La logica dell'escalation
di Andrea Zhok - 29/05/2024
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/la-logica-dell-escalation
Fonte: Andrea Zhok
C’è una notizia, dalle implicazioni potenzialmente
devastanti, che è stata sostanzialmente trascurata nel dibattito
pubblico degli ultimi giorni. Il 24 maggio missili di provenienza ignota
(o quantomeno dichiarata ignota) hanno colpito il sistema radar russo
Voronezh, presso Armavir, nella regione di Krasnodar, tra Mar Nero e Mar
Caspio.
Si tratta di uno dei dieci radar ad alta frequenza che hanno
la specifica funzione di indentificare attacchi nucleari strategici a
lunga distanza.
Sono impianti colossali, estremamente sensibili ed
estremamente costosi, e fanno parte dell’apparato russo per la
deterrenza nucleare.
Secondo il documento emanato nel giugno del 2020
(riprendo il riferimento da un ottimo articolo di Clara Statello) dal
titolo “Principi fondamentali di politica statale della Federazione
russa sulla deterrenza nucleare” (riferimento nei commenti) la Russia
definisce in modo molto chiaro le condizioni sotto cui una risposta
nucleare strategica può essere possibile; all’articolo 19 troviamo
scritto:
“Le condizioni che specificano la possibilità dell'uso di armi nucleari da parte della Federazione Russa sono le seguenti:
a) arrivo di dati attendibili sul lancio di missili balistici contro il territorio della Federazione Russa e/o dei suoi alleati;
b)
utilizzo di armi nucleari o altri tipi di armi di distruzione di massa
da parte di un avversario contro la Federazione Russa e/o i suoi
alleati;
c) ATTACCO DA PARTE DELL'AVVERSARIO CONTRO SITI GOVERNATIVI O
MILITARI CRITICI DELLA FEDERAZIONE RUSSA, LA CUI INTERRUZIONE
COMPROMETTEREBBE LE AZIONI DI RISPOSTA DELLE FORZE NUCLEARI;
d) aggressione contro la Federazione Russa con l'uso di armi convenzionali quando è in pericolo l'esistenza stessa dello Stato.”
Il comma c) corrisponde precisamente a quanto appena avvenuto, cioè all’attacco al radar di Armavir.
È
importante comprendere che tale attacco non dovrebbe avere alcun
significato militare per il conflitto russo-ucraino, quantomeno non SE
esso dovesse svolgersi davvero con scambi limitati ai territori russo e
ucraino. Il territorio ucraino è ampiamente sorvegliato da altri sistemi
a corto raggio. Potrebbe avere invece qualche rilevanza se ci fosse un
attacco alla Crimea con missili a lunga gittata da paesi Nato, perché un
danno del genere limita la precocità di rilevamento del sistema
difensivo russo nell’area meridionale della federazione (quella in cui,
per inciso, sono stazionati i sommergibili nucleari americani).
Ora, ciò che a mio avviso merita qualche riflessione è la Logica dell’Escalation.
È
chiaro, ed è stato pubblicamente esplicitato dall’ex capo dell’Agenzia
spaziale russa Roscosmos, che un attacco del genere può essere stato
effettuato soltanto con i più avanzati sistemi di puntamento e
missilistici della Nato.
La vera domanda ora è: qual è il significato di un simile attacco?
Temo
che la risposta sia tanto semplice quanto preoccupante. La dirigenza
Nato sa ovviamente di aver superato una linea rossa esplicitamente
definita come potenziale causa di una risposta nucleare. Sa anche che,
nonostante la pubblicistica sulla pazzia di Putin, il presidente russo è
estremamente equilibrato e razionale, e che non vuole affatto avviare
un conflitto nucleare da cui tutti – Russia inclusa - uscirebbero
gravemente danneggiati, se non estinti.
Il calcolo Nato è perciò probabilmente esprimibile nei seguenti termini:
“Noi
superiamo una linea rossa e mostriamo di sapere che l’avversario non
risponderà in forma nucleare; così facendo dimostriamo l’illusorietà
delle sue minacce di deterrenza nucleare e ne miniamo la credibilità.
Inoltre lo spingiamo a qualche ‘fallo di reazione’ sull’Ucraina, che può
screditarlo ulteriormente.”
Questo calcolo potrebbe essere corretto.
Tuttavia qui siamo di fronte ad un gioco sottile e pericolosissimo di aspettative reciproche.
La
ragione per cui un attacco al sistema di rilevazione delle minacce
nucleari strategiche è equiparato, nella rosa delle risposte possibili,
ad un attacco nucleare è che una volta accecato il sistema radar in
un’area, questa diviene vulnerabile ad attacchi nucleari incapacitanti
(la dottrina del "Preemptive Strike” è studiata dagli anni ’70), cioè
attacchi che paralizzano la capacità di risposta nucleare del paese
colpito.
Ora, di fronte ad un punto cieco, ad una riduzione
significativa della capacità di rilevare minacce missilistiche a lungo
raggio e la loro natura, l’eventualità che un attacco convenzionale
venga interpretato come un “Preemptive Strike” crescono
esponenzialmente. Il nemico forte può dosare con precisione le sue
risposte, il nemico indebolito può perdere questa capacità e predisporsi
ad una risposta allo scenario peggiore.
A tutto ciò si deve
aggiungere un’altra ambiguità creata dalle definizioni correnti intorno
alla natura delle armi utilizzabili. Le cosiddette “armi nucleari
tattiche” sono considerate parte dell’arsenale ordinario e dunque,
formalmente, un loro utilizzo non significherebbe l’avvio di una “guerra
nucleare”. Ma di fatto non è possibile valutare precisamente, tantomeno
nei tempi rapidi di decisione che si affaccerebbero, se un’arma
nucleare sia da considerare tattica o strategica, se il suo potenziale è
da considerarsi “limitato” o meno. Questa situazione crea un
pericolosissimo “scivolo” che può condurre dal timore per un attacco
strategico ad una risposta nucleare tattica a titolo di deterrenza,
innescando in breve un conflitto illimitato, anche se nessuno lo vuole.
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