Poiché i bagliori delle infinite guerre mediorientali stanno accecando tutti, nei giorni scorsi è passata quasi inosservata una notizia che merita invece una certa attenzione: nei cieli della Siria, in particolare nell’area che sta tra la base navale russa di Tartus e l’aeroporto militare russo di Khmeimim, 13 missili israeliani sono stati abbattuti dai sistemi contraerei S-400 russi. È stata questa la prima volta in cui i sistemi russi sono intervenuti per intercettare gli ordigni volanti che Israele, accanto alle incursioni aeree, scarica contro gli obiettivi (per lo più basi dei Guardiani della rivoluzione o arsenali iraniani) che identifica in territorio siriano.
L’area in cui si è svolto lo “scontro” è particolarmente sensibile per i comandi russi. A Tartus, in quel momento, erano presenti mezzi navali russi piuttosto importanti: due fregate, due sottomarini, una corvetta e un rifornitore. In pratica, la flotta che la Russia impiega per affermare la propria presenza nel Mediterraneo. Il super-difeso aeroporto di Khmeimim, invece, è la base da cui partono i caccia russi per le missioni di bombardamento contro le basi dei qaedisti di Tahrir al-Sham, le formazioni islamiste per lungo tempo finanziate dalla Turchia che controllano la provincia siriana di Idlib. I miliziani di Tahrir al-Sham hanno provato ad attaccare la base più di una volta, senza successo. Sia l’una sia l’altra base sono in pratica dei pezzi di Russia entro i confini della Siria, che non ha controllo né influenza su quanto vi accade, e tantomeno sugli armamenti che vi sono installati.
Proprio a Khmeimim, nel 2015, poco dopo l’abbattimento di un caccia russo da parte di un F-16 turco (24 novembre), fu installata la prima batteria di S-400, poi seguita da altre due: una installata nell’estate del 2017 nei pressi della città di Masyah (occasione celebrata con una visita di Vladimir Putin a Khemimim), l’altra arrivata nel gennaio del 2018 e piazzata una ventina di chilometri a Sud di Aleppo. Basta osservare una cartina per capire come questa disposizione formi un triangolo che serve a proteggere l’area centrale della Siria ma soprattutto a mettere in sicurezza le installazioni militari russe. Tant’è vero che, come si diceva, i russi non hanno mai usato gli S-400 prima di pochi giorni fa.
Torniamo appunto agli eventi del 24 settembre. I rapporti tra la Russia e Israele sono sempre stati ottimi (l’Urss fu il primo Paese a riconoscere il neonato Stato di Israele nel 1948 e solo il presidente cinese Xi Jinping ha incontrato Vladimir Putin più spesso del premier israeliano Bibi Netanyahu) ma si sono pericolosamente incrinati con la reazione israeliana alle stragi compiute da Hamas il 7 ottobre del 2023. La Russia continua a sostenere la necessità di uno Stato per i palestinesi, cosa che Israele ha escluso persino per legge. E anche nelle scorse ore, mentre Joe Biden applaudiva all’eliminazione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, il Cremlino la condannava. E soprattutto Mosca, al di là delle convinzioni politiche, approfitta della crisi di Gaza per incrementare i buoni rapporti con quel “Sud del mondo” che vede nelle stragi israeliane una drammatica applicazione del doppio standard occidentale, che condanna la Russia per l’Ucraina ma tace sull’oppressione ai danni dei palestinesi.
Tutto questo non può comunque farci immaginare che i missili israeliani avessero come obiettivo le basi russe. Non ha senso credere che Israele volesse, di fatto, entrare in guerra con la Russia. E, ovviamente, viceversa. Pare piuttosto evidente, invece, che i russi, a prescindere da ciò che le forze aeree dello Stato ebraico avessero nel mirino, abbiano deciso di lanciare un messaggio destinato ad andare ben oltre Gerusalemme e Tel Aviv. Tipo: tenetevi alla larga dalle nostre basi. Basi che servono, di certo, alle forze navali e aree russe ma dove in passato, soprattutto a Tartus, sono passati anche mezzi iraniani con carichi sospetti.
Così facendo, i russi hanno dimostrato anche un’altra cosa: quanto potrebbero ostacolare, con i loro S-400, le missioni aeree di Israele, che negli ultimi anni ha colpito impunemente decine di volte la Siria. La Russia si astiene dall’intervenire perché gli israeliani colpiscono soprattutto le strutture militari che l’Iran ha progressivamente installato in Siria con il consenso, non si sa quanto necessario, di Bashar al-Assad, la cui sopravvivenza politica dipende appunto da Russia e Iran. Ma non è disposta a tollerare strani “giochi” intorno alle sue basi.
Nel conto, comunque, entrano anche le schermaglie tra Mosca e Gerusalemme. C’eravamo tanto amati, ma quando la polarizzazione degli schieramenti internazionali non era ancora così acuta. Nelle scorse settimane, all’inizio dei bombardamenti sul Libano, i comandi israeliani avevano mostrato parte degli armamenti in uso a Hezbollah e in primi piano campeggiava un drone a largo raggio di produzione russa. Un altro avvertimento a non mettersi di mezzo.
Fulvio Scaglione
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