Stati Uniti la rilettura forzata della storia ha portato ad un ridimensionamento dei depositari dei diritti, ormai stabilmente in mano alle “minoranze”, fino a far precipitare il Paese sull’orlo di una nuova guerra civile.
In Italia, ancora distante da queste emergenze, si assiste ad una rilettura del diritto a discapito dei fatti, ma a favore dell’integrazionismo. Nel 2017, dopo un caso di stupro a Rimini di una donna in vacanza, la successiva identificazione del “branco” composto da stranieri africani, l’avvocato Carmen di Genio, membro del Comitato Pari Opportunità della Corte d’Appello di Salerno, intervenendo ad un convegno sulla sicurezza e la legalità disse: “Non possiamo pretendere che un africano sappia che in Italia su una spiaggia non possa violentare una persona”; come se vi fosse, al mondo, un diritto positivo che legalizzi lo stupro.
Il paradosso della tolleranza
Il 20 aprile 1968 il parlamentare conservatore Enoch Powell pronunciò un discorso durissimo sull’immigrazione di massa passato alla storia col nome Rivers of Blood, che, da un sondaggio risultò condiviso dall’80 per cento dei cittadini britannici. La profondità – e l’attualità – di Powell risiede nel fatto che queste popolazioni giungerebbero nel Paese ospite come depositari di diritti, più che come titolari di doveri.
Questa è la storia della recente immigrazione in Occidente. I nuovi “cittadini” si sentono estranei dal contratto sociale primigenio ed intendono conservare l’abito mentale dei Paesi d’origine, prosciugando, però, lo stato sociale dei Paesi ospitanti. Il punto che accomuna tutte le democrazie occidentali è che la “libertà” si sta trasformando in “liceità”. È ovvio che i “diritti” non possono essere espansi senza limiti, se non prelevandone porzioni alla popolazione “originaria”, senza rischiare reazioni anche violente che potrebbero portare a derive autoritarie.
Questo tema non era estraneo a Platone che, profeticamente, disse (Repubblica Libro VIII 562-564):
Quando uno Stato democratico, nella sua sete di libertà, si trova ad essere accudito da cattivi coppieri, bevendo di questa libertà alla stato puro e più del lecito, se ne ubriaca e allora quei governanti che non siano più che disponibili e propensi a concedere la massima libertà, li perseguita incolpandoli di scelleratezza e di atteggiamento […] E poi, quelli che si dimostrano obbedienti alle autorità li screditano chiamandoli uomini servili, gente da nulla; al contrario stimano ed esaltano che si atteggiano a subalterni, e i subalterni che si atteggiano a comandanti, sia in privato che in pubblico. […] Certo che ogni azione esagerata produce una reazione altrettanto grande e contraria, così nel clima, come anche nelle piante, nei corpi e nei regimi politici […] D’altra parte è evidente che una libertà spinta all’eccesso si rivolti in una schiavitù spinta all’eccesso, così nella sfera privata come in quella pubblica. […] Di conseguenza è altrettanto logico che la tirannia non possa sorgere da nessun’altra forma di governo che dalla democrazia se, come credo, la più assoluta e la più dura schiavitù deve venire da una estrema libertà.
Si potrebbe, però, obiettare che il filosofo ateniese vivesse nel remoto V secolo a.C., ma il problema resta. Se pare che l’Occidente stia affondando per troppa democrazia e “tolleranza” verso qualcosa che è estraneo alla κοινὴ valoriale originaria, ecco che si è di fronte al “paradosso della tolleranza”. Questo paradosso, enunciato da Popper stabilisce che una collettività caratterizzata da tolleranza indiscriminata è inevitabilmente destinata ad essere stravolta e successivamente dominata dalle frange intolleranti presenti al suo interno.
Forse, prima che i naturali “anticorpi” della società soffochino sia il virus, sia il corpo ospite (la società stessa) diviene imperativo che i valori fondanti delle nostre istituzioni vengano preservati ad ogni costo, e che si ritorni all’origine dei nostri “contratti sociali” ricordando che a diritti corrispondono doveri.
Nessun commento:
Posta un commento