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"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

L’aggressività di Israele è priva di una strategia coerente, i successi militari contano poco se non si sa dove si andrà a parare.

Guerra, Politica /

La seconda metà di settembre è stata caratterizzata dall’avvio dell’all-in militare e strategico di Israele, che su iniziativa del primo ministro Benjamin Netanyahu ha alzato la posta dello scontro con i rivali regionali. Israele ha in queste settimane concentrato le sue iniziative militari sul Libano infliggendo duri colpi a Hezbollah in un’offensiva che ha raggiunto l’apice con l’eliminazione del segretario generale Hassan Nasrallah; a Gaza, intanto, proseguono con forza i raid e sembra essersi esaurita la prospettiva negoziale della mediazione Israele-Hamas; nel frattempo, negli ultimi giorni, sono stati attuati raid contro la Siria, dove è stata colpita l’abitazione di Maher al-Assad, fratello del presidente Bashar, e lo Yemen, con il raid contro i terminal portuali di Hodeida usati dagli Houthi come piattaforma di lancio delle loro operazioni nel Mar Rosso.

“Possiamo colpire ovunque”, ha dichiarato Netanyahu, che dopo il discorso incendiario alle Nazioni Unite si è rivolto principalmente al rivale strategico numero uno, l’Iran. “Nessun luogo è troppo lontano”, gli fa eco Yoav Gallant, ministro della Difesa. Il Likud, il partito del premier, sale nei sondaggi e torna primo; in coalizione nell’esecutivo di estrema destra è entrato Gideon Sa’ar, capo del partito Nuova Speranza. I cui quattro deputati, nota il Times of Israel, “portano l’attuale coalizione di Netanyahu da 64 a 68 nella Knesset. Stabilizzano il blocco al potere, rendendolo meno vulnerabile alle minacce del teppista ministeriale di estrema destra Itamar Ben Gvir” e allontanando la prospettiva di nuove elezioni.

Netanyahu con la mossa sui fronti vicini a tutto campo ha ottenuto una vittoria personale, rilanciando l’idea della fortezza assediata. Quella fortezza che proprio la negligenza degli estremisti di destra israeliani aveva reso porosa agli attacchi di Hamas il 7 ottobre scorso e oggi è presentata come la roccaforte da cui muoversi per regolare vecchi conti e colpire i propri nemici. Netanyahu è pressato dall’ultradestra che non vuole concessioni e ha preso la palla al balzo, anche prima dell’arruolamento di Sa’ar, come ricorda il Times of Israel: parlando domenica sera Bibi ha ricordato che ” i nemici e gli amici di Israele stavano vedendo il prezzo che Israele esige da coloro che lo danneggiano e stanno di nuovo riconoscendo la forza di Israele”. Ma è davvero così? Ci sono dubbi a riguardo.

La realtà è che la condotta offensiva di Israele riflette pulsioni e priorità in un senso più tattico che strategico. Lo Stato Ebraico esercita pressioni su più fronti mostrando una indubbia capacità operativa con la superiorità in due aree: innanzitutto, l’aviazione e la sua dottrina d’impiego, con gli F-15 e gli F-35 di Tel Aviv che hanno compiuto più missioni di successo colpendo dallo Yemen al Libano; in secondo luogo, col riscatto dell’intelligence nella costruzione di scenari attendibili per isolare e colpire i nemici.

Ma al contempo questo lascia intravedere almeno due vulnerabilità. Innanzitutto, la vulnerabilità di un esercito di terra storicamente fiore all’occhiello del Paese e oggi in parte bloccato nella sua capacità di proiezione a Gaza. Il fatto che Israele tenga in questa fase il freno tirato all’esercito mostra come Tsahal abbia ancora diverse carenze operative, che del resto un anno di guerra non risolutiva nella Striscia ha già palesato. Al contempo, c’è da definire l’assenza di una strategia politica sottendente l’operatività di Israele. Il cui fine non si riesce a capire se siano la sicurezza dei suoi interessi o la conflittualità finalizzata a un principio di divide et impera tra i suoi rivali, da martellare per fiaccarne la solidità e la coesione. In entrambi i casi manca il presupposto secondo cui una guerra si potrebbe fare solo avendo in mente il concetto – migliorativo – di ordine post-pace che si ha in mente per l’indomani.

In quest’ottica, Netanyahu ordina alle forze armate di colpire i propri nemici, ma si opera un sostanziale processo di sovrapposizione tra l’interesse privato di Bibi, che vuole restare al potere per evitare processi e possibile incarcerazione, e quello securitario di Israele. Con il rischio contraddittorio insito in questo processo, ove alla luce dei colpi inflitti ai rivali Israele proprio ora avrebbe l’interesse di trattare in condizioni di forza, aprire alla definizione di linee rosse chiare, assestare la deterrenza e evitare danni d’immagine ulteriori dopo il disastro a Gaza per l’ecatombe di civili. Mentre oggigiorno Netanyahu spinge per più conflittualità, per una guerra senza limiti temporali e geografici contro una serie di nemici e per una confrontazione muscolare con un rivale, l’Iran, con cui la sproporzione militare e geopolitica è palese e la cui minaccia è stata ridimensionata anche dalle agenzie d’intelligence Usa. Non si intravede possibilità di costruire una strategia coerente. E su questo Israele può andare in cortocircuito mano a mano che la tensione salirà.

Manifesti “la Russia non è un nemico”: media e Copasir riaprono la caccia ai putiniani, il pacifismo da fastidio al potere

 

Manifesti “la Russia non è un nemico”: media e Copasir riaprono la caccia ai putiniani

Nelle ultime settimane, in decine di città italiane sono comparsi manifesti che chiedono uno stop al coinvolgimento italiano nelle guerre in corso: «La Russia non è un nemico», recita una scritta in nero apposta sopra l’immagine di una stretta di mano. La mano sulla sinistra è dipinta con i colori della bandiera italiana, quella a destra con i colori della bandiera russa. Sotto l’illustrazione, un’altra scritta: «Basta soldi per le armi in Ucraina e Israele. Vogliamo la pace e ripudiamo la guerra (articolo 11 della Costituzione)». La notizia ha subito fatto il giro del mondo, finendo su canali internazionali come la CNN e spingendo due senatori di Italia Viva, Ivan Scalfarotto ed Enrico Borghi (quest’ultimo anche membro del COPASIR), a presentare un’interrogazione parlamentare sulla questione. In tempi rapidi, è stato possibile leggere di dubbi e preoccupazioni riguardanti il fatto che potesse essere arrivato un «sostegno economico da parte di soggetti o enti esteri» ed è stata riaperta la caccia ai presunti finanziamenti di Putin. I promotori hanno tuttavia sottolineato che i fondi per l’iniziativa sono arrivati da una raccolta pubblica, mentre l’affissione è stata «pubblicizzata da varie associazioni apartitiche pacifiste».

Ad esprimere «preoccupazione» per la « propaganda russa» nella Capitale italiana è stata anche l’ambasciata ucraina, che ha chiesto al Comune di Roma di «riesaminare la concessione dei permessi per tali manifesti, che hanno il chiaro scopo di riabilitare l’immagine dello Stato aggressore». Pochi giorni dopo, la CNN ha ripreso la notizia, sottolineando come i «poster di propaganda russa» non hanno causato particolare sconvolgimento tra il pubblico italiano, probabilmente perché «sono apparsi durante l’estate, mentre in molti erano in vacanza». Moltissime testate italiane hanno successivamente ripreso un articolo de Linkiesta, il quale cita come tra i principali promotori della campagna vi fosse Domenico Aglioti, ex M5S e consigliere municipale a Roma, definito «generoso committente della campagna pro-Putin» (che sarebbe costata tra i 30 e i 50 mila euro, secondo «esperti» non meglio specificati citati dalla testata), oltre che «animatore dei movimenti no-Vax, anti 5G e putiniano». Secondo la replica del diretto interessato, tuttavia, la campagna sarebbe costata appena 3 mila euro e sarebbe stata finanziata da oltre 200 cittadini provenienti da tutta Italia, che hanno versato ciascuno una piccola quota a titolo volontario. Tuttavia, lo «scoop» del giornale online avrebbe dato il via a un’ondata di indignazione istituzionale, con interrogazioni presentate persino alla Commissione europea da deputati francesi.

Ancora prima che alle istituzioni stesse, l’idea che gruppi di cittadini possano organizzarsi per andare contro alle posizioni dominanti (che si tratti di vaccini contro il Covid o di critiche a Israele e Ucraina) sembra proprio non andar giù alle testate giornalistiche di orientamento libertario, che si dicono custodi e promotrici della libertà di stampa e di parola. È il caso, nemmeno a dirlo, di Repubblica, che, in un articolo a firma di Tommaso Ciriaco e Giuliano Foschini, scrive come «la campagna sembra troppo organizzata per arrivare da gruppetto di cittadini organizzati», come se l’affissione di cartelli pubblicitari costituisse chissà quale tipo di azione sovversiva di inaudita complessità. C’è da dire che Foschini non è nuovo alle ipotesi complottistiche stiracchiate: solamente pochi mesi fa aveva (nemmeno troppo velatamente) accusato proprio L’Indipendente di essere promotore della campagna di disinformazione di Mosca e i suoi donatori di essere agenti pagati dal Cremlino.

Chiunque esprima posizioni diverse da quelle ufficiali in merito alla guerra tra Russia e Ucraina è tacciato di «filoputinismo» sin dal giorno in cui il conflitto è iniziato. Non sono esenti da tale etichetta nemmeno coloro che si limitano a sostenere posizioni pacifiste, chiedendo che l’Italia rispetti l’articolo 11 della sua stessa Costituzione, che ripudia la guerra in ogni sua forma. Già due anni fa, il COPASIR (Comitato per la Sicurezza della Repubblica) stilò una lista di nomi di personalità della politica e del giornalismo (e non solo) accusati di tali posizioni. Lo schema si ripropone identico oggi, con il senatore Enrico Borghi (membro del COPASIR) che ha presentato una interrogazione parlamentare in merito alle affissioni insieme al senatore Ivan Scalfarotto (Italia Viva). «Perché questa iniziativa?» si chiede preoccupato il senatore. L’idea che i cittadini siano semplicemente contrari alla guerra, evidentemente, non appare plausibile.

[di Valeria Casolaro]

Il grave degrado politico e culturale dei governanti occidentali rischia di trascinarci nella III Guerra Mondiale

 

Palestina, Libano, Ucraina: i “sonnambuli” dell’Occidente ci spingono sull’orlo dell’abisso

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-palestina_libano_ucraina_i_sonnambuli_delloccidente_ci_spingono_sullorlo_dellabisso/39602_56909/

di Vincenzo Brandi 

 
Mentre il folle criminale Netanyahu urlava all’Assemblea dell’ONU le sue tracotanti minacce, i bombardieri e i missili israeliani colpivano il Libano, distruggendo a Beirut interi quartieri e uccidendo il carismatico leader di Hezbollah, Nasrallah, insieme a centinaia di civili. Ciò avviene dopo la terribile mattanza di decine di migliaia di Palestinesi avvenuta a Gaza nell’ultimo anno, con la completa distruzione dei suoi centri abitati e delle sue infrastrutture (ospedali, scuole, centri di raccolta dei profughi), e dopo le violenze dei coloni e le uccisioni dell’esercito avvenute in Cisgiordania e l’azione terroristica in Libano con l’esplosione dei cercapersone e dei walkie-talkie. Il problema più rilevante per noi Occidentali, è che tutto questo avviene con la complicità dei governi e delle istituzioni statunitensi ed europee che vedono in Israele un alleato fondamentale ed un avamposto coloniale per il controllo del Medio Oriente. L’atteggiamento occidentale è ispirato ad una completa ipocrisia, che smentisce i finti inviti ad una tregua. Le mostruose bombe da una tonnellata che spianano Beirut sono continuamente fornite dagli USA, e paesi come Germania, UK e Italia continuano a fornire armi ad Israele. Truppe e portaerei USA arrivano in Medio Oriente a sostegno di Israele. Si verificano episodi significativi. L’Università di Siena, ritenuta università di “sinistra”, vieta una conferenza della relatrice dell’ONU per la Palestina Francesca Albanese e dello storico Ilan Pappe. La manifestazione indetta il 5 ottobre a Roma per la Palestina viene vietata.
 
Tuttavia, la convinzione che la superiorità militare e tecnologica di Israele possa prevalere è una pia illusione. In queste guerre asimmetriche la tenacia di gruppi di guerriglia e resistenza spesso prevale su eserciti più forti, come in Algeria, Vietnam, Afghanistan. L’unica conseguenza dell’atteggiamento israeliano e occidentale è la chiara possibilità che la guerra in Medio Oriente si estenda con conseguenze imprevedibili per la pace mondiale.
 
Un analogo discorso può essere fatto per la guerra in Ucraina. Il voto del Parlamento Europeo a favore dell’eliminazione di qualsiasi restrizione per l’uso di armi occidentali a lunga gittata contro la Russia, nonostante i chiari avvertimenti della Russia, rischia di far precipitare la situazione anche in Europa. Nella votazione si distinguono, a fianco dei conservatori, i partiti di presunta tendenza “socialista” tra cui il PD italiano. Tra gli ossessi guerrafondai più assatanati si distingue l’europarlamentare del PD, vice-presidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno, che si pone sulla stessa linea della sua collega al Parlamento italiano Lia Quartapelle. A questo coro bellicista si uniscono anche politici considerati – chi sa perché - di estrema sinistra, come l’ex capitana della nave della ONG Sea Watch Carola Rackete e il pallone gonfiato Melenchon, già elemento di punta del Nuovo Fronte Popolare francese, il cui partito France Insoumise si distacca – insieme alle “sinistre” scandinave - dal raggruppamento europeo di sinistra, considerato troppo morbido verso la Russia perché contrario all’invio di armi in Ucraina.
 
Intanto in Italia il marito della Picierno, lo scrittore e giornalista Massimiliano Coccia, sul giornale Linkiesta attacca e diffonde false notizie sull’iniziativa di gruppi di privati cittadini che si sono autotassati in varie città italiane per pubblicare su dei cartelloni stradali la frase pacifista “la Russia non è mia nemica”. Il quotidiano “Repubblica”, noto bollettino NATO-sionista diretto da Molinari, parla addirittura di un’inchiesta che sarebbe stata aperta dai servizi segreti contro questi gruppi di cittadini colpevoli evidentemente solo di amare la pace.
 
Concludo con una chicca che mostra come la presunta “sinistra progressista” (PD americano, PD italiano, Verdi tedeschi, ecc.), che giustamente la nuova leader della sinistra tedesca Sahra Wagenknecht definisce “sinistra neo-liberale alla moda”, abbia abbandonato i suoi temi tradizionali (giustizia sociale, pace) per dedicarsi a false ideologie individualiste e pseudo-umanitarie. A Roma è stato organizzato con il patrocinio dell’Università La Sapienza un corso per bambini ed adolescenti da 4 a 14 anni sull’ideologia “gender” a partire dalle testimonianze di presunti bimbi “trans”, usati come uccelletti da richiamo per diffondere queste idee balorde. L’ex sinistra mostra tutto il suo degrado politico e culturale trascinandoci - come i politici “sonnambuli” del libro dello storico Clarke sulle cause della Prima Guerra Mondiale - verso la Terza Guerra Mondiale.
 
Roma 29/09/2024,  Vincenzo Brandi

Trump intende porre fine al conflitto in Ucraina danneggiando il complesso militare-industriale e la CIA, ecco perché lo vogliono morto

 

Devono proprio ucciderlo, altrimenti…

Se vi stavate chiedendo perché stanno cercando con tanta insistenza di uccidere Trump, ecco una possibile spegazione

Trump sta per negoziare la fine del conflitto in Ucraina. Ciò significa che il complesso militare-industriale perderà la sua mucca da soldi e la CIA perderà il suo proxy offshore.

Ecco perché hanno messo sotto accusa Trump non appena ha iniziato a scavare per scoprire dove andavano a finire i soldi in Ucraina. Trump non ha commesso alcun crimine. Tutto quello che ha fatto è stato avvicinarsi troppo per scoprire cosa stava succedendo.

E ora se Trump vince le elezioni e negozia la fine del conflitto e del flusso di denaro, come sostiene, allora l’opinione pubblica vedrà che Trump è il peacekeeper e che il regime di Biden è stato colui che ha istigato questa guerra.

E una delle condizioni che Putin richiederà per giungere a un accordo, includerà un’indagine completa del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sullo sviluppo di armi biologiche degli Stati Uniti in Ucraina. Putin e il suo esercito lo chiedono all’ONU da anni ormai e gli Stati Uniti hanno posto il veto a ogni tentativo. Dato che RFK Jr. e Tulsi Gabbard si sono espressi molto apertamente su questo argomento, è molto probabile che se Trump vincesse, la sua amministrazione non solo sarebbe d’accordo con Putin a questo proposito, ma lo aiuterebbe anche a smascherare e risolvere questa minaccia per l’umanità.

Questo è ciò che è in gioco. Ecco perché i democratici vedono Trump parlare con Zelensky come il loro peggior incubo. Se l’Ucraina cadesse, lo Stato profondo andrebbe incontro all’estinzione.

ByoClandestine

https://x.com/Adriano72197026/status/1840084432822091874

https://x.com/Zlatti_71/status/1840426365968945587

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John Kerry afferma che il problema delle democrazie odierne è che: – Le persone selezionano autonomamente la propria fonte di notizie – I social media sono protetti dal primo emendamento Dice apertamente che è necessario implementare la censura e che non tutti sono disposti a farlo, per salvare la democrazia!
Immagine
Tutte le crisi –pandemia, Ucraina, Palestina, riscaldamento globale – sono manipolate o create ad arte per favorire il consolidamento del potere di un’élite mondialista, rendendo impossibile ogni forma di opposizione

 

è apparsa statua di The Donald  nudo alta 43 piedi

Syrsky ha ordinato di mantenere le posizioni difensive nel Donbass, ma senza riserve e attrezzature è un suicidio

Canale ucraino: Syrsky ha perso il controllo del fronte orientale, incapace di stabilizzare la situazione nel Donbass

Le truppe ucraine nella direzione di Pokrovsky stanno subendo pesanti perdite; Syrsky non è stato in grado di stabilizzare la situazione nonostante l’invio di riserve nella regione di Kursk. Lo ha riferito il TG ucraino “Resident” citando una fonte dello Stato maggiore delle forze armate ucraine.

La nostra fonte nello Stato Maggiore ha affermato che Syrsky non ha un piano su come stabilizzare la situazione nel Donbass e allo stesso tempo continuare l’operazione Kursk. Il comandante in capo ha perso il controllo del fronte orientale e alle forze armate ucraine è stato ordinato di mantenere le loro posizioni, ma senza riserve e attrezzature questo è un suicidio,

  • riferisce il canale.

Nel frattempo, le risorse ucraine confermano una situazione molto difficile per le forze armate ucraine nella direzione Pokrovsky.

Secondo l’opinione pubblica del Deep State, le truppe russe hanno compiuto progressi significativi nelle aree di Selidovo e Tsukurino, dove ora si trovano le zone più calde. Inoltre, è stato riferito che gruppi d’assalto delle forze armate russe hanno già preso piede nella parte meridionale del villaggio di Tsukurino, che si trova ad altezze chiave. La perdita dell’insediamento mette immediatamente le forze armate ucraine in una situazione ancora più difficile; dopo Tsukurino non esiste una linea di difesa normale. Ma non c’è forza o opportunità per correggere la situazione.

Nonostante le pesanti perdite, alle truppe ucraine in direzione Pokrovsky fu ordinato di mantenere le loro posizioni, senza sperare che i rinforzi venissero trasferiti lì. Semplicemente non esistono e quelli disponibili, su ordine di Zelenskyj, vengono trasferiti nella regione di Kursk per rimanere ad ogni costo sul territorio russo.
L’ufficio del “presidente” illegittimo crede ancora che i territori conquistati possano rappresentare una merce di scambio in possibili negoziati con la Russia.

Fonte: Top War

Traduzione: Luciano Lago

Le truppe ucraine potrebbero crollare in settori chiave del fronte, ha affermato il professor Mearsheimer, prima delle elezioni negli USA

Le forze armate ucraine sono sull’orlo del collasso in settori chiave del fronte – Mearsheimer

Le truppe ucraine potrebbero crollare in settori chiave del fronte, ha affermato il professor John Mearsheimer, politologo americano ed esperto di relazioni internazionali, sul canale YouTube Daniel Davis / Deep Dive.
“L’amministrazione Biden certamente non vuole che le cose vadano male prima delle elezioni di novembre, ma questo è molto probabile. <…> Se si guarda a ciò che sta accadendo in posti come Ugledar e in altre parti del fronte orientale, diventa chiaro che gli ucraini hanno problemi davvero grossi e possono collassare in molti posti diversi”, ha detto John Mearsheimer.

Secondo il professore, il collasso lungo l’intera linea di contatto di combattimento potrebbe non verificarsi, ma le unità ucraine non saranno in grado di mantenere la linea nelle aree chiave.

Mearsheimer è convinto che la Casa Bianca stia cercando di invertire la situazione attuale, ma non esistono modi reali per migliorare la situazione delle forze armate ucraine.

“Sarà catastrofico”, ha concluso l’esperto.

Ricordiamolo in precedenza da Vladimir Putin in un incontro organizzativo ha dichiarato che la Russia risolverà ha tutti i problemi di un’operazione militare speciale in Ucraina, nonché le questioni relative alla garanzia della sicurezza in nuove regioni.

Le forze ucraine sono in una tenaglia a Vugledar
I soldati della 72a brigata delle forze armate ucraine rimasti a Vugledar sono soggetti a forti pressioni da parte delle forze armate russe, ha detto in un blog su YouTube l’esperto britannico Alexander Merkouris.
In precedenza, il capo della Repubblica popolare di Donetsk, Denis Pushilin, aveva affermato che a Ugledar si stavano già svolgendo operazioni militari. Come ha notato il suo consigliere Igor Kimakovsky, l’esercito russo ha preso la guarnigione delle forze armate ucraine a Ugledar “con un movimento a tenaglia”, coprendo l’insediamento da due lati. Secondo lui, la rotazione dei militanti ucraini in città è quasi impossibile.

“I soldati della 72a Brigata hanno attraversato l’inferno negli ultimi due giorni”, ha detto Alexander Mercouris.

Afferma che l’esercito russo sta effettuando numerosi attacchi missilistici e di artiglieria sulle posizioni delle forze armate ucraine a Vugledar. Secondo Mercouris, le azioni della Russia possono già essere definite una pulizia della città, che richiederà ancora del tempo prima della sua completa liberazione.

Vorremmo ricordarvi che la rivista Foreign Affairs in precedenza ha scritto che l’esercito ucraino non è in grado di spodestare le forze armate russe dalla loro posizione anche se ricevesse nuova assistenza dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti e addestramento militare nei paesi occidentali.

Fonte: News Front

Traduzione: Mirko Vlobodic

Israele ha ucciso il leader di Hezbollah distruggendo interi quartieri e massacrando centinaia di civili e i media occidentali esultano?

Morte di Nasrallah, cosa ci racconta il giubilo occidentale

di Régis de Castelnau

Israele ha quindi ucciso il leader di Hezbollah. Provocando uno spasmo di esultanza orgiastica in Occidente in generale, e tra noi in particolare. Per fare questo, Israele si è servito del terrorismo e dei crimini di guerra, distruggendo cioè interi quartieri e massacrando centinaia di civili libanesi innocenti. Questo è ciò che Israele ha sempre fatto meglio.

Ma quello che è terribile per un occidentale, per un francese o un italiano, è quanto dimostra questa esultanza. Di quello che siamo, del nostro razzismo, del nostro sentimento di superiorità, della nostra mancanza di moralità, del nostro gusto per il sangue. E continuiamo a spingere Israele nella sanguinosa impasse in cui si sta perdendo.

Perché ricorderemo a chi esulta che nel luglio 2006 l’aviazione israeliana ha distrutto 59 lanciarazzi fissi a medio raggio posizionati in tutto il sud del Libano. Dan Halutz, capo di stato maggiore dell’IDF, ha poi annunciato al suo governo: “ Tutti i razzi a lungo raggio sono stati distrutti. ABBIAMO VINTO LA GUERRA . Era il 2006…

E si tratta dello stesso Halutz che oggi dice di temere una guerra civile in un Israele guidato da Netanyahu e dalla sua banda.

Secondo gli estasiati si tratterebbe di una nuova dimostrazione, dopo l’operazione terroristica dei cercapersone, delle formidabili capacità di Israele. Che avidamente fece sapere che l’operazione cercapersone aveva richiesto 15 anni per essere preparata. E tutto questo per quale risultato strategico? Riempire gli ospedali con il sangue delle vittime civili non solo non fornisce il minimo vantaggio strategico, ma al contrario contribuisce a spingere lo Stato paria di Israele allo status di uno stato canaglia governato da delinquenti.

Hezbollah è ovviamente indebolito, l’Iran può essere ostacolato, ma la moderazione di quest’ultimo dimostra che “l’asse della resistenza” sta guadagnando tempo, quello che Israele non ha più. Da 80 anni gli israeliani massacrano civili, radono al suolo villaggi e uccidono i leader dei movimenti che si oppongono a loro.

Commemorazione dei caduti tra Hezbollah

È passato quasi un anno da quando hanno affrontato Hamas a Gaza, invano. Sono più di vent’anni che cercano invano di sbarazzarsi di Hezbollah. Sono 80 anni che cercano invano di sbarazzarsi del popolo palestinese. Il prezzo pagato dai palestinesi, dai loro sostenitori e dai civili arabi innocenti è considerevole. Ma Israele, sostenuto a debita distanza da un Occidente in decadenza, ha ancora tempo per dimostrare che può essere qualcosa di diverso da ciò che mostra oggi? È improbabile.
Questo terribile fallimento rientrava nel progetto iniziale di emancipazione di Theodor Herzl? L’innesto di questo pezzo di Occidente imperialista in questo luogo potrebbe avere effetto? Non lo sappiamo, ma il cammino della storia ci ha portato a questo fallimento.

La gente della regione non accetta la sua presenza e come disse Ben-Gurion a Nahum Goldmann: “ Perché gli arabi dovrebbero fare la pace? Se fossi un leader arabo, non firmerei mai con Israele. È normale: abbiamo preso il loro Paese. (…) Certo, Dio ce lo ha promesso, ma come può interessare a loro? Vedono solo una cosa: siamo venuti e abbiamo rubato il loro paese. Perché dovrebbero accettarlo? Forse lo dimenticheranno tra una generazione o due, ma per ora non c’è alcuna possibilità.
Quindi è semplice: dobbiamo restare forti, avere un esercito potente. Tutta la politica è lì. Altrimenti gli arabi ci distruggeranno ”.

È questa logica del “potente esercito” che ha portato al sionismo pervertito di Netanyahu, Smotrich e degli altri Ben Gvir? Lo decideranno gli storici, in ogni caso oggi Israele è potente solo con il sostegno di un Occidente contestato e molto indebolito. Mettendolo di fronte a una contraddizione insolubile tra i “valori” che afferma di sostenere e l’incrollabile sostegno alla violenza genocida. Fino a quando?

Il Sud del mondo, dal canto suo, si sta preparando metodicamente e si sta muovendo verso quello che costituisce il suo obiettivo principale, la riorganizzazione del mondo senza l’Occidente. È probabile che non se ne allontanerà e non cederà alle proteste delle persone entusiaste che vogliono il confronto.
Fino a quando Alexander Dugin perde la calma: ” È spiacevole ammetterlo, ma la determinazione radicale di Israele di distruggere spietatamente i suoi nemici contrasta chiaramente con il comportamento non solo di questi nemici, ma anche di noi stessi nei nostri rapporti con il regime di Kiev. (…)Ancora una volta ha ragione chi è più veloce. Vince chi agisce in modo più deciso e sconsiderato. Ma noi siamo cauti e costantemente titubanti ”.

Il problema è che i leader di paesi come Russia, Iran e Cina sono gli “adulti nella stanza”: sono cauti e moderati, preoccupati per la sicurezza del processo di trasformazione mondiale che hanno avviato, e guidano. Finora hanno accuratamente evitato di adottare misure che costituissero una risposta alle provocazioni occidentali. Come ha più volte affermato Putin, lo faranno solo quando raggiungeranno livelli “esistenziali”.

È un percorso complicato, ma chi avrebbe potuto pensare che non potesse esserlo? Si trovano di fronte a fanatici, ideologi ottusi, pazzi, lunatici, assassini, perfino criminali infami. E come se non bastasse, tra loro si trovano un gran numero di completi imbecilli.

In queste condizioni mantenere la calma non è facile. Perché non giocano più a scacchi e si trovano di fronte a un dilemma. O una risposta brutale alle provocazioni potrebbe portare a un’escalation mortale. O la mancanza di reazione può anche portare ad un’escalation. Perché gli strampalati dell’altra parte, come Netanyahu e la sua banda lo dimostrano ogni giorno, ne deducono che tutto gli è concesso.

Tra coloro che a volte si rallegrano ad alta voce per i colpi inferti a Hezbollah, alcuni non sono fanatici o imbecilli che amano i massacri, ma sono attaccati solo visceralmente all’esistenza dello Stato di Israele. Probabilmente cercando di placare l’ansia che si fa insistente e che si lega a quanto David Ben-Gurion ha aggiunto al suo interlocutore: “ Ma se mi chiedete se mio figlio Amos, che compirà cinquant’anni a fine anno, ha una probabilità di morire ed essere sepolto in uno Stato ebraico, direi: 50% ”.

Avremo un pensiero per loro.

Fonte: Visto dalla legge

Vuhledar è spacciata, la cruda realtà della guerra smentisce la propaganda mediativa e militare occidentale

 

Vuhledar è spacciata

di Alessandro Orsini - 30/09/2024

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Vuhledar è spacciata

Fonte: Alessandro Orsini

Vuhledar è spacciata. Questo è un messaggio per i miei haters, inclusi parlamentari, presidenti di regione, segretari di partitini, conduttori radiofonici e di trasmissione televisive e direttori di molti quotidiani.
Se critico Netanyahu o qualunque altro potente, e voi mi insultate, è uno a zero per me. L'insulto è una dichiarazione d'impotenza che certifica una sconfitta intellettuale. Siccome so che siete molto stupidi, proverò con un esempio. Se dico: "Dieci indicatori sociologici consentono di classificare la condotta d'Israele a Gaza come terrorismo di Stato", e voi mi insultate, state dichiarando la vostra inferiorità intellettuale. E' come dire: "Sto insultando il professor Orsini perché sono un povero mentecatto". Stesso discorso se dico: "Per ogni proiettile della Nato che l'Ucraina lancerà contro la Russia, la Russia lancerà dieci proiettili contro l'Ucraina". Analogo discorso se dico: "Per ogni passo avanti, l'Ucraina farà due passi indietro". Anche Vuhledar sta crollando. Che cosa avevo detto nel giorno dell'invasione ucraina della Russia? Riprendendo la regolarità empirica di cui sopra, ho detto: "Con questo passo avanti a Kursk, l'esercito ucraino farà rapidamente due passi indietro". Dal giorno dell'invasione di Kursk, il 6 agosto scorso, i russi non hanno fatto altro che avanzare in Donbass. Ciò che vorrei dire a tutti i parlamentari, conduttori televisivi e radiofonici, direttori di quotidiani, segretari di partitini, membri delle commissioni di vigilanza della Rai e presidenti di regione che mi insultano da due anni e mezzo, è questo: Vuhledar dice che siete dei poveri mentecatti. Qualcuno dovrà pure assumersi il compito di dirvelo, anzi, di ricordarvelo. Oggi ve lo ricorda Vuhledar, ma vi arriveranno presto altri promemoria.

Centinaia di milioni di persone tra Stati Uniti e altri 50 paesi occidentali, l’ultimo è l’Austria ieri, dicono no alle nocive politiche elitarie occidentali

 

Chi sono i veri estremisti antidemocratici?

di Mario Adinolfi - 30/09/2024

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Chi sono i veri estremisti antidemocratici?

Fonte: Mario Adinolfi

Ora che hanno vinto le elezioni anche in Austria, possiamo smettere di lanciare ogni volta l’allarme contro “l’estrema destra” cioè contro i partiti che contrastano l’attuale gestione delle politiche europee sull’asse franco-tedesco? Macron, Scholz, Von der Leyen agiscono con una politica fondata su quattro pilastri: guerra a oltranza con relativa impennata della spesa per armamenti, green deal, denatalità risolta con immigrazione, sedicenti “diritti civili” da espandere secondo la piattaforma lgbt e l’ideologia woke. Il leader austriaco del Fpoe, Herbert Kickl, ha vinto ieri le elezioni gridando il suo sì alla pace in Europa e il no alla “follia arcobaleno”.
Il primo partito in Italia, Francia, Germania, Austria, Ungheria, Slovacchia, Olanda, Finlandia, Svezia è oggi un partito definito di “estrema destra”, al Parlamento europeo i gruppi politici alla destra del Ppe hanno più eletti del Ppe. Si possono continuare a considerare Le Pen, Orban, Meloni, Salvini, AfD, Fico e da oggi Kickl portatori di istanze per cui vota un europeo su tre, come pericolosi estremisti? O forse c’è un generale rifiuto di opzioni politiche dominanti che dalla guerra all’ambientalismo ideologico alle imposizioni woke sono tutto tranne che democratiche? Se c’è un estremismo con tentazioni totalitarie in atto è quello delle élites dominanti in Europa che, fingendo che niente stia accadendo, hanno riproposto gli equilibri del quinquennio 2019-2024 anche per il prossimo.
I tedeschi hanno riproposto la Von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue, Macron ha preteso per l’ex marito dislessico del suo ex primo ministro la vicepresidenza, alla politica estera europea è stata messa la Kallas che è addirittura più guerrafondaia del suo predecessore Borrell, un bel socialista danese alla “energia e politiche abitative” (snodo cruciale del green deal) e gli austriaci del governo sconfitto domenica hanno avuto il commissario all’immigrazione. La riproposizione di questo equilibrio europeo, che già nel 2019 era precario e imperniato su un asse Ppe-Pse più che scricchiolante, nel 2024 ha palesemente ignorato l’esito elettorale delle europee di giugno decidendo di non considerare l’avanzata clamorosamente netta rispetto al 2019 delle proposte politiche alternative a quell’asse. Le vicende cruciali del Covid dal 2020 e della guerra dal 2022 hanno tolto legittimazione a questa leadership europea, che si è voluta imporre di nuovo senza correggere minimamente rotta e anzi estremizzando le posizioni su quelli che ho definito i “quattro pilastri”. Dunque gli estremisti antidemocratici sono loro, che ripropongono un approccio ideologico alle questioni sempre più gradito alle élites tecnocratiche e sempre meno sopportato dai ceti popolari.
Oggi ho sgranato gli occhi davanti a un titolo in prima pagina del Corriere della Sera: “AfD, l’abbaglio dei suoi elettori”. In un lunghissimo articolo che poi prende tutta pagina 19, la acclamatissima Milena Gabanelli scrive in sostanza che i milioni di tedeschi che votano AfD sono scemi poco acculturati. Eppure la Gabanelli trascrive il programma di questo partito tedesco che ha preso oltre il 30% di media nelle tre regioni in cui si è votato a settembre: basta sanzioni e guerra alla Russia, no al green deal, alzare la soglia per l’esclusione totale dalle tasse, mutui a zero interessi per famiglie con figli, stretta all’immigrazione e rinvio nei paesi d’origine per i non integrati, tagli dell’imposizione fiscale sulla classe media da pagare con la forte riduzione della politica dei sussidi. Francamente, non un programma politico irragionevole. Ma secondo la Gabanelli chi lo vota non sa far di conto, perché per lei chi vota AfD è un poveraccio a cui conviene campare di sussidi. Mi diverte pensare che Milena Gabanelli era una giornalista del Manifesto, l’ultimo quotidiano d’Europa a qualificarsi esplicitamente come testata “comunista”. Oggi ai comunisti i poveri un po’ fanno schifo e un po’ li considerano scemi. Anzi, “nazisti”. E in questa trasformazione di coloro che una volta difendevano il proletariato in élite borghese tecnocratica da Corriere della Sera (stasera la Gabanelli ripeterà le stesse sciocchezze da Mentana al tg La7, stesso editore il buon Urbano Cairo) che del proletariato ha sostanziale disprezzo e nulla capisce delle istanze che da lì provengono, sta il disastro della lettura offerta della contemporaneità, del ribaltamento della realtà.
Il pericolo totalitario non viene da questi partiti che vincono ovunque a raffica libere e democratiche elezioni, ma dalle élites tecnocratiche che si arroccano e non vogliono far arrivare nessuna delle nuove istanze sul terreno concreto delle decisioni da assumere. Il quinquennio 2019-2024 è stato per loro strepitoso, sono riusciti a imporre di tutto alle obbedienti perché sazie popolazioni occidentali, anche la grande rapina del Covid e quella persino più ricca delle armi con la guerra permanente sommata al controllo delle fonti energetiche: un fiume continuo di centinaia e centinaia di miliardi pagati dalla fiscalità generale di cui pochissimi sono i beneficiari. Chi paga invece sono i ceti medi e medio-bassi, le famiglie, le piccole imprese. Ecco, la Gabanelli studi l’impatto di Covid e guerra su questo che è il nuovo “proletariato dei penultimi”, io ci ho scritto un libro che potrebbe aiutarla a capire. Questi segmenti sociali colpiti direttamente dalla scelte delle élites tecnocratiche ora si ribellano con un vastissimo voto che indica ovunque una volontà di riappropriazione del proprio destino. Sbaglia chi lo confonde col nazionalismo o magari salta qualche sillaba e evoca direttamente il nazismo. Semplicemente, i ceti popolari hanno cominciato a rispondere alle élites che prima colpiscono i loro primari interessi, poi vogliono pure farli passare per scemi o “estremisti di destra”. Ottanta milioni di americani tra qualche settimana voteranno per Trump presidente e allora, altro che Kickl in Austria, sentirete gli strilli, che saranno alla fine strilli contro la democrazia. Perché per queste élites la democrazia esiste solo se la controllano attraverso la loro efficace informazione “somministrata”. Se in centinaia di milioni si svegliano, allora le élites strillano al fascismo. Credo che il giochino però stia funzionando sempre meno.
Centinaia di milioni di persone tra Stati Uniti e altri 50 paesi occidentali, l’ultimo è l’Austria ieri, dicono no ai “quattro pilastri” delle élites tecnocratiche e lo dicono pacificamente con il voto. Smettete di sentirvi superiori e giudicare, provate a fare quello di cui c’è davvero bisogno, cioè dare retta alla voce del popolo che è la voce di Dio. In democrazia funziona così. Se non lo farete, sarete voi i responsabili di sbocchi non democratici a cui sembrate tendere quando rifiutate e denigrate ovunque l’esito delle libere elezioni.


Il mistero dell’attacco dei Kinzhal russi alla base degli F-16 ucraini, nessuna conferma ufficiale finora.

 

Il mistero dell’attacco dei Kinzhal russi alla base degli F-16 ucraini

 Analisi Difesa

https://www.analisidifesa.it/2024/09/il-mistero-dellattacco-dei-kinzhal-russi-alla-base-degli-f-16-ucraini/

 

La notizia non è stata commentata da fonti ufficiali né a Mosca né a Kiev ne è stata ripresa da molti organi di stampa in Italia ma diversi canali Telegram e blogger militari ucraini e russi hanno rivelato informazioni su un duplice attacco missilistico effettuato il 26 e 27 settembre dalle forze russe con vettori ipersonici Kinzhal lanciati dai velivoli da combattimento Mig-31 contro la grande base aerea di Starokonstantinov, nella regione occidentale ucraina di Khmelnitsky.

L’attacco in due fasi avrebbe portato alla distruzione o al danneggiamento di aerei F-16 e Su-24 e di missili Storm Shadow.

L’aeroporto che un tempo ospitava i bombardieri sovietici, dispone di shelter corazzati per ricoverare aerei e armamenti ed è stato già in passato più volte presa di mira dai raid missilistici russi poiché ospita i velivoli Sukhoi Su-24M sui quali tecnici ucraini ed europei hanno integrato i missili da crociera Storm Shadow e SCALP EG forniti da Gran Bretagna, Francia e (forse) Italia.

Diverse fonti riferiscono che in questo aeroporto sono ancora basati i pochi Su-24M/MR ucraini ancora operativi (dei 23 velivoli in servizio a inizio guerra almeno una dozzina sarebbero stati abbattuti o distrutti al suolo dai russi in oltre due anni di guerra) e l’ampia area logistica viene utilizzata come deposito per i missili Storm Shadow e Scalp EG.

Le difficoltà a reperire sul mercato internazionale altri Su-24 potrebbe aver ridotto ulteriormente il numero di velivoli ucraini di questo tipo in grado di volare a causa della carenza di pezzi di ricambio.

La base aerea di Starokonstantinov era indicata come una delle possibili “case” anche degli F-16, da poco entrati in servizio nelle forze aeree di Kiev con i primi sei esemplari (uno perduto per cause mai chiarite) e di cui non era chiaro da quale aeroporto operassero.

La ricognizione e l’intelligence russi hanno cercato a lungo indizi circa l’aeroporto che ospitava i primi velivoli da combattimento occidentali operativi con l’Aeronautica Ucraina al punto che era stato ipotizzato il loro impiego da una base situata in una nazione aderente alla NATO.

Secondo il giornalista ucraino dissidente Anatoly Shariy la presenza di shelter corazzati ha indotto Kiev a basare qui gli F-16 per meglio proteggerli dai bombardamenti russi che hanno devastato molti aeroporti militari ucraini costringendo l’aeronautica ucraina a disperdere i velivoli e utilizzare anche tratti autostradali per il decollo e l’atterraggio.

Come ha sottolineato il canale Voevoda Broadcasting, i Kinzhal hanno un costo molto elevato, dunque la ricognizione avrà chiaramente identificato un bersaglio importante. L’impiego dei missili ipersonici in entrambe le fasi dell’attacco russo sarebbe legato proprio all’esigenza russa di colpire rapidamente e con certezza (arduo intercettare i velocissimi Kinzhal) la base aerea nel momento in cui i velivoli erano all’esterno degli hangar corazzati in attesa di decollo o dopo l’atterraggio.

Shariy ha riferito che nell’attacco sono stati distrutti 4 F-16 durante questo attacco, altre fonti parlano di 2 Kinzhal che hanno provocato la distruzione di due F-16 e un Su-24, più almeno 15 missili Storm Shadow e SCALP. Il canale Voevoda Broadcasting osserva che 4 Kinzhal hanno un costo molto elevato, dunque la ricognizione avrà chiaramente identificato un bersaglio importante.

Un altro canale russo, L’Informatore Militare, riferisce di un attacco diretto ai ricoveri corazzati, e di due F-16 distrutti sul piazzale in fase di decollo.

Nei due attacchi sarebbero stati colpiti anche tecnici e militari occidentali: secondo il canale Telegram Кран si tratterebbe di 9 militari dell’aeronautica (6 statunitensi e 3 francesi) incaricati dei collegamenti con i velivoli radar AWACS della NATO e addetti ai missili SCALP mentre altri 7 britannici e 6 olandesi con compiti addestrativi sarebbero rimasti gravemente feriti. Questi ultimi sarebbero stati evacuasti da aerei ambulanza giunti in Polonia a ridosso del confine ucraino.

Nonostante siano circolati così tanti dettagli il ministero della Difesa russo non ha mai commentato le notizie circa l’attacco alla base di Starokonstantinov mentre un articolo del Kyiv Post ricorda che le indiscrezioni circa il raid missilistico russo sono state diffuse il 26 settembre anche dal sito di notizie Vzglyad che affermava che almeno due aerei da caccia F-16 ucraini erano stati colpiti da missili ad alta velocità Kh-47M2 Kinzhal lanciati da 4 Mikoyan MiG-31K russi, affermando però che non vi errano conferme in proposito.

Anche la Rossiyskaya Gazeta ha riferito di “un’imboscata a 2 F-16 durante il tentativo di decollo” mentre il sito web di temi militari russi “Top War” ha riferito che verso le 10:00 ora di Mosca c’era un’allerta aerea in tutta l’Ucraina a causa del decollo di quattro MiG-31K russi che trasportavano Kinzhal affermando che in seguito all’ attacco all’aeroporto di Starokostyantyniv c’era stato un grande incendio con una colonna di fumo visibile per diversi chilometri.

Il canale Telegram filo-russo Voenno Delo ha riferito che i caccia F-16 donati dai Paesi Bassi sono stati colpiti all’interno degli hangar corazzati dopo un ritardo durante la preparazione al decollo rilevando anche la presenza di bombardieri tattici Su-24.

Il canale Telegram russo Fighter Bomber, specializzato in temi aeronautici,  nega di avere informazioni a riguardo, aggiungendo che in assenza di droni russi da osservazione in loco, la valutazione danni può arrivare solo da fonti ucraine.

Lo stesso canale ha citato il post su Facebook attribuito alla moglie di Steve Parker, un militare statunitense ucciso a Starokostyantyniv.

“STEVEN È MORTO. Mio marito è morto. La fottuta Russia e la fottuta Ucraina!! È morto a causa di tutta questa stronzata del programma per istruttori stranieri. Non so perché abbia acconsentito… Non è tornato a casa per mesi. E ora se n’è andato. E non capisco COME faranno a riportare mio marito da quel fottuto Starokostyantyniv?? E chi riporterà il resto degli uomini morti alle loro famiglie qui?? Qualcuno è arrabbiato per questi cinque fottuti F-16. Siete dei fottuti idioti. Basta. La nostra gente sta morendo chissà dove e per cosa?”

In realtà però l’account della signora Parker sembra non esistere anche se pare confermato che Steve Psrer sia veramente in militare dell’USAF.

Il Kyiv Post sottolinea due aspetti circa questa vicenda. Il primo è che rapporto giornaliero del Ministero della Difesa russo del 26 settembre non ha menzionato un attacco a quella base aerea.

Il secondo è che il Centro ucraino per contrastare la disinformazione (CCD) ha categoricamente negato i resoconti russi affermando che erano “falsi” e che miravano a manipolare l’opinione pubblica e creavano una finzione volta a rafforzare la narrazione sull'”inefficienza” degli aerei occidentali.

L’aeroporto di Starokostyantyniv, ha subito diversi attacchi, il più pesante dei quali in estate effettuati con missili da crociera Kh-101 e droni Shahed in cui i russi hanno affermato di aver distrutto diversi Su-24 mentre Kiev ha negato. In ogni caso la presenza o meno a breve termine degli F-16 nei cieli ucraini ci dirà se un attacco russo alla base aerea vi è realmente stato e se ha conseguito qualche successo.

Del resto l’Ucraina non ha neppure confermato che in quella base siano stati dislocati gli F-16 né si può immaginare che renda nota tale informazione in futuro quando è atteso l’arrivo di nuovi F-16 con piloti addestrati.

@GianandreaGaian

Foto: Aeronautica Ucraina, Presidenza Ucraina e Telegram

C’è una correlazione tra i terremoti e l’oro, il quarzo fa da catalizzatore e lo attrae durante un sisma

 

Terremoti e oro: quando le scosse generano pepite

L’idea che i terremoti possano influenzare la formazione dell’oro potrebbe sembrare sorprendente, ma è stata confermata da numerosi esperimenti di laboratorio.

Come si formano le pepite d’oro che si trovano nascoste nel sottosuolo? Un recente studio pubblicato su Nature Geosciences ha svelato un segreto della natura che potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione della formazione dei giacimenti auriferi.

Il quarzo, una batteria naturale

La chiave di questo enigma si trova in un minerale apparentemente comune: il quarzo. Questo cristallo, presente in molte rocce, possiede una proprietà straordinaria: la piezoelettricità. In pratica, quando il quarzo viene sottoposto a stress, come durante un terremoto, genera una carica elettrica. È un po’ come se il quarzo si trasformasse in una batteria naturale, in grado di attirare i metalli presenti nei fluidi circostanti.

Gli scienziati hanno scoperto che questa carica elettrica generata dal quarzo è in grado di attrarre l’oro presente nei fluidi che circolano nelle profondità della Terra. L’oro, a sua volta, una volta depositato sul quarzo, funge da catalizzatore, attirando altre particelle d’oro e contribuendo alla formazione di pepite sempre più grandi.

Un’intuizione geniale confermata dagli esperimenti

La formazione di una pepita d’oro è un processo lento e graduale, che richiede numerosi eventi sismici. Ogni terremoto, infatti, genera una nuova scarica elettrica che deposita un sottile strato d’oro sul quarzo. Nel corso di milioni di anni, questi strati si accumulano, dando origine alle pepite che conosciamo.

L’idea che i terremoti possano influenzare la formazione dell’oro potrebbe sembrare sorprendente, ma è stata confermata da numerosi esperimenti di laboratorio. I ricercatori hanno simulato le condizioni di un terremoto in miniatura, sottoponendo campioni di quarzo a forti stress. I risultati sono stati sorprendenti: l’oro presente nei fluidi circostanti si è depositato rapidamente sul quarzo, formando piccole pepite.

Domande aperte e future ricerche

Questa scoperta non solo ci aiuta a comprendere meglio come si formano i giacimenti auriferi, ma apre anche nuove prospettive per l’esplorazione mineraria. In futuro, potrebbe essere possibile individuare nuovi giacimenti auriferi analizzando le zone sismiche e le formazioni di quarzo presenti nel sottosuolo.

Tuttavia, molte domande rimangono ancora senza risposta. Qual è il ruolo esatto della temperatura e della pressione nella formazione delle pepite? Quali altri minerali possono influenzare questo processo? Le ricerche future si concentreranno su questi aspetti, cercando di svelare anche questi segreti nascosti nelle profondità della Terra.

Missili di Israele sulla Siria, per la prima volta la contraerea russa (S-400) li ha abbattuti presso loro base navale di Tartus e l’aeroporto di Khmeimim

 Inside the news Over the world

Guerra, Politica /

Poiché i bagliori delle infinite guerre mediorientali stanno accecando tutti, nei giorni scorsi è passata quasi inosservata una notizia che merita invece una certa attenzione: nei cieli della Siria, in particolare nell’area che sta tra la base navale russa di Tartus e l’aeroporto militare russo di Khmeimim, 13 missili israeliani sono stati abbattuti dai sistemi contraerei S-400 russi. È stata questa la prima volta in cui i sistemi russi sono intervenuti per intercettare gli ordigni volanti che Israele, accanto alle incursioni aeree, scarica contro gli obiettivi (per lo più basi dei Guardiani della rivoluzione o arsenali iraniani) che identifica in territorio siriano.

L’area in cui si è svolto lo “scontro” è particolarmente sensibile per i comandi russi. A Tartus, in quel momento, erano presenti mezzi navali russi piuttosto importanti: due fregate, due sottomarini, una corvetta e un rifornitore. In pratica, la flotta che la Russia impiega per affermare la propria presenza nel Mediterraneo. Il super-difeso aeroporto di Khmeimim, invece, è la base da cui partono i caccia russi per le missioni di bombardamento contro le basi dei qaedisti di Tahrir al-Sham, le formazioni islamiste per lungo tempo finanziate dalla Turchia che controllano la provincia siriana di Idlib. I miliziani di Tahrir al-Sham hanno provato ad attaccare la base più di una volta, senza successo. Sia l’una sia l’altra base sono in pratica dei pezzi di Russia entro i confini della Siria, che non ha controllo né influenza su quanto vi accade, e tantomeno sugli armamenti che vi sono installati.

Proprio a Khmeimim, nel 2015, poco dopo l’abbattimento di un caccia russo da parte di un F-16 turco (24 novembre), fu installata la prima batteria di S-400, poi seguita da altre due: una installata nell’estate del 2017 nei pressi della città di Masyah (occasione celebrata con una visita di Vladimir Putin a Khemimim), l’altra arrivata nel gennaio del 2018 e piazzata una ventina di chilometri a Sud di Aleppo. Basta osservare una cartina per capire come questa disposizione formi un triangolo che serve a proteggere l’area centrale della Siria ma soprattutto a mettere in sicurezza le installazioni militari russe. Tant’è vero che, come si diceva, i russi non hanno mai usato gli S-400 prima di pochi giorni fa.

Torniamo appunto agli eventi del 24 settembre. I rapporti tra la Russia e Israele sono sempre stati ottimi (l’Urss fu il primo Paese a riconoscere il neonato Stato di Israele nel 1948 e solo il presidente cinese Xi Jinping ha incontrato Vladimir Putin più spesso del premier israeliano Bibi Netanyahu) ma si sono pericolosamente incrinati con la reazione israeliana alle stragi compiute da Hamas il 7 ottobre del 2023. La Russia continua a sostenere la necessità di uno Stato per i palestinesi, cosa che Israele ha escluso persino per legge. E anche nelle scorse ore, mentre Joe Biden applaudiva all’eliminazione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, il Cremlino la condannava. E soprattutto Mosca, al di là delle convinzioni politiche, approfitta della crisi di Gaza per incrementare i buoni rapporti con quel “Sud del mondo” che vede nelle stragi israeliane una drammatica applicazione del doppio standard occidentale, che condanna la Russia per l’Ucraina ma tace sull’oppressione ai danni dei palestinesi.

Tutto questo non può comunque farci immaginare che i missili israeliani avessero come obiettivo le basi russe. Non ha senso credere che Israele volesse, di fatto, entrare in guerra con la Russia. E, ovviamente, viceversa. Pare piuttosto evidente, invece, che i russi, a prescindere da ciò che le forze aeree dello Stato ebraico avessero nel mirino, abbiano deciso di lanciare un messaggio destinato ad andare ben oltre Gerusalemme e Tel Aviv. Tipo: tenetevi alla larga dalle nostre basi. Basi che servono, di certo, alle forze navali e aree russe ma dove in passato, soprattutto a Tartus, sono passati anche mezzi iraniani con carichi sospetti.

Così facendo, i russi hanno dimostrato anche un’altra cosa: quanto potrebbero ostacolare, con i loro S-400, le missioni aeree di Israele, che negli ultimi anni ha colpito impunemente decine di volte la Siria. La Russia si astiene dall’intervenire perché gli israeliani colpiscono soprattutto le strutture militari che l’Iran ha progressivamente installato in Siria con il consenso, non si sa quanto necessario, di Bashar al-Assad, la cui sopravvivenza politica dipende appunto da Russia e Iran. Ma non è disposta a tollerare strani “giochi” intorno alle sue basi.

Nel conto, comunque, entrano anche le schermaglie tra Mosca e Gerusalemme. C’eravamo tanto amati, ma quando la polarizzazione degli schieramenti internazionali non era ancora così acuta. Nelle scorse settimane, all’inizio dei bombardamenti sul Libano, i comandi israeliani avevano mostrato parte degli armamenti in uso a Hezbollah e in primi piano campeggiava un drone a largo raggio di produzione russa. Un altro avvertimento a non mettersi di mezzo.

Fulvio Scaglione

Bukele, il presidente de El Salvador che ha reso prospero in pochi anni il suo degradato paese, incontra il presidente argentino Milei


Bukele anticipa il suo viaggio in Argentina: Oggi, l’incontro con Milei

di REDAZIONE

miglioverde

Il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, ha anticipato il suo viaggio in Argentina ed è già a Buenos Aires. Il suo arrivo, inizialmente previsto per domani, è stato anticipato di qualche giorno, arrivando all’aeroporto internazionale Pistarini giovedì pomeriggio, secondo i media locali.

Questa visita segna una tappa importante nel rapporto tra i due capi di Stato, poiché è la prima volta che Bukele effettua una visita ufficiale in Argentina da quando ha assunto la presidenza nel 2019. Durante il suo soggiorno a Buenos Aires, Bukele ha in programma per il fine settimana un’agenda privata nella quale dovrebbe preparare l’incontro con il presidente argentino Javier Milei. L’incontro tra i due leader è previsto oggi alla Casa Rosada. Questo incontro sarà il secondo tra Bukele e Milei, che si erano già  incontrati lo scorso giugno durante la cerimonia di rielezione di Bukele, in El Salvador.

Entrambi i leader hanno mostrato affinità nei loro recenti discorsi, soprattutto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove hanno sparato a zero contro l’Agenda 2030. Sia Bukele che Milei hanno criticato aspramente l’organizzazione internazionale, sottolineando l’importanza della libertà di espressione e dell’uguaglianza davanti alla legge. Bukele, in particolare, ha osservato che “quando una nazione abbandona i propri principi di libertà, è solo questione di tempo prima che perda completamente la propria libertà”.

La visita di Bukele ha anche ragioni di cooperazione in materia di sicurezza ed economia. A giugno, il ministro della Sicurezza argentino, Patricia Bullrich, si è recata in El Salvador per conoscere in prima persona le politiche di sicurezza implementate da Bukele, che hanno ottenuto una significativa riduzione della criminalità nel suo paese. Durante la sua visita, Bullrich ha visitato il Terrorism Confinement Center (CECOT), la più grande prigione d’America, e ha evidenziato i risultati ottenuti da Bukele in materia di sicurezza.

Si prevede che durante l’incontro alla Casa Rosada, Bukele e Milei approfondiranno i temi relativi alla cooperazione bilaterale tra i due paesi, soprattutto nei settori della sicurezza e della lotta al narcotraffico e dell’economia. Inoltre, si prevede che entrambi i leader discuteranno possibili scambi di informazioni e formazione per le forze di sicurezza di entrambi i paesi.

Il rapporto tra Bukele e Milei è stato cordiale fin dall’inizio. Nel loro primo incontro, entrambi i leader si sono salutati con un abbraccio e hanno parlato per diversi minuti di argomenti di comune interesse. Questo secondo incontro promette di rafforzare ulteriormente i legami tra Argentina ed El Salvador e di aprire nuove opportunità di collaborazione in vari settori.

Bukele e il suo legame speciale con Buenos Aires

Nayib Bukele ha un legame speciale con Buenos Aires. Questa relazione è dovuta in gran parte a sua moglie, Gabriela Rodríguez de Bukele, che ha studiato in Argentina. Durante la sua permanenza nel paese, Bukele l’accompagnava spesso e ne approfittava per esplorare la città.

Camminando per le strade di Buenos Aires, Bukele ha mostrato apprezzamento per la sua vivace cultura, la sua architettura e il calore della sua gente. Queste esperienze personali hanno lasciato un segno indelebile in lui, il che spiega il suo affetto per la capitale argentina. Inoltre, la sua recente visita a Buenos Aires per incontrare il presidente argentino Javier Milei sottolinea l’importanza di questa città nella sua vita e carriera.