Georgia, non si placa la rivolta contro la legge sugli agenti stranieri: migliaia in piazza
In Georgia sono continuate anche nella giornata di oggi, venerdì 3 maggio, le proteste contro la cosiddetta legge “sugli agenti stranieri”, che da settimane scuotono il Paese. La legge è stata approvata in seconda lettura dal principale partito di governo – Sogno georgiano – lo scorso primo maggio e dovrebbe essere adottata in via definitiva entro due settimane. La norma prevede che le organizzazioni non governative, i media e altre entità che ricevono più del 20% dei loro finanziamenti dall’estero si segnalino come agenti di influenza straniera in un apposito registro e imporrebbe di fornire a scadenza regolare una serie di informazioni sulla natura dei fondi ricevuti e sul modo in cui vengono spesi. Un provvedimento contestato dai partiti di opposizione, che definiscono la norma autoritaria e ispirata al Cremlino, e da migliaia di persone che stanno protestando contro la legge col favore di USA e UE, che esercitano forti pressioni affinché Tbilisi ritiri la legge. Mercoledì i manifestanti hanno bloccato il centro della capitale tentando di irrompere nel Parlamento e attaccando le forze dell’ordine. Secondo il viceministro dell’Interno Aleksandre Darakhvelidze, i disordini innescati dai rimostranti martedì hanno causato 63 arresti e il ferimento di sei agenti di polizia. Gli agenti hanno allontanato la folla dal palazzo del parlamento utilizzando gas lacrimogeni e granate stordenti. Le proteste, sostenute dal blocco euro-atlantico in quella che ha tutta l’aria di essere una potenziale rivoluzione colorata nell’area del Caucaso, sono sfociate mercoledì nella più grande manifestazione antigovernativa mai vista. In particolare, l’Ue ha ribadito che il disegno di legge mette a repentaglio la possibilità della Georgia di diventare un membro dell’Unione. I disordini vanno inquadrati nel più ampio gioco d’influenza che si svolge nell’area, teso ad allontanare la Georgia dalla vicinanza politica e commerciale con Mosca, specie dopo che Tbilisi si è rifiutata di aderire alle sanzioni contro il Cremlino.
«Siamo profondamente preoccupati per questa legislazione e per ciò che potrebbe fare in termini di repressione del dissenso e della libertà di parola», ha detto il portavoce della sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby. L’ambasciatore americano Robin Dunnigan, invece, ha affermato che le scelte del governo «hanno allontanato il Paese dal suo futuro euro-atlantico» e ha chiesto un nuovo impegno per l’integrazione con l’Occidente. Dal canto suo, il governo non ha mostrato alcuna intenzione di voler ritirare la legge che sarebbe invece fondamentale per preservare la sovranità nazionale dalle ingerenze straniere. Inoltre, secondo Bidzina Ivanishvili, il fondatore del partito di governo “Sogno Georgiano” ed ex primo ministro, la legge rafforzerebbe la sovranità in mezzo a quelli che secondo lui sono tentativi occidentali di contrapporre la Georgia alla Russia. Lo stesso ha anche accusato le agenzie di intelligence dei Paesi occidentali di interferenze politiche nel Paese tramite l’azione delle ONG: «il finanziamento delle ONG, che per noi si presenta come un aiuto, in realtà serve a rafforzare i servizi segreti (stranieri) e a portarli al potere», ha affermato recentemente durante un discorso. In particolare, ad essere presa di mira dalla legge sarebbe una delle più potenti fondazioni americane nell’ambito delle azioni umanitarie, la USAID che opera con grandi finanziamenti da parte del governo. La fondazione opera in Georgia dal 1992 e, come si legge sul sito, “l’USAID collabora con il governo e il popolo della Georgia per rafforzare la sicurezza, la prosperità e le istituzioni democratiche del paese e contribuire a far avanzare la sua integrazione euro-atlantica”, in quanto “la Georgia è un alleato chiave degli Stati Uniti nella regione del Caucaso meridionale e un importante corridoio di transito per le risorse energetiche dal Mar Caspio all’Europa e oltre”.
L’opposizione georgiana ha soprannominato la norma “la legge russa”, ma in realtà sia in America che nell’Unione Europea sono presenti due leggi molto simili: negli Stati Uniti risale al 1938 la Foreign Agents Registration Act (FARA) – la Legge sulla registrazione degli agenti stranieri – che richiede agli agenti stranieri che “sono impegnati in attività politiche o altre attività specificate dallo statuto di rendere pubbliche periodicamente informazioni sulla loro relazione con il mandante straniero, nonché sulle attività , entrate ed esborsi a sostegno di tali attività”. L’Unione Europea, invece, ha presentato nel 2023 il Pacchetto per la difesa della democrazia che comprende, tra le altre cose, una “proposta legislativa volta a stabilire norme comuni in materia di trasparenza e responsabilità per le attività di rappresentanza di interessi volte a influenzare il processo decisionale nell’Unione che si svolge per conto di paesi terzi”. Si tratta di due leggi del tutto simili a quella presentata dal governo georgiano: sembra, dunque, che ci siano doppi standard anche nel valutare la legittimità delle leggi, oltre alla “bontà” delle manifestazioni. Mentre, infatti, le rimostranze a favore dell’Unione europea sono sempre ben viste in quanto simbolo dei “valori democratici”, quelle a favore di altre realtà, ad esempio quella russa, vengono demonizzate e considerate eterodirette come mostra il caso delle proteste in Moldavia scoppiate nel 2023. Si tratta di un doppio standard nella valutazione delle espressioni popolari che mostra la strumentalizzazione politica delle proteste da parte dei governi democratici. Tuttavia, nonostante le pressioni occidentali e le partecipate proteste popolari, il governo georgiano non sembra intenzionato a tornare sui suoi passi.
[di Giorgia Audiello]
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