Si è conclusa (in niente) la “conferenza sulla pace in Ucraina” voluta da Zelensky
16 Giugno 2024
Dopo due giorni di attività, si è chiusa la conferenza sulla pace in Ucraina, tenutasi presso il resort di Bürgenstock, nella Svizzera centrale. Alla conferenza hanno partecipato delegati di 100 diversi Paesi e organizzazioni, tra cui i principali leader europei; assenti invece il Presidente degli Stati Uniti (sostituito dalla sua vice), e l’omologo cinese. La più grande assenza, tuttavia, risulta certamente quella della controparte russa, che non è neanche stata invitata al tavolo di trattative. Da un simile vertice di pace, era naturale che non sarebbe uscito fuori niente di definitivo: il comunicato rilasciato, infatti, è stato votato da 85 dei delegati presenti che più che avanzare proposte attive per una pace, suggeriscono come portare avanti la guerra in maniera più regolata, confermando inoltre l’integrità territoriale dei Paesi coinvolti.
La conferenza di pace è stata organizzata dalla Svizzera su richiesta dell’Ucraina. In totale, il Paese alpino ha invitato 160 delegazioni, e 100 hanno risposto all’appello, tra cui anche Consiglio, Commissione e Parlamento dell’Unione Europea, che sono stati rappresentati dagli stessi Charles Michel, Ursula von der Leyen e Roberta Metsola. Tra i presenti, anche i leader principali del G7, a eccezione del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha invece risposto all’appello inviando al suo posto la Vicepresidente Kamala Harris. Grandi assenti anche le delegazioni di Russia e Cina, tanto che la prima non è neanche stata invitata. Gli scopi del vertice erano quelli di ispirare un “futuro processo di pace”, puntando nello specifico a: fornire una “piattaforma di dialogo”, promuovere “una idea comune di una possibile cornice” per raggiungere la pace, e “definire congiuntamente una tabella di marcia per includere entrambe le parti in un futuro processo di pace”. Il vertice si è svolto in modalità mista, attraverso sessioni plenarie e discussioni più ristrette, con meno partecipanti. Le tematiche affrontate sono state molteplici, e hanno spaziato dal tema della “sicurezza nucleare” a quella alimentare, fino ad arrivare a questioni umanitarie come la “delicata situazione dei prigionieri di guerra e dei civili detenuti”.
Nella nota di chiusura vengono portati avanti tre punti fondamentali: in primo luogo la messa in sicurezza dell’energia e delle installazioni nucleari, tra cui la centrale di Zaporizhzhia; successivamente, viene chiesto ai Paesi di garantire la sicurezza alimentare lasciando aperte e sicure le rotte commerciali, nello specifico nei porti del Mar Nero e del Mar d’Azov; infine viene richiesta la liberazione di tutti gli ostaggi tramite scambio, e nello specifico dei bambini ucraini. Riguardo a questi tre punti, la nota ritiene che “ogni minaccia di utilizzo di armi nucleari nei confronti dell’Ucraina sia inammissibile”, e che “la sicurezza alimentare non deve essere utilizzata come arma”, e che “i prodotti agricoli ucraini devono essere liberamente garantiti a Paesi terzi”, lasciando dunque fuori dagli attacchi le navi mercantili, i porti, e le infrastrutture. La nota, a chiudere, riconosce l’integrità territoriale ucraina.
Nonostante il presidente ucraino Volodomyr Zelensky avesse descritto l’evento come un «significativo passo avanti verso una pace giusta», guardando la lista dei presenti – e soprattutto degli assenti era abbastanza sicuro che la conferenza si sarebbe risolta in un nulla di fatto. Alla vigilia dell’apertura dei tavoli, lo stesso Presidente Putin aveva infatti inviato una proposta di pace all’Ucraina ben lontana da quella che si figura Zelensky, il quale ha prontamente rifiutato l’offerta. L’assenza di un rappresentante russo a un ipotetico tavolo di trattative – in passato per giunta già richiesta dallo stesso Zelensky – risulta infatti una scelta quantomeno curiosa se si leggono gli obiettivi che si era posto il vertice. A rendere dubbia sin dal primo giorno la possibile efficacia della conferenza, anche l’assenza della Cina, il più grande alleato internazionale della Russia. Il tentativo peacewashing del summit, insomma, era preannunciato da giorni, e questa sommaria nota di chiusura non farebbe in tal senso che confermare tale ipotesi.
[di Dario Lucisano]
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