Trump: le domande senza risposta di un attentato che mostra le crepe della democrazia USA
Ha monopolizzato il dibattito e occupato le prime pagine di tutto il mondo l’attentato fallito all’ex presidente e candidato alle presidenziali del 2024, Donald Trump. Il 13 luglio, durante il comizio elettorale dell’esponente repubblicano in Pennsylvania, l’attentatore ventenne Thomas Matthew Crooks – successivamente ucciso dalla polizia – ha sparato almeno sette colpi da un tetto situato a poco più di cento metri dal palco da dove parlava il politico americano, uccidendo una persona e ferendone diverse, tra cui l’ex presidente, lievemente ferito all’orecchio destro. Se da un lato, l’accaduto mette in luce le evidenti falle del sistema di sicurezza, dall’altro ha anche evidenziato due aspetti fondamentali: la profonda divisione sociale degli Stati Uniti e la straordinaria abilità comunicativa di Donald Trump che è stato immediatamente in grado di utilizzare una potenziale tragedia in suo favore, garantendosi un potenziale vantaggio elettorale.
L’avversario per eccellenza del mondo progressista americano, dopo essere sopravvissuto miracolosamente ai proiettili, ha trovato immediatamente la lucidità per spettacolarizzare l’accaduto, trasformandolo in un punto di forza: circondato dalle sue guardie di sicurezza del Servizio Segreto, dopo essersi rialzato, ha sollevato il pugno incitando i suoi sostenitori esclamando «Fight! Fight! Fight!» («combattere! Combattere! Combattere!») galvanizzando e compattando il suo elettorato e rafforzando la sua immagine di figura chiave nella lotta politica contro il cosiddetto “deep state” – lo Stato profondo contro cui Trump ha spesso puntato il dito – e di argine alle degenerazioni della sinistra americana. Complici anche le iconiche immagini che lo ritraggono e che hanno già fatto il giro del mondo, diventando rapidamente magliette messe in vendita. Allo stesso tempo, il fallito assassinio mette in luce anche la profonda divisione sociale e politica che attraversa l’America e il clima d’odio che caratterizza il dibattito politico. Il confronto tra Joe Biden e Donald Trump, infatti, rappresenta la resa dei conti tra due anime del Paese tra loro opposte e inconciliabili: da una parte, l’anima liberal, woke e progressista; dall’altra quella conservatrice e tradizionalista, non di rado etichettata anche come “populista”.
Considerata l’estrema polarizzazione presente nel Paese, che rende prevedibili episodi di violenza e potenziali attentati, non poche domande sono sorte riguardo alle evidenti criticità del servizio di sicurezza (il “Secret Service”), tanto che il presidente Biden ha chiesto una revisione delle azioni intraprese dall’agenzia di protezione. L’attentatore, infatti, è riuscito a salire indisturbato sul tetto da cui ha sparato, nonostante – secondo testimonianze emerse nelle scorse ore – alcuni sostenitori presenti al comizio avessero allertato il personale di sicurezza in merito alla presenza dell’uomo armato sul tetto, prima che questi aprisse ripetutamente il fuoco. La possibilità del cecchino di raggiungere il tetto è tra i punti più importanti che hanno indotto ad aprire le indagini sulla sicurezza. Secondo un esperto citato da Politico, «Non avrebbe mai dovuto esserci una chiara linea di mira sull’ex presidente». «Abbiamo notato il tizio che strisciava come un orso sul tetto dell’edificio accanto a noi, a 50 piedi di distanza», ha detto un partecipante di nome Greg Smith alla BBC, chiedendo perché il Servizio Segreto non fosse presente su quei tetti e sintetizzando l’accaduto come un fallimento della sicurezza al 100%.
Da parte sua, il presidente Biden ha cercato di smorzare il clima di tensione che avvelena la Nazione invitando all’unità: «Restiamo uniti come nazione, dimostriamo chi siamo» ha detto. «Dobbiamo ricordare che, nonostante le divergenze, non siamo nemici: siamo vicini di casa, amici, colleghi, e soprattutto siamo cittadini americani e dobbiamo rimanere insieme», ha aggiunto. Il presidente ha anche affermato che al momento non vi è alcuna informazione circa il movente che ha spinto l’attentatore ad agire e ha quindi invitato tutti a non trarre ipotesi affrettate lasciando lavorare l’FBI e le altre agenzie. Tuttavia, l’appello del capo della Casa Bianca risulta tardivo, perché gli ambienti liberal hanno lavorato non poco per demonizzare l’avversario politico, ritraendolo come un eccentrico guerrafondaio, razzista, misogeno e “sessita”, fomentando così un clima d’odio.
Dal punto di vista internazionale, a sottolineare questo incitamento all’odio è stata la Russia: secondo la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zackarova, Washington incoraggia l’istigazione all’odio verso i suoi oppositori politici. «Due mesi fa, ho notato che gli Stati Uniti stavano letteralmente fomentando l’odio verso gli oppositori politici e hanno anche fornito esempi della tradizione americana di tentativi e assassinii di presidenti e candidati presidenziali», ha scritto sul suo canale Telegram. Sul giornale cinese Global Times, invece, si dà ampio risalto alla «crescente violenza politica» nel Paese e alla sua divisione, mentre Xi Jinping ha espresso vicinanza all’ex presidente.
Non si sa ancora nulla circa i motivi che avrebbero spinto ad agire Thomas Matthew Crooks né se abbia agito individualmente o per conto di un’organizzazione: non aveva precedenti penali e sebbene risultasse registrato come elettore repubblicano, risulta che abbia donato $ 15 al Progressive Turnout Project, un’organizzazione del Partito Democratico, la cui principale missione è convincere i democratici a votare. Alcuni osservatori non escludono il movente geopolitico, considerato che Trump ha dichiarato di voler porre fine alla guerra in Ucraina e, a tal fine, la scorsa settimana ha ricevuto anche il primo ministro ungherese Orban, unico capo europeo che sta lavorando per intavolare trattative di pace tra i due Stati belligeranti. È presto comunque per avere un quadro chiaro dei fatti e dei motivi o delle organizzazioni che avrebbero spinto ad agire l’attentatore ventenne, e non è detto si arrivi mai a stabilire una verità. Quello che è certo, però, è che il clima politico esasperato e la polarizzazione della società americana mette a nudo le crepe della decantata democrazia statunitense, mentre Trump ha tutte le capacità necessarie per trasformare un evento nefasto in un punto di forza della sua campagna elettorale.
[di Giorgia Audiello]
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