Nuova Caledonia, per sedare la rivolta Macron promette più polizia e repressione
23 Maggio 2024 -
È arrivato questa mattina in Nuova Caledonia il presidente francese Emmanuel Macron, dopo 11 giorni di rivolte nell’arcipelago del pacifico. Accompagnato dal ministro degli Interni Gerald Darmanin, dal ministro delle Forze Armate Sébastien Lecornu e da Marie Guévenoux, ministra dei Dipartimenti d’Oltremare, il presidente francese ha tenuto una riunione a porte chiuse di 4 ore a Nouméa con gli eletti locali e i principali attori economici dell’isola. Il tentativo era quello di calmare gli animi e trovare una strategia per uscire da quello che ha definito un «movimento insurrezionale assolutamente inedito». Nella riunione ha incontrato prima l’ala moderata dei non-indipendentisti, poi quella più radicale dei “loyalisti”, fedeli alla madrepatria francese, e infine alcuni membri di differenti partiti indipendentisti che hanno accettato di sedersi al tavolo. Un’altra parte del movimento indipendentista ha invece boicottato la riunione, come ha fatto il Senato consuetudinario, un’istituzione consultiva che ha il compito di difendere l’identità kanak. Il suo presidente, Victor Gogny, ha condannato la «mano pesante dello Stato», che ha rotto «il contratto di fiducia» con la sua proposta di riforma costituzionale per scongelare il corpo elettorale, rifiutata dal popolo Kanak.
La rivolta contro l’allargamento della base elettorale, poi approvato al parlamento francese, è scoppiata il 13 maggio scorso e continua tutt’oggi a infiammare l’isola. Sono centinaia le macchine e le attività commerciali date alle fiamme, mentre continuano i blocchi stradali e le proteste dei kanak, la popolazione autoctona che denuncia una “ricolonizzazione” – anche se in forma “democratica” – del territorio da parte della Francia, oltre che una messa in minoranza della voce dei suoi abitanti originari, ormai ridotti al 40% della popolazione grazie alle politiche di immigrazione favorite da Parigi nei decenni. Si contano oltre un miliardo di euro di danni causati dagli scontri, mentre 281 persone sono state messe in stato di fermo (delle quali 18 in detenzione provvisoria). «Nessuno se lo aspettava, con questo livello di organizzazione e di violenza» ha detto il capo di Stato durante una visita a una stazione di polizia nel centro di Nouméa, elogiando la «freddezza» e la «professionalità» della polizia e dei gendarmi dispiegati sul campo. Sono ormai 6 i morti, di cui due adolescenti di 17 e 19 anni, entrambi di origine kanak. Anche due gendarmi sono rimasti uccisi negli scontri, almeno uno da un “colpo accidentale” di un altro gendarme. La violenta gestione dell’ordine di Macron e Darmanin si riproduce anche oltreoceano, dove la forza delle armi e della repressione sembra l’unica via conosciuta dalla politica dell’Esagono. Secondo le dichiarazioni di Macron, verranno inviati nuovi reparti di polizia per arrivare alle 3000 unità sul territorio, oltre a numerosi mezzi speciali. «Queste forze di polizia rimarranno per tutto il tempo necessario, anche durante i Giochi Olimpici e Paraolimpici», ha dichiarato.
Sull’isola vige ancora lo stato di emergenza ed il coprifuoco, così come il blocco di TikTok – una misura inedita e “giustificata” dallo stato di emergenza in quanto il social network è ritenuto colpevole di diffondere messaggi di odio e di violenza. Numerosi abitanti indigeni di Nouméa denunciano anche la presenza di gruppi organizzati ed armati di Caldoches, i discendenti dei coloni francesi dell’isola: vere e proprie milizie con fucili e pistole che in varie occasioni avrebbero attaccato gruppi di indipendentisti kanak, alcuni dicono aiutati e protetti dalle stesse forze di polizia. Poco dopo l’annuncio di Macron del suo viaggio nell’arcipelago, un cyber-attacco di una «forza inedita» ha colpito le reti informatiche della Nuova Caledonia. Tutti i siti minerari gestiti in Nuova Caledonia da Eramet, uno dei tre principali operatori di nichel dell’isola, sono inoltre stati «chiusi per più di una settimana» per «causa dei disordini» secondo il gruppo francese, la cui sussidiaria Société Le Nickel (SLN) è il principale datore di lavoro privato dell’isola.
«Nelle prossime ore e nei prossimi giorni, saranno programmate nuove operazioni massicce dove necessario, e l’ordine repubblicano nella sua interezza sarà ristabilito perché non c’è altra scelta», ha detto Macron durante un incontro con i leader politici e commerciali nella capitale Noumea, dove ha anche specificato che lo stato di emergenza verrà ritirato solamente una volta che saranno stati rimossi tutti i blocchi creati dai manifestanti sull’isola. Il capo dello Stato ha poi invitato a una «pacificazione costruttiva» e alla ricerca di una «soluzione» politica, ma senza tornare sui risultati dei tre referendum in cui i territori francesi d’oltremare sono rimasti parte della Repubblica. «Riappacificarsi non può significare fare passi indietro. La riappacificazione non può significare non rispettare l’espressione popolare che si è già verificata. La riappacificazione non può significare in qualche modo rinnegare una strada già percorsa», ha continuato Emmanuel Macron. «Tuttavia, è necessario che tutte le parti interessate tornino a sedersi attorno a un tavolo».
Il referendum del 2021 era stato boicottato in massa dagli indipendentisti, per mancanza di ascolto, da parte del governo, della richiesta di rimandarlo all’anno successivo a causa della pandemia Covid-19. Se le frasi di Macron – come sembra evidente – significano l’assenza di volontà da parte di Parigi di accogliere un nuovo referendum sull’indipendenza dell’arcipelago, probabilmente le tensioni non si assopiranno. Intanto, molte voci invitano il capo dello Stato a rinviare il Congresso previsto a giugno per adottare definitivamente la riforma del corpo elettorale. «Altrimenti il peggio è certo», afferma il deputato Philippe Dunoyer del partito Reinassance dell’arcipelago.
[di Monica Cillerai]
Nessun commento:
Posta un commento