Terrorismo come arma
Di Costantino Ceoldo, Idee&Azione
L’incapacità dell’Ucraina di riconquistare i territori perduti fin dal 2014 si è risolta da due anni a questa parte nella carneficina immane dei propri soldati, con perdite così ingenti di uomini e attrezzature che Kiev li nasconde nei rapporti ufficiali. I numeri sono però noti anche in Occidente ma vengono contemplati con distacco da nirvana, come se fossero il giusto prezzo da pagare per distruggere la Russia. “Combatteremo fino all’ultimo ucraino” è stato infatti lo slogan cinico e codardo che la stampa occidentale ha diffuso fin dall’inizio dell’operazione militare speciale e dice tutto riguardo l’atteggiamento dell’Occidente collettivo e delle sue élite (sic) nei confronti del suo proxy ucraino.
Tuttavia, le super armi occidentali hanno fallito e falliscono la prova della guerra vera, rivelando tragicamente i loro difetti progettuali e sgonfiando la bolla pubblicitaria in cui erano avvolte.
La struttura economica e produttiva europea e statunitense, ora basata essenzialmente su un capitalismo finanziario in cui fabbriche e manifatture sono state spostate all’estero in Paesi lontani e non necessariamente docili agli ordini di Washington, questa struttura non permette la produzione di armi e munizioni nella misura necessaria alla guerra.
Kiev riceve ancora ingenti quantità di denaro ma solo per restare a galla come uno Stato zombie fallito. Questo denaro, come gli inefficaci “aiuti militari”, ritarda solamente l’inevitabile: la sconfitta dell’Ucraina e, di riflesso, dell’Occidente collettivo ad opera di una Russia determinata a smantellare metodicamente la macchina da guerra che Washington e Londra hanno creato contro di lei con l’aiuto di quasi tutte le capitali europee.
Questa macchina da guerra si basa anche sull’impiego generoso di frange estremiste che si ispirano apertamente a Stepan Bandera e Mykola Lebed, due carnefici nazisti seguaci di Hitler, due bestie in forma umana, morti di morte naturale, protetti negli Stati Uniti invece che impiccati a Norimberga.
La speranza neanche tanto velata è sempre stata che la Russia si lasciasse andare ad una risposta sproporzionata, tale da attirare la censura di tutto il mondo, compresa quella dei suoi alleati. Non è successo nulla di tutto questo e Mosca continua invece con zelo a triturare le forze armate ucraine senza fare stragi di civili innocenti e disarmati.
Il contrario di quello che fa Kiev appena può, seguendo gli ordini dei suoi padroni occidentali: dal 2014 ad oggi, è sempre stato uno stillicidio continuo di attacchi contro i civili russi, nei territori del Donbass ma, dopo l’inizio della guerra, anche nello stesso territorio russo.
Benché sia naturale aspettarsi che ufficiali e soldati russi siano cercati ed uccisi da Kiev perfino ben dentro il territorio russo, perché queste sono le regole della guerra, non riusciamo invece a trovare una giustificazione agli attacchi contro civili russi che non sono armati e non partecipano direttamente al conflitto.
Per questo motivo non dimentichiamo e assolutamente non perdoniamo la morte per mano vile ed assassina di Daria Dugina, uccisa in un attentato da un agente ucraino che voleva in realtà assassinare suo padre, il filosofo Alexandr Dugin.
Per questo motivo, non dimentichiamo e assolutamente non perdoniamo le decine di vite che animali assassini hanno spento nell’attacco al Crocus City Hall, finendo con il coltello i feriti che avrebbero potuto salvarsi.
Per questo motivo non dimentichiamo e assolutamente non perdoniamo le vittime dell’ultimo attacco ucraino a Belgorod, dove almeno quindici persone sono state uccise da un missile ucraino sparato alla cieca contro una zona abitata e che ha colpito un condominio nel cuore della notte.
I responsabili di tutto questo devono pagare e pagheranno: anche se non saranno raggiunti dalla giusta vendetta russa, alla fine dovranno comunque vivere da fuggiaschi, sempre sotto la protezione dei loro padroni occidentali, almeno fino a quando i burattinai non si stancheranno delle loro marionette.
Di Costantino Ceoldo, Idee&Azione
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