Bolivia, Il fallito golpe è questione di litio (e di Russia)
Fallisce il golpe in Bolivia. E rimarrà nella storia boliviana, e non solo, il faccia a faccia tra il presidente Luis Arce e il generale José Zuñiga, il front runner dei golpisti che ha preso d’assalto il palazzo del potere. Non era affatto un golpe da operetta, come denota la rete dei golpisti pubblicata da Los Tiempos. Semplicemente qualcosa è andato storto e a Zuñiga l’hanno lasciato solo, come si dice in gergo.
Sempre da Los Tiempos: “Arce non ha escluso la possibilità che dietro il fallito colpo di stato in Bolivia ci siano interessi esterni, come quanto avvenuto nel novembre 2019, aggiungendo che la chiave è la questione del litio”.
Il golpe del 2019 e il litio boliviano
Ci permettiamo un flashback per capire l’istruttiva allusione. Durante lo spoglio delle schede elettorali del 2019, voto che doveva rinnovare il Parlamento e dare un nuovo presidente al Paese, l’Organizzazione degli Stati americani (OAS), che monitorava lo scrutinio, denunciò brogli a favore dell’ex presidente Evo Morales, con successivi disordini e pressioni da parte dei militari su di lui perché si dimettesse per evitare un bagno di sangue. Cosa che questi fu costretto a fare.
Secondo il Los Angeles Times, fu Carlos Trujillo, ambasciatore statunitense presso l’OAS, a sollecitare “il team dell’organizzazione che monitorava le elezioni a denunciare frodi diffuse e spinto l’amministrazione Trump a sostenere la cacciata di Morales”, più che inviso agli Usa per le sue posizioni socialiste.
L’America negò ogni coinvolgimento, ma il non riconoscimento della validità delle elezioni da parte di Washington e le pubbliche dichiarazioni di giubilo di tanta della sua leadership per l’estromissione di Morales dal potere restano inequivocabili.
Peraltro, a parlare di golpe fu lo stesso New York Times dopo qualche mese, pubblicando, a corredo della sua denuncia, uno studio di alcuni ricercatori Usa che dimostrarono come le accuse di frode contro il partito di Morales fossero infondate.
Il golpe fu poi portato a compimento attraverso l’autoproclamazione a presidente di Jeanine Áñez, a nome e per conto degli oppositori di Morales, un po’ come tentò di fare Juan Guaidò in Venezuela (stessa regia).
La Áñez dichiarò che avrebbe portato il Paese a nuove elezioni entro 90 giorni, cosa che non fece, instaurando invece un regime di repressione che terminò con le elezioni del 2020, nelle quali vinse Luis Arce, candidato del Mas (movimento per il socialismo) in alternativa a Morales, al quale fu impedito di candidarsi.
Quanto al litio, anche allora si disse che la causa del golpe fosse proprio tale minerale, di cui la Bolivia è ricchissima tanto da avere il primato dei depositi globali, dai quali c’è ancora tanto da attingere perché sfruttati relativamente. Peraltro, per lo sfruttamento delle saline di litio il governo ha recentemente fatto accordi con russi e cinesi.
A peggiorare i rapporti tra La Paz e Washington anche la visita di Stato di Arce in Russia del 6 giugno scorso, durante la quale ha incontrato Putin al quale ha chiesto di investire nel suo Paese per favorirne lo sviluppo (CNN).
Il finto golpe che invece è vero
Quanto alle accuse che il golpe fosse gestito dallo stesso Arce, che si stanno diffondendo sui media (anche per le accuse in tal senso di Zuñiga), si tratta di un meccanismo alquanto stantio di certi apparati. Per fare un esempio recente, tale tecnica fu usata anche dopo il fallimento del golpe in Turchia del 2016, che i media ascrissero allo stesso Erdogan. Invece, il golpe era vero, eccome.
Tale tecnica serve a offuscare l’immagine del potente di turno scampato al golpe, nella speranza di fiaccarlo, e per seminare destabilizzazione, ma anche per distogliere l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica dai veri artefici.
Nel caso boliviano si è anche tentato di mettere l’uno contro l’altro Arce e Morales, dilatando al parossismo la dialettica che si è instaurata tra i due, che pure militano nello stesso partito.
Addirittura c’è chi ha affermato che il golpe sia stato orchestrato contro Morales, mentre altri, per ribaltamento, hanno dichiarato che dietro i militari ci fosse Morales. A chiudere questa stramba diatriba ci ha pensato lo stesso Arce, il quale ha rivelato di aver telefonato a Morales per avvertirlo del golpe e per dirgli di prendere le dovute precauzioni perché dopo aver abbattuto il presidente si sarebbero accaniti anche contro il suo predecessore (La Razon).
Al di là del particolare, a quanto pare siamo di fonte all’ennesimo golpe fallito da parte degli apparati statunitensi, che da un po’ di tempo a questa parte appaiono alquanto arrugginiti sul tema. Non sono più i bei tempi di una volta, quelli delle Repubbliche delle banane e dei dittatori africani messi su a comando (su quest’ultimo punto vedasi The Intercept: “Dopo aver addestrato i leader che hanno realizzato colpi di Stato in Africa, il Pentagono accusa la Russia di aver orchestrato i colpi di Stato africani”).
Piccolo particolare simbolico, che ha la sua importanza se si tiene conto di quanto certi ambiti considerino importante la simbologia: il 26 giugno, giorno del golpe, era l’anniversario della nascita di Salvador Allende, la cui destituzione-uccisione tramite colpo di Stato, avvenuta l’11 settembre del 1973, inaugurò la stagione del Terrore delle dittature sudamericane.
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