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La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

”Tutti prendevano tangenti e D’Alema sapeva che Mani Pulite avrebbe risparmiato il PDS”. Il PDS è il “vincitore” del golpe giudiziario di Milano

La bomba dell’ex senatore PCI: ”tutti prendevano tangenti e D’Alema sapeva che Mani Pulite avrebbe risparmiato il PDS”


di Cesare Sacchetti

A volte gli scheletri nell’armadio restano ben piegati tra i cassetti e non se ne vanno.

Le loro ossa stanno lì, soltanto apparentemente sepolte, in attesa che qualcuno possa ritirarle fuori e riportare in vita gli spettri del passato.

E’ quello che sembra aver appena fatto l’ex senatore del PCI, Pellegrino, che in una, a dir poco, clamorosa intervista al Corriere della Sera parla di un nodo mai veramente sciolto riguardo alla controversa inchiesta di Mani Pulite.

Il pool in quegli anni era composto da personaggi quali Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo, da poco condannato in appello per rivelazione di segreto d’ufficio, Gherardo Colombo ed era guidato da Francesco Saverio Borrelli che negli anni dopo pronunciò la famigerata frase “resistere resistere resistere” rivolto al governo Berlusconi dei primi anni 2000, a dimostrazione di come certe toghe avessero da tempo dismesso i panni dei giudici e indossati quelli di attori politici.

Erano descritti come degli “eroi” senza macchia da tutto l’apparato mediatico dell’epoca che si dava da fare il più possibile per agitare davanti agli occhi della opinione pubblica lo straccio rosso dell’antipolitica e della caccia al politico.

L’antipolitica prim’ancora che con il M5S, che ne raccoglierà soltanto l’infausta eredità, nacque nel laboratorio della falsa rivoluzione giudiziaria di Milano, come la chiamava puntualmente Bettino Craxi, poiché Mani Pulite serviva ad assolvere molteplici scopi.

Certamente quello prioritario di liberarsi ormai di una classe dirigente, con la sola eccezione del PDS, che ormai non era più considerata “affidabile” dagli ambienti dell’anglosfera che avevano già in mente un percorso molto preciso e alquanto più stretto e tortuoso di quello che già non fosse stato quello tracciato dall’infame armistizio di Cassibile, che ha consegnato le chiavi della sovranità italiana a Londra e Washington.

L’anglosfera doveva essere assolutamente certa che nella fase più avanzata del progetto, definito dai vari tecnocrati di Bruxelles e del FMI come “governance mondiale”, non ci fosse alcuno ostacolo sulla via e lasciare sul palcoscenico della Prima Repubblica personaggi della statura di Bettino Craxi e Giulio Andreotti era certamente un rischio per i vari signori del mondialismo.

Craxi aveva già dato prova di tutta la sua spina dorsale quando a Sigonella nel 1985 difese la sovranità dell’Italia e rispose ad un arrogante Michael Ledeen, accademico americano di origini ebraiche e membro delle potente lobby sionista, che l’Italia non era una sorta di portaerei del Mediterraneo dove lo stato profondo americano poteva fare il comodo che voleva.

Andreotti aveva dato prova della stessa sapienza e lungimiranza politica quando nel 1984 disse chiaramente che l’unificazione della Germania avrebbe rappresentato un rischio per l’Europa intera, poiché il saggio ex presidente del Consiglio era perfettamente consapevole che l’UE che volevano far nascere certi ambienti sarebbe stata a trazione teutonica e che avrebbe soffocato l’economia italiana con il cappio dell’euro.

Questi dirigenti avevano troppo peso e troppa statura per questi ambienti ed è per questo che dovevano essere rimossi attraverso una vera e propria rivoluzione colorata che assunse le vesti del golpe giudiziario.

Il PDS: il “vincitore” del golpe giudiziario di Milano

Ora ciò che è noto dell’inchiesta giudiziaria di Milano è che essa agì chirurgicamente per asportare dalla politica tutti i partiti con la sola eccezione del PDS, ex PCI, che non venne toccato dalle indagini dei giudici.

Eppure che il PCI fosse finanziato in maniera illecita era il segreto di Pulcinella così come lo era il fatto che tale sistema illecito si fondava sul ruolo delle onnipresenti cooperative rosse.

Pellegrino, che si risveglia da un letargo di decenni e sul quale dopo diremo di più, afferma esplicitamente quanto segue quando Verderami del Corriere, giornalista alquanto vicino allo stato profondo italiano, gli chiede delle tangenti ricevute dal PCI.

Tutti i partiti godevano di finanziamenti irregolari“. “Apparentemente il mio partito non prendeva soldi. Però nella cordata vincitrice di ogni appalto c’era sempre una cooperativa rossa con una percentuale di lavori. Dal 10 al 15%

Pellegrino sembra lasciar chiaramente capire che il sistema dal quale affluivano i fondi neri al partito comunista italiano che attraverso la vincita di appalti, per così dire “pilotati”, riceveva poi i finanziamenti da far affluire nelle casse del partito.

Questi fondi poi passavano dalle mani delle cooperative a quelle del partito e a spiegarlo non è stato qualche anticomunista incallito, ma il vicepresidente di Federcoop, Vincenzo Bertolini, che rivelò come con una cadenza di due settimane queste tangenti venivano portate direttamente ai segretari dell’ex PCI nella storica sede di via delle Botteghe Oscure.

E quanto Bertolini afferma che tali tangenti venivano portate ai segretari del PCI è impossibile non pensare quanta ipocrisia trasudasse la “questione morale” sollevata da Enrico Berlinguer, segretario del PCI fino al 1984, quando il suo partito era una vera e propria centrale di riciclaggio di finanziamenti illeciti.

Questa centrale però non attira le attenzioni di Mani Pulite. I giudici di Milano sembrano chiaramente avere altre intenzioni e sono decisi a risparmiare il PCI, che intanto era divenuto PDS in quella che sarà l’inizio di una lunga serie di mutazioni del serpentone comunista che cambierà pelle negli anni a venire, ma soltanto per camuffarsi meglio di volta in volta e per provare a trasmettere una falsa immagine di rinnovamento attraverso degli interventi di chirurgia estetica politica che mai cambieranno però il marcio che c’è nelle viscere della sinistra progressista italiana.

A Milano intanto va in scena la rivoluzione colorata e i magistrati del pool dimostrano subito di avere una certa affinità con gli ambienti angloamericani, se si considera che uno degli “eroi” del pool, Di Pietro, nel 1992 compie tutta una serie di viaggi negli Stati Uniti nei quali si incontra con rappresentanti del governo americano quali l’ex ambasciatore Reginald Bartholomew e l’ex console Peter Semler.

Nessuno all’epoca, tantomeno i media che invece erano impegnati nel suonare la grancassa del presunto eroismo di questi togati, portò all’attenzione pubblica il fatto che Di Pietro aveva già travalicato da un pezzo il seminato della magistratura ed era entrato in quello della politica, in quanto si stava incontrando, non avendo titolo per farlo, con dei rappresentanti di un governo straniero che sembravano avere tutto l’interesse a favorire il golpe giudiziario.

In America si dischiudono persino le porte dell’FBI per Di Pietro e dunque è chiaro che dev’esserci stato una chiara autorizzazione da parte dei vertici dell’amministrazione di George H. Bush, l’uomo che nei suoi discorsi parlava di Nuovo Ordine Mondiale, a ricevere il magistrato italiano e a farlo entrare in contatto con ambienti dell’intelligence americana che manifestavano un vivissimo interesse a quanto stava facendo il togato, stimatissimo nei giri dell’establishment americano.

E’ una liaison evidente, lapalissiana, ma nemmeno mai sfiorata dal CSM che dormiva il sonno dell’ingiusto e che voleva che la magistratura fosse lasciata libera di eseguire le sue inchieste “etero dirette”, per così dire, e compiacere così i disegni dell’anglosfera.

Falcone: l’uomo che stava per arrivare alla verità sui fondi neri PCI

Il PDS, come si diceva prima, non viene sfiorato da questi togati ma c’era un uomo che invece aveva iniziato un’inchiesta che sarebbe arrivata laddove certi ambienti euro atlantici non avrebbe mai voluto che questa arrivasse.

Quell’uomo era Giovanni Falcone, magistrato siciliano, inviso ai suoi colleghi che già gli avevano consegnato due polpette avvelenate negli anni precedenti quando gli avevano sbarrato la strada della guida della procura di Palermo, preferendogli il “collega” Antonino Meli, e poi quella della guida della direzione nazionale antimafia.

Falcone non veniva impallinato da destra e dagli ambienti cattolici. Veniva impallinato dagli ambienti della sinistra progressista italiana che nel frattempo su Repubblica gli avevano anche riservato l’appellativo di “guitto” prima che i compagni si impegnassero a far “sparire” quel controverso editoriale dopo la strage di Capaci.

Falcone stava arrivando dove il pool di Milano non aveva nemmeno messo il naso.

Se quanto affermato da Bertolini è corretto ovvero che le tangenti delle cooperative rosse affluivano nelle casse del PCI, è pur vero che manca un tassello fondamentale nella ricostruzione di questo massiccio traffico di fondi neri.

Il tassello fondamentale è quello di Mosca. Mosca era la centrale del finanziamento di tutti i partiti comunisti europei e soprattutto di quello italiano, in quanto questo era il più forte e aveva consensi superiori a tutti gli altri in Europa.

Falcone in quell’anno era diventato direttore generale degli affari penali e aveva iniziato tale indagine su richiesta dell’ex presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, che gli chiese di fare luce sul saccheggio del tesoro dell’ex URSS che in quell’anno era guidata dal presidente fantoccio Boris Eltsin.

L’allora ambasciatore russo chiese a Roma di aiutarlo a capire dove stavano finendo tutti i soldi dell’ex PCUS e per fare luce su tale enorme ruberia era necessaria la collaborazione degli italiani poiché i soldi finivano in Italia.

Falcone si mette all’opera e inizia a collaborare con il suo omologo russo, il procuratore russo Stepankov, per comprendere tutti i passaggi che quei fondi neri stavano compiendo e in quali società le cooperative rosse li lavassero e poi consegnassero “puliti” all’ex PCI.

Non fece in tempo a scoprirlo poiché, è noto, fu fatto saltare il viadotto dell’autostrada di Capaci sul quale stava passando quella nefasta giornata del 23 maggio del 1992.

Le tracce dell’attentato non portavano certo in qualche masseria siciliana ma ad ambienti militari angloamericani in quanto l’esplosivo risultava essere utilizzato da navi inglesi ed americane, ma tale tracce non furono mai seguite dagli ineffabili togati che ovviamente preferirono coprire gli apparati atlantici e invece spostare tutta l’attenzione su Giovanni Brusca, fatto diventare ormai una sorta di eminenza grigia nell’organizzazione di un attentato che non era chiaramente nelle sue possibilità, né direttive né logistiche.

D’Alema sapeva che Mani Pulite avrebbe risparmiato il PDS

Ora Pellegrino non sfiora, né tantomeno Verderami pensa minimamente di chiederglielo, l’indagine di Falcone che è semplicemente cruciale ai fini di quanto lui rivela forse perché la materia per lui scotta troppo, però l’ex senatore del PCI fa altre affermazioni che chiaramente suggeriscono che il PDS sapeva che l’inchiesta di Milano era addomesticata e che loro sarebbero stati risparmiati.

Pellegrino temeva che Mani Pulite arrivasse al PDS ma in un incontro con Massimo D’Alema nel 1993, l’ex presidente del Consiglio gli disse questo.

“Come al solito voi avvocati siete contro i pubblici ministeri. Volete capirlo che questi di Milano stanno facendo una rivoluzione? E le rivoluzioni si sono sempre fatte con le ghigliottine e i plotoni di esecuzione. Perciò cosa vuoi che sia qualche avviso di garanzia o qualche mandato di cattura di troppoEppoi Luciano mi ha detto che possiamo stare tranquilli, perché Mani Pulite non se la prenderà con noi…”.

D’Alema non aveva nulla da dire sulla rivoluzione giudiziaria di Milano in quanto sapeva benissimo, a detta di Pellegrino, che tale rivoluzione non avrebbe minimamente sfiorato il PDS, e che, piuttosto, avrebbe spianato la strada a quest’ultimo.

Il garante, per così dire, di questa “copertura” era nientemeno che Violante, ex magistrato e presidente della Camera negli anni successivi al golpe giudiziario, il quale sembrava avere un filo diretto con i giudici di Milano ed era apparentemente al tempo stesso informato che le inchieste di Pietro e dei suoi sodali non avrebbero mai sfiorato i “vincitori” di quella falsa rivoluzione che si apprestavano ad entrare a palazzo Chigi soltanto pochi anni dopo, nel 1996.

Gli uomini che non furono nemmeno sfiorati dal pool avevano già guadagnato le simpatie degli angloamericani e il terreno era stato preparato accuratamente da Giorgio Napolitano che usava già da diversi anni andare regolarmente negli Stati Uniti per incontrarsi con Henry Kissinger, esponente di primo piano del gruppo Bilderberg, del club di Roma e del Council on Foreign Relations.

Ai nuovi referenti di Washington fu affidata la missione di rinchiudere definitivamente l’Italia nella gabbia dell’euro e di terminare la svendita delle partecipazioni statali iniziata da Draghi sul panfilo della regina Elisabetta, il Britannia, a pochi giorni di distanza dalla strage di Capaci.

La “missione” fu compiuta e fu così che l’Italia si guadagnò il “primato” del Paese che eseguì il record di privatizzazioni che fecero la fortuna di vari oligarchi e la sciagura invece dello Stato e degli interessi nazionali.

Questo “improvviso” risveglio di Pellegrino, che soltanto a distanza di 32 anni rivela come i dirigenti del PDS sapessero che Tangentopoli non avrebbe toccato il partito e come anche l’ex PCI ricorreva ampiamente a finanziamenti illeciti, difficilmente però appare essere il risultato di un tardivo pentimento, ma piuttosto la diretta conseguenza della chiusura di una fase storica iniziata proprio in quell’anno, il 1992.

Mani Pulite fu voluta dall’anglosfera per raggiungere un obiettivo preciso e per consentire al PDS di salire al potere indisturbato.

Nessuno doveva mettersi di traverso, pena subire la stessa sorte di Falcone e Borsellino.

L’attuale congiuntura vede ora un progressivo disfacimento della classe politica e dei suoi succedanei nata da quel golpe.

Il potere angloamericano che volle quel processo “rivoluzionario”  viaggia verso la sua dismissione con il disimpegno americano dall’impero atlantico nato dopo il dopoguerra e con la nascita del blocco multipolare che sta portando alla fine dell’unilateralismo della NATO.

La storia è andata in un’altra direzione e il primo a saperlo è stato proprio uno di quei “vincitori” di quella rivoluzione colorata, ovvero nuovamente Massimo D’Alema, che in una intervista di 2 anni fa disse chiaramente che il Nuovo Ordine Mondiale aveva fallito, e che erano tornati sulla scena gli Stati nazionali con le loro originarie prerogative.

Il fatto che Pellegrino dica tutto questo solo ora lascia pensare che qualcuno nell’establishment voglia ritirare fuori questi ingombranti scheletri sepolti nell’armadio e che erano stati lasciati indisturbati per tanti anni.

Difficile pensare ad una coincidenza, se si considera che ormai i vecchi referenti angloamericani che vollero quel golpe giudiziario sono decaduti e ormai qui in Italia l’attuale classe politica è in declino pieno ed è orfana delle antiche protezioni.

Gli indugi allora sono stati rotti. I guantoni sono stati tolti e le bande di questo sistema in declino si sono date alla guerra più feroce in cerca della difficile sopravvivenza politica.

Lo si vede con la quotidiana guerra giudiziaria partita con le procure che hanno avviato inchieste incrociate sui rispettivi referenti politici, e lo si vede con quella strana scia di suicidi che sembra il diretto risultato di una guerra senza precedenti nella massoneria italiana, lacerata dai conflitti e dai contrasti.

Qualcuno forse ha pensato di aprire l’armadio con gli scheletri del’92 per colpire ancora più duramente di quanto fatto fino ad ora, e allora occorre essere preparati.

Cadranno nomi ancora più eccellenti e verranno fuori verità ancora più inconfessabili.

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