Il Pal-washing vive e regna in mezzo a noi
di Michelangelo Severgnini
Da quando Israele ha attaccato Gaza, il mondo è diventato più buono. Se Israele non avesse risposto con l’operazione “Spade di ferro”, ma al contrario avesse accettato di scambiare gli ostaggi nelle mani di Hamas con altrettanti cittadini palestinesi ingiustamente reclusi nelle carceri israeliane, il mondo sarebbe rimasto uguale.
Ma, dacché Israele ha deciso di rispondere militarmente e causare 30mila morti, il mondo è diventato più buono.
La fenomenologia delle masse è un’arte complessa, il cui spettacolo riserva sempre sorprese e misteri.
Dacché infatti Israele ha deciso di rispondere militarmente e causare 30mila morti, gli studenti sono tornati a farsi manganellare. Loro dicono perché adesso la polizia è diventata cattiva ed è tornato il fascismo. Io dico semplicemente perché sono tornati a protestare contro qualcosa. Inutile ricordare la tutt’al più timida battaglia contro il Green Pass, ho fatto direttamente le spese in questi ultimi anni del dilagante conformismo del mondo studentesco. “Ci dispiace, L’Urlo è un film interessante, ma troppo divisivo e rischieremmo di creare un caso e di vederci negate le strutture per le nostre attività”. Questo è stato il modello delle risposte ricevute in questi anni. Ma ora no: per Gaza gli studenti sono pronti persino ai manganelli, in tutte le università, campus e licei del mondo occidentale.
Dacché Israele ha deciso di rispondere militarmente e causare 30mila morti, pure la sinistra conformista e imperialista (quella che in Italia va dai centri sociali a Santoro passando per le Ong) è tornata a sfidare l’Impero, anche se è lo stesso impero che ha sostenuto le rivoluzioni contro i dittatori, i Curdi contro il cattivo Assad e il cattivo Erdogan e imposto il piano pandemico, in senso meritorio ovviamente. Cioè, pur non avendone sbagliata una dal 2011 a oggi, questa sinistra ammette che su Gaza il nostro magnifico Impero questa volta abbia esagerato e adesso vada dunque fermato. Con la Palestina non si scherza, tutto ritorna in stile vintage: l’Impero da una parte e la sinistra dall’altra.
Dacché Israele ha deciso di rispondere militarmente e causare 30mila morti, anche le Ong sono tornate ad essere i legionari di Malta della rivoluzione, gruppi di arditi sempre pronti a gettare i loro corpi là dove serve.
E a questo proposito, per illustrare quanto lontano si possa spingere questo fenomeno, citerò un esempio in cui mi sono imbattuto. Ho avuto tra le mani di recente il libro “Laboratorio Palestina” di Antony Loewenstein, edito da Fazi editore. Nel capitolo “Vendere l’occupazione israeliana al mondo” avviene il gioco di prestigio, ripetuto ogniqualvolta la sinistra imperiale tenti la trasformazione dell’acqua in vino.
Tesi del capitolo è che la tecnologia militare avanzata prodotta da Israele sia impiegata dall’UE per il respingimento dei migranti che attraversano il Mediterraneo. In pratica i gommoni sgonfi che partono dalla Libia come i palazzi di Gaza colpiti dai missili israeliani.
Cito alcune parti: <<Israele è un attore chiave nella battaglia del’Unione Europea sia per militarizzare i propri confini sia per dissuadere nuovi arrivi… (…) L’UE ha stretto accordi con importati società israeliane della difesa per usare i loro droni, e naturalmente gli anni di esperienza in Palestina sono un chiaro punto di forza (p 132)>>.
Ma subito l’atmosfera si fa confidenziale:
<<Weiss mi ha spiegato che il suo gruppo e le poche altre Ong intente a monitorare il Mediterraneo centrale in cerca di migranti hanno davanti a sé un compito estremamente difficile perché l’obiettivo dell’Unione Europea non è aiutare le persone in pericolo in mare. Bruxelles spesso lascia annegare i migranti o li abbandona alla mercé della guardia costiera libica che poi li porta nei centri di detenzione in Libia, benché questo violi il diritto internazionale (pp 132-133)>>.
Gioverebbe alla comprensione specificare che la guardia costiera libica in questione è soltanto la guardia costiera di Tripoli e risponde ad un governo illegittimo e zeppo di criminali, quello di Tripoli, che non è rappresentativo del Paese. Quindi si fa fatica a capire quale altro comportamento dovrebbe mostrare in mare una simile guardia costiera se non la pirateria.
Per tutto il resto, se lo dice Weiss, noi che possiamo dire?
Che esiste un documento ufficiale del GNU, il citato governo di Tripoli, dove si attesta che i fondi ricevuti per il contrasto all’immigrazione siano stati spesi per altro?
E’ quello che facciamo inascoltati da 2 anni.
Oltre a Sea-Watch, poco più avanti c’è anche una citazione per Alarm Phone:
<<Alarm Phone, hotline per i migranti in difficoltà nell’UE, avrebbe commentato che “ancora una volta questi eventi (un annegamento di 130 persone nell’aprile 2021, nda) mostrano che la morte in mare non è una disgrazia ma il risultato di azioni e inazioni intraprese dagli attori europei e libici“ (pp 139-140)>>.
Chi meglio di Alarm Phone può sapere che la morte in mare non è una disgrazia. Le loro pagine sono le più seguite dai migranti-schiavi in Libia e rappresentano un chiaro fattore di attrazione per questi, come ampiamente raccontato dai migranti stessi in Libia. Pertanto non è certo casuale che quelle persone si trovino in mare.
Per quanto tutte queste affermazioni riportate dall’autore del libro vengano esposte con il vocabolario messianico tipico delle Ong, nei fatti, non c’è nessun riscontro.
Al contrario, quell’arsenale bellico prodotto da Israele e acquisito dall’UE non serve a fermare i migranti, serve a proteggere il governo criminale di Tripoli, sorvegliando e assicurando il traffico impunito di petrolio illegale da Tripoli alla sponda nord del Mediterraneo e quello di armi da questa a Tripoli.
Il governo criminale, oltreché illegittimo, di Tripoli, è il fiore all’occhiello delle “rivoluzioni arabe”, quelle sostenute dall’UE, dall’Impero anglo-sionista e dalla sinistra imperialista.
Un governo unico al mondo, quello di Tripoli, ad essere in carica senza il voto di fiducia del parlamento. Parlamento che al contrario esprime la fiducia ad altro governo in esilio interno a Bengasi.
Un governo, quello di Tripoli, che controlla solo il 20% del territorio ma che è sufficiente per contrabbandare il petrolio libico grazie al controllo militare del Mediterraneo assicurato dall’arsenale miliare israeliano.
Un governo, quello di Tripoli, che impedisce da 10 anni che si tengano nuove elezioni in Libia (dal 25 giugno 2014): e per fortuna che abbiamo esportato la democrazia in Libia!
Ignorare forzatamente una dinamica coloniale come quella in atto a Tripoli non depone per niente a favore di qualsivoglia tesi sul senso del coinvolgimento militare di Israele nella faccenda. Anzi, sostenere che Israele metta a disposizione la propria capacità militare per fermare i migranti, e non piuttosto per garantire un’occupazione militare, è un favore diretto a Israele.
Dall’autore del libro, il governo di Bengasi non risulta. Eppure, le autorità legittime libiche di Bengasi sono le sole che hanno condannato il genocidio a Gaza.
Propagandare la falsa tesi secondo cui i dispositivi militari europei (e i finanziamenti a Tripoli) servano a fermare i migranti, nasconde il vero scopo di quei finanziamenti: proteggere la nostra colonia NATO di Tripoli.
Questo è il lavoro di mistificazione di quella sinistra imperialista con la quale non ho capito come abbia fatto a ritrovarmi dalla stessa parte della barricata di fronte al genocidio di Gaza.
Questo è il gioco di prestigio.
Eppure, non è altro che un’illusione ottica. O, se preferite, è pal-washing: ripulirsi la coscienza sostenendo la causa palestinese.
Ma quindi, da che parte stanno? Con Israele che difende l’ultimo bastione delle “rivoluzioni arabe” a Tripoli, di cui Israele è sostenitore e a difesa del quale oggi schiera il suo arsenale, o contro Israele che protegge quelle stesse milizie di Tripoli che adescano gli africani e li torturano trasformandoli in migranti?
In altre parole: con o contro l’impero anglo-americano, di cui Israele è vezzo e avamposto nel cuore del Medio Oriente per conto terzi?
Rispondere a queste domande definirebbe la traiettoria di questi soggetti all’oggi piuttosto confusi.
Anche perché non c’è nessuna condanna internazionale che possa fermare Israele. Soltanto una ridefinizione dei rapporti di forza a sfavore dell’Occidente può cambiare i comportamenti.
In altre parole, non saranno i soldi di George Soros a liberare Gaza e la Palestina, nemmeno se smuovessero le proteste in tutto l’Occidente. Quello è solo pal-washing.
Quello è il solito vizio occidentale di giocare a salvare gli oppressi con i soldi degli oppressori.
Infatti, un obiettivo l’hanno già ottenuto: usurpare la casella alla
voce “dissenso”. Far diventare il mondo più buono. Occupare i posti di
chi non ha torto, insomma, per usare altre parole.
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