Sovietologi
di Pierluigi Fagan - 15/05/2024
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Fonte: Pierluigi Fagan
Durante la Guerra fredda, c’erano degli osservatori di cose
russe, i sovietologi, i quali cercavano di dedurre cosa stava
succedendo politicamente dietro la cortina di ferro, osservando le
apparizioni pubbliche dei leader, le loro posture, le posizioni più
centrali o periferiche di tizio o caio. Null’altro trapelava dal
Cremlino.
L’esercizio era riservato agli addetti ai lavori, stante
che nulla di ciò che si sarebbe notato o detto avrebbe minimante
alterato qui in Occidente il giudizio sul potere sovietico.
Con
l’inizio della guerra in Ucraina, il lavoro di chi pur non essendo più
ai tempi del PCUS continuava a cercar di seguire i movimenti di
composizione del potere russo, è finito nel cestino. MI ricordo una sola
intervista ad una studiosa (O. Moscatelli) che cercava -invano- di
ragguagliare sulla pluralità interna al massimo potere russo in quei
convulsi giorni iniziali del confitto. Il fatto è che non interessava a
nessuna sapere cosa veramente stesse succedendo al Cremlino, interessava
solo ridurre la complessità ovvia di una Paese di 150 milioni di anime,
alla famelica e delirante volontà d potenza dello zar Putin. Il
giudizio sul potere russo entrava a far parte della propaganda di guerra
e ne abbiamo viste e sentite di ogni tipo in questi due anni.
Si
arriva così all’altro ieri dove si è annunciato un nuovo giro di nomine
di alto livello. Tizio silurato da Caio, forse già tradotto in Siberia,
Putin accoltella personalmente i vecchi amici, scorre sangue nei
corridoi del Cremlino, purghe, la vendetta di Prighozin, Mosca allo
sbando! Ma cosa è successo e come interpretarlo?
Le due mosse più
importanti sono state lo spostamento di Nikolai Patrushev, fino a due
giorni fa segretario del Consiglio di sicurezza russo, a consigliere
personale di Vladimir Putin. Patrushev è antico sodale di Putin ed aveva
lasciato interdetti fosse stato rimosso dalla posizione apicale seconda
solo ai massimi vertici della repubblica russa, viepiù senza chiarire
che fine andava a fare. Per tacitare i rumors però, ieri si specificava
che il figlio di Patrushev, Dmitrij, veniva inaspettatamente promosso a
vicepremier con voci che lo danno come possibile leader di un futuro non
troppo lontano, ha 46 anni. Improbabile quindi immaginare Patrushev
padre in disgrazia se promuovono il figlio. Ora sappiamo che non è stato
silurato affatto anche se non è perfettamente chiaro cosa andrà
operativamente a fare, potrebbe anche risultare “parcheggiato” almeno
sul piano della carica formale, in attesa di altri movimenti.
La
seconda mossa è stato lo spostamento di Sergej Shoigu, da Ministro della
Difesa e capo dell’operazione militare speciale al posto lasciato da
Patrushev ovvero il Consiglio di sicurezza, una promozione secondo la
complessa nomenclatura delle cariche del Cremlino da cui la presidenza è
un passo. Stante che le questioni militari operative rimangono
inalterate nelle mani di Gerasimov, al suo posto è stato messo un
giovane economista.
Questa nomina sembrerebbe voler dire che i russi
sanno perfettamente che la strategia americana nei loro confronti è
l’unica tra quelle che ha dimostrato di funzionare nei decenni scorsi
ovvero metterla giù a soldi. Gli americani possono spendere in questioni
militari molti più soldi e molti più a lungo dei russi (in pratica, la
strategia della Guerra fredda che portò al collasso sovietico tra ’89 e
’91) e poiché l’obiettivo strategico dell’amministrazione Biden era
appunto degradare il più possibile la capacità operativa russa anche in
vista di futuri conflitti (ad esempio l’Artico, ma c'è anche l'Africa,
la Siria, il centro-Asia), ecco spiegato cosa ci fa un economista alla
Difesa: gestire i costi in modo da garantire l’operatività ma con il
necessario equilibrio. Equilibrio non solo nella spesa militare (e non
solo rivolte al caso ucraino) ma anche nei rapporti tra questa e le
linee strategiche di sviluppo russo più in generale. Il che sul piano
del conflitto in Ucraina, potrebbe voler dire anche andare verso una
fase di consolidamento e gestione.
Prima dell’inizio del conflitto in
Ucraina, pur non esistendo più i sovietologi esistevano i cremlinologi.
Costoro, unanimi, parlo delle principali riviste di politica estera
americana e think tank collegati, davano unanimi Shoigu come successore
di Putin. Questi analisti, prima di esser rimpiazzati da giornalisti
surrealisti che ci hanno intrattenuto sulle brame famelica del nuovo zar
e commento social di ex baristi e concessionari ora diventati espertoni
di geopolitica, dicevano che Putin lavorava da tempo alla sua
successione, da tempo e per tempo, sono processi che si volgono negli
anni non nelle settimane.
Tant’è che io stesso scrissi che Putin
aveva forse deciso l’operazione militare speciale per riparare il suo
curriculum visto che la perdita dell’Ucraina dopo Maidan era una accusa
mossagli da più parti, un buco nero in una biografia altrimenti da
"grande padre della patria". Buco riparato il quale avrebbe potuto
finalmente ritirarsi visto che qualche acciacco ce l’ha, adora leggere e
penso prima o poi scrivere liberi di storia, ha una giovane moglie ed a
settanta anni direi che è tempo di programmare il finale di partita. In
più, ci si può togliere fuori dall’operatività ma pur rimanere al
centro dei giochi strategici che poi sono quelli che contano. Putin
diventerebbe il garante (e regista) di una lunga transizione per una
nuova Russia, polo decisivo del gioco multipolare.
Ora, se si
riprende questa linea di ragionamento, si nota la “promozione di Shoigu”
e si considera quanto scritto da altra parte a proposito di Netanyahu e
Zelensky ovvero che non puoi fare accordi di superamento di conflitti
con chi hai fatto confitti, ne verrebbe fuori l’ipotesi che Putin pensa
effettivamente di ritirarsi chissà quando, forse mesi o un anno, non
dipende certo solo da lui ma anche dall’esito delle elezioni americane e
altri fattori. Questi tempi coinciderebbero con una qualche soluzione
del conflitto ucraino, anche fosse solo il "conflitto congelato".
I
motivi per cui Shoigu era il predestinato alla successione erano
diversi. Il primo è che questo tipo di successione con Putin ancora vivo
e il suo entourage san pietroburghese ancora saldo al potere, non
chiama un leader forte ma un leader presentabile, un primus inter pares.
Ci sarà il figlio di Patrushev col padre pur sempre ben vicino a Putin,
c'è il ritorno di Djumin anche lui cooptato nel giro dei consiglieri
diretti, l'economista alla Difesa, si pensa ad un effetto "squadra"
anche per non mettere tutte le uova in un paniere.
Sebbene Shoigu sia
apparso in questi due anni in divisa e carico di medaglie, in realtà
non è propriamente un militare ma un ingegnere. Tra l’altro, pare, molto
amato dalla popolazione per aver risolto in passato diversi problemi
logistici e di protezione civile. Infine, Shoigu (madre ucraina) è di
etnia tuvana, origine kirghisa-turca non lontani da mongoli e uiguri, un
"siberiano". Questo è un atout poiché cruccio del potere russo è stato
sempre la sovra presenza dei russi bianchi (europei) e quindi la sotto
presenza delle tante popolazioni minoritarie che si sono sentite un po’
emarginate. Ricordo che in Russia ci sono ufficialmente 200 etnie
diverse. Tra l’altro, Putin stesso ed i suoi vari governi, hanno più
volte liberato piani di investimento e sviluppo per questa grande
Russia, per altro ricca di risorse, che anche per via della denatalità
rischia di rimanere letteralmente vuota. Chi meglio di Shoigu a ridare
un senso di piena appartenenza? Infine, una ottima personificazione del
nuovo posizionamento euroasiatico che abbandona definitivamente l’Europa
e l’Occidente con cui la Russia ha a lungo flirtato da posizione
minoritaria. La Russia non sarà più l’Europa orientale ma l’Asia
occidentale. Shoigu, per me, rimane il candidato più probabile alla
sostituzione formale di Putin.
Naturalmente tutto ciò è altamente
speculativo. Tuttavia, si basa su informazioni di lunga durata perché
chi scrive, pur non essendo un cremlinologo e neanche poi così addentro
le cose russe, non s’è svegliato come molti due anni fa. Seguire cose di
politica internazionale richiede costanza, impegno, studio e visoni
molto articolate altrimenti c’è solo la fiera degli improvvisatori che
per altro hanno saturato il dibattito pubblico in questi due anni.
Potrei sbagliarmi, ma credo che da quelle parti si fanno strategie e le
strategie prevedono pazienza, tempi, flessibilità ma coerente.
Come
scritto da altre parti, il futuro si costruisce per tempo ed oggi ogni
attore strategico fa piani, minimo, a dieci anni. Questo giro di nomine
sono la base di sviluppo della Russia per i prossimi dieci anni. Una
Russia ormai slacciata da ogni condominio euro-occidentale, autonoma e
più competitiva per quanto riguarda le nuove tecnologie, sempre
competitiva sul piano militare avanzato, un polo decisivo per gli
equilibri multipolari.
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