Le esplosioni dei cercapersone di Hezbollah e l’insita natura terroristica dello stato di Israele
di Cesare Sacchetti
Si credeva che tutto fosse finito l’altro ieri, quando hanno iniziato a scorrere immagini di uomini di Hezbollah mutilati o gravemente feriti dalle esplosioni dei loro cercapersone da remoto.
Invece ieri pomeriggio c’è stata una seconda parte di quello che si può definire come uno degli attacchi terroristici più infami della storia di Israele.
Sono esplosi altri apparecchi elettronici mentre si stavano celebrando i funerali di coloro che avevano perso la vita lo scorso martedì.
Al solito, lo stato ebraico non conferma né smentisce di aver orchestrato questo attacco, ma di indiziati che avevano la capacità e le motivazioni di commettere un simile atto, non ce ne sono altri, tranne Tel Aviv.
Sono già morte 18 persone, e più di 2mila risultano ferite, e non sono affatto tutti appartenenti al partito armato di Hezbollah, la resistenza libanese che si è formata nel 1985 dopo che Israele invase il Libano 3 anni prima e continuò ad occuparlo fino al 2000, quando le truppe sioniste si ritirarono dopo l’accordo stipulato con le Nazioni Unite.
La natura di Israele non è certo quella di vivere in pace con i propri vicini. Israele, dovrebbe essere abbastanza chiaro a questo punto, non nasce per dare agli ebrei una casa che serva a mettere al repentaglio gli ebrei nel mondo da eventuali persecuzioni.
Israele è molto di più di questo. Israele è dominio, imperialismo e “sogno” di costruire da questa terra un impero che si imponga su altre nazioni.
Non c’è la falsa e ipocrita necessità di aiutare gli ebrei che all’inizio dell’900 non ne volevano sapere di trasferirsi in una terra, quella della Palestina, che non era loro e con la quale non avevano più alcun legame da tempo, se mai effettivamente ce lo hanno avuto.
Sì, perché larga parte degli ebrei oggi non è più la stessa di 2000 anni fa, e ciò vuol dire che l’ebreo che visse ai tempi di Cristo non è geneticamente lo stesso di oggi.
A dirlo è stato, tra gli altri, un genetista israeliano, Eran Elhaik, che nella sua ricerca ha dimostrato la validità della tesi cazara sostenuta dallo scrittore e storico di origini ebraiche, Arthur Koestler, che nella sua opera, oggi un classico, intitolata “La tredicesima tribù”, sostenne che gli ebrei oggi non sono altro che i cazari vissuti in Europa Orientale ai tempi del re Bulan, nel VIII secolo d.C., che impose il giudaismo come religione al suo popolo soltanto per meri motivi di opportunità e non perché animati da un qualche sincero interesse per il talmudismo.
Arthur Koestler, il primo ricercatore moderno a ipotizzare che gli ebrei siano originari del regno di Khazaria
Gli ebrei che sono ancora parzialmente gli stessi da un punto di vista genetico di quelli di 2000 anni fa sono i sefarditi che dopo i secoli successivi si dispersero in Medio Oriente e in Europa, in particolare nella penisola Iberica, dove diedero assistenza agli invasori islamici che invasero e dominarono la Spagna per diversi secoli.
Il terrorismo e la violenza scorrono nelle vene di Israele non da oggi, ma da quando il suo padre putativo, Theodor Herzl, scrisse alla fine del’800 il suo famoso saggio “Lo stato ebraico” che può essere considerato come il primo vero atto di fondazione del movimento sionista mondiale.
Già in quell’epoca fervevano ai piani alti della finanza ebraica i propositi di costruire uno stato ebraico in Palestina e i primi a mettere a disposizione i fondi necessari per raggiungere una simile impresa sono stati gli onnipresenti banchieri che hanno dominato la vita politica europea dalla rivoluzione francese innanzi, ovvero i Rothschild.
Il primo congresso sionista mondiale non si sarebbe potuto tenere senza il contributo di Edmond James de Rothschild che ancora oggi nel mondo sionista viene chiamato “benefattore” talmente importante è stato il suo ruolo nel porre i primi mattoni del futuro stato di Israele.
Nulla è cambiato al tempo della prima guerra mondiale, quando il ministro degli Esteri britannico, Balfour, dava vita alla sua celebre dichiarazione nel 1917 nella quale si impegnava con Lord Rothschild per far sì che la Gran Bretagna diventasse la garante del piano sionista e che la Palestina fosse strappata dalle mani dell’Impero ottomano in via di dismissione, per essere consegnata invece agli ebrei sionisti.
Il tributo di sangue è stato enorme. C’è stato certamente quello della prima e della seconda guerra mondiale, senza le quali qualsiasi proposito di costruire uno stato ebraico sarebbe stato impensabile e irrealizzabile, poiché questi due eventi di proporzioni mondiali hanno prima consentito alla Palestina di passare sotto il mandato britannico, e poi hanno infine permesso di costruire lo stato di Israele dopo le persecuzioni inflitte da Hitler contro gli ebrei tedeschi, i quali se si rifiutavano di adempiere alle disposizioni del famigerato trattato Haavara firmato dai nazisti con il movimento sionista, venivano deportati nei campi di concentramento.
A dare al futuro stato ebraico la popolazione di cui aveva bisogno è stato proprio il fuhrer che attraverso questo accordo acconsentiva a trasferire gli ebrei in Palestina, e a dare anche ingenti finanziamenti ai coloni sionisti che volevano insediarsi lì per costruire la nazione di Israele.
A chi non conosce la storia potrà apparire un paradosso, ma è così. Adolf Hitler, l’uomo che ha inflitto agli ebrei tedeschi le sue pene, è quello al quale il sionismo deve più di tutti, e sono persino intellettuali ebrei a riconoscere che, senza di lui, Israele non avrebbe mai visto la luce.
Gli ebrei che migravano in Palestina avevano in tasca questo documento che gli consentiva di recuperare le proprie proprietà in Germania
Gli stretti rapporti tra sionismo e nazismo rivelano come questa sacrilega alleanza nata nel 1933, subito dopo l’insediamento di Hitler al potere, non sia mai morta, e ciò dimostra, ancora una volta, come i due fenomeni politici siano due facce della stessa medaglia, soprattutto alla luce di quanto avviene in Ucraina, nella quale ancora oggi è possibile vedere come Israele sia schierata a fianco del regime nazista, al quale i vari rabbini non mancano di fare avere la loro benedizione.
La narrazione liberale si dimostra completamente fallace e mendace anche sotto questo profilo. Questa vuole descrivere i nazisti come i più acerrimi nemici del sionismo, mentre vediamo come in realtà questi due movimenti siano strettamente alleati e agiscano per il raggiungimento di comuni fini.
La natura terrorista del sionismo
Il sionismo però non ha versato soltanto il sangue delle guerre mondiali ma anche quello dei civili innocenti che vivevano in Palestina negli anni’30.
All’epoca erano attive molte falangi terroristiche quali quella più famigerata dell’Irgun di Menachem Begin, responsabile di numerosi massacri di civili, e quella dell’Haganah di Ben Gurion, che la storiografia liberale ama descrivere come “moderata” quando essa ha preso parte a sua volta ad altri agguati terroristici.
C’è una lunga lista dalla quale attingere per comprendere quale sia la filosofia del terrore che ha sempre governato gli uomini del sionismo.
Ne vediamo un esempio nel 1937, quando l’Irgun uccideva 18 civili palestinesi nel mercato di Haifa facendo esplodere una bomba, o nel 1939, quando l’Haganah di Ben Gurion a Balad Al-Shaykh rapiva e uccideva 5 civili innocenti.
Nulla fermava i due uomini animati dalla stessa feroce e irrefrenabile volontà sanguinaria e disumana di costruire Israele ad ogni costo, senza curarsi minimamente della vita dei palestinesi e di tutti coloro che non erano ebrei, che nella filosofia talmudica vengono appellati goyim, che sta per bestie, a dimostrazione che le prese di posizione del nazismo sulla superiorità di una razza su un’altra non sono affatto diverse dalle parti del sionismo che però assegna lo scettro invece agli ebrei.
La scia di sangue è proseguita anche negli anni successivi.
Ben Gurion e Menachem Begin non hanno infatti concluso la loro carriera di terroristi dopo la seconda guerra, ma anzi, se possibile, hanno ancora più alzato il tiro quando commetteva un’altra famigerata strage al King David Hotel di Gerusalemme nel 1946, allora utilizzato dagli inglesi come sede diplomatica in Palestina, e nel quale fu fatta esplodere una bomba.
Menachem Begin e Ben Gurion
Il sionismo non voleva più aspettare. Voleva che gli inglesi si togliessero dai piedi e che nascesse lo stato ebraico da loro tanto atteso.
Il massacro quel giorno fu enorme. Vennero uccise 91 persone e larga parte di queste nemmeno nulla avevano a che fare con la Gran Bretagna, in quanto erano personale dell’albergo o semplici clienti che alloggiavano nella struttura, ma questo agli esponenti del sionismo non importava poi molto.
Una vita umana, se non è ebrea, non vale nulla e allora la carneficina è un mezzo più che accettabile se questa serve a raggiungere gli scopi del sionismo mondiale.
Ne sa qualcosa il conte Folke Bernadotte, il mediatore delle Nazioni Unite, che finì crivellato nel settembre del 1948 dai colpi dei tagliagole di un altro gruppo terrorista, il Lehi, noto anche come banda Stern, che aveva a sua volta cercato di stabilire un’alleanza con la Germania nazista, a dimostrazione, nuovamente, che i legami tra sionismo e nazismo sono davvero profondi.
Il conte Folke Bernadotte
Ancora oggi però, come si accennava prima, alcuni storici amano mettere in contrapposizione le figure di Ben Gurion e di Menachem Begin, quando in realtà essi marciavano per lo stesso obiettivo e avevano una funzione complementare, ovvero quella di mostrare al mondo una presunta faccia più conciliante e “umana” del sionismo che invece doveva tenere a bada l’ala più estrema.
Ben Gurion in questa caratterizzazione viene considerato il leader della sinistra sionista, mentre Begin, che divenne primo ministro di Israele, è il padre del Likud, oggi capeggiato da Netanyahu.
Questa narrazione però tace sui massacri compiuti da Ben Gurion e pretende di far credere che il leader sionista avesse un animo da diplomatico, quando era anch’egli, come Begin, un terrorista che non esitava a uccidere innocenti pur di servire gli interessi di Israele.
Israele, come si vede, è sempre stata dal primo momento guidata da una leadership di terroristi. Ben Gurion che soltanto due anni prima faceva massacrare i civili innocenti del King David Hotel diveniva il primo premier dello stato ebraico nel 1948, ed è considerato uno dei padri fondatori di Israele.
Israele è stata concepita nel sangue sin dal principio, e i suoi leader sono stati allattati al seno del terrorismo sin dai primi istanti nei quali i coloni ebrei si sono insediati in una terra che non era la loro.
Nulla cambia nemmeno nei primi anni di esistenza in vita dello stato ebraico. Nel 1953, l’allora comandante dell’unità 101 delle forze armate israeliane, Ariel Sharon, massacrerà civili innocenti nel villaggio palestinese di Qibya, nel quale verranno uccisi 69 civili palestinesi dopo aver fatto esplodere le loro case.
Ariel Sharon diverrà poi primo ministro di Israele di Israele nel 2001, in quella che sembra una essere tipica consuetudine dello stato di Israele.
Il terrorista in Israele dismette frequentemente i suoi panni e indossa quelli dello statista o del politico di professione, a dimostrazione che la classe politica israeliana è composta in larga parte da killer di professione, che non hanno rispetto alcuno per la vita umana, non di rado nemmeno quella degli israeliani, quando questi servono a raggiungere i più “alti” fini del movimento sionista mondiale.
Oggi , di conseguenza, non vediamo altro quella che è sempre stata l’anima originaria ed autentica del sionismo. Stiamo vedendo un movimento che disprezza la vita umana, che non vuole coesistere con nessuno pacificamente e che considera nemici tutti coloro che non vogliono essere schiavi dello stato ebraico.
Israele, però, non gode più dell’appoggio incondizionato della potenza americana che gli ha consentito di esistere e che ha messo a ferro e fuoco il Medio Oriente per suo conto.
Washington è stata per larga parte dell’900 un’appendice dello stato ebraico e le lobby che l’hanno fatto da padrona negli Stati Uniti sono state certamente quelle del sionismo, rappresentate da gruppi quali l’AIPAC, Chabad e i neocon.
Sono stati loro a dettare la politica estera degli Stati Uniti che sono piombati nei Paesi arabi e hanno iniziato a rovesciare quei governi giudicati “ostili” da Israele e di intralcio al movimento sionista, come accaduto a Saddam Hussein e a Muammar Gheddafi, che già decenni prima diede proprio alla televisione italiana, una lezione su quali sono i veri fini del sionismo e come esso abbia sin dal principio colonizzato una terra, la Palestina, che non è la loro.
Il sionismo e il desiderio di ricostruire il tempio
Alcuni però si chiedono perché il sionismo e i suoi padri fondatori volevano a tutti i costi insediarsi in quelle aride zone del mondo, e non, ad esempio, in altri luoghi che pur il congresso sionista mondiale aveva considerato.
Gerusalemme è solo in Palestina. Il sionismo ha bisogno di questa città perché insegue il folle proposito di ricostruire il secondo tempio distrutto qui dai romani ai tempi di Tito, nel 70 d.C., e incoronare lì quello che Chabad chiama il “moschiach” ebraico, l’uomo che in questa religione dovrà governare Israele e il mondo intero.
L’istituto “Temple Institute” è stato creato appositamente per perorare la causa della ricostruzione del tempio, tanto che ai bambini israeliani sin dai primi anni di vita, viene insegnato che questa è la causa “buona e giusta” alla quale loro devono aspirare.
Chabad Lubavitch, uno dei gruppi sionisti più potenti del mondo e riverito da politici di tutto il mondo, nel suo sito ufficiale è ancora più esplicita.
Il sionismo messianico attende questa figura per erigere quello che viene chiamato come Nuovo Ordine Mondiale, del quale Israele è un pezzo fondamentale.
Non siamo però vicini ad un trionfo ed un avvento di questa figura. Non siamo vicini ad una fine delle nazioni e ad una nascita di questo supergoverno mondiale che avrebbe dovuto vedere la luce dopo la farsa pandemica.
Siamo al crepuscolo, se non già al tramonto, di questo delirio di onnipotenza e della Grande Israele che l’ala sionista messianica del Likud di Netanyahu vorrebbe veder nascere.
Ciò non cambia la intrinseca violenza che connatura lo stato ebraico che fino all’ultimo istante sparge sangue e cerca di istigare conflitti nei vari Paesi arabi.
L’attentato con i telefonini esplosivi è l’espressione della irredimibile natura terroristica israeliana che come il lupo perde il pelo, ma non il vizio di uccidere indiscriminatamente chiunque si metta sulla sua strada.
Stavolta però non siamo più nel XX secolo e non c’è l’impero americano a correre in soccorso dello stato ebraico.
Israele a questo giro è sola, ed è difficile pensare che Hezbollah se ne resti con le mani in mano dopo questo infame attacco, così com’è difficile pensare che l’Iran possa ancora rimandare ulteriormente la sua annunciata seconda controffensiva.
Lo stato ebraico non sembra curarsi minimamente delle conseguenze e della spirale autodistruttiva che ha innescato.
La volontà di potenza sionista sembra prevalere su qualsiasi logica.
Soltanto un ritorno alla realtà potrà far risvegliare taluni dalla loro follia sanguinaria e imperialista, e non crediamo che questo ritorno tarderà a manifestarsi.
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