Cuba denuncia di aver sventato un tentato colpo di Stato ordito dagli USA
11 Luglio 2024
Il governo cubano ha affermato di avere sventato un piano degli Stati Uniti per destabilizzare l’isola caraibica. Le autorità lo avevano reso noto lo scorso dicembre, quando avevano spiegato che un cubano residente negli Stati Uniti era arrivato illegalmente sull’isola in moto d’acqua cercando di introdurre armi, munizioni ed equipaggiamento militare con lo scopo di reclutare altre persone e fomentare la violenza nel Paese. La vicenda è ora tornata in primo piano in seguito ad un’indagine durata sette mesi – condotta dall’investigatore capo del Ministero degli Interni, Victor Alvarez – che ha svelato un piano più ampio che avrebbe come obiettivo la destabilizzazione del governo cubano, non gradito agli Stati Uniti. Lo ha riferito il ministero dell’Interno, secondo cui il piano prevedeva la partecipazione di 32 residenti cubani, che sono stati arrestati dalle forze dell’ordine, e di un gruppo con sede negli Stati Uniti chiamato La Nueva Nación Cubana, che secondo le autorità dell’isola continua a progettare attacchi contro Cuba dal suolo statunitense.
L’isola caraibica avrebbe notificato alle agenzie governative statunitensi i risultati dell’indagine ma, secondo quanto riferito dal ministero, gli individui coinvolti continuano ad agire impunemente: «Questi individui continuano ad agire impunemente nel territorio nordamericano, organizzando, finanziando e sostenendo attività di natura violenta allo scopo di sovvertire l’ordine interno del nostro Paese», ha affermato esplicitamente il capo delle indagini, Alvarez. Da parte sua, il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato di essere a conoscenza delle accuse, ma un funzionario ha fatto sapere all’agenzia britannica Reuters che «Le forze dell’ordine statunitensi perseguono gli individui sulla base delle leggi statunitensi e non accettano ordini da governi stranieri». Allo stesso tempo, le autorità cubane hanno fornito alla medesima agenzia di stampa una confessione videoregistrata di Ardenys García, l’uomo – attualmente detenuto a Cuba – che avrebbe trasportato armi sull’isola. Lo scorso dicembre, Cuba ha pubblicato un elenco di cittadini ed entità straniere, tra cui La Nueva Nación Cubana, accusati di coinvolgimenti in atti di terrorismo, tra cui molti dissidenti cubani di lunga data residenti negli Stati Uniti. La lista potrebbe essere la risposta dell’isola caraibica alla decisione di Washington di continuare a mantenere L’Avana nella propria lista di Stati sponsor del terrorismo, decisione che comporta per Cuba dure sanzioni e significative difficoltà economiche.
Da sempre le relazioni tra i due Paesi sono tese e hanno raggiunto il culmine della tensione durante la Guerra Fredda con l’invasione fallita della Baia dei Porci (1961), messa in atto dalla CIA nel tentativo di rovesciare il governo di Fidel Castro. Nel 1962, la tensione si accrebbe ulteriormente con l’installazione di missili sovietici a Cuba. Fin dal 1960, il presidente Dwight Eisenhower impose un embargo commerciale sull’isola e nel 1961 furono interrotte le relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Da allora i rapporti tra le due nazioni furono altalenanti, ma sempre caratterizzati da ostilità: Jimmy Carter approvò delle misure per ristabilire le relazioni bilaterali, ma nel 1980 Ronald Reagan tornò ad assumere un atteggiamento ostile verso L’Avana. Nel 2014, con l’amministrazione Obama e il governo di Raul Castro ci fu una parziale normalizzazione delle relazioni diplomatiche, ma l’embargo economico contro l’isola non fu rimosso perché non ha ottenuto il voto favorevole del Congresso americano. L’amministrazione Trump, successivamente, ha rinnovato l’embargo fino a che non ci saranno «libere elezioni» nell’isola. Di stampo socialista e retto da un unico partito, il Partito Comunista di Cuba, lo Stato caraibico non si è mai allineato alle politiche di Washington e per questo continua a subire le conseguenze di un pesante embargo e tentativi di destabilizzazione interna.
[di Giorgia Audiello]
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