Il piano di Bibi per Gaza
- Categoria: Palestina
- LUOGO COMUNE DI MASSIMO MAZZUCCO
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Guardate l’immagine qua sotto: non è Montreal, non è Kyoto, non è Abu Dhabi. E’ Gaza, come Netanyahu vorrebbe che diventasse dopo la fine della guerra.
L’immagine è tratta da un documento pubblicato alcuni giorni fa dal PMO israeliano, ovvero l’Ufficio del Primo Ministro (Benjamin Netanyahu), che contiene un “piano per rivitalizzare l’economia di Gaza” dopo l’invasione militare.
Il piano è fortemente improntato ad una logica economica di tipo occidentale: prevede infatti che il porto di Gaza diventi un vero e proprio hub commerciale che colleghi Europa e Medio Oriente tramite il Mediterraneo.
Secondo il piano, sarà una coalizione di paesi arabi (Egitto, Arabia Saudita, EAU, Giordania) a gestire gli aiuti umanitari che arrivano a Gaza. Anche le questioni amministrative saranno gestite da “palestinesi di Gaza”, mentre ovviamente la questione sicurezza resterà fermamente nelle mani di Israele. (Loro, lo sappiamo, hanno il diritto di difendersi. Gli altri no).
Come spiega questo articolo del Jerusalem Post , “Dopo una decina di anni il potere sarà trasferito ai cittadini di Gaza”, ma “solo se sarà avvenuta la completa demilitarizzazione della Striscia, e la cosa sarà comunque soggetta ad un accordo fra ambo le parti.” Quindi – già lo sappiamo - non avverrà mai, perchè Israele sarà sempre bravissimo a trovare una scusa qualunque per non rispettare gli accordi.
Sempre dall’articolo leggiamo: “I vantaggio maggiori che deriveranno agli stati del Golfo che parteciperanno all’accordo, saranno degli accordi difensivi con gli Stati Uniti, e un accesso illimitato ai porti di Gaza sul mediterraneo tramite ferrovie e oleodotti”.
La cosa più stupefacente è vedere come tutto questo avvenga senza che nessuno pensi minimamente di consultare i palestinesi di Gaza. D’altronde, questa è una vecchia abitudine coloniale: già Lord Balfour, nel 1918, aveva dichiarato: “In Palestina non pensiamo nemmeno lontanamente di consultare i desideri degli attuali abitanti di quel paese. Il sionismo, giusto o sbagliato, buono o cattivo che sia, affonda la sue radici in antiche tradizioni, nelle attuali necessità, e nelle future speranze, che sono più profondamente importanti dei desideri e dei pregiudizi dei 700.000 arabi che abitano oggi quella terra antica”.
Non sembra che sia cambiato molto, negli ultimi 100 anni.
Massimo Mazzucco
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