Incubi contemporanei
di Franco Cardini - 19/06/2024
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Fonte: Franco Cardini
Diciamo la verità. Par di sognare. Ed è un incubo. Ormai
cose e persone che fino a ieri sentivamo come affini e prossimi per
quanto discutessimo con loro e da loro dissentissimo, sembrano
appartenere a un altro mondo, parlare una lingua diversa, vivere in una
dimensione differente dalla nostra.
Non so quanti di voi abbiano
seguito i lavori del G7: quanti abbiano avuto la forza e il coraggio di
farlo. Io mi sono sforzato con i mezzi artigianali a mia disposizione:
non sono ricco, non dispongo di sufficiente abilità informatica, ma
tutto sommato ho il computer, il telefono, mi provvedo giornalmente di
media a stampa e – soprattutto – dispongo di una più che discreta rete
di corrispondenti italiani ed esteri, qualcuno anche VIP.
Ne ho
tratto un’immagine spettrale: ricordate, voialtri non più giovanissimi
tirati su a pane e Tolkien, che cosa succede a Frodo Baggins e attorno a
lui non appena indossa l’Anello? Di colpo il disorientato Mister Biden,
Monsieur Macron, Frau von der Leyen, Donna Giorgia Meloni, il
Guerrigliero in T-Shirt Želensky (venuto a riscuotere una cinquantina di
miliardi di dollari in “aiuti”…) e tutti gli altri, che siamo abituati
ad ascoltare quando esprimono pareri più o meno accettabili o
contestabili, assumono un altro aspetto e prendono a parlare un
linguaggio estraneo, una specie di codice: un idioma le parole del quale
non possono avere il senso che sembrano avere. A meno che il mondo,
intanto, non si sia rovesciato.
Sotto gli aspetti e le parvenze
esteriori (il bellissimo quadro pugliese, l’aria di festa, l’arrivo del
papa e il suo centratissimo discorso che denunzia i rapporti tra
intelligenza artificiale e rischio di controllo oligarchico delle
coscienze da parte delle lobbies internazionali), il resto è stato un
Totentanz, una danza macabra, un Bal des Vampires, un trionfo del
“pensiero unico” e dell’unilateralismo occidentalistico, una prospettiva
chiusa alle realtà nuove che invece si stanno imponendo nel mondo
(pensiamo al plurilateralismo e al BRICS). Guardi i “Grandi della Terra”
(!?) presenti, li ascolti e ti rendi conto frattanto che non dovrebbero
essere là, non dovrebbero essere loro: che l’inganno, ormai di vecchia
data, si è installato in sordina da tempo immemorabile e tutto è andato
ormai troppo oltre sino a diventar irreversibile. Il G7 è
un’organizzazione abusiva, pretestuosa, che ormai ha preso il posto
dell’Assemblea delle Nazioni Unite scippandole o pretendendo di
scipparle autorità ed autorevolezza. Con il G7 l’ampiezza di
rappresentanza e di consenso si è ristretta dalla democraticità sia pure
imperfetta dei rappresentanti di tutti i popoli del mondo
all’oligarchia dei capi degli stati più forti (i “paesi avanzati”
rappresentanti il G7 hanno escluso la Russia formalmente per la
“condanna internazionale” che l’ha colpita, praticamente in quanto
stanno preparando la guerra contro di lei; ed hanno escluso dal loro
team di “stati avanzati” Cina e India, con un atteggiamento miope,
fazioso e occidentocentrico obiettivamente ridicolo. Senti il presidente
Mattarella che è stata la Russia a riportare in Europa lo spettro della
guerra e frattanto ascolti altri illustri intervenuti i quali
dichiarano che non si possono accettare per buone le ragioni né
ascoltare le parole del Tiranno del Cremlino: e dal momento che si
tratta di ragioni e di parole, cioè di proposte, di pace, è veramente
santo e giusto, nostro dovere e fonte di salvezza andare avanti
preparando la guerra, com’è costume di tutti quelli che vogliono la
pace. E giù con i miliardi concessi e promessi al leader democratico
ucraino (legittimo e democratico, anche se il suo mandato è scaduto ed
egli imperterrito scioglie partiti, chiude emittenti televisive e manda
gente in galera). I morti di Gaza non contano, la crisi palestinese è
già dimenticata per quanto laggiù si continui ad uccidere: tutto viene
metabolizzato nel nome delle priorità, e quelle si riassumono nelle
reciproche garanzie di approntare come inevitabile il conflitto e al
tempo stesso nel denunziare la nuova provocazione di Mosca che,
ripetendo la manovra del fatale 1963, spedisce navi da guerra e missili
nei Caraibi, vale a dire ai confini degli USA. Può darsi che ci siamo
distratti: ma eravamo convinti che un paio di anni fa lo stabilire linee
di fuoco molto avanzate presso i confini di uno stato straniero fosse
in realtà del tutto legittimo e democratico, come ci veniva spiegato
dagli USA, dalla NATO & Co. a proposito del Donbass e dei confini
ucraino-russi.
Ora, il punto non è che la guerra – alla quale
noialtri italiani siamo comunque in tutti i sensi impreparati – sia
inevitabile e che il nostro governo, che fonda la propria legittimità su
una massa votante di cittadini pari a più o meno al 50% degli aventi
diritto, sia adatto a deciderla per noi. Il punto è che i governi e le
classi politiche occidentali son convinti della sua inevitabilità sulla
base di una serie di apriorismi dogmatici e del rifiuto sistematico di
consultare il potenziale nemico e di discutere con lui. Nell’ancien
régime vigeva il principio bellum, ratio ultima regum: oggi sembra
valere quello della guerra democratica, “difensiva” certo ma anche
“preventiva” – quindi praticabile prescindendo dalle intenzioni nemiche –
e scelta per evitare che Putin s’impadronisca del continente europeo e
ambisca anche all’Atlantico: e che possa e voglia farlo sono grandi
strateghi quali Monti, Gramellini e Margelletti a sostenerlo.
Afferma
Nietzsche: “Vi è stato detto che una buona causa santifica anche la
guerra. Ma io vi dico che una buona guerra santifica qualunque causa”.
Così parlò Zarathustra. Soprattutto quando ci siano arsenali interi da
smaltire e quando soprattutto si tema che, senza guerra, l’Occidente che
ha avuto tre quarti di secolo per imporre al mondo una giusta e solida
pace senza riuscirvi perda pacificamente i suoi mercati a vantaggio
della Cina col suo One Road, One Belt e dell’affermazione del BRICS.
Sarà
anche per impedire questa catastrofe che al meeting del G 7 è approdato
anche il favoloso, geniale economista neopresidente dell’Argentina. Ad
maiora.
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