Dall’Ucraina all’Africa, i droni low cost stanno trasformando i campi di battaglia
Da semplici kit hobbistici a sofisticate macchine militari prodotte in Cina, Iran e Turchia ora diffuse ovunque. E a farne le spese sono i civili
In un contesto di guerra sempre più tecnologico, i droni a basso costo stanno trasformando i campi di battaglia in una lotta incessante tra forze governative ed estremisti, con i civili spesso intrappolati nel mezzo e pagando con la vita. Da semplici kit hobbistici a sofisticate macchine militari prodotte in Cina, Iran e Turchia, la tecnologia UAV si è diffusa ovunque. Negli ultimi cinque anni, governi con risorse limitate hanno intensificato gli acquisti di droni, spesso acquisiti tramite accordi di sicurezza bilaterali.
UAV africani
L’escalation dell’uso dei droni in Africa è stata influenzata da conflitti esterni, come la guerra della Russia in Ucraina, che hanno dimostrato l’efficacia dei droni nella guerra moderna. Secondo la rivista Africa Defence Forum, almeno 21 eserciti africani e gruppi terroristi come Boko Haram utilizzano droni. Per governi e civili, i droni rappresentano un’alternativa economica agli aerei con equipaggio, che sono costosi e richiedono piloti esperti, ma questa proliferazione ha causato un aumento allarmante delle vittime civili nelle aree operative.
I modelli utilizzati dalla maggior parte dei governi africani, che costano centinaia di migliaia di dollari per uno Shahed iraniano, da 1 a 2 milioni di dollari per un Wing Loong II e fino a 6 milioni di dollari per il Bayraktar TB2 di Baykar, sono molto più economici degli aerei da combattimento.
Nonostante la predilezione per i droni importati, molti Paesi africani stanno sviluppando le proprie tecnologie UAV. Nigeria e Sudafrica hanno già 35 modelli di droni locali operativi o in procinto di esserlo, seguiti da Egitto, Etiopia, Kenya e Sudan.
Vittime civili
L’investimento in droni ha rafforzato gli arsenali nazionali, ma ha anche portato a tragici errori. Tra agosto e novembre 2023, l’esercito del Burkina Faso ha ucciso almeno 60 civili in attacchi con droni turchi. A dicembre, un attacco dell’esercito nigeriano ha falciato 85 persone a Tudun Biri. A marzo, in Mali, droni hanno sterminato una dozzina di civili, tra cui sette membri di una stessa famiglia. Le morti civili dovute a droni e attacchi aerei in Africa sono salite a 1.418 l’anno scorso, dalle 149 del 2020 (dati dell’Armed Conflict Location & Event Data Project).
I droni recentemente forniti al Sudan dall’Iran stanno già influenzando in modo significativo la brutale guerra civile del Paese, dove si contano decine di migliaia di morti, oltre 2 milioni di sfollati, gravi violazioni dei diritti umani e una crisi umanitaria che coinvolge 16 milioni di persone.
I droni iraniani Mohajer-6 sono stati fondamentali per dare alle forze armate sudanesi un vantaggio rispetto al loro avversario paramilitare, le Forze di Supporto Rapido, nel conflitto che infuria dall’aprile 2023. Questo drone monomotore iraniano è capace di eseguire operazioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione, oltre a lanciare attacchi aria-terra con piccole bombe guidate Qaem, anch’esse di fabbricazione iraniana.
La popolazione civile vive nell’angoscia quotidiana di possibili attacchi. In città come Wegel Tena, l’uso estensivo dei droni da parte del governo etiope durante la guerra contro i ribelli del Tigray e contro le milizie in Amhara e Oromia ha creato un clima di paura costante. Questi velivoli, piccoli e quasi impossibili da rilevare, possono operare in sciami e trasportare qualsiasi arma, dai mortai ai missili a guida laser.
L’uso indiscriminato dei droni viola il diritto internazionale, che impone di distinguere tra obiettivi civili e militari. Tuttavia, la responsabilità per queste morti sembra lontana. I sopravvissuti raccontano di sentire solo il ronzio delle eliche prima che sia troppo tardi. In guerra, è possibile prevedere quando i combattimenti si avvicinano, ma con i droni, il rischio di attacco è costante e imprevedibile.
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