Oligarchie
di Andrea Zhok - 09/07/2024
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Fonte: Andrea Zhok
Dando un'occhiata comparativa ai risultati elettorali del
Regno Unito e della Francia un dato salta agli occhi, ovvero la
macroscopica differenza tra l'espressione della volontà popolare in
termini di voti percentuali e la distribuzione di seggi (cioè di
potere) nei rispettivi parlamenti.
Se guardiamo al Regno Unito (dove
vige un sistema maggioritario uninominale) vediamo come il Labour Party,
chiaro vincitore, sia stato votato da poco più di un terzo dei votanti
(e, se proprio volessimo sottilizzare, visto che sono andati a votare il
60% degli aventi diritto, da un quinto dell'elettorato.)
Con questa percentuale il Labour ottiene 407 seggi, cioè quasi i 2/3 dei posti in Parlamento.
Mettiamo dunque di fila i risultati in UK:
Labour Party 34,2% dei voti --> 407 seggi
Tories 23,6% dei voti --> 115 seggi
Reform UK (Farage) 14,3% dei voti --> 4 seggi (cioè con 1/7 dei votanti ottiene 1/150 dei seggi).
Scottish National Party 2,4% --> 8 seggi
LibDem 12% --> 68 seggi
Verdi 6,8% --> 4 seggi
Gettiamo
ora, per un confronto, uno sguardo ai risultati in Francia, dove vige
un sistema maggioritario uninominale a doppio turno.
Qui la forza
largamente più votata è stato il Rassemblement National di Marie Le Pen
con il 37.05% , seguito dal Nouveau Front Populaire con il 25.95% e al
terzo posto dal partito del presidente Macron, Ensemble con il 24.54%.
Tuttavia,
pur avendo staccato gli altri due partiti di circa il 12%, il RN
ottiene solo 143 seggi, 39 seggi meno del secondo arrivato e 25 seggi
meno del terzo.
In sostanza, questo è l'esito elettorale in termini di distribuzione del potere:
Nouveau Front Populaire 25.95% --> 182 seggi
Ensemble (Macron) 24.54% ---> 168 seggi
Rassemblement National 37.05% --> 143 seggi
Ora, io vedo oggi molta comprensibile soddisfazione a "sinistra" per questi esiti elettorali.
E
personalmente, pur non ritenendomi da tempo un elettore "di sinistra",
apprezzo anch'io quantomeno il buon risultato di France Insoumise
(Mélenchon) all'interno della coalizione di sinistra, partito che ha
finora portato avanti un'agenda sociale all'interno ed un'agenda
equilibrata sul piano della politica estera (cosa che non si può dire
affatto per il laburista Keit Starmer).
Ma se solleviamo per un
momento il naso dalle nostre inclinazioni, tifoserie e soddisfazioni
personali, il dato principale manifestato da queste elezioni (accanto ad
altre in Europa) è l'oramai strutturale divergenza tra espressione del
voto popolare e distribuzione del potere.
Nel caso dei sistemi
elettorali, che ci sono stati venduti in tutta Europa nel nome della
"governabilità", vediamo in modo macroscopico una immediata
disconnessione tra l'espressione numerica dell'opinione pubblica e la
rappresentanza parlamentare.
Ciò può avvenire a causa delle
tecnicalità dei sistemi maggioritari o a causa di elevate soglie di
sbarramento nei sistemi proporzionali (es.: 5% dei voti validi in
Germania).
Ma può avvenire anche attraverso l'onerosità delle raccolte firme per accedere alla possibilità di essere votati.
Può
avvenire per lo spostamento del finanziamento della politica dal
finanziamento pubblico a quello privato, come avvenuto ovunque in Europa
in questi anni (negli USA è sempre stato affare privato).
Può avvenire per i differenziali di rappresentanza politica nell'apparato mediatico.
Può
avvenire per la delega dei poteri dei parlamenti nazionali ad entità
sovranazionali che NON sono espressione del voto popolare (così la
Commissione Europea; della Nato non parliamo neppure).
Ecco, questo discorso mi richiama le parole del papa l'altro giorno a Trieste.
Il papa ha parlato a lungo della crisi della democrazia.
"La
crisi della democrazia è come un cuore ferito." (...) "Ciò che limita
la partecipazione è sotto i nostri occhi. Se la corruzione e
l’illegalità mostrano un cuore “infartuato”, devono preoccupare anche
le diverse forme di esclusione sociale." (...) "Il perno della
democrazia è la partecipazione. E la partecipazione non si improvvisa:
si impara da ragazzi, da giovani, e va “allenata”" (...). "Il compito
[è] di non manipolare la parola democrazia né di deformarla con titoli
vuoti di contenuto, capaci di giustificare qualsiasi azione."
Personalmente
non ho titolo a farmi esegeta privilegiato del pontefice e lascio ai
vaticanisti di professione il compito di mettere d'accordo le parole del
papa con la quotidianità che ci circonda, riconducendole alla
sonnolenza pubblica e al torpore d'ordinanza.
Noto però che persino
il capo di una delle ultime monarchie assolute rimaste sul pianeta (il
Vaticano questo è) mostra forti preoccupazioni per la salute di una
democrazia che da tempo è solo, appunto, una paroletta vuota "capace di
giustificare qualsiasi azione".
Di fatto è da mezzo secolo che
oligarchie transanzionali, accomunate principalmente da un legame
diretto con il potere finanziario, lavorano per la demolizione della
rappresentanza democratica, demolizione arrivata oramai a livelli
terminali. E la battaglia è stata condotta innanzitutto sul piano
culturale, spiegando passo passo, centimetro per centimetro, come tutto
ciò che odorava anche lontanamente di democrazia reale andava espunto.
Sempre con una buona ragione, con un'ottimissima insuperabile ragione pompata obbedientemente dai giornali:
il sistema proporzionale è ingovernabilità;
il finanziamento pubblico alla politica è privilegio della casta;
l'attenzione ai bisogni popolari è populismo;
le preferenze elettorali sono corruzione;
il governo dei tecnici è l'espressione autentica del Paese, a prescindere dalle pinzillacchere del voto;
e lo vuole l'Europa;
e lo vuole la Nato;
e lo vogliono i mercati.
Pian
pianino sono riusciti a convincere tutti che oligarchie finanziarie
opache e imperscrutabili sono l'unica democrazia autentica.
Voglio
perciò concludere, a titolo di memento, con una citazione dall'articolo
sul Fascismo redatto da Gentile e Mussolini per l'Enciclopedia Italiana
nel 1932:
"Il fascismo è contro la democrazia che ragguaglia il
popolo al maggior numero abbassandolo al livello dei più; ma è LA FORMA
PIÙ SCHIETTA DI DEMOCRAZIA se il popolo è concepito, come dev’essere,
qualitativamente e non quantitativamente, come l’idea più potente perché
più morale, più coerente, più vera, che nel popolo SI ATTUA QUALE
COSCIENZA E VOLONTÀ DI POCHI, ANZI DI UNO, e quale ideale tende ad
attuarsi nella coscienza e volontà di tutti."
Ecco, almeno i fascisti veri lo dicevano con stile.
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