Lo strano caso del naufragio del Bayesian
Non risulta che fosse un lupo di mare, il reverendo inglese Thomas Bayes, noto agli statistici per il suo teorema sulla probabilità condizionata, che in sostanza permette una ricerca a posteriori delle cause di un evento che si è verificato. Ma calcolare le probabilità di una causa nel provocare un evento è esattamente quello che in sostanza stanno facendo gli inquirenti della procura di Termini Imerese, per cercare di diradare la nebbia e i misteri calati sul tragico affondamento del Bayesian, il veliero inglese colato a picco nei giorni scorsi davanti a Palermo e che proprio del matematico e filosofo del ‘700 portava il nome, la prima delle tante strane coincidenze, o brutti presagi, di questa storia che ha colorato di nero il mare blu di Porticello.
Le vittime
Sette vittime, a cominciare dal proprietario e uomo d’affari Mike Lynch e dai suoi importanti e potenti ospiti, e per finire con sua figlia Hannah, 18 anni, l’ultima dei dispersi e l’ultimo corpo restituito dal relitto, studentessa modello e prossima a frequentare la Oxford University. 15 superstiti che sono arrivati a terra terrorizzati col tender messo a disposizione dal capitano Karsten Borner, nostromo del “Sir Robert Baden Powell”, la nave olandese che ha prestato soccorso ai naufraghi nei momenti immediatamente successivi al disastro. Curiosamente, la furiosa tempesta e relativa tromba marina che avrebbero causato l’affondamento del Bayesian, hanno lasciato intatto e pienamente funzionante lo scafo governato dal tedesco Borner, nonostante sia più o meno la metà del veliero inglese finito a oltre 50 metri di profondità sul fondale palermitano: 32 metri di lunghezza, sei di larghezza, e pesante meno di un quarto, 111 tonnellate.
Una delle tante circostanze incongruenti, per non dire bizzarre, non si trattasse di una tragedia sulle quali la procura di Termini Imerese, con le indagini affidate alla Guardia Costiera, sta lavorando per i reati ipotizzati di naufragio, disastro, omicidio plurimo e lesioni colpose. Sotto la guida del procuratore Ambrogio Cartosio, nel riserbo che è molto più stretto del solito tanto che i giornalisti si sono lamentati per le informazioni ricevute col contagocce: i superstiti sono stati blindati in un hotel palermitano, con le bocche cucite e la sensazione che siamo solo all’inizio di un romanzo legale e giudiziario che si annuncia piuttosto lungo.
Il Bayesian issava la bandiera inglese, ed era gestito dai charter Campbell e Nicholson ma intestato alla Revtom, società con sede nell’Isola di Man e intestata ad Angela Bacares, 57 anni, moglie di Lynch, con lui a bordo del veliero e tra i sopravvissuti al naufragio. Dal Regno Unito è stato annunciato l’arrivo di una task force della Marine Accident Investigation Branch, una sorta di FBI marittima che nel mondo accerta e indaga ogni incidente o naufragio in cui siano coinvolti scafi UK. La sensazione di un commissariamento investigativo è palpabile.
Il Bayesian, orgoglio della marineria italiana
Dopo quasi 150 immersioni e oltre 4000 ore sott’acqua, nel braccio di mare di fronte a Palermo, tra sub e robot che scandagliano il fondale sabbioso scattando foto, cominciano a delinearsi i tratti di un naufragio che pare tratto dal manuale dell’imperfetto marinaio. Sedici minuti e 140 metri per buttare giù un orgoglio della marineria italiana, un pezzo da novanta dell’artigianato velico che è riservato a miliardari e tycoon come Lynch. Il Bayesian è uscito dai cantieri di Perini Navi, a Viareggio, nel 2008 come uno dei più grandi e belli velieri di lusso al mondo. Al varo, ironia della sorte, è stato licenziato col nome di Salute. È stato anche il primo sloop, ossia uno scafo con un albero unico e una sartia a collegarlo alla prua, per aprire poi 2900 metri quadrati di velatura. Interni curati da Remi Tessier Design, una firma francese del design nautico, premi internazionali per la qualità della fattura e del lusso. E poi l’orgoglio, la ciliegina sulla torta. Un albero di 76 metri, il più alto al mondo all’epoca. Uno degli operai, un caposquadra, ne ricorda ancora la costruzione come il parto di un capolavoro. Lamiera doppiata e saldata a cinque metri per pezzo, tre operai a tempo pieno per quattro mesi e un capannone dedicato e su misura. Issato e montato sullo scafo pareggiava trequarti del campanile di San Marco a Venezia, per rendere l’idea della: per tirarlo su ci vollero delle gru speciali e il piazzale del cantiere rimase bloccato alcuni giorni. Non si è spezzato, non ha ceduto, come qualcuno aveva raccontato sulle prime, forse tradito dall’emozione, un obelisco di fatica e di tecnologia del genere non si piega e non si spezza, ma adesso giace come un albero denudato delle sue foglie nel profondo del basso Tirreno: dovranno probabilmente segarlo quando sarà il momento di tirare su il relitto, per riportare a galla lo scafo con i suoi segreti, per ricostruire e riannodare i fili di un quarto d’ora di terrore e morte in una placida notte d’agosto.
La lunga sequenza di errori
Il Bayesian, definito inaffondabile per la meraviglia dei suoi 56 metri di lunghezza e delle 473 tonnellate di alluminio, teak e tecnologia quasi spaziale, aveva 9,7 metri di deriva, ossia quella specie di pinna che serve per equilibrare il peso e l’altezza dello scafo, specie quando le condizioni del mare si fanno difficili. Al momento dell’affondamento, il veliero aveva la deriva ritirata, non arrivava alla metà della sua estensione: può darsi che fosse stata ritirata in avvicinamento al basso fondale, ma non è stata riportata in profondità nonostante le condizioni lo permettessero e nonostante un vento accertato di 80 nodi, 150 km/h. E questo è uno dei clamorosi sbagli che fanno parte della catena di errori umani su cui si sta focalizzando l’attenzione degli inquirenti. Ne fanno parte, anche, i boccaporti e i portelloni aperti, specie quello dei tender, così come i motori spenti, l’ancora abbassata, i passeggeri chiusi in cabina e non radunati nell’area di sicurezza come previsto e il sistema di chiusura automatica di tutti gli accessi. Anche la posizione del veliero era il contrario di quello che prevedono le più elementari regole marittime, con la nave che prendeva le onde e la tempesta di pancia, invece di mettersi di prua, coi motori accesi, l’ancora sollevata e tutto sigillato.
Il capitano del veliero, James Cutfield, 51 anni, neozelandese e quindi un passaporto a cinque stelle quando si parla di cose di mare, avrà il suo bel daffare a spiegare come sia potuto accadere tutto questo sulla sua nave, a cominciare dal fatto che pare abbia dichiarato agli inquirenti di non essersi reso conto del cattivo tempo in arrivo: eppure, nella notte tra domenica e lunedì, nel braccio di mare dove è affondato il veliero raccontano non ci fosse pescatori in giro, nemmeno una bettolina. Loro sapevano e a bordo del Bayesian, con tutta quell’apparato tecnologico, nulla? I pezzi di verità risaliranno a galla a colpi di immersioni dei sub che si sono fatti strada attraverso una vetrata della nave e hanno avuto bisogno dei martinetti fatti su misura da un fabbro di Porticello per spaccare la lastra profonda tre centimetri.
L’affondamento
Resta il fatto alle ore 3:50 il veliero, sferzato dalla tempesta e in balia di se stesso, ha cominciato a scarrocciare, ossia a spostarsi lateralmente spinta dal vento che soffiava sulle murate, con l’ancora già stracciata e girando quasi su stesso come una trottola, imbarcando centinaia di migliaia di litri di acqua che hanno raggiunto la sala macchine e ha causato un black out generale, e inclinandosi inesorabilmente di prua fino a inabissarsi, appoggiandosi sul fondale alla fine a dritta, cioè sul fianco destro. Sedici minuti in tutto, pare, col May-day lanciato in automatico solo alla fine alla capitaneria di porto di Bari.
Nel frattempo, a bordo, scene di terrore e panico. Chi ha potuto, tra le 22 persone imbarcate, ha raggiunto l’esterno della nave e da lì, buttandosi in mare o trovandosi in mezzo alle onde, ha trovato il tender della salvezza. Gli altri, nei racconti dei sopravvissuti e nelle ricostruzioni dei soccorritori, che hanno fatto la fine dei topi, affogati nel disperato tentativo di trovare un varco e dell’ossigeno tra la marea che ha invaso cabine e scafo. I corpi delle vittime, tolto il cuoco, sono stati trovati dalla parte opposta rispetto alle indicazioni date dai naufraghi sulla distribuzione delle cabine, evidentemente hanno cercato disperatamente di fuggire dalla morte.
La spoon river dell’alta finanza
L’incredibile e triste storia del Bayesian, però, non è solo la cronaca di un naufragio annunciato per una serie di corbellerie, come praticamente le definisce Giovanni Costantino, fondatore e CEO di The Italian Sea Group, detentore degli asset di Perini Navi che è fallita nel 2021 e che ora valuta eventuali azioni legali a tutela del buon nome dell’azienda. Il proprietario del veliero e i suoi illustri ospiti deceduti insieme a lui raccontano una Spoon River dove alta finanza, informatica, sicurezza nazionale e servizi segreti sono aggrovigliati in una matassa difficilmente districabile. Mike Lynch, 59 anni, originario di Ilford, Essex, Ordine dell’Impero Britannico e membro della Royal Society, era considerato il Bill Gates inglese. Nel 1996 ha fondato Autonomy Corporation, azienda di informatica per la gestione software di dati sensibili che è stata venduta nel 2011 a Hewlett Packard per oltre 11 miliardi di dollari. Un anno dopo la cessione, il tycoon inglese è stato accusato da HP di frode e falso in bilancio per una svalutazione di 8,8 miliardi di dollari della corporate, tra errati dati economici e patrimoniali, ed è iniziata per Lynch un’odissea giudiziaria durata 13 anni, fino a pochi mesi fa, quando un tribunale americano lo ha assolto e prosciolto dalle accuse.
«Ho vinto la causa non solo perché sono innocente, ma anche perché sono ricco e mi sono potuto permettere i migliori avvocati», aveva dichiarato Lynch alla BBC. Si riferiva a Christopher Morvillo, avvocato dello studio Clifford Chance che ha brillantemente difeso il suo assistito di fronte alla corte statunitense, ottenendo una rara, rarissima assoluzione nella giurisprudenza nordamericana per procedimenti di quel tipo. Morvillo, brillante legale newyorchese, si era fatto notare già nel 2001 nell’ambito delle indagini sugli attentati terroristici alle Torri Gemelle dell’11 settembre. Da quel procedimento per cui è stato anche estradato negli USA, con arresti domiciliari a San Francisco, Lynch ha dovuto ringraziare anche Jonathan Bloomer, presidente di Morgan Stanley International e suo amico di lunga data, oltre che testimone a discarico nel processo per la presunta frode.
Macabre coincidenze
Nella pancia del Bayesian – per una macabra coincidenza – hanno trovato la morte tutti e tre: oltre a Lynch, Morvillo e Bloomer con le rispettive mogli. Erano stati invitati come compagni di un lungo e difficile viaggio, a questa che era stata organizzata come una crociera per festeggiare l’uscita dal lungo tunnel giudiziario di Lynch insieme a chi lo ha aiutato a venirne fuori. Si può dire che il destino ha colpito con chirurgica precisione. Considerando che solo due giorni prima dell’affondamento, a svariate migliaia di chilometri di distanza, a Streetham, nel Cambridgeshire, Inghilterra Orientale, una Opel condotta da una donna di 49 anni aveva travolto e ucciso un uomo intento a fare jogging. Si trattava di Stephen Chamberlain che era il socio e amico di Lynch da una vita.
Con lui aveva fondato Autonomy e poi dato vita a Darktrace, azienda di cybersicurezza creata nel 2013 e che fa leva sull’intelligenza artificiale per creare pacchetti di sicurezza informatica su misura per i propri clienti. Quotata alla Borsa di Londra con un valore di 2,5 miliardi di sterline nel 2021 (2,9 miliardi di euro), è stata rilevata nello scorso aprile dal fondo Thoma Bravo per 5,3 miliardi di dollari, e dallo scorso luglio è partecipata al 5% dal fondo d’investimenti BlackRock.
Fin dalla sua fondazione, Darkface, è stata legata a doppio filo i dipartimenti di sicurezza di Inghilterra, Stati Uniti e Israele. Darktrace è stata partner del Dipartimento di Difesa USA, anche durante il processo celebrato a Lynch in USA, e si è arricchita col contributo di esperti informatici e cybersecurity di CIA, NSA e Pentagono, ma soprattutto è nata a braccetto col servizio di controspionaggio inglese. Steve Huxter, ex membro di MI5, è stato un suo cofondatore e Sir Jonathan Evans, consulente di Lynch e Chamberlain, addirittura un ex direttore che è passato alle cronache per discutibili dichiarazioni sull’uso della tortura sui prigionieri durante le vicende delle “rendition” statunitensi seguite agli attentati alle Torri Gemelle. Il mondo sommerso che sta alle spalle delle vittime del naufragio del Bayesian, legate tutte insieme con uno solidissimo file rouge, non è certamente meno profondo del mare che ha inghiottito uno dei velieri più belli e più sicuri al mondo.
[di Salvatore Maria Righi]
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