L'arresto di Durov e la stretta sui social
L’arresto di Pavel Durov è una sorta di atomica lanciata sul mondo dei social e l’ennesimo strale contro la Russia. Mai, finora, si era arrivati a una spregiudicatezza simile, con un’operazione che ha i tratti di un rapimento, dal momento che il mandato di arresto è stato spiccato in tutta fretta e nell’assoluto segreto e che a Durov sono contestati reati che possono essere allargati a qualsiasi altro patron dei social e di Big Tech in genere.
Elon Musk dovrebbe essere preoccupato…
Non per nulla Elon Musk si è scagliato contro la magistratura francese, che tutti sanno essere stata ispirata da oltreoceano. Una presa di posizione, quella di mister Tesla, che Tyren Dorel, su Zerohedge spiega così: “Nel caso in cui ve lo stiate chiedendo, niente meno che Alexander Vindman, il portavoce dello Stato profondo, chiarisce chi è il vero bersaglio…”.
Così Vindman su X: “C’è una crescente intolleranza per la disinformazione e l’influenza maligna delle piattaforme e un crescente desiderio di responsabilità. Musk dovrebbe essere preoccupato”.
D’altronde, Musk si è schierato apertamente con Trump, portandogli in dote la sua X, che non lo censurerà come avvenuto nella precedente campagna elettorale. Un appoggio attivo, come denota la sua intervista al candidato MAGA, che preoccupa non poco l’establishment USA schierato apertamente con il partito democratico.
L’appoggio potrebbe attirargli le stesse attenzioni riservate al tycoon, il quale, dopo essere scampato a un tentativo di assassinio, vede riemergere le trappole giudiziarie che pensava di essersi lasciato alle spalle. Di ieri, infatti, le nuove accuse per i fatti del 6 gennaio 2021, che riaprono un’inchiesta che era stata di fatto archiviata. Probabile che sia solo il primo colpo di cannone da parte della magistratura.
L’attacco preventivo contro Zuckerberg
Ma è probabile che l’arresto di Durov abbia anche un altro obiettivo. Di ieri la notizia di una lettera di Mark Zuckerberg al presidente della commissione giudiziaria della Camera Jim Jordan in cui denuncia le pressioni della Casa Bianca per censurare post sul Covid, sulle più o meno asserite frodi elettorali del 2020, sul computer portatile di Hunter Biden e altro.
Il Washington Post spiega che la missiva nasce dai timori del patron di Meta, Instagram e WhatsApp per un’inchiesta avviata dai repubblicani per la censura subita dai suoi esponenti. Sarebbe, cioè, il modo trovato da Zuckerberg per eludere le responsabilità pregresse e riposizionarsi, dal momento che nella lettera annunciava che non avrebbe più ceduto alle pressioni.
La missiva è stata spedita ieri, ma di certo era nella mente di Zuckerberg da tempo e sicuramente è stata oggetto di discussioni più o meno accese nell’ambito dei più alti dirigenti del social, dati i contenuti dirompenti, che hanno costretto la Casa Bianca e i media di establishment a intemerate alquanto nebulose.
Così è più che probabile che l’intelligence USA e il potere che essa serve fossero a conoscenza della missiva ben prima della sua pubblicazione. L’arresto di Durov, dunque, suona oggettivamente anche come un monito diretto a Zuckerberg perché continui a obbedire a comando, dal momento che l’establishment USA non può permettersi di perdere la presa su un mezzo di comunicazione tanto utile alla causa.
Di codici e villaggio globale
Certo, la cattività di Durov dovrebbe servire anche a rubare i codici di Telegram, con i quali gli USA potrebbero sia tentare di influenzare la piattaforma e i suoi utenti sia di avere accesso alle comunicazioni dei militari russi, che a quanto pare usano tale servizio per comunicare. Ciò si legge su tutti i media internazionali ed è inutile ripeterlo in questa sede, anche se alle nostre orecchie tutto ciò suona un po’ eccessivo.
Probabile che Telegram abbia già preso contromisure dopo l’arresto del suo patron e appare difficile credere che l’esercito russo abbia in Telegram il suo canale preferenziale di comunicazione. Ma, dubbi a parte, per ora prendiamo tali informazioni come probabili, mentre è doveroso segnalare che un mandato di arresto è stato spiccato anche contro il fratello di Durov, Nikolaj, che poi è il genio in ombra della famiglia e l’inventore del social, avendo lasciato a Pavel il palcoscenico.
Tali improvvide iniziative hanno l’effetto di destrutturare il “villaggio globale” tanto caro ai neocon che l’hanno inventato, anche nominalmente, ai tempi della prima invasione dell’Iraq, associandosi tale termine al primo media del villaggio in questione, la CNN, che coprì l’evento in modo spettacolare (come le famose bombe intelligenti, che tanto intelligenti poi non erano).
Dopo l’arresto di Durov i potenti del mondo invisi all’establishment dovranno fare maggiore attenzione ai loro spostamenti. Ma è possibile che anche i potenti, o asseriti tali, dell’establishment debbano fare la stessa cosa quando si muovono in territorio ostile. Tale l’esito destabilizzante dell’arresto.
Liberté?
Quanto alla libertà di informazione e di
parola, che avrebbe subito una nuova stretta con tale operazione, con
l’attentato all’unico social globale non statunitense, inutile ribadire
l’ovvio. Questa è la prospettiva nella quale si muove il nuovo potere imperiale di stampo liberal-neocon. E più potere prenderà più la stretta sarà serrata.
D’altronde basta osservare i report che negli anni hanno stilato i giornalisti e i media di establishment sulle guerre infinite e sulle rivoluzioni colorate (che solo negli ultimi anni hanno visto cadere i governi di Pakistan, Haiti e Bangladesh; ci torneremo) per capire quanta libertà di parola lascino ai loro narratori, costretti a riferire corbellerie spesso anche contraddittorie per compiacere i loro veri datori di lavoro.
Ripetita iuvant: più potere prenderà tale potere, più serrata sarà la stretta. Anche se spesso è impossibile, è utile ricordarlo a quanti affermano che comunque la libertà dell’Occidente è sempre meglio dell’autoritarismo che vige altrove.
Tale libertà sopravvive, e sempre più ai margini, solo e soltanto come residuo delle libertà democratiche pregresse, non certo grazie ai nuovi padroni del vapore, che la vogliono demolire.
Quando Telegram serviva all’indipendenza di Hong Kong…
Al di là, segnaliamo una bizzarria del destino che suona tragicamente ironica per l’arrestato eccellente. Ria Novosti, secondo il quale Durov è stato arrestato perché Telegram sta plasmando la narrazione sulla guerra ucraina, ricorda quando il patron del social – che avrebbe in realtà quattro o cinque nazionalità, tra cui la francese, per la quale ha scelto il nome di Paul du Roeve – accusava la Russia di strangolare la libertà di ogni genere. Ironia vuole che ora è Mosca che cerca di liberarlo.
Ma è utile ricordare anche che al tempo in cui Gran Bretagna e Stati Uniti tentarono il colpo di stato a Hong Kong tramite una rivoluzione colorata guidata dagli studenti (come accaduto di recente in Bangladesh…) usarono ampiamente Telegram per gestirlo, perché il social era impenetrabile. Così va il mondo: un giorno sei alle stelle perché utile, un altro nelle stalle, o in prigione, perché… è più utile così.
Resta, per chiudere, da spendere una parola sul presidente francese, il micro Macron: in pochi giorni ha gettato nel cestino la storia secolare della democrazia francese, da un lato comportandosi come servo obbediente quanto scriteriato di Washington nell’arresto di cui sopra, dall’altro begando perché i partiti di opposizione, che hanno vinto le recenti elezioni, propongano come primo ministro un suo favorito. Lacché del potere si nasce o si diventa. Egli tale ne nacque e tale ne restò.
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