Guerra globale: chiavi di lettura
di Enrico Tomaselli - 22/09/2024
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Fonte: Enrico Tomaselli
Se osserviamo le guerre in corso sul pianeta - quantomeno
le principali, ché ce ne sono svariate... - e le inquadriamo
correttamente come pezzi di un unico conflitto globale, quello tra
occidente ed Eurasia, è possibile fare alcune osservazioni non
secondarie.
Fondamentalmente, la prima, e più rilevante, è che
l’occidente - sentendosi minacciato il proprio dominio su gran parte del
mondo - ha assunto una postura, in termini strategicamente geopolitici,
difensiva, ma che poi si traduce in una postura operativa estremamente
aggressiva. È l’occidente, in senso lato, che cerca il conflitto, lo
provoca, lo alimenta. Il pensiero strategico di questo mega-conflitto
viene ovviamente elaborato nel cuore dell’impero occidentale, ovvero
negli Stati Uniti. Ed il nocciolo di questo pensiero può essere
riassunto in alcuni concetti base. Il primo dei quali è contenimento.
Per impedire che quelle che a Washington sono percepite come potenze la
cui crescita costituisce in sé una minaccia, bisogna contenerne la
crescita; e per fare ciò bisogna agire su tre livelli: impedirne lo
sviluppo tecnologico, limitarne la crescita economica e consumarne il
potenziale. Questi tre livelli costituiscono i piani su cui si incentra
la guerra ibrida, e possono essere riassunti nel secondo concetto base:
logoramento. Questa guerra ibrida, a sua volta, si sostanzia nelle
sanzioni (dirette ed indirette), nell’azione diplomatica e di contrasto
al libero commercio, e - last but not least - nella guerra cinetica.
Per
quanto attiene a questo aspetto, per tutta una serie di ragioni che non
possono essere qui riassunte brevemente, ma che attengono
fondamentalmente alla capacità industriale, alla forza militare
mobilitabile ed alla fragilità della coesione interna, la dottrina
bellica statunitense si basa (quantomeno sul breve-medio periodo) sul
terzo concetto: proxy war. Gli Stati Uniti devono impegnare gli
avversari in guerre di logoramento, che però devono essere contenute al
di sotto di una determinata soglia, poiché l’imperativo è tenere il
conflitto lontano dal territorio nazionale e, nei limiti del possibile,
evitare il coinvolgimento diretto delle proprie forze armate. Il che,
ovviamente, significa innanzitutto impedire che le guerre raggiungano
una temperatura troppo elevata, rischiando di passare ad un livello di
conflitto nucleare.
Per inciso, questa e non altra è la ragione per
cui a Washington sono così infastiditi dal bellicismo sfrenato di
Israele, che cerca a tutti i costi di trascinarli in guerra.
Un’altra
osservazione rilevante è che, a mio avviso, c‘è una asimmetria non
completamente rilevata. Mentre da parte delle potenze eurasiatiche si
manifesta sostanzialmente una grande capacità di visione strategica,
sicuramente superiore a quella occidentale, sul piano tattico-operativo
sembrano invece ancora inferiori, o quanto meno in ritardo.
La
capacità russa di eludere i riflessi negativi delle sanzioni, di
riorientare rapidamente il proprio commercio internazionale, di
consolidare ed estendere la propria rete di relazioni diplomatiche, e
non da ultimo di logorare l’apparato militare-industriale USA-NATO assai
più di quanto non venga logorato il proprio, rappresenta perfettamente
questa superiorità strategica. Così come l’Iran e l’Asse della
Resistenza, con la propria pazienza strategica, stanno logorando Israele
assai più di quanto sia al contrario. Al tempo stesso - ovviamente non
c’è guerra perfetta, senza errori - è abbastanza evidente che poi sul
piano operativo si fanno un po’ troppo spesso cogliere in contropiede,
anche con una certa dose di ingenuità, se vogliamo. Ad esempio, è
evidente che il territorio russo è sterminato ed è quindi assai
complesso stabilire una rete capillare di difesa anti-aerea /
anti-missile, ma che ci siano troppi buchi sul fronte occidentale (dopo
due anni di guerra!), è francamente incredibile. Così come che la flotta
del mar Nero si sia dovuta spostare da Sebastopoli, giusto per citare
gli aspetti più clamorosi. Ugualmente, è chiaro che le forze della
Resistenza, pur conoscendo la spregiudicatezza criminale di Israele,
siano troppo scoperte rispetto ai killeraggi di Tel Aviv. Al momento,
non si vedono particolari mutamenti, né da parte occidentale sul piano
strategico, né da parte euroasiatica su quello operativo. C’è da capire
se e quanto questi squilibri possano incidere sull’andamento della
guerra globale.
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