La sicurezza alimentare è in cima all’agenda di Xi Jinping. Due degli obiettivi principali del governo cinese coincidono, non a caso, con la necessità di blindare i settori chiave del Paese e, al tempo stesso, con lo smarcarsi il più possibile da qualsiasi dipendenza strategica estera che potrebbe mettere nei guai l’intera nazione. È qui che entrano in gioco i maiali, o meglio ancora, la carne ottenuta mediante la macellazione di questi animali che rappresenta un vero pilastro della dieta dei cittadini d’oltre Muraglia.
In seguito alla crescita economica della Cina, la carne di maiale è passata dall’essere un lusso per pochi – e per occasioni speciali – ad essere disponibile per tutte le famiglie cinesi. I numeri sono imponenti. La seconda potenza mondiale ospita 1,4 miliardi di cittadini che consumano annualmente 60 milioni di tonnellate di carne di maiale (circa 40 chilogrammi pro capite annuo). Non solo la carne suina è la più mangiata nel Paese (il 70% del totale); la sua domanda è in continua crescita, tanto che il ministero della Sanità di Pechino ha dovuto raccomandare di ridurre, fino a dimezzare, il consumo quotidiano di questo alimento da qui al 2030.
Il filo rosso che collega la Cina alla carne di maiale
Se da un giorno all’altro i suoi cittadini si ritrovassero a corto di carne di maiale, per Xi Jinping scatterebbe un allarme non da poco. È per questo che la Cina si è mossa in due direzioni: da un lato continua a importare dall’estero milioni di tonnellate di carne di maiale (circa il 10%), dall’altro si sta affidando sempre di più (90% del totale) a carne suina prodotta sul proprio territorio. Come fare per aumentare la quantità? Affidandosi all’agricoltura verticale. E cioè: a grattacieli pieni zeppi di maiali da allevare utilizzando le tecnologie più avanzate.
Il primo esempio degno di nota chiama in causa due edifici di 26 piani sorti a Ezhou, nella provincia centrale di Hubei. Dall’esterno, i grattacieli non sembrano diversi dai normali edifici residenziali. Tuttavia, anziché ospitare persone, ospitano un allevamento verticale di suini su scala industriale.
Jin Lin, direttore generale dell’allevamento, costruito da Hubei Zhongxin Kaiwei Modern Husbandry, ha spiegato al quotidiano Global Times che ogni edificio ha una superficie di 390.000 metri quadrati e che insieme, i due siti, possono “produrre” 1,2 milioni di maiali all’anno. Al loro interno lavorano oltre 800 persone, il che significa che ogni membro del personale è responsabile di circa 1.500 suini.
L’obiettivo di Pechino
Il ciclo dei maiali inizia nella zona di gestazione, si sposta nella zona parto dove le scrofe partoriscono, per poi proseguire nella nursery 23 giorni dopo la nascita. L’intero processo si conclude in un’area di allevamento, dove le bestiole vengono allevate per sei-otto mesi, fino a quando non sono pronte per il mercato. Il cibo per gli animali viene trasportato sul tetto dei grattacieli tramite un nastro trasportatore e poi distribuito piano per piano tramite un sistema interno. I maiali vengono inoltre lavati ogni giorno e nutriti in base al loro peso, alla razza e alle richieste del mercato.
Zhuge Wenda, presidente di Hubei Zhongxin Kaiwei Modern Husbandry, ha affermato che gli allevamenti tradizionali di maiali dislocati nelle zone rurali della Cina spesso costringono gli animali a mangiare, bere e dormire in spazi ristretti, sporcandosi. L’allevamento verticale risolverebbe invece il problema alla radice. In questo modo, il Paese riuscirebbe a produrre più carne, e di qualità migliore, oltre che di proseguire nel suo percorso di autosufficienza. Basterà un esercito di maiali per vincere la partita della sicurezza alimentare? Nello Hubei sono convinti di sì. Ritengono che questa sia la strada giusta da seguire.
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