Israele non vuole sapere
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In Israele hanno deciso che è meglio non guardare sotto il tappeto.
Dopo lunghe contestazioni, la suprema Corte di Giustiza di Israele ha ordinato al supervisore nazionale (una specie di commissario d’inchiesta), Matanyahu Englman, “di sospendere qualunque aspetto della sua indagine sui fallimenti relativi agli attacchi di Hamas del 7 ottobre che riguardano l’IDF e lo Shin Bet, l’agenzia di intelligence nazionale”.
In altre parole, Israele non vuole sapere come abbia potuto Hamas attraversare così facilmente le barriere che circondano Gaza, arrivando indisturbati fino ai kibbutz indifesi, senza incontrare alcuna resistenza da parte dell’esercito israeliano.
Come tutti sanno infatti, se c’è una zona iperprotetta e impenetrabile al mondo è proprio la barriera di Gaza. E se c’è un esercito al mondo che eccelle nell’utilizzo dei più sofisticati sistemi di sorveglianza esistenti, quello è certamente Israele.
La domanda resta quindi in sospeso, e di certo in questo momento non c’è una gran voglia di trovarle una risposta.
Per capire quanto sarebbe imbarazzante questa risposta, basta guardare le puerili giustificazioni che sono state addotte dall’esercito e dagli stessi servizi israeliani per voler bloccare l’inchiesta: “Questa iniziativa danneggerebbe le capacità operative dell’IDF, mentre si teme che l’indagine possa ignorare le responsabilità politiche per la devastante invasione e per i massacri”.
Come a dire “non venite da noi, sono stati quelli del governo che ci hanno obbligato ad abbassare la guardia”.
A sua volta, il capo di Stato maggiore dell’esercito, il generale Herzi Halevi, ha detto che questa indagine “potrebbe distrarre l’attenzione dei comandanti dalla battaglia, danneggerebbe le loro capacità operative di indagine, e non permetterebbe di trarre lezioni utili ai fini della guerra in corso”.
Come dicevamo, la inconsistenza delle scuse denuncia il pieno imbarazzo per quanto potrebbe emergere, a tutti i livelli, da una indagine approfondita sulle vere responsabilità del 7 ottobre.
Un pò come per l’11 settembre, ma con una differenza: per gli attentati alle Torri Gemelle gli americani sono riusciti ad imporre una narrativa nella quale “loro sapevano, ma le informazioni erano confuse e non sono riusciti a connettere i puntini”. L’hanno chiamata “incompetence theory”, e gli americani se la sono bevuta.
Israele deve invece ancora trovare il modo di spiegare alla sua popolazione come sia stato possibile subire un attacco che era in preparazione da più di un anno sotto gli occhi di tutti, e del quale tutti sapevano assolutamente tutto fin dall’inizio. Non sarà certo facile.
Massimo Mazzucco
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