Cambio di passo della NATO nella guerra alla Russia?
di Francesco Dall'Aglio - 26/05/2024
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Fonte: Francesco Dall'Aglio
Dal 17 aprile, se ho contato bene, l’Ucraina ha utilizzato, a voler fare una stima molto conservativa, 50 ATCMS per attaccare vari bersagli. Alcuni di questi attacchi hanno avuto successo e hanno colpito installazioni importanti: almeno due S-400, un deposito di munizioni, e almeno tre aerei in un attacco all’aeroporto di Belbek il 16 maggio (resta il dubbio se quegli aerei fossero o meno operativi, ma ci interessa poco), altri sono stati neutralizzati. Tutti questi attacchi tranne due (il deposito di munizioni e uno degli S-400) hanno colpito la Crimea, che si conferma il bersaglio principale dei lanci ucraini nonostante il fatto che, dal punto di vista strategico, i problemi vengano non da sud (la Crimea appunto) ma da est. Dopo gli attacchi al ponte di di Kerč’, dopo gli attacchi a Sebastopoli e alla flotta, dopo l’abbandono dell’idea (se ma è stata presa in considerazione) di uno sbarco a Odessa, la penisola ha progressivamente perso di importanza come base per far partire attacchi sul territorio ucraino, e il completamento della linea ferroviaria a nord lo ha ridotto ulteriormente. Per le operazioni militari russe, la Crimea non è più fondamentale: eppure resta, come abbiamo visto, il bersaglio principale degli attacchi ucraini. Quei 50 ATACMS avrebbero potuto fare più danni, e limitare maggiormente le operazioni russe, se fossero stati utilizzati in altri settori del fronte - ma così non è stato.A questa nota dobbiamo aggiungere uno sviluppo potenzialmente molto importante. Ieri aveva cominciato a farsi strada una notizia che ora pare confermata (anche se ufficialmente né la Russia né l’Ucraina l’hanno commentata): uno dei due radar di Armavir, nella Russia meridionale (foto 1), è stato colpito e, a giudicare dalle foto, danneggiato (foto 2). Si tratta di un radar di tipo ‟Voronež”, ossia l’ultimo modello, entrato in servizio dopo che nel 2009 le due stazioni radar di Sebastopoli e Mukachevo, entrambe in Ucraina, avevano smesso di condividere dati con la Russia (che aveva già annunciato di non volersene più servire dopo la dichiarazione ucraina del 2008 di volere entrare nella NATO). L’importanza di Armavir era ulteriormente aumentata nel 2012, quando il radar di Gabala, in Azerbaijan, era stato smantellato dalla Russia – Aliev voleva troppi soldi per l’affitto, e soprattutto quel radar si era fatto troppo vecchio. I due sistemi radar di Armavir, che operano su frequenze UHF, coprono l’Iran, il Medio Oriente e la parte più meridionale dell’Ucraina (foto 3). Soprattutto, sono uno dei tasselli della rete di early warning russa per la propria difesa da attacchi missilistici e nucleari ICBM; possono anche identificare aerei e missili di altro tipo, ma il loro ruolo principale è quello. A tutti gli effetti pratici, un radar che serve alla Russia per identificare missili nucleari diretti verso il suo territorio è stato colpito. Se un radar di quel tipo viene danneggiato non solo le capacità di difesa contro un attacco nucleare vengono limitate, ma aumenta a dismisura il rischio di un ‟falso positivo”, ossia il rischio di identificare come una minaccia qualcosa che non lo è e fare scattare le contromisure del caso anche in assenza di una minaccia.
Ora è molto probabile (non mi spingo a dire che è certo, ma siamo lì) che al radar in questione non sia successo niente. Se il radar fosse stato distrutto, ovvero se la Russia fosse stata privata, ripeto, della sua capacità di early warning in caso di attacco nucleare NATO da sud-ovest, avrebbe già risposto con lanci di ordigni nucleari, forse anche strategici, sui centri decisionali ucraini, in ottemperanza alla dottrina nucleare della Federazione Russa su cui ho scritto qualche paginetta, come già saprete. Dico centri decisionali ucraini perché l’esecutore dell’attacco è ovviamente l’Ucraina: ma ne è anche il mandante?
Torniamo alla questione degli ATACMS sulla Crimea. Ovviamente far danno alla Russia è un’ottima cosa, e quanto più se ne fa tanto meglio, dal punto di vista ucraino: avendo perso l’iniziativa strategica, e non sembrando in grado di poterla recuperare, resta solo da vendere cara la pelle e fare più danni che si può, e questo è logico e razionale. Ciò che è meno logico, però, è questo accanimento sulla Crimea. La minaccia militare russa in Ucraina, lo abbiamo già detto, non parte dalla Crimea.
La distruzione di batterie antiaeree/antimissile sulla Crimea e l’attacco (finora inefficace, ma chissà in futuro) del radar di early warning che copre Crimea e Mar Nero possono significare solo due cose. In ordine di probabilità, la prima è il famoso attacco al ponte di Kerc, che è veramente l’ossessione della leadership ucraina, per il quale pare disposta a sacrificare ogni tipo di armamento ottenuto dalla NATO che sarebbe meglio speso altrove. L’altra probabilità, ovvero un attacco convenzionale o nucleare NATO dal Mar Nero, non voglio nemmeno prenderla in considerazione perché ho questa strana ambizione di voler morire nel mio letto, e comunque non nel prossimo futuro.
Perché effettivamente quello che dobbiamo chiederci è questo: a chi interessa davvero accecare le capacità di early warning russo sul Mar Nero, all’Ucraina o alla NATO? A chi interessa davvero privare la Russia delle sua capacità antiaeree nella regione, all’Ucraina o alla NATO? Chi è che voleva infliggere una ‟sconfitta strategica” alla Russia e chi ha detto più volte, e molto esplicitamente, che mandare armi è un buon investimento perché riduce le capacità militari della Russia, l’Ucraina o la NATO? La risposta a questa domanda avrà conseguenze di una certa importanza per ciò che ci aspetta. Io penso che ormai sia abbastanza chiaro che la guerra, come la NATO voleva condurla (ossia aspettando che la Russia collassasse da sola, e senza dovere intervenire con troppi sforzi) è perduta. Resta da capire se la NATO è disposta a provare a vincere cambiando strategia, ossia intervenendo militarmente. Perché se intende farlo, limitare le capacità di difesa russe nel Mar Nero è il primo passo da fare. A quanto pare, lo stanno facendo. Vedremo che tipo di bersagli colpiranno dopo avere autorizzato l’Ucraina a colpire il territorio russo con gli armamenti NATO (lo faranno, ovviamente, e l’intervista di ieri di Stoltenberg lo prova. Finora ogni volta che si è ‟discusso” qualcosa, la decisione era già stata presa da un pezzo). Se saranno obiettivi strategici, e non tattici, vorrà dire che avevo purtroppo ragione.
PS: certo, potrebbe anche essere stata una decisione solo ucraina. La cosa, se possibile, è ancora più spaventosa. Poiché la leadership ucraina non ignora la dottrina nucleare russa e le conseguenze di un attacco del genere, significherebbe che vuole far precipitare la situazione e trascinare la NATO in questa escalation. Non so cosa è peggio.
PS 2: aggiungo una carta che mostra il sistema di early warning russo, con Armavir-ovest (linea rossa) disattivato. È un bel buco.
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