Il nulla salvo la realtà
di Andrea Zhok - 31/07/2024
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-nulla-salvo-la-realta
Fonte: Andrea Zhok
Da quanto capisco - non seguo queste Olimpiadi come forma
di boicottaggio privato - oggi nella categoria superleggeri donne
gareggeranno Imane Khalif (Algeria) e Angela Carini (Italia).
Auguro
all'atleta italiana ogni bene e possibilmente la vittoria. Tuttavia c'è
un problema non trascurabile. Imane Khalif - secondo quanto riportato
dall'International Boxing Association nel 2023 - è biologicamente un
uomo, in quanto l'analisi del DNA ha riportato la presenza di cromosomi
XY e non XX.
Peraltro, se uno dubitasse dell'analisi cromosomica, uno sguardo alla struttura fisica dell'atleta non lascia molti dubbi.
Ora,
in molti sport, e in modo particolarmente rilevante negli sport di
combattimento, la differenza biologica tra chi ha avuto una crescita e
pubertà maschile e chi ha avuto una crescita e pubertà femminile è molto
marcata. La densità ossea è maggiore nei maschi, il che ha due
implicazioni: conferisce maggiore resistenza alle percosse e, dipendendo
la potenza di una percossa da massa per velocità, l'incremento della
massa ossea conferisce maggiore potenza al colpo (le misurazioni medie
danno una potenza di pugno maschile del 162% rispetto al pugno
femminile). Anche i tempi di reazione sono inferiori e sia le fibre
muscolari bianche, da cui dipende la velocità, che rosse, da cui dipende
la resistenza, sono mediamente maggiori nei maschi.
Chiedo scusa per
essermi soffermato su queste banalità prosaiche, ma in un mondo in cui
l'ideologia cancella la realtà, anche l'ovvio deve essere ribadito in
forma dimostrativa.
E l'ovvio qui è che mettere su di un ring un
atleta geneticamente maschio contro un'atleta geneticamente femmina è
una grave scorrettezza. Può darsi che la sorte sia benevola, ma in
generale è un'ingiustizia, con potenziali rilevanti rischi fisici.
(Segnalo
un dettaglio forse non noto a chi non ha praticato la boxe. Alle
Olimpiadi si utilizza un caschetto per gli incontri. Il caschetto nella
boxe è l'apoteosi dell'ipocrisia. Infatti il caschetto limita soltanto
le ferite superficiali, i sanguinamenti delle sopracciglia o degli
zigomi - preservando gli spettatori - ma i traumi cerebrali legati
all'entità della percossa sono esattamente identici, e naturalmente sono
quelli ad essere i più pericolosi nel medio periodo.)
Ora, la questione è: come si è potuti arrivare a questo punto?
Storicamente
la cesura ideologica su questi temi avviene all'inizio degli anni '70.
Fino ad allora le rivendicazioni di genere (first-wave feminism) avevano
sollevato il sacrosanto tema dell'eguaglianza formale, legale, dei
diritti tra persone di sesso, genere o inclinazione sessuale differente.
A partire dai primi anni '70 si avvia invece un movimento
ideologico con caratteristiche essenzialmente differenti, che non mira
più al raggiungimento di diritti legali identici (in Occidente
raggiunti), ma ad un non meglio precisato "superamento sostanziale"
delle differenze.
Di questo superamento sostanziale fanno parte
numerose battaglie distinte, il cui punto di caduta comune però è il
rifiuto della realtà materiale nel nome di una rivendicazione ideologica
(o, per chi vi aderisce, ideale).
Si tratta di una curiosa forma di
idealismo, che inizia in sempre maggior misura a negare la realtà come
se si trattasse di un improvvido accidente, qualcosa che dovrebbe essere
superato di principio dall'autoaffermazione volontaria. Come in una
novella forma di idealismo assoluto, l'Io si deve qui imporre al non-Io
(alla Natura, alla Materia, alla Società).
Di questa tendenza fa
parte il rigetto delle differenze sessuali, viste come latrici di
discriminazione, nel nome della "lotta al patriarcato", e ne fanno parte
tutte le varie forme di rivendicazione dell'identità sessuale
percepita, vista come superiore all'identità biologica.
L'intera
tematica viene infine presa ostaggio dall'atteggiamento politicamente
corretto, che rende ogni discussione aperta di tali questioni difficile,
rischiosa, sempre sull'orlo di accuse infamanti.
Il cerchio così si chiude.
La
prima mossa sancisce la superiorità delle pretese idealistiche di una
sorta di Io assoluto, che può e anzi deve imporsi sulla materia (sulla
biologia, ma anche sulla realtà sociale).
La seconda mossa, mette al
sicuro dalle confutazioni le pretese di questo Io assoluto, isolandolo
dalle critiche, attraverso una loro delegittimazione a priori (come
omofobe, sessiste, retrograde, ecc.).
E cosa resta fuori da questo cerchio splendidamente autoreferenziale?
Nulla. Nulla salvo la realtà, che anche se i suoi campioni sono stati silenziati, rimane tuttavia testardamente in piedi.
Ed
è la realtà che, con i suoi tempi, la sua implacabilità, e purtroppo
anche le sue vittime sacrificali, finirà per fare giustizia di questo
delirio culturale.
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