La cordiale intesa tra Arabia Saudita e Russia, segno del cambiamento dei tempi ma anche frutto del più che decennale attivismo diplomatico di Vladimir Putin nei confronti del Medio Oriente (il suo primo viaggio nella regione, nello specifico in Israele, risale al 2005; l’ultimo, in Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, al dicembre 2023), ha battuto in queste ore un altro colpo significativo. Secondo l’agenzia Bloomberg, infatti i sauditi hanno avvertito che potrebbero liquidare alcuni investimenti che hanno fatto negli anni nel debito di alcuni Paesi europei se il G-7 dovesse sequestrare i quasi 300 miliardi di dollari di asset russi congelati dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, per la gran parte (oltre il 90%) detenuti appunto nella UE. Secondo le indiscrezioni, il Paese più preso di mira dalle autorità saudite sarebbe la Francia. E l’avvertimento, chiamiamolo così, sarebbe stato trasmesso in via riservata a diversi altri Paesi dal ministero delle Finanze di Ryadh in giugno, quando il G7 (Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Giappone) ha deciso di girare all’Ucraina 50 miliardi ottenuti sequestrando gli interessi generati dai capitali russi congelati nella Ue. Analoghe pressioni sarebbero state esercitate anche da Cina e Indonesia.
Difficile precisare quanto debito europeo detenga l’Arabia Saudita, ma le riserve nette in valuta estera della sua banca centrale ammontano a 445 miliardi di dollari. L’Arabia Saudita detiene 135,9 miliardi di dollari in titoli del Tesoro statunitensi, collocandosi al 17° posto tra gli investitori in obbligazioni statunitensi.
Naturalmente l’Arabia Saudita si muove in questo modo non solo per le cordiali relazioni con la Russia, per l’alleanza nel settore petrolifero (i due Paesi sono insieme nell’Opec+ e hanno concordato insieme, l’anno scorso, una strategia di tagli alla produzione per tenere alto il prezzo del greggio) o perché Mohammed bin Salman vuole tanto bene a Vladimir Putin. I sauditi, come altri Paesi del golfo, temono che un giorno l’Occidente possa usare la questione dei diritti umani per applicare provvedimenti simili ai non meno ingenti investimenti europei e americani delle petromonarchie mediorientali. La svendita dei titoli di Stato europei, peraltro, non è l’unica leva finanziaria su cui l’Arabia Saudita sta appoggiando il proprio peso diplomatico. Nel gennaio 2023, l’Arabia Saudita ha dichiarato di voler valutare la possibilità di trattare il proprio petrolio in valute diverse dal dollaro USA e di essere in trattative con la Cina sulla vendita di greggio in yuan.
Sarà un caso ma da allora la retorica del presidente Biden, che aveva promesso di voler ridurre l’Arabia Saudita a “un paria” per il brutale assassinio dell’editorialista del Washington Post Jamal Khashoggi si è spenta. Al contrario, l’Arabia Saudita è stata dichiarata perno fondamentale dell’accordo di normalizzazione dei rapporti con Israele e del possibile governo della Striscia di Gaza quando la guerra sarà finita.
Fulvio Scaglione
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