Falliti i negoziati: il nuovo piano pandemico dell’OMS (almeno per ora) non si farà
Il nuovo Trattato Pandemico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, almeno per ora, è stato affossato. I negoziati per arrivare a un nuovo testo definitivo in vista della 77esima assemblea dell’OMS, che inizia oggi a Ginevra e proseguirà fino al prossimo 1º giugno, non hanno infatti prodotto nessun risultato concreto, con una serie di Stati che hanno deciso di defilarsi. Tra quelli che hanno sollevato più perplessità ci sono l’Italia, il Regno Unito e la Russia. Per ora, dunque, i Paesi membri non hanno trovato l’accordo sulla ricetta presentata dall’istituto specializzato dell’ONU per la salute, che, in vista delle potenziali emergenze future, punta tutto su una strategia di concentrazione e trasferimento dei poteri decisionali nazionali nelle mani di pochi organismi sovranazionali al fine di semplificare e velocizzare l’iter governativo. Ma il cui sistema, specie per la grande mole di finanziamenti privati che entrano nelle sue casse, nasconde forti rischi di conflitti d’interessi.
In seguito a oltre due anni di negoziati, insomma, i Paesi ricchi e quelli poveri non sono riusciti a elaborare un piano su come il mondo potrebbe rispondere a un’eventuale prossima ondata pandemica. «Non siamo dove speravamo di essere quando abbiamo avviato questo processo», ha detto venerdì Roland Driece, co-presidente del comitato negoziale dell’OMS per l’accordo, confermando che i Paesi membri non sono riusciti a trovare un terreno comune per la formalizzazione del piano. Driece non ha dettagliato i punti in cui gli Stati non sono riusciti a convergere, ma altri hanno sottolineato le differenze nella condivisione delle informazioni sugli agenti patogeni, sui diritti di proprietà intellettuale e sull’accessibilità economica dei vaccini. Tra gli Stati più scettici, oltre al nostro Paese, c’è il Regno Unito, che ha affermato che accetterà il trattato solo se «rispetterà l’interesse nazionale e la sovranità britannica». Un discorso parallelo va fatto anche per gli USA, il cui presidente Joe Biden è favorevole all’accordo, in cui si è sollevata una fortissima opposizione interna: compatti sul fronte del no all’accordo ci sono infatti 24 governatori, 49 senatori e 22 procuratori. Nonostante l’insoddisfazione per il mancato risultato, al termine dei colloqui il capo dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato che «questo non è un fallimento», mantenendo viva la speranza che l’Assemblea mondiale della sanità questa settimana possa ancora tracciare la via da seguire.
A preoccupare è, in particolare, il fatto che i piani dell’Organizzazione Mondiale si muovano nella direzione di una deprivazione delle istituzioni nazionali di parte della sovranità nell’ambito delle emergenze sanitarie. Alla base ci sono importanti problemi strutturali, come dimostra il fatto che la maggior parte degli introiti dell’OMS deriva da fondi privati o da fondi pubblici veicolati per missioni specifiche. Un modello di finanziamento che comporta, ovviamente, grossi pericoli di potenziali conflitti di interessi. A spiegarlo in un’intervista pubblicata da L’Indipendente nel giugno 2022 era stato l’ex capo dei ricercatori dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Francesco Zambon, noto per aver redatto un rapporto sulla gestione della prima ondata della pandemia da parte del Governo italiano – pubblicato nel maggio 2020 – in cui svelava che il piano pandemico non veniva aggiornato dal 2006. «Non è possibile che l’OMS non si sia adeguata ai cambiamenti e alle distorsioni che si sono presentate durante la sua storia – ha dichiarato Zambon -. Oggi i versamenti obbligatori che gli Stati versano all’Organizzazione coprono appena il 20% del bilancio, il resto dipende da donazioni volontarie di soggetti privati o di fondazioni o da singoli governi“. Zambon ha spiegato che la gran parte delle donazioni non vanno a finanziare l’Organizzazione nel suo complesso, ma singoli progetti, ed è chiaro che il finanziatore ottiene poi un potere d’indirizzo sul progetto stesso, visto che ne garantisce la stessa esistenza». Rispondendo a una domanda legata alle partnership pubblico-private – come COVAX, finanziata in parte dalla fondazione di Bill Gates – che di fatto costituiscono molte delle iniziative dell’Organizzazione, l’ex capo dei ricercatori dell’OMS ha inoltre aggiunto che i cittadini dovrebbero iniziare a «chiedersi realmente cosa spinge i filantropi a donare, verificando se si tratti di vera beneficenza o se in realtà queste donazioni alimentano ulteriormente il loro capitale».
[di Stefano Baudino]
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