Parigi 2024, a suo modo la celebrazione (ridicola e volgare) di un regime
Celebrata l’ideologia di fondo delle élites di un intero Continente. Uno spettacolo cafone, una fiera della bruttezza. Trucco e parrucche da Hunger Games
Non c’è una cerimonia di apertura delle Olimpiadi o di altra grande manifestazione sportiva che non mi abbia annoiato. Era partita così anche quella dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, ma poi alla noia è subentrata un’altra sensazione: il disgusto. Sapete, come quando vi capitano sotto il naso cibi andati a male.
Si può dire che la cerimonia d’apertura di Parigi 2024 sia stata molto più ideologica e propagandistica di quella di Pechino 2008. Ed è tutto dire, se pensiamo a quanto in quei Giochi Olimpici avesse investito il Partito Comunista Cinese. Ma almeno, dal punto di vista coreografico e di evocazione storica e culturale, fu apprezzabile, bella e coinvolgente.
Ieri a Parigi invece abbiamo visto cose che voi umani… L’ultima cena in versione drag queen (provateci con Maometto!), un uomo barbuto vestito da donna che si dimenava cercando di apparire sessualmente provocante, un altro color puffo integrale e barba gialla davanti ad un piatto di formaggi erborinati, e altre pacchianate simili. La fiera della bruttezza. Poi l’immancabile “Imagine”, peace and love, no border, etc.
Questo probabilmente è tutto ciò che sa offrire un Continente morente. Uno spettacolo dispersivo, cafone, trash e a tratti cheap (una certa coerenza con i letti di cartone bisogna riconoscerla). E disperato nel suo barcamenarsi per cercare di suscitare sorpresa. Alla fine è venuta fuori una roba a metà tra un qualsiasi Gay Pride e una qualunque serata disco di Capodanno. Lo sport con i suoi valori? Del tutto marginali. Gli atleti? Delle comparse, i portabandiera a malapena ripresi.
Si salva lo spettacolo di luci sulla Tour Eiffel (troppo facile, eh). Si salva Parigi, sempre magica con il suo meraviglioso skyline, eredità di un passato che però i potenti e i loro sceneggiatori attuali stanno facendo di tutto per rimuovere.
A Parigi dovevano celebrare un regime. E a loro modo lo hanno fatto… Ma attenzione, non parliamo solo del regno del Re Sòla Macron che per il rotto della cuffia è riuscito a salvare la sua Bastiglia e a blindare la sua corona. Sarebbe riduttivo pensare solo alla Francia. A metterci il cappello ci ha provato pure Ursula Von der Leyen: “Come la nostra Unione europea, le Olimpiadi mostrano la forza della diversità e dello spirito di squadra”.
Ma no, qui si tratta di un regime più profondo, pre-politico e ultra-politico. Con tutta l’arroganza e la spregiudicatezza di cui il potere è capace, sconfinando spesso nel ridicolo e nella volgarità, si è celebrata l’ideologia di fondo delle élites di un intero Continente, lontana anni luce dall’identità e dalla cultura delle nazioni di cui sono emanazione. Non a caso, trucco e parrucche sembravano ripresi direttamente dal Distretto 1 di Hunger Games, mentre i brutti sporchi e cattivi degli altri Distretti osservavano sugli schermi tenuti a debita distanza.
Un inno alla diversità dove il “diverso” esclude tutto il resto e si fa totalitario, onnivoro, appropriandosi di qualsiasi occasione pubblica per rimarcare il suo status ormai dominante. Non c’è evento la cui rappresentazione non sia in qualche misura strumentale a questa ideologia. Era Parigi, ma poteva essere a Roma, a Berlino, a Madrid, a Londra, a San Francisco… Ma c’è ancora una speranza: il senso del ridicolo.
Nessun commento:
Posta un commento