"Nuova" guerra: solo assassinio
di Massimo Fini - 22/09/2024
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Fonte: Massimo Fini
“La guerra è comune a tutti gli esseri, è la madre di tutte
le cose. Alcuni li fa dèi, gli altri li fa schiavi o uomini liberi.” -
Eraclito
Papa Francesco si affanna a dire che la guerra “è sempre una
sconfitta”. Certo sarebbe bizzarro che il Sommo Pontefice inneggiasse
alla guerra anche se Cristo afferma “non pensate che io sia venuto a
mettere pace sulla terra, non sono venuto a mettervi pace, ma la spada”
(Matteo, 10,34).
La guerra non è sempre una sconfitta. Lo è per i
vinti, non per i vincitori. Se gli Alleati e i russi non avessero vinto
la guerra oggi saremmo, a parte qualche eccezione, tutti nazisti e la
parola “democrazia” una bestemmia in chiesa. Che poi i vincitori, a
volte, riescano a comportarsi peggio dei vinti è un altro discorso.
La
guerra ha funzioni positive, anche se è difficile riconoscerlo in
quest’epoca di pacifismo, retorico, soprattutto occidentale. La guerra è
la prova suprema, per gli Stati ma soprattutto per gli uomini. Ci dice
chi veramente siamo. Leo Longanesi ricorda che in guerra impiegatucci
cui non avresti dato un soldo si battevano con valore, mentre i gradassi
del tempo di pace se la facevano sotto.
La guerra riduce tutto
all’essenziale. Ci fa dimagrire in tutti i sensi. Quando si può morire
da un giorno all’altro cambia la gerarchia dei valori, restano quelli
essenziali mentre tutto l’orpello da cui siamo soffocati in tempo di
pace finisce fra gli scarti. Una coppia non si mette a litigare se uno
schiaccia il tubetto del dentifricio dall’alto e l’altra dal basso. Un
amore va fino in fondo a se stesso in tempo di guerra. Inoltre la guerra
ha, come il servizio militare, come il periodo universitario, la
qualità del ‘tempo sospeso’: non devi far nulla solo aspettare che
finisca.
La guerra attenua le differenze di classe, sociali ed economiche, si è più uguali, e soprattutto più solidali in guerra.
Ci
sono guerre giuste? Secondo gli “Illuministi” le guerre ‘giuste’ sono
quelle che si fanno per la libertà. Ma attenzione: afferma il generale
Lazare Carnot, membro del Direttorio durante la Rivoluzione francese “la
guerra è violenta di per sé. Bisogna condurla a oltranza o restarsene a
casa. Il nostro scopo è lo sterminio, lo sterminio fino alle estreme
conseguenze” e Saint-Just, il giovane ‘numero due’ di Robespierre,
ribadisce “le guerre della libertà devono essere fatte con collera”.
Sono le guerre ideologiche pressoché sconosciute in passato.
Un’esemplare guerra ideologica è stata quella ai Talebani: non ci
piacevano i loro costumi e siccome non ci piacevano abbiamo occupato
l’Afghanistan per vent’anni, facendo alcune centinaia di migliaia di
morti. E’ il totalitarismo della Democrazia.
Eppure nel 1975, a
Helsinki, in un raro momento di saggezza, quasi tutti gli Stati del
mondo firmarono un accordo che sanciva il “diritto
all’autodeterminazione dei popoli”, cioè ogni popolo ha il diritto di
evoluire, e anche di non evoluire, secondo la propria storia, le proprie
tradizioni, i propri costumi.
Un momento decisivo nella storia della
guerra è stata l’introduzione delle armi da fuoco, cioè armi che
colpiscono a distanza annullando il valore del guerriero. Esemplare in
questo senso è il film di Ermanno Olmi “Il mestiere delle armi” (2001). I
cavalieri, che nel Medioevo avevano il compito di difendere il
territorio, si opposero a questo tipo di guerra considerandola ignobile.
Ma naturalmente persero la partita.
Poi si è andati ben oltre il
fucile. Oggi ci sono i droni che colpiscono a centinaia e a volte
migliaia di chilometri di distanza.
Inoltre la guerra, che non viene
nemmeno più dichiarata, preferendola chiamarla con altri nomi,
“intervento umanitario”, “operazione di polizia internazionale”,
“operazione di peacekeeping”, tanto ci si vergogna di farla (anche Putin
ci ha copiato chiamando la sua aggressione all’Ucraina “operazione
militare speciale”) ha perso ogni regola. Se il nemico non è più uno
iustus hostis, prendendo dalla definizione di Schmitt, ma un criminale,
se ne può fare carne di porco come abbiamo visto ad Abu Ghraib e
tutt’oggi a Guantanamo. E’ stata legittimata la tortura, fisica e
psicologica.
In pratica con gli ordigni attuali non ci sono più
combattenti, ci sono solo vittime designate, i civili, con qualche
eccezione perché nella guerra russo-ucraina esiste ancora, anche se
raro, il corpo a corpo, come nella regione di Kursk dove soldati ucraini
si battono contro i soldati russi. Ma, in generale, il drone, cioè la
tecnica, ha sostituito il combattente. E il combattente che non combatte
perde ogni legittimità e la guerra la sua epica e anche la sua etica:
se uno solo può colpire e l’altro solo subire si esce dall’ambito della
guerra e si entra in quello dell’assassinio (come è avvenuto in Serbia,
in Afghanistan, in Iraq, in Libia). Inoltre basilari sono i computer e i
collegamenti con i satelliti, il soldato, ma sarebbe meglio dire l’ex
soldato, è diventato un ingegnere dell’assassinio.
Dal maschio, fuco
transeunte, attratto dalla morte per sopperire alla sua impotenza
procreativa, la guerra è sempre stata considerata “il gioco di tutti i
giochi” perché lo sottrae all’apatia del quotidiano, al mal de vivre.
Per le donne vale l’opposto. A loro, che danno la vita, sono sempre
sembrate insensate queste carneficine. E sebbene ci siano state
coraggiose donne combattenti (Giovanna D’arco o nella lotta partigiana
che però non è esattamente una guerra ma piuttosto una guerrilla) io
penso che le donne-soldato non siano una conquista, un’evoluzione ma
piuttosto un’involuzione perché troppo contro natura.
Ma torniamo al
“gioco di tutti i giochi”. Alberto Moravia, che pur era un pacifista, ha
scritto “la Bomba (atomica) ci ripugna. Perché? Perché essa è la fine
della guerra e noi vogliamo fare la guerra, la Bomba…ci priva di un
gioco decisivo che noi giochiamo da milioni di anni”. Qual è il senso di
questa affermazione? Che l’Atomica, ponendosi come distruzione
planetaria, e quindi definitiva, annulla l’essere umano, ogni sua
attività e quindi anche la guerra.
Hiroshima e Nagasaki sono state
decisive nel formare questo pensiero. Cioè nessuno Stato, per quanto
potente che fosse, poteva utilizzare l’Atomica perché si sarebbe
contemporaneamente autodistrutto. Quindi l’Atomica serviva solo come
deterrente perché nessuno avrebbe mai osato servirsene. Ma adesso, oplà,
nell’eterno gioco fra difesa e offesa, si sono inventate le “atomiche
tattiche” che avrebbero un raggio limitato. Come la scissione dell’atomo
possa avere un limite, distruggendo anche chi le usa e ciò che gli sta
intorno e anche lontano, perché le radiazioni non rispettano i confini,
io non lo so. E pare che non lo sappiano nemmeno i Potenti della Terra
che minacciano di utilizzarle.
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