Nel programma politico di Ursula von der Leyen, appena rieletta dal Parlamento europeo alla guida della Commissione per un secondo mandato, non poteva mancare la lotta alla “disinformazione” e alle “fake news”. Il timore, già sollevato peraltro da esperti e organizzazioni che tutelano la libertà di parola su internet, è che questa lotta senza confine alla “disinformazione” delle istituzioni europee rischi di trasformarsi in una censura delle opinioni scomode sul web e in un “ministero della verità” di orwelliana memoria, nonostante le rassicurazioni fornite dalla stessa Von der Leyen e dalla Commissione Ue. Lo scontro tra il commissario Thierry Breton ed Elon Musk non fa presagire nulla di buono su questo fronte.
Cosa dice il programma di Von der Leyen
L’obiettivo della Commissione europea è quello di consolidare le misure adottate negli ultimi anni. Tra queste, c’è anche il controverso Digital Service Act (DSA): il DSA, approvato nell’agosto 2023 e fortemente sponsorizzato dal commissario Thierry Breton, richiede alle piattaforme online con oltre 45 milioni di utenti attivi al mese, come Facebook, X e Instagram, di censurare rapidamente la “disinformazione” e di fornire aggiornamenti regolari, o “rapporti di trasparenza”, su tutto il lavoro che stanno facendo “per combattere la disinformazione”, come dichiarato sul nuovo sito web del “centro di trasparenza” dell’UE. Grazie al DSA, la Commissione Europea può minacciare le grandi aziende tecnologiche: se non si conformano al Codice, possono essere multate fino al 6% del loro fatturato globale annuale, essere indagate dalla Commissione e potenzialmente anche essere bandite dall’UE. È chiaro che piuttosto di incorrere in sanzioni di questo tipo, le piattaforme social non si fanno troppi scrupoli a censurare i contenuti segnalati dalle istituzioni europee.
“Inizieremo concentrandoci sull’attuazione e l’applicazione delle leggi digitali adottate durante l’ultimo mandato. I giganti della tecnologia devono assumersi la responsabilità del loro enorme potere sistemico nella nostra società ed economia. Abbiamo iniziato l’applicazione attiva del Digital Services Act e del Digital Markets Act. Intensificheremo la nostra applicazione nel prossimo mandato”, conferma Ursula von der Leyen nel suo programma politico, sottolineando l’intenzione di continuare con l’attuazione e il rafforzamento del Digital Service Act.
Secondo Von der Leyen, “i nostri sistemi democratici e le nostre istituzioni sono sotto attacco. Abbiamo visto un aumento del numero di minacce da parte di attori interni ed esterni, siano essi governi ostili o attori non statali. I metodi utilizzati sono ora più difficili da tracciare, più dannosi e più facili da dispiegare con strumenti digitali e social media”.
“Uno scudo europeo per la democrazia”
La presidente appena rieletta della Commissione Europea sottolinea che “ciò riflette un profondo cambiamento nello spazio informativo, passando da fonti editoriali a contenuti generati dagli utenti mediati dalle piattaforme e spinti dagli algoritmi. Questo consente nuove libertà ma abbassa anche il costo della manipolazione delle informazioni e rende più facile per la Russia e altri intensificare la guerra dell’informazione”. Per questo motivo, l’ex Ministro della Difesa tedesco annuncia che l’UE deve fare di più per “proteggere la nostra democrazia”. E come intende proteggere la democrazia l’Unione Europea? Limitando la libertà di parola su Internet e obbligando le piattaforme social e le grandi aziende tecnologiche a rimuovere i contenuti che la stessa Commissione Europea ritiene scomodi.
“Proporrò un nuovo Scudo Europeo per la Democrazia. Come parte di questo, lavoreremo per contrastare la manipolazione e l’interferenza delle informazioni straniere online, basandoci sugli esempi di Viginum in Francia o dell’Agenzia Svedese di Difesa Psicologica”. Quest’ultima, tuttavia, è molto più di una semplice task force contro le fake news: è un’agenzia composta da psicologi e membri dei servizi di intelligence guidata da Henrik Landerholm, un ex ufficiale dell’esercito e ex ambasciatore svedese negli Emirati Arabi Uniti. Inoltre, la nuova Commissione Europea intende creare una “nuova rete europea di fact-checkers” (scelti da chi e su quali basi?) che sarà resa “disponibile in tutte le lingue”. “Continueremo anche a intensificare l’applicazione digitale per garantire che le informazioni manipolate o fuorvianti siano rilevate, segnalate e, dove appropriato, rimosse in linea con il Digital Services Act” afferma von der Leyen.
Le preoccupazioni degli esperti
Le iniziative precedenti adottate dall’Unione Europea hanno sollevato dubbi e preoccupazioni tra numerosi esperti. Jacob Mchangama, CEO di The Future of Free Speech, in un’analisi su Foreign Policy, critica il DSA per non trovare il giusto equilibrio tra la lotta alla disinformazione online e la protezione della libertà di parola. Sottolinea che la legge potrebbe limitare le libertà costituzionali, incentivando le piattaforme a eliminare molti contenuti legali. Sarah Hardiman di Free Speech Ireland ha criticato il DSA per concedere ampi poteri alle organizzazioni governative, simili alla legislazione sull’incitamento all’odio, e per la sua capacità di chiudere rapidamente grandi piattaforme social. Sostiene che il DSA può censurare e controllare i discorsi considerati sfavorevoli all’UE.
Se è vero che la strada verso l’inferno è lastricata di buone intenzioni (la lotta alla “disinformazione” e alle “fake news”) nel silenzio generale il rischio è quello di sprofondare verso una preoccupante deriva autoritaria. “Se l’UE riesce a censurare X, Facebook, Google e ogni altra grande piattaforma Internet, allora non esiste libertà di parola. Esiste solo la parola controllata dal governo” accusa il giornalista investigativo Michael Shellenberger, che ha denunciato la deriva censoria dell’Ue in un video.
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