Il governo Meloni ha messo a disposizione la base di Sigonella per l’attacco in Crimea?
di Cesare Sacchetti
Le prime immagini dei bagnanti russi sulla spiaggia di Sebastopoli, in Crimea, hanno lasciato pensare che il regime nazista ucraino sia ancora una volta ricorso al terrorismo.
Non è la prima volta infatti che Kiev lancia degli attacchi missilistici per colpire indiscriminatamente obiettivi che non sono affatto militari, ma puramente civili e l’intento in questo caso non è quello di mettere a segno una operazione che dia un guadagno militare, per così dire, ma soltanto quello di causare le morti dei civili del Paese avversario che si sta combattendo.
Terrorismo, appunto, e non guerra, ma ciò non deve destare alcuna sorpresa se si guarda alla storia che ha preceduto l’attuale conflitto in Ucraina, quando i nazisti di Kiev che si ispirano al collaborazionista Stephan Bandera, mettevano in atto feroci omicidi e torture nel Donbass pur di raggiungere il loro scopo di pulizia etnica.
A Kiev sono stati messi al potere dall’amministrazione Obama e dall’ineffabile George Soros, principe della sovversione internazionale, dei veri e propri tagliagole addestrati dalla famigerata CIA, anche se di questi assassini è rimasta ben poca traccia dopo che la Russia ha iniziato la sua operazione bellica in Ucraina.
Quanto accaduto in Crimea suggeriva in un primo momento che l’attacco fosse un altro capitolo di questa tattica del terrore perseguita da Zelensky, ormai nemmeno più ufficialmente presidente ucraino e rinchiuso nel suo bunker nel timore di golpe militari ai suoi danni, ma un’analisi più accurata di quanto accaduto sotto un punto di vista tecnico-militare sembra indicare una dinamica diversa.
E’ quanto hanno fatto alcuni analisti militari interpellati dal sito Great Game of India che hanno esaminato il tipo di attacco che è stato fatto in Crimea.
Kiev ha lanciato almeno 5 missili ATACMS, un acronimo che sta a identificare la sigla Army Tactical Missile System, ovvero sistema missilistico tattico dell’esercito.
Gli ATACMS sono prodotti dal noto colosso dell’industria militare americana Lockheed, e se si dà uno sguardo all’azionariato di questa corporation per vedere chi sono i suoi proprietari si trovano, ancora una volta, gli onnipresenti fondi di investimento Vanguard e BlackRock che sono de facto i veri proprietari dell’economia mondiale in quanto veri e propri serbatoi di tutte le multinazionali più note in ogni singola branca dell’economia, dalla grande distribuzione organizzata alle compagnie petrolifere passando anche dalle corporation informatiche, quali Apple e Microsoft.
Gli ATACMS sono stati forniti ufficialmente soltanto ad ottobre dello scorso anno dall’amministrazione Biden dopo una certa riluttanza da parte di quest’ultima a dare questo tipo di armi molto sofisticate a Kiev, in quanto le loro avanzate caratteristiche possono provocare grossi danni agli obiettivi colpiti e causare così una possibile escalation che Washington ha cercato di evitare.
Il tema della fornitura di armi americane all’Ucraina è dibattuto in quanto in diverse occasioni gli ucraini si sono lamentati del fatto che Washington non stava affatto mandando i suoi pezzi migliori, ma un ammasso di ferrivecchi che riducevano al lumicino le possibilità dei nazisti ucraini di affrontare il conflitto con la Russia, che già in partenza aveva e ha una manifesta superiorità tecnica e militare.
Alcuni ATACMS sembrano essere comunque arrivati in quantità molto ridotte e non si sa molto dell’accordo tra Washington e Kiev, così come non si hanno certezze assolute che effettivamente sia stata l’amministrazione Biden ad autorizzare il trasferimento di questi missili, oppure se la fornitura sia avvenuta soltanto attraverso la Lockheed Martin senza il coinvolgimento diretto del “presidente” Biden che sin dal suo insediamento è sembrato non aver mai avuto il controllo pieno della sua amministrazione, come si è osservato in altre precedenti occasioni.
Perché l’Ucraina ha lanciato gli ATACMS in Crimea
Gli ATACMS in questa occasione sono stati comunque utilizzati da Kiev che ne ha sparati cinque verso la Crimea e il sistema di contraereo russo s-500, che è l’ultima evoluzione della difesa dei cieli prodotta dal Cremlino, è riuscito a intercettarli tutti e cinque.
Ufficialmente, è stato detto dal Cremlino che i cinque missili sono stati sparati per colpire direttamente la spiaggia di Sebastopoli dove si trovavano i bagnanti russi, ma un’analisi più attenta da parte di alcuni analisti militari suggerisce in realtà che le cinque testate fossero dirette contro la base della città crimeana in questione, laddove è dislocata la flotta del mar Nero.
Questo sito è semplicemente strategico per la difesa aerea della Crimea e ospita ben 25mila uomini della Marina russa assieme a 50 navi da guerra, 6 sottomarini e i citati sistemi di difesa aerea S-500, che risultano essere i più avanzati e in grado di intercettare e abbattere sulla carta qualsiasi sistema missilistico.
Anche in questa occasione, gli S-500 sembrano aver fatto il loro dovere e hanno abbattuto i missili diretti sulla Crimea, ma una delle testate è esplosa dopo che la contraerea l’ha colpita e questo ha purtroppo portato alla morte di alcuni bagnanti sulla spiaggia, tra i quali ci sono anche due bambini.
Ora un’analisi più accurata da parte di alcuni analisti sembra suggerire che l’obbiettivo degli ATACMS non fosse la spiaggia di Sebastopoli, ma la base del Mar Nero, che gioca un ruolo strategico non solo per la difesa aerea della Crimea, ma anche per le operazioni che la Russia conduce nell’Ucraina Orientale.
Questi missili sono concepiti per colpire obiettivi militari e nonostante la natura terroristica del regime nazista di Kiev appare difficile pensare che possano essere stati sparati per colpire una spiaggia, soprattutto se si considera anche la scarsità di armi avanzate di cui dispone il governo ucraino.
La base di Sigonella usata per l’attacco in Crimea?
I vari esperti militari sono concordi sulle modalità di utilizzo di questi missili ATACMS che non possono essere utilizzati senza avere un sistema di droni che li guidi e li accompagni all’obiettivo prestabilito, altrimenti l’esecuzione di qualsiasi attacco con questo sistema missilistico risulta impossibile.
A spiegare il modo in cui gli ATACMS vengono utilizzati è stato, tra gli altri, l’ex luogotenente dell’esercito americano, Earl Rasmussen, che ha messo in evidenza il fatto che per giungere alla loro destinazione questi missili hanno bisogno di “comunicare con un sistema di droni aerei”.
La base di Sigonella, nella Sicilia Orientale, è quel luogo dove appunto vengono effettuate questo tipo di operazioni e dove si trovano i droni necessari per eseguire questo tipo di attacchi. Sigonella, da un punto di vista militare, è certamente uno dei luoghi più strategici del Mediterraneo.
L’ingresso della base di Sigonella, non molto distante da Catania
Il nome di questa base evoca probabilmente a molti ricordi del passato quando nel 1985, l’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, chiedeva conto ad un arrogante Michael Ledeen, accademico americano di origini ebraiche e membro dell’amministrazione Reagan, della ragione per la quale gli americani avevano deciso di loro sponte di far atterrare i terroristi dell’Achille Lauro a Sigonella senza prima consultarsi con il governo italiano.
Attorno a Sigonella erano già sorti in passato altri incidenti tra Roma e Washington quando nel 1973 durante la guerra dello Yom Kippur, l’allora segretario di Stato americano, Henry Kissinger, membro di diviersi circoli mondialisti quali il club di Roma, il Bilderberg e il Council on Foreign Relations, chiedeva all’Italia l’autorizzazione a far decollare gli aerei americani dalla base siciliana per dare sostegno allo stato ebraico nella sua guerra con i Paesi arabi.
Alla Farnesina allora c’era Aldo Moro che espresse un netto rifiuto di fronte alla richiesta di Kissinger in quanto la tradizione della Prima Repubblica era quella di mantenere stretti rapporti con il mondo arabo, vitali e strategici per un Paese come l’Italia che si affaccia sul Mediterraneo.
Non è un segreto che il rifiuto di Moro suscitò le ire di Kissinger che soltanto tre anni dopo arrivò a minacciare in termini ancora più espliciti il presidente della Democrazia Cristiana, facendogli capire che se non avesse cambiato quanto prima politica “l’avrebbe pagata cara”.
Due anni dopo, nel 1978, le BR, già pesantemente infiltrate da CIA e Mossad, come rivelò lo stesso Moro, sequestrarono e uccisero il presidente.
Era quella una diversa fase storica, nella quale l’allora classe dirigente della Prima Repubblica nonostante si trovasse rinchiusa nel recinto della NATO, provava sempre a perseguire gli interessi nazionali ed è anche per questa ragione che Washington decise di disfarsene nel 1992 attraverso la falsa rivoluzione, l’espressione utilizzata da Bettino Craxi, di Mani Pulite.
In questa fase attuale vediamo che l’attuale classe politica è invece ridotta al ruolo di mero comprimario che si limita ad eseguire pedissequamente le direttive del declinante potere dell’anglosfera, anche se queste poi arrecano gravi danni agli interessi dell’Italia stessa.
Ed è questo quello che potrebbe essere accaduto anche nel caso dell’attacco alla Crimea da parte di Kiev.
A Sigonella ci sono quei droni che vengono utilizzati per questo tipo di operazioni, e se questi sistemi di guida aerea sono stati utilizzati anche per lanciare l’attacco degli ATACMS a Sebastopoli, ciò farebbe del governo Meloni una parte sempre più attiva nel conflitto contro la Russia.
La dinamica che precede il bombardamento in Crimea sembra dare molto peso a questo scenario.
Al momento dell’attacco dei missili abbattuti sulla spiaggia di Sebastopoli, c’era infatti in volo sul Mar Nero un Global Hawk, un drone spia che viene appunto utilizzato come sistema guida per eseguire questi attacchi missilistici.
Il Global Hawk che ha volato sopra i cieli della Crimea e che poi è rientrato a Sigonella dopo l’attacco
Il Global Hawk in questione è decollato proprio da Sigonella il giorno dell’attacco per fare rientro nella base siciliana nelle ore successive all’operazione.
Esistono poi dei precedenti di un’altra partecipazione più o meno “indiretta” dell’Italia avvenuta nel 2022 sempre attraverso la strategica base di Sigonella.
In quell’occasione, le forze armate ucraine affondarono la nave da guerra Moskva nel Mar Nero, ma anche in questa circostanza l’operazione fu possibile soltanto grazie ad una previa ricognizione in volo eseguita dall’aereo americano P8-Poseidon.
Il Poseidon utilizzato per la ricognizione prese il volo dalla base di Sigonella il giorno dell’attacco, il 14 aprile, per poi fare ritorno alla base nella tarda serata.
All’epoca, al governo c’era Mario Draghi, che trascorreva gli ultimi suoi mesi da presidente del Consiglio non prima però di assicurarsi di alzare le tensioni con la Russia e di provocare un pericoloso scontro tra Roma e Mosca.
E il ruolo dell’Italia non sembra essere purtroppo “limitato” soltanto a quello della messa a disposizione di basi aeree per eseguire attacchi contro obbiettivi russi, ma anche alla presenza di vari consulenti delle forze armate italiane in Russia.
Soltanto qualche mese fa, il sito ucraino The Militarist aveva affermato che il colonnello dei bersaglieri, Claudio Castiglia, era morto in seguito ad un massiccio bombardamento russo.
Crosetto, molto vicino agli ambienti atlantisti e sionisti, smentì assalito dalla collera, ma i dubbi sulla versione fornita da via XX Settembre restano, in quanto i governi Draghi e Meloni hanno provato a mantenere “coperto” e sottotraccia il loro sostegno al governo nazista ucraino che appare andare ben al di là della già criminale fornitura di armi per approdare invece nel territorio di una consulenza militare da parte dell’Italia che rasenta la sua partecipazione attiva al conflitto.
A ciò si aggiunga il fatto che a pubblicare questa notizia non furono fonti russe, ma ucraine, e non si comprende quindi perché mai canali apparentemente vicini al governo di Kiev avrebbero dovuto fabbricare una falsa storia sulla presenza di un militare italiano in Ucraina.
E’ fuori di dubbio comunque che il governo di Roma è occupato da pericolosi falchi dell’anglosfera che stanno provando a fare di tutto per tenere in piedi la traballante struttura dell’alleanza atlantica che in vista di un probabile ritorno ufficiale di Trump a novembre potrebbe ricevere il decisivo colpo di grazia attraverso un’uscita unilaterale degli Stati Uniti dalla NATO.
E’ una prospettiva questa che atterrisce non poco gli inquilini di un governo, quello Meloni, che si distingue per la sua completa assenza su tutte le questioni sociali, sanitarie ed economiche che hanno messo il Paese in ginocchio dopo le macerie lasciate dal fallimento della farsa pandemica, ma che non ha però scrupolo alcuno a mettere a repentaglio, ancora una volta, la sicurezza degli italiani attraverso una scellerata e illegale partecipazione mascherata al conflitto in Ucraina.
A Giorgia Meloni e Guido Crosetto va ancora una volta chiesto conto sulla reale entità del coinvolgimento dell’Italia nel teatro di guerra ucraino, ma dubitiamo che riceveremo alcuna risposta, poiché questo esecutivo, come quello precedente, vuole continuare a restare in questa zona grigia.
Quella dove si serve l’agonizzante anglosfera costi quello che costi anche se ciò ne va degli interessi di una intera nazione e del suo popolo.
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