Putin e Xi, note a margine
Tanti gli aspetti significativi della visita di Putin in Cina, dalle nuove intese economico-finanziarie tra Pechino e Mosca alla molto più impegnativa “Dichiarazione congiunta della Repubblica popolare cinese e della Federazione Russa sull’approfondimento del partenariato strategico globale di coordinamento per una nuova era”, che traccia le direttrici della politica estera delle due potenze al fine di consolidare e sviluppare l’architettura geopolitica del mondo multipolare (sempre se ci sarà ancora un mondo da ristrutturare dopo la fine dell’unilateralismo Usa che nella sua fase agonica vede pulsioni da terza guerra mondiale).
La rinnovata stretta tra i due Paesi è tutta simboleggiata dalla foto dell’abbraccio tra Xi Jinping e Putin, inusuale per il presidente cinese, come sottolinea il New York Times. La contromossa di Biden al summit è stato il subitaneo innalzamento dei dazi doganali su alcuni settori strategici che, come evidenzia il Nyt, “segna la fine dell’era dei beni cinesi a basso costo”, con ovvia criticità per i consumatori, rileva l’articolo.
Da notare che quando Trump avviò la politica dei dazi sulle merci cinesi, gli ambiti attualmente al potere strepitavano contro quella follia, che metteva a rischio gli scambi globali e minava le basi stesse della globalizzazione, allora oggetto di devozione dai tratti religiosi. Così va il mondo.
Putin e Harbin
Sulla visita di Putin in Cina ci limitiamo ad alcune note a margine riguardanti le suggestioni relative alla sua ultima tappa, ad Harbin, città cinese al confine con la Russia che deve il suo sviluppo ai tanti russi che l’hanno abitata e che da alcuni anni ospita l’Expo russo-cinese.
Tali legami sono stati sottolineati da Putin: “Sin dalla sua fondazione alla fine del XIX secolo, Harbin è stata un simbolo degli stretti legami che uniscono Russia e Cina, dei loro destini intrecciati e del reciproco arricchimento delle loro culture e tradizioni”.
Più significativa l’aggiunta: “Harbin è la città che commemora la fratellanza d’armi tra le nostre nazioni [memento che ha riflessi sul presente ndr]. Più di 12.000 combattenti sovietici morirono negli scontri per liberare la Cina nordorientale dagli invasori giapponesi. Fu Harbin che il 16 settembre 1945 ospitò la Victory Parade congiunta per commemorare la fine delle ostilità sul fronte del Pacifico e della seconda guerra mondiale. Alla cerimonia presero parte più di 300.000 persone e fu una gioiosa celebrazione della tanto attesa pace e dell’unità dei due popoli”.
Altra suggestione, la visita di Putin alla chiesa dell’Intercessione della Santissima Theotokos, unica chiesa ortodossa della città, alla quale ha regalato un’icona acheropita, cioè non fatta da mani d’uomo, che per i credenti è dono più che prezioso. Tappa religiosa apparentemente banale che banale non è, per tanti motivi.
Putin: nessun piano per prendere Kharkiv
Ad Harbin, infine, Putin ha tenuto una conferenza stampa. Rispondendo a una domanda in cui si chiedeva se il futuro dell’umanità sarebbe stato plasmato da Russia e Cina, ha risposto che sarà plasmato “dall’umanità”…
Quindi ha parlato dell’Ucraina rilanciando quanto aveva già detto nella conferenza stampa congiunta con Xi Jinping, cioè la sua intenzione di adire a negoziati. E ha aggiunto che ad oggi non ci sono piani per conquistare la città di Kharkiv, precisazione tesa a dare peso all’offerta.
Le operazioni nella regione, ha affermato, servono a creare una zona di sicurezza perché da lì vengono lanciati missili contro Belgorod, che a volte colpiscono il cuore della città.
Per inciso, i russi hanno dilagato nell’area e potrebbero far velocemente strame dell’esercito ucraino, dal momento che non ci sono difese né naturali né artificiali (1). Le parole di Putin segnalano che l’operazione sarà meno devastante.
Da sottolineare che, nel parlare di trattative, Putin ha dichiarato che la Russia vuole un interlocutore sicuro. Il timore, ha aggiunto, è che quanto eventualmente firmato da Zelensky sia stracciato da un suo eventuale successore. Il motivo è la posizione del presidente ucraino, che dal 21 maggio è in proroga, avendo annullato le elezioni presidenziali, e in futuro potrebbe esser dichiarato illegittimo dai suoi connazionali.
Al solito, ha ribadito che le eventuali trattative devono tener conto della situazione sul terreno. Esplicitato, le conquiste russe possono essere ridimensionate in un compromesso, ma non cancellate.
L’ennesimo niet ucraino: ora vuole istruttori Nato
L’offerta di Putin è stata rispedita al mittente. In concomitanza con le sue dichiarazioni, Kiev ha chiesto formalmente l’invio di istruttori Nato, un’ipotesi da tempo ventilata nell’ambito del partito della guerra americana e che è foriero di incognite funeste. Si ricordi come l’intervento armato Usa in Vietnam fu preceduto dall’invio di istruttori.
Nulla importando che la guerra è ormai persa, Kiev prosegue nella sua corsa suicida, che presto vedrà spedire al fronte ragazzini di vent’anni, inviati in prima linea senza alcun addestramento perché non c’è tempo per farlo.
Peraltro, anche questa follia è stata sollecitata in maniera stringente dall’America e ribadita da Tony Blinken nel suo incontro con Zelensky. En passant, ricordiamo che, dopo questo incontro, il Segretario di Stato americano si è fatto immortalare mentre suonava la chitarra in un bar ucraino.
Nulla di improvvisato, come evidenzia l’analista dell’intelligence Usa Tony Shaffer, dal momento che c’erano al seguito i cronisti del New York Times e altri, e che ha visto Blinken esibirsi nella pezzo di Neil Young Rock’in in Free Ward, canzone pacifista che stride alquanto con la mission di Blinken a Kiev.
Per inciso, secondo Shaffer l’Ucraina potrebbe cadere in tre mesi o poco più, tempistica che registriamo per dovere di cronaca (tante le variabili in gioco, ardue le previsioni). Più interessante quando aggiunge che l’affanno ucraino richiama quello della fine del nazismo, anch’essa preceduta dall’arrivo di armi magiche (per l’Ucraina dagli Himars agli F-16), dalla difficoltà di reperire nuove leve e dalla sfiducia dilagante, con i soldati sbandati e pronti a cogliere occasioni propizie per ritirarsi o arrendersi.
(1) In altra nota abbiamo scritto delle truffe dei funzionari ucraini sulle fortificazioni. In questa segnaliamo le foto di Denti di Drago anti-carro acquisiti dall’Ucraina giunti nella regione di Kharkiv e mai installati.
Tanto per capire la lucidità dei nostri media. Dal Sun: “L’Ucraina costruisce un muro della MORTE lungo 600 miglia, fatto da 42.000 ‘denti di drago’ per difendersi dall’assalto di Putin”. Da Business Insider: “Le famigerate difese russe a ‘denti di drago’ sono uno scherzo e possono essere facilmente superate, afferma un ex comandante ucraino”.
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