Il pressing dei falchi per la guerra globale
L’attacco ucraino al deposito di munizioni di Tver realizzato con missili a lungo raggio, che ha causato una enorme esplosione relativamente vicino a Mosca, aveva uno scopo ben preciso. Ne scrive Strana accennando, tra l’altro, che alcune fonti segnalano che fosse diretto anche contro una base segreta di missili nucleari russi, particolare sul quale non c’è però nessuna conferma.
Al di là della veridicità o meno del particolare, resta, appunto che sono stati usati missili a lungo raggio, anche se l’Ucraina ha dichiarato che si tratta di missili fatti in casa – cosa impossibile – guidati, come necessario che sia, dai sistemi satellitari Nato, particolare ovviamente omesso da Kiev.
Una vera e propria provocazione per la Russia, che ha superato il niet di Biden all’uso di tali testate da parte di Kiev, ma soprattutto un modo per far pressione sul presidente degli Stati Uniti per ottenere il placet ufficiale all’utilizzo di tali vettori.
Così Strana: “Non è ancora chiaro se sia stata effettivamente attaccata una base con missili nucleari. Ma, probabilmente, queste informazioni (così come, in generale, gli attacchi ai magazzini militari all’interno della Federazione Russa avvenuti nell’ultima settimana) verranno utilizzate dalle autorità ucraine per ottenere da Biden il permesso di colpire con missili a lungo raggio il territorio russo usando questa motivazione: ‘stiamo colpendo gli impianti nucleari della Federazione Russa e non si è vista nessuna risposta, quindi non bisogna aver paura delle minacce di Mosca”.
Già, perché stavolta, più di altre volte, la Russia ha messo in guardia sulle conseguenze di tale decisione: “Le autorità russe – scrive Strana in un altro articolo – a tutti i livelli, compreso Putin, hanno affermato che gli attacchi alla Federazione Russa da parte di missili occidentali indicheranno che i Paesi della NATO sono entrati in guerra contro la Russia e Mosca ‘prenderà le decisioni appropriate’”.
“Ciò non era mai accaduto prima, alla vigilia di precedenti escalation che hanno comportato il superamento di ‘linee rosse’, quando solo il ministero degli Esteri (in termini abbastanza generali) e Dmitry Medvedev, sui loro canali Telegram, spaventavano l’Occidente ammonendolo sulle conseguenze”.
Logorare la Russia, asservire l’Europa
“Pertanto, una delle principali domande in circolazione adesso è la seguente: quale sarà in realtà la reazione della Federazione Russa? Molti si aspettano un qualche attacco ai ‘centri decisionali’ occidentali, altri sostengono che Putin stia bluffando”.
“Apparentemente, la Russia, da un punto di vista puramente militare, non dovrebbe essere interessata a coinvolgere i paesi della NATO nella guerra ucraina, poiché ciò cambierebbe drasticamente gli equilibri del potere e non a favore di Mosca. In questo caso, senza l’uso delle armi nucleari, la Federazione Russa dovrà affrontare la sconfitta. Mentre l’uso delle armi nucleari comporterebbe la distruzione reciproca”.
Gli avvertimenti russi, spiega Strana hanno diverse motivazioni: “Il primo e più evidente motivo di tali dichiarazioni è quello di indurre Washington e Londra ad abbandonare l’intenzione di concedere il diritto di colpire con missili a lungo raggio. Questo è esattamente il modo con il quale le autorità ucraine e il ‘partito della guerra’ in Occidente interpretano la situazione, invitando a non aver paura di oltrepassare le ‘linee rosse’ di Putin”.
“Tuttavia, l’intensità delle dichiarazioni minacciose di Mosca, così come il fatto che siano state espresse personalmente da Putin, indica che questa volta la questione potrebbe non limitarsi alle sole parole. Allo stesso tempo, il Cremlino ha la propria motivazione per esporre l’Occidente alla prospettiva di una guerra diretta con la Federazione Russa”.
“A giudicare dalle dichiarazioni di Putin, egli percepisce la guerra in Ucraina come solo un elemento di un processo più globale volto a stabilire un nuovo ordine mondiale e a incoraggiare l’Occidente, e soprattutto gli Stati Uniti, a raggiungere accordi a tale riguardo”.
“Tuttavia, il problema per Putin è che Washington non percepisce la guerra in Ucraina come un problema tanto grande che per risolverlo sia necessario negoziare con il Cremlino. Al contrario, la leadership americana percepisce la guerra ucraina non come un problema o una minaccia, ma come un’opportunità unica per risolvere in un colpo solo diverse questioni importanti: logorare fino all’esaurimento la Russia e legare ancora più strettamente l’Europa a se stessa, reprimendo i tentativi degli europei di giocare qualsiasi gioco geopolitico indipendente con russi o cinesi”.
La dialettica tra realisti e falchi
L’articolo di Strana prosegue spiegando che l’unica cosa che potrebbe far cambiare idea alla leadership occidentale è che percepiscano come reale la prospettiva di una guerra globale, da cui l’insistenza dei russi sul punto (d’altronde così è).
C’è tanta follia in tutto questo, alimentata da quanto rileva implicitamente Strana, cioè che anche gli ambiti più ragionevoli d’Occidente sono convinti che alimentare questa guerra sia foriero dei vantaggi citati, convergendo in questo con i falchi che la stanno alimentando oltremisura.
I circoli realisti, cioè, sono convinti di poter proseguire sul cammino intrapreso riuscendo, allo stesso tempo, a tenere sotto controllo le spinte eversive dei falchi. Una follia che ha portato alle escalation che hanno contraddistinto il conflitto, che hanno segnato le tante vittorie del partito della guerra globale, che nel caos generale si sono rivelati più forti e determinati.
Peraltro, le tante vittorie conseguite hanno rafforzato vieppiù le loro posizioni, emarginando sempre più i realisti. Ora si prospetta un nuovo snodo cruciale dove tale dialettica conoscerà un altro picco.
La settimana che si apre, infatti, vedrà la riunione dell’Assemblea generale della Nazioni Unite, a margine della quale, “dovrebbe essere annunciata la decisione di Biden sulla concessione o meno del diritto di lanciare attacchi missilistici sulla Russia”.
“Questa decisione può essere molto determinante per il mondo intero. Siamo giunti a un bivio dal quale si dipanano due strade: o la fine della guerra in Ucraina e altre decisioni volte a ridurre le tensioni del mondo, oppure l’escalation e la minaccia di una guerra globale”.
Si può aggiungere che, in parallelo, anche il conflitto mediorientale è giunto a un bivio, dal momento che si rischia una guerra su larga scala tra Israele ed Hezbollah, con la prospettiva di un coinvolgimento di Stati Uniti e Iran. Le due crisi vanno insieme, dal momento che gli ambiti che spingono per l’escalation in Ucraina sono gli stessi che sostengono il forcing di Netanyahu per innescare una grande guerra mediorientale.
Detto questo, appare invero difficile che prima delle elezioni presidenziali Usa si possano dare decisioni cruciali. il massimo che si può ottenere è un congelamento delle conflittualità. Momento di sospensione, durante il quale può capitare di tutto.
N.b. nella foto di copertina una delle immagini satellitari che circolano sul web attribuite al deposito di munzioni di Tver dopo l’attacco.
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