Kursk: la follia di una guerra nucleare a bassa intensità
“Il nemico ha cercato di colpire la centrale nucleare [di Kursk] la scorsa notte. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) è stata informata e ha promesso di visitare e inviare specialisti per valutare la situazione. Spero che alla fine ciò venga fatto”. Questo l’allarme di Putin, accolto con disinteresse in Occidente, nonostante le implicazioni per l’enormità di una tale mossa.
Non sfugge che le forze in questione siano gestite dalla NATO, che ha anche inviato suoi stivali in terra russa, celati sotto le mentite spoglie di tre compagnie militari private (va ricordato come i mercenari siano apparsi per la prima volta sui campi di battaglia moderni durante l’invasione e l’occupazione irachena, a supporto delle forze ordinarie americane, sotto la diretta gestione del Pentagono).
La guerra nucleare a bassa intensità
Quella che, cioè, si sta combattendo, è diventata una guerra nucleare a bassa intensità, con tutti i drammatici rischi del caso, nel caso in cui un attacco di tale portata riuscisse. Mosca potrebbe accettare senza reagire che una parte considerevole del suo territorio sia contaminata da sostanze radioattive? Tale la follia di questi giorni.
D’altronde, creare una criticità nucleare è l’unica reale carta che può giocare la NATO per tentare dare una svolta a questa guerra. Ed è questo l’unico obiettivo realistico dell’incursione ucraina in terra russa. Tutti gli altri, primo fra tutti quello di rallentare l’avanzata russa nel Donbass, non sono affatto realistici, anzi.
Ne abbiamo scritto più volte, lo ripete un articolo di The Hill dal titolo: “L’offensiva di Kursk è un enorme errore strategico”, dal momento che distoglie risorse preziose dalla linea difensiva del Donbass.
Più nel dettaglio Strana scrive: “Si riteneva che uno degli obiettivi di questa operazione fosse quello di costringere la Federazione Russa a ritirarsi e trasferire parte delle sue forze dal fronte in Ucraina a Kursk. Tuttavia, secondo informazioni provenienti da varie fonti, ciò non sta accadendo. Secondo le stime occidentali, la Federazione Russa ha trasferito circa 5mila soldati dal fronte vicino a Kursk. Si tratta di meno dell’1% del numero totale delle truppe di stanza in Ucraina. Gli eventi al fronte nella regione di Donetsk, dove l’esercito russo avanza a una velocità mai vista dalla primavera del 2022, confermano che l’assalto non si è indebolito”. Anzi.
Infatti, prosegue Strana, i russi hanno incanalato a Kursk i coscritti, ai quali era stata risparmiata la guerra del Donbass. E, se vero, che tali forze sono meno esperte di quelle che sono chiamate a fermare, hanno dalla loro i numeri e soprattutto la potenza di fuoco e il controllo dei cieli.
Non solo: Mosca è riuscita a ribaltare la frittata decidendo di non forzare la mano a Kursk, ma impegnando le unità ucraine – e… pseudo tali – entrate nel suo territorio in una battaglia a lungo termine, che potrebbe durare mesi. In tal modo, le unità di élite inviate a Kursk non si ritireranno, continuando a rimanere impegnate in territorio russo.
Lo richiede, tra l’altro, la grancassa della propaganda che ha salutato e accompagnato questa offensiva e che continuerà a esaltarla fino alla sua conclusione, come impone la narrazione hollywoodiana di questa guerra. Così, mentre Kiev e l’Occidente continueranno a essere rapiti da questa estasi, le forze russe fiaccheranno sempre più le già indebolite difese ucraine nel Donbass.
Le conquiste territoriali e la guerra di logoramento
Di grande interesse quanto scrive Glenn’s Substack nell’articolo dal titolo: “La pericolosa ossessione per il territorio in una guerra di logoramento” (come quella Ucraina, appunto).
“In una guerra di logoramento – scrive l’autore, Glenn Diesen – l’obiettivo è esaurire l’avversario. Le grandi conquiste territoriali sono secondarie, perché le linee difensive ben difese sono costose da superare, sia in termini di manodopera che di equipaggiamento”.
“I giornalisti che hanno scritto [annoiati] di un conflitto stagnante e hanno festeggiato ogni volta che l’Ucraina passava all’offensiva (spesso entrando nel fuoco incrociato dell’artiglieria) sono invece ossessionati dal territorio”.
“Dopo aver esaurito l’esercito ucraino e le armi della NATO, la Russia ha aperto un altro fronte a Kharkov per allungare ulteriormente l’esercito ucraino già impoverito. L’offensiva ucraina di Kursk è una mossa rischiosa perché, prevedibilmente, ha un prezzo estremamente alto, perché uomini e attrezzature, che si muovono allo scoperto e senza linee di rifornimento affidabili, sono distrutti, e, in aggiunta, il territorio non può essere mantenuto”.
“Più l’Ucraina penetra in territorio russo, più deboli diventano le sue linee di rifornimento. Queste truppe avrebbero dovuto invece essere utilizzate per difendere le linee del fronte ormai in rovina nel Donbass”.
“Il valore di una conquista territoriale deve essere valutato soprattutto in base all’impatto sulla logistica e a un rapporto favorevole del tasso di attrito. Le conquiste territoriali che comportano tassi di attrito sfavorevoli sono un insuccesso. L’invasione ucraina e della NATO di Kursk manca di uno scopo strategico: perché così tanti uomini e così tanta attrezzatura militare sono stati destinati alla distruzione per conquistare un territorio tanto vulnerabile?”
“[…] La guerra di logoramento è entrata in una nuova fase, dal momento che l’esercito ucraino è esausto e le linee del fronte stanno crollando senza opporre molta resistenza. La folle invasione ucraina e NATO di Kursk ha peggiorato ulteriormente la situazione, perché importanti centri logistici non sono più difesi in modo sufficiente”.
Le alte gerarchie NATO sono impazzite, ma non fino a questo punto. Così tale follia ha una sola spiegazione razionale: mettere a segno un colpo che per essi risulterebbe decisivo, come appunto la conquista o la distruzione di una centrale nucleare. Non una strategia bellica, quindi, ma un azzardo, un giro di roulette. E la roulette russa, si sa, non offre molte chance a chi vi si ingaggia. E se si perde, si perde tutto.
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