“L’essenza della propaganda consiste nel convincere le persone di un’idea in modo così sincero, così vitale, che alla fine vi soccombono completamente e non possono più sottrarvisi”, scrisse Joseph Goebbels nel suo diario. Adolph Hitler era d’accordo: tant’è che, nel 1933, istituì il ministero del Reich per la Propaganda con a capo proprio Goebbels, il quale diffuse la propaganda del regime del Terzo Reich attraverso l’arte, la musica, il teatro, i film, i libri, la radio e la stampa. Una “lezione”, quella di Goebbels, sull’uso della propaganda, che – declinata certamente in un maniera diversa – anche le democrazie hanno appreso e che non riguarda solamente i regimi totalitari o autoritari. In tal senso, i film rappresentano uno dei più potenti veicoli di propaganda da parte dei governi e degli apparati.
Hollywood in campo insieme ai militari
La stessa Hollywood è più volte entrata in guerra a fianco degli Stati Uniti e del Pentagono per supportare le “avventure” militari di Washington nel mondo. Come sottolineato in una conversazione con la Cbc da Tanner Mirrlees, professore associato di comunicazione e studi sui media digitali presso la Ontario Tech University e autore del saggio Hearts and Mines: The U.S. Empire’s Culture Industry, quando gli Stati Uniti entrarono nella Seconda guerra mondiale, non furono solo i giovani uomini e le donne ad arruolarsi perché anche “Hollywood si arruolò con loro”
Com’è noto, gli Stati Uniti entrarono in guerra all’indomani dell’attacco di Pearl Harbor all’alba del 7 dicembre 1941 da parte dell’Impero giapponese: se fino a quel momento i film di Hollywood servivano per intrattenere il pubblico, con l’entrata in guerra decisa dall’amministrazione Roosevelt le pellicole presero la funzione di sostenere lo sforzo bellico statunitense contro la minaccia nazifascista. Tra il 1942 e il 1945, l’FBI esaminò 1.652 sceneggiature, rivedendo o scartando tutto ciò che ritraeva gli Stati Uniti in modo sfavorevole, compreso il materiale che faceva sembrare gli americani “ignari della guerra o contrari ad essa”. L’allora capo dell’Ufficio per l’Informazione di Guerra, Elmer Davis, disse: “Il modo più facile per iniettare un messaggio nella mente della maggior parte delle persone è farlo passare attraverso un film di intrattenimento, quando non si rendono conto di essere oggetto della propaganda”.
CIA, Pentagono e Hollywood
Anche dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’ingombrante influenza del governo americano e delle agenzie governative sul mondo del cinema è stata marcata e di estrema rilevanza. A riprova di questo, un documentario pubblicato negli Stati Uniti mostra come il Pentagono (e la CIA) abbiano “plasmato” le trame di oltre 2.500 film e programmi televisivi, da pellicole cult come Top Gun alle serie Marvel fino a programmi di intrattenimento come Extreme Makeover. Il documentario s’intitola Theaters of War. How The Pentagon and CIA Took Hollywood, dura 87 minuti e analizza in maniera approfondita come il “complesso militar-industriale” degli Stati Uniti si sia servito dei film per diffondere messaggi di propaganda. Il documentario è stato realizzato da Roger Stahl, direttore del Dipartimento di studi sulla comunicazione dell’Università della Georgia e autore di Militainment Inc. insieme al docente dell’Università di Bath Matthew Alford e al giornalista investigativo Tom Secker e vede la partecipazione del grande regista Oliver Stone.
Come osserva Responsible Statecraft, nel documentario Stahl spiega che attraverso il successore dell’OWI, l’Entertainment Liaison Office, il Pentagono condiziona il prestito di sistemi d’arma ai produttori di film in cambio dell’accesso completo alla sceneggiatura della pellicola. Una volta che il copione viene esaminato e restituito ai produttori con note elaborate dai funzionari del Pentagono stesso, “modifiche alla sceneggiatura o persino ampie alterazioni della trama”, lo studio può accettare i “suggerimenti” del Pentagono nella loro interezza o perdere la possibilità di avere in prestito attrezzature e armi utili alla realizzazione del film. “Questo rapporto distorto – nota Responsible Statecraft – può portare a una propaganda sfacciata”. Esempio pratico citato nel documentario: in The Fate of the Furious del 2017, l’ottavo capitolo del franchise di Fast & Furious, il rapper e attore Ludacris legge a un certo punto uno spot di 30 secondi che pubblicizza il carro armato Ripsaw della Textron Systems.
Non è un messaggio buttato lì a caso perché non sono battute pensate dagli sceneggiatori del film: sono state scritte dai funzionari dell’Entertainment Liaison Office. Altro esempio calzante riguarda il contratto tra i produttori di Mission: Impossible 7 – Dead Reckoning e il Pentagono svelato dal giornalista investigativo Tom Secker: in cambio della possibilità data alla troupe di Mission Impossible di girare alcune scene nelle basi militari statunitensi negli Emirati Arabi Uniti, il contratto prevede che il Pentagono presti al team di produzione un V-22 Osprey di fabbricazione Boeing da utilizzare in almeno due scene del film con Tom Cruise: scene pensate, secondo il giornalista e co-autore del documentario, per “creare un legame emotivo tra lo spettatore e i sistemi d’arma”. Messaggi più o meno subliminali che agiscono sul nostro subconscio e di cui il cinema è ricco. E che fanno del mondo dell’intrattenimento un’arma potentissima.
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